Fetida palude
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Anteprima del libro
Fetida palude - Luigi Monfredini
Albatros
Nuove Voci
Ebook
© 2016 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma
www.gruppoalbatrosilfilo.it
ISBN 978-88-567-8060-4
I edizione elettronica ottobre 2016
a Vanna e Leonardo
IL RIMATORE
I
La palude, dopo le prime piogge, era rifiorita d’acquitrini, canne, erbacce, muschi, funghi colorati, e nugoli d’insetti fastidiosi. Dagli alberi pendevano barbe d’erba gialle, liane di rampicanti, frutti selvatici, e fiori colorati. La nebbia, sempre presente, se ne stava bassa sui canali e sopra i fossi, intimorita dal primo sole primaverile. Non era caldo, ma neppure freddo, e si stava bene, nonostante l’umido e quel leggero odore di marcio, caratteristico, che il vento diffondeva, mescolandolo all’aria. Rapito dal panorama che conoscevo a fondo, me ne stavo seduto sotto la veranda della mia casa a leggere un libro di filastrocche, regalatomi da Saverio, orco rimatore, e amico carissimo che non vedevo da molto tempo. La nostalgia per il passato, a volte ti prende per mano, mostrandoti i ricordi piacevoli e le persone care e lontane che ti hanno permesso di crescere. Confesso, che in quella bella giornata, la solitudine mi pesava e mi sarebbe piaciuto avere con me Saverio, per scacciare la malinconia.
La Malinconia
Non ha sintomi apparenti
Simile a un male ai denti
Ma non procura gonfiori
E nemmeno strani dolori
Pare un disturbo da poco
Quasi uno scherzo un gioco
Il ghiribizzo dell’emozione
Ma bisogna fare attenzione
Se ti afferra la malinconia
Non sai come mandarla via
Si soffre senza un perché
Ma una cura volendo c’è
È di stare in compagnia
Con gli amici in allegria
Non pensare mai al passato
Ma gustarsi un buon gelato
E apprezzare ogni momento
Perché così sarai contento.
E se non guarirà il malato
Almeno piacerà al palato.
La filastrocca di Saverio, era carina ma non funzionava, nonostante l’intenzione, il malessere che mi tormentava era molto più forte delle sue semplici rime. Chiusi allora il libro, ed entrai in casa. Immaginate la sorpresa nel vedere sul tavolo un piccolo tornado, impegnato nel buttare a terra i piatti e le stoviglie che c’erano sopra. Il piccolo vortice dopo avere sparecchiato, si posizionò al centro del piano di legno, riducendo la velocità fino a fermarsi.
«Salve!», disse il Rollo, barcollante, mentre cercava di riprendere il controllo dell’equilibrio.
«Mi dispiace per i piatti rotti, ma l’atterraggio è ancora un problema».
Nella palude ci sono molte creature strane, tra le quali anch’io, un orco vegetariano, dall’aspetto inquietante, ed è difficile che rimanga sorpreso da qualcuno o qualcosa, ma confesso che un Rollo erano anni che non l’incontravo e pensavo che fossero estinti. Queste fantastiche creature hanno una forma a cono, i capelli a spazzola si restringono dalla larga testa verso il mento, glabro, si appoggiano sulle spalle da cui parte una peluria nera e irsuta, che avvolge tutto il petto e si restringe sulle sottili anche per terminare a metà delle esili gambe, alla base delle quali ci sono due grossi piedi, rosa, con le unghie nere, anche le braccia sono sottili ma le mani sono grandi. La caratteristica stupefacente del Rollo è la sua chiacchiera, è noto per essere un narratore formidabile, e viene usato da maghi o negromanti come messaggero. Ovviamente non può essere utilizzato da persone comuni, è difficile ottenere la sua amicizia, e non si può addomesticare, è un libero pensatore e non è capace di mentire. Per ottenere i suoi servigi bisogna conoscere una formula magica, antichissima, che solo pochi posseggono.
«Orco, la tua casa fa schifo!», disse guardandosi attorno. Effettivamente era parecchio tempo che non me ne curavo, la polvere era ovunque, il letto disfatto, il lavandino pieno di stoviglie, abiti e ciabatte sparsi sulle sedie e il pavimento. La primavera era arrivata ma io ero ancora succube dell’apatia invernale, fatta d’ore trascorse davanti al camino acceso, in preda all’ozio e masticando bacche zuccherose.
