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Noi, oltre lo spazio e il tempo
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E-book249 pagine3 ore

Noi, oltre lo spazio e il tempo

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Info su questo ebook

Lei è una diciassettenne di nome Lily, che da pochi anni vive in una cittadina chiamata Hibiscus. Ha due gemelle per amiche e sono inseparabili. Lui è un ragazzo misterioso, che viene dall’Italia e si chiama Christian. Si conoscono al ballo della scuola e da subito Lily comincerà a provare un sentimento per Christian e pensare che abbia un segreto. Quando inizieranno una relazione una verità sconvolgente verrà a galla e qualcuno tenterà di metter loro i bastoni fra le ruote. Il segreto di Christian è qualcosa che va oltre l’immaginazione. Lei lo accetterà? 
LinguaItaliano
EditoreLia Pecis
Data di uscita4 ago 2023
ISBN9791222433691
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    Anteprima del libro

    Noi, oltre lo spazio e il tempo - Lia Pecis

    copertina

    Pecis Lia

    Noi, oltre lo spazio e il tempo

    UUID: ab6c3b31-b673-486a-ab0d-051f8eedfd47

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    https://writeapp.io

    Prefazione

    Quando andavo a scuola, la mia materia preferita era italiano. Mi piaceva tantissimo scrivere. Ricordo che una volta, quando andavo in prima o seconda superiore, avevo chiesto alla professoressa di darci per compito di scrivere un tema, cosa che non ha mai fatto. Forse non aveva voglia di correggerli. Mi piaceva scrivere a tal punto che pensavo sarebbe diventato il mio lavoro. Poi, cosi così come per la make up artist e la maestra di scuola materna, ho capito che non faceva per me. Però la voglia c’era e quando lo facevo stavo bene, così ogni tanto scrivevo per il piacere di farlo, senza tante pretese. Sono cresciuta, mi sono diplomata come operatore e tecnico dei servizi sociali e ho fatto diversi lavori tra cui baby sitter, commessa in vari negozi, addetta alla consegna a domicilio per la pizzeria sotto casa, ma la nostra storia comincia quando ero cassiera in un supermercato. Avevo circa ventidue anni e convivevo con quello che allora era il mio fidanzato Dario che ora è mio marito. Lui faceva l’operaio e una sera stava già dormendo perché l’indomani si sarebbe dovuto svegliare presto. Non sapevo cosa fare perché non volevo fare rumore e mi viene in mente di aprire la mia scatola dei ricordi, dove tenevo cartoline, lettere scritte dai miei compagni di scuola, penne particolari, souvenir e molto altro. A un certo punto mi capita per le mani una busta di plastica trasparente con dei fogli dentro. Il titolo era Il ballo della scuola. Era un racconto che avevo scritto a quattordici anni. Comincio a leggere, ogni tanto scoppio a ridere. Era divertente ma, a essere sincera, poco sviluppato. Era un giallo adolescenziale di quattordici pagine ma aveva un certo potenziale, per cui mi viene l’illuminazione e decido di riscriverlo tenendo i personaggi e parte del racconto ma cambiando genere e altre cose che non mi convincevano. Quella sera sul mio pc portatile creo un nuovo file e lo chiamo Libro di Lia. Scrivo tanto, copio delle parti tali e quali a come le avevo scritte otto anni prima e altre le cambio, aggiungo dettagli. Sono soddisfatta e sento di avere uno scopo, quello di finirlo. Tutto molto bello, ma c’è un però, lavoravo, ero giovane, avevo poco tempo e il libro finisce del dimenticatoio. Dopo qualche tempo, sullo schermo del pc, mi scappa l’occhio sull’ icona Libro di Lia, clicco due volte e scrivo ancora qualche pagina. Il tempo passa e il libro resta lì, incompleto. Non mi sentivo più ispirata e passano gli anni. Qualche volta ci riprovavo ma era passato così tanto tempo dalla volta precedente in cui l’avevo aggiornato che non ricordavo nemmeno più il nome dei personaggi. Nel frattempo cambio lavoro più volte, rimango disoccupata, mi sposo, cambio casa e resto incinta. Vedo di nuovo quell’icona che mi fissa sprezzante e finalmente decido che quello è il momento giusto per finirlo. Ora o mai più. Mi ero prefissata di finirlo prima del parto altrimenti con l’arrivo di Christian non avrei più avuto il tempo e la concentrazione necessaria. Scrivo spesso e mi impegno perché fortunatamente la gravidanza non mi crea problemi. Ci riesco! Ero abbastanza soddisfatta nel complesso anche se ogni volta che lo leggevo c’era qualcosa che non mi convinceva. Lo modifico tante volte, tolgo, aggiungo, cancello, riscrivo finché un giorno decido che andava bene così. Ne parlo con la mia collega di quel periodo e lei mi dice che vuole assolutamente leggerlo. Ci mette tre giorni e mi manda poi un vocale: le era piaciuto tantissimo ed era esaltata. Mi dice che devo pubblicarlo perché lo aveva apprezzato tantissimo. Penso che forse potrebbe piacere anche ad altri e cerco il modo per farmelo pubblicare. Dopo diversi tentativi decido di auto pubblicarlo ed eccoci qui. Io non sono una scrittrice e mai lo sarò però ho pensato che quel racconto scritto da una quattordicenne meritasse di venire alla luce e magari essere apprezzato da qualcuno.

    CAPITOLO 1

    Ci eravamo trasferiti da circa tre anni in una villetta molto carina in una cittadina vicino Los Angeles chiamata Hibiscus. Ricordo ancora l’odore di intonaco fresco che mi aveva colpita appena entrata nella nostra nuova casa. Non era una villa enorme, però si adattava bene alle nostre esigenze. Era composta da 3 camere da letto spaziose, una cucina piccola ma ben arredata, un salottino e due bagni.

    Era tanto tempo che papà non trovava un lavoro fisso e ora finalmente, dopo mesi di sacrifici e rinunce, potevamo contare su qualche soldo in più. Papà era un giornalista, un bravissimo giornalista. Aveva trovato un impiego come articolista presso l’ Hibiscus News , il quotidiano principale della città. Amava molto il suo lavoro ed era in grado di scrivere articoli interessantissimi su qualsiasi argomento. Proprio per questa versatilità, assai rara anche tra i migliori professionisti del settore, l’avevano scelto fra molti candidati, per cui lui e mamma si erano dati un gran da fare per cercare questa casa vicino alla redazione.

    Mamma invece è una casalinga e si occupa con gran premura di tutti noi.

    Oh, che sbadata, non mi sono ancora presentata: mi chiamo Lily Brooks e ho diciotto anni, abito con mia madre Katherine, mio padre Jon e purtroppo due fratelli più grandi di me di due e tre anni, Will e Robbie. Non so ancora dire chi sia più stupido fra i due. Non fanno che prendermi in giro!

    Will è soprannominato il Conquistatore , ma io preferisco chiamarlo Dongiovanni ! Tutti i giorni torna a casa con una ragazza diversa e mia madre non riesce più a stargli dietro. Ogni volta che impara il nome di una, lui gli e ne presenta un’altra. Robe da matti!

    Robbie invece è un patito di tutto ciò che riguarda l’elettronica. È un vero esperto. Una volta è addirittura riuscito a introdursi nei file della scuola e modificare i suoi voti che, inutile dirlo, erano tutti pessimi, tranne informatica. Quando l’ha scoperto, mamma gli ha ritirato il portatile e lo smartphone per un mese. Avrebbe rischiato il suicidio, quell’idiota, se alla fine i suoi amici non lo avessero lasciato collegarsi clandestinamente dai loro dispositivi. Già, peccato che anche quella volta fu beccato. Fu uno spasso assistere alla ramanzina della mamma, che continuava a gesticolare come un’ossessa; divertente quasi quanto quella volta che Will portò a casa una morettina e volle prepararle la cena con le sue mani… una cosa molto romantica, pensava lei, fino a quando non dovemmo chiamare l’ambulanza a causa di un’intossicazione alimentare. Gliel’avevo detto, io, che quei funghi erano velenosi!

    Questa è la mia normalissima famiglia. Sicuramente ce ne sono di peggio, o almeno credo. Io, al contrario dei miei fratelli, sono una ragazza vivace che ama la natura, gli animali e i film dannatamente, perdutamente, esageratamente romantici. Spesso i miei compagni mi prendono in giro per questo, ma a me non interessa. La scuola è come un covo di serpenti, ma se si hanno gli alleati giusti tutto migliora, e io di alleati ne ho ben due. Sono le mie migliori amiche, le gemelle Katy e Lucy. Non ci assomigliamo per niente, e non parlo solo dell’aspetto fisico, siamo come il giorno e la notte praticamente in tutto. Io sono alta un metro e sessanta, capelli ricci, castani, occhi azzurri e curve prosperose. Loro invece sono un metro e settantacinque, magre (ma che dico, magrissime), capelli biondi e occhi verdi. Appassionate di film horror e thriller. Il romanticismo non sanno nemmeno cosa sia. Per fortuna ci sono io che le obbligo a vedere film sdolcinati fino all’inverosimile, una volta ogni tanto.