«Grazie, sei gentile», risposi un po’ piccato dall’osservazione.
«Descrivo ciò che vedo. Ma non è di questo che sono venuto a parlarti».
«Questo è un sollievo per me. Come è andato il viaggio?», chiesi, perché non avevo fretta di conoscere il motivo della visita, che certamente avrebbe turbato la mia cara tranquillità.
«I venti sono un po’ dispettosi a primavera, ma sono riuscito a mantenere una traiettoria accettabile e sono arrivato bene e in fretta. Mi manda il tuo amico Saverio, perché ha bisogno d’aiuto. Ora geme in catene, in una buia prigione, e rischia un’esecuzione capitale».
«È condannato a morte? Ma come? Perché? È l’essere più gentile che conosco».
«È un orco!».
«Sì, ma è un poeta».
«Un rimatore, è diverso. Scrive filastrocche, irriverenti e molto divertenti, ma non piacciono ai potenti. Insomma ha offeso il signore di un maniero, molto permaloso e altrettanto pericoloso, che ha decretato la sua morte. Però non gli va di morire e ti prega d’intervenire».
«Certo che lo farò. Dov’è la prigione?».
«Nella selva di pietra, una terra segreta e molto lontana, non ci arriverai mai a piedi. Io ti posso guidare, ma dovresti volare».
«Volare?». Ci sono veramente poche cose che mi spaventano, però tra queste c’è il volo. Se la natura mi avesse dotato di ali, non sarei mai stato un’aquila ma un pollo, capace al massimo di volare per qualche metro.
«Sei sicuro che non ci sia un altro modo?».
«Non c’è!».
«Allora è un bel guaio!».
«Sono pienamente d’accordo. Povero Saverio! Porteremo fiori sulla sua tomba».
«Non dirlo neanche per scherzo!», gridai spaventato dalla funesta previsione. «Se dovrò volare, volerò! Ma non lascerò un amico morire senza tentare di salvarlo. Come si chiama il signore di questo castello?».
«È il Conte Spaccamenti, signore di molti tormenti».
«Non lo conosco».
«È per questo, che sei ancora vivo».
«Come ha fatto Saverio a finire nelle sue grinfie?».
«È stato spinto dal suo senso di giustizia. Come sai non sopporta i soprusi, e quando il suo vagare lo ha portato nelle terre del Conte Spaccamenti, si è messo nei guai per proteggere il popolo martoriato».
«Come mai un Rollo è al suo servizio?».
«È insolito, lo so, lui non conosceva la formula magica, ma è così una brava persona, e dedita alla verità, che gliela ho suggerita io. Insomma siamo amici. Ti basta?».
«Sì, e non lo lasceremo morire in quella prigione».
«Complimenti per la determinazione, però devi riuscire a volare».
I problemi che dovevo risolvere erano tanti e mi sembravano insormontabili, ma sapevo che per raggiungere il mio scopo dovevo affrontarli uno alla volta, e in caso di bisogno chiedere aiuto. Solo una persona poteva riuscire a farmi volare, e io sapevo dove trovarla.
II
Come avevo previsto la mia tranquillità era finita, e anche la serenità se n’era andata. La preoccupazione per il pericolo in cui versava Saverio, tormentava i miei pensieri, ma non solo anche il Rollo era un bel problema. Non è facile camminare nella palude con un vortice che ti gira attorno, e muove le erbe, le canne, i rami delle piante. Increspa le pozze d’acqua stagna, ti salta sulle spalle e poi in mezzo alle gambe, insomma è incapace di stare fermo, è un concentrato d’energia incontrollabile e ciarliero. Per tutto il tragitto continuava a farmi domande, mi raccontava storie, chiedeva se la direzione era giusta, a che ora sarebbe calato il sole, se i frutti erano commestibili, se i serpenti erano pericolosi. Insomma stavo impazzendo e faticavo a trovare la strada, riusciva a confondermi con quel fiume di parole, e stavo quasi perdendo l’orientamento, quando un’ombra nera, volando, scivolò sopra le nostre teste, per atterrare rovinosamente in una pozza di fango vicino a noi. Preoccupati, corremmo per vedere cos’era accaduto, o meglio cos’era caduto. La melma aveva assorbito quasi interamente lo strano aquilone, fatto di tela e canne, di cui s’intuiva vagamente la forma, e ricopriva anche