    Ah, dimenticavo un piccolo dettaglio: sono ricchissime. Per il loro sedicesimo compleanno i genitori hanno regalato a entrambe una Mini Cooper, gialla per Katy e fucsia per Lucy. I miei genitori per il sedicesimo compleanno mi hanno comprato una bicicletta rossa e per di più di seconda mano.

    Quando la scuola non ci opprime con corsi extra-curriculari e assemblee varie, andiamo al centro commerciale e svaligiamo i negozi. O meglio, loro li svaligiano. Io mi concedo una t-shirt ogni tanto. Nonostante la differenza economica, non abbiamo mai avuto problemi. Io sono una ragazza semplice che non ha bisogno di comprare qualsiasi cosa veda. Loro invece sì. D'altronde se lo possono permettere. Non le ho mai invidiate comunque, anzi ho sempre ringraziato il cielo per quello che mi ha donato, anche se non sono ricca.

    Ci divertiamo sempre un sacco insieme, siamo come le fragole con la panna e le patatine col ketchup: molto più che inseparabili. Grazie a loro riesco a sopportare di stare in una classe dove regna l’arroganza, l’ignoranza e il bullismo.

    Parlando di arroganza, non posso non menzionare uno degli esseri più spregevoli della nostra classe: si chiama Jenny ed è veramente la persona più terribile che io conosca. La tipica ragazza popolare che cambia ragazzo ogni quarto d’ora e che ottiene sempre tutto quello che vuole semplicemente sbattendo le sue lunghe ciglia cariche di mascara. Il nostro primo incontro risale a tre anni fa, durante una festa. Lei, mentre cercava di farsi notare da tutti, mi è venuta addosso rovesciando tutto il cocktail che aveva in mano sul mio vestito nuovo. Non si è degnata nemmeno di chiedermi scusa, mi ha semplicemente guardata con sussiego e si è allontanata ridacchiando. Io mi ero appena trasferita, conoscevo poca gente… era stato terribilmente imbarazzante. Se ci penso, ancora oggi mi assale una rabbia tremenda. Fu proprio allora che cominciai ad odiarla. Si, lo so, voi direte che un drink rovesciato forse è un po’ poco per odiare una persona, ma ogni giorno mi rendo conto di quanto sia fastidiosa e maleducata. Se la prende con tutti e li tratta come stracci. Questo non mi va giù. È più forte di me!

    Ma ora basta parlare di quella vipera.

    Oggi pomeriggio io e le mie migliori amiche andremo a fare shopping per l’attesissimo ballo della scuola. Non sto più nella pelle. Parteciperanno tutti gli studenti e io non ho ancora un abito da indossare.

    «Buon giorno signorina Lily, le gemelle la stanno aspettando in camera». Mi accoglie Frank, il loro maggiordomo che è un ometto di mezz’età, calvo e con un bel paio di baffetti ordinati. Ovviamente porta una divisa in stile pinguino, sempre perfettamente inamidata. Lui si occupa di aprire la porta d’ingresso, accogliere gli ospiti e controllare che tutti i domestici svolgano bene il loro compito. Sì, perché come potrete immaginare non c’è solo Frank che si occupa della casa delle gemelle. Ci sono anche un paio di cameriere e il giardiniere. Per non parlare del cuoco.

    La casa delle gemelle è immensa, naturalmente. Ci saranno almeno otto stanze da letto, più quattro bagni, due salotti, una cucina gigantesca con tutti gli elettrodomestici possibili e immaginabili. Mia mamma impazzirebbe per una cucina così, chissà che manicaretti ci preparerebbe con tutta quella attrezzatura. Sul retro della villa, al piano terra, ci sono anche lo studio di Arthur Leery (il padre), la stanza dove dipinge Alice (la madre) e persino una palestra, dotata di piscina interna e sauna, e una bellissima biblioteca. Nel giardino della villa, anche se sarebbe più corretto chiamarlo parco, c’è un’altra piscina, un campo da basket per Mike (il fratello delle gemelle, che sogna l’NBA) e un campo da tennis che Arthur utilizza per rilassarsi e intrattenere i suoi stimati colleghi. Arthur è infatti un famosissimo avvocato, il suo studio si occupa di tutte le persone più in vista di Los Angeles e dintorni, incluso qualche attore holliwoodiano. Alice invece fa la pittrice. È molto brava e anche se non sono molti anni che dipinge è già riuscita a fare una piccola mostra con le sue opere in una galleria d’arte in città.

    Quel pomeriggio, dopo esserci calorosamente salutate, urlando e saltando come delle pazze, andammo al centro commerciale – con la macchina fucsia di Lucy, tanto per non passare inosservate – in cerca dei nostri abiti per il ballo. Il centro commerciale era uno dei più belli dei dintorni e c’erano molte boutique e negozi con vestiti di ogni tipo, ma nonostante ciò, dopo circa tre ore stavo ancora cercando l’abito perfetto che non mettesse in risalto i miei difetti, e cominciavo a scoraggiarmi. Mentre io mi aggiravo per i corridoi illuminati e gremiti di altre ragazze come noi in cerca del vestito perfetto per la serata perfetta, leccando un gelato con aria depressa, Lucy era eccitatissima per il vestito che aveva comprato, non stava letteralmente nella pelle. Era un tubino corto color fucsia – come la sua Mini, guarda un po’! – con una coda di tulle che arrivava quasi a terra, abbinato ad un girocollo di zirconi e a degli orecchini pendenti. Katy invece aveva scelto un vestito monospalla in stile dea greca color avorio, una collana di perle e degli orecchini abbinati. Stavano proprio bene.

    E io? Non avevo trovato nulla mi facesse sentire come una principessa. Le gemelle erano avvantaggiate rispetto a me, dato che avevano un fisico molto asciutto e qualsiasi vestito addosso a loro stava d’incanto; io al contrario essendo formosa avevo qualche problemino. Devo essere sincera, qualche volta le invidio. So che non dovrei, però dev’essere bello poter indossare qualsiasi cosa e stare sempre bene. Mio madre dice sempre che sono bella così, che non sono grassa, semplicemente ho le curve al posto giusto. Forse dovrei solo accettare un po’ di più il mio corpo, invece di paragonarmi a modelli irraggiungibili, e giuro che ci sto provando. Tuttavia, detto questo… stavamo per tornare a casa ed ero molto sconsolata perché non avevo trovato niente che mi piacesse. All’improvviso, nella vetrina di un negozio davanti al quale non eravamo ancora passate, lo vidi. Era un abito stupendo, meraviglioso, fantastico. Entrai senza pensarci due volte. Lo cercai tra lunghe file di abiti da cerimonia ignorando gli sguardi seccati della commessa, finché i miei occhi si illuminarono. Oddio, era anche più bello visto da vicino. Afferrai il cartellino per verificare la taglia e quando vidi il prezzo fui presa dallo sconforto… duecentocinquanta dollari. Ma stiamo scherzando? Duecentocinquanta dollari? Non potevo permettermelo nemmeno lontanamente! Decisi di provarlo lo stesso, solo per togliermi lo sfizio. Tanto, probabilmente mi stava anche male. Anzi, quasi ci speravo, dopo lo shock del prezzo. Invece, quando uscii dal camerino con quella meraviglia addosso, le mie amiche spalancarono gli occhi tipo pesce palla e in coro esclamarono: sei stupenda Lily.

    « Grazie ragazze» dissi, facendo una smorfia a metà fra la felicità e la delusione.

    «Devi assolutamente comprarlo» esclamò Lucy entusiasta.

    «Mah, non saprei, non è che mi convinca molto, a dire il vero.» Stavo solo cercando di auto-convincermi.

    «Come non ti convince? Ma sei matta? È perfetto!» disse Katy incredula.

    «Eh, adesso non esageriamo. E’ molto carino, però non so…»

    «Avanti sputa il rospo! Qual’ è il vero problema?» chiese Lucy agguerrita. «Ti ho visto mentre lo guardavi in vetrina con gli occhi a forma di cuore.» Accidenti, a Lucy non le si poteva nascondere proprio nulla.

    «Hai ragione. Il problema è che non credo proprio di avere tutti questi soldi» ammisi. «Anzi, lo so per certo. Comunque non fa niente, è uno sproposito per un vestito!»

    «Quanto costa?» chiese Katy.

    «Duecentocinquanta dollari» risposi atterrita, cercando di non far percepire alle ragazze la mia delusione.

    «E tu quanti soldi hai?» chiese Lucy.

    «Ho circa settanta dollari più qualche moneta.»

    «D’accordo, dov’è il problema? Vuol dire che gli altri li aggiungeremo noi.»

    «Cosa? No ragazze, non se ne parla nemmeno, non posso accettare. L’ho provato solo per togliermi lo sfizio.»

    «Ma dai, non preoccuparti! Tu sei la nostra migliore amica, e sai bene che i soldi non sono un problema. In più questo vestito ti calza a pennello, sarebbe un vero delitto se lo lasciassi qui!»

    «Non posso accettare, sul serio. Come potrei ripagarvi? No, non posso.»

    «Tu non preoccuparti» disse Katy «e lascia fare a noi.»

    Discutemmo per un quarto d’ora buono, e alla fine, con qualche riserva, fui costretta ad accettare. Eravamo due contro una e le gemelle sono davvero imbattibili quando si alleano, non c’è modo di far cambiare loro idea. Il mio cervello continuava a dirmi: no, no, no, non dovevi accettare , ma il mio cuore urlava di gioia. Non avevo mai avuto un abito così bello.

    Cuore batte cervello uno a zero.

    Così, uscimmo dal negozio col vestito. Uno stupendo abito di seta nera con un corpetto di finissimo pizzo tempestato di brillanti che mi stava veramente bene. Tutte le mie curve erano fasciate ed esaltate alla perfezione, non avrei potuto chiedere di meglio. La mia felicità era schizzata alle stelle, se non fosse stato per... be’, ora avevo il mio abito per il ballo, ma restava ancora un piccolo dettaglio da risolvere: non avevo un cavaliere.

    Le gemelle erano molto popolari a scuola e avevano una sfilza di pretendenti che si sarebbero accontentati anche solo di un ballo con una di loro. Facevano la fila. Io invece, non avevo nessun ammiratore. E quando dico nessuno, intendo proprio nessuno . A dire il vero, c’era un ragazzo che veniva in classe con noi, si chiamava Matt ed era molto simpatico. Mi aveva dato qualche ripetizione di matematica durante l’inverno, e sembrava che un po’ gli piacessi, ma mancavano solo tre giorni al ballo e io non avevo ricevuto nessun invito, nemmeno da parte sua.

    Il giorno dopo e quello dopo ancora purtroppo ero ancora nella stessa situazione disastrosa, e alla fine mi ritrovai il giorno prima della fatidica sera senza uno straccio di cavaliere.

    Va be’, vorrà dire che ci andrò da sola. Non esiste al mondo che io sprechi il mio meraviglioso vestito solo perché nessuno mi ha invitato! Non è poi così grave, in fondo. Mentre le coppiette saranno impegnate a ballare, stringersi e pomiciare, io sorseggerò il mio cocktail e guarderò le mie amiche scatenarsi sulla pista con tutti i ragazzi della scuola. Però devo ammettere che non mi sarebbe dispiaciuto avere un cavaliere. Mi sarei accontentata anche di uno dell’ultimo minuto, come Matt, per esempio.

    Lo so, sembro un po’ disperata. Forse lo sono?

    La sera dello shopping le gemelle e io avevamo organizzato un pigiama party a casa loro.

    Dopo essere stata accolta dal maggiordomo e aver salutato le ragazze, andai in bagno a cambiarmi per la notte.

    «Ma che bel pigiamino» disse all’improvviso una voce alle mie spalle.

    Mi girai e vidi Mike, il fratello maggiore delle gemelle. Aveva dei bei capelli biondi come Lucy e Katy, ma gli occhi erano castani. Era alto, almeno un metro e ottanta direi, e aveva quattro anni più di loro.

    «Ciao Mike, non pensavo fossi a casa. Le ragazze mi avevano detto che saresti andato da un tuo amico.»

    «Sì, infatti, ma prima dovevo fare alcune cose qui a casa. Per fortuna, altrimenti mi sarei perso questo spettacolo» mi apostrofò, in tono di scherno. «È proprio bello il tuo

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