Moda etica e sostenibile: I primi passi verso la sostenibilità
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Info su questo ebook
» ti aiuta a conoscere il tuo corpo e a capire come valorizzarlo attraverso i vestiti;
» ti guida facilmente nella lettura delle etichette e nel conoscere i materiali;
» ti insegna che il vero benessere non sta nella rinuncia, ma nella maestria di saper scegliere;
» ti avvicina all’idea di un benessere olisticamente sostenibile: tutela del Pianeta e dei suoi abitanti, rispetto della felicità individuale e mantenimento di un equilibrio finanziario;
» ti mostra la giornata tipo di un’attivista imperfetta ma gentile, e quali pensieri le frullano nella testa.
Questo libro ti fornisce un quadro generale e la dose di coraggio necessaria per fare il tuo primo passo verso il mondo della moda sostenibile.
Sarà un onore accompagnarti!
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Anteprima del libro
Moda etica e sostenibile - Kristiana Venturini
MODA ETICA E SOSTENIBILE
I PRIMI PASSI VERSO LA SOSTENIBILITÀ
KRISTIANA VENTURINI
Moda ETICA E SOSTENIBILE
Kristiana Venturini
Prima edizione agosto 2023
©Kristiana Venturini 2023
PROGETTO EDITORIALE A CURA DI
Ghostwriter®
P.za 4 novembre, 5
00062, Bracciano (RM)
ghostwriter.it
info@ghostwriter.it
EDITING A CURA DI
Greta D.P.
IN COPERTINA: L’autrice
IMMAGINI INTERNE: ©Dzmitry Sukhavarau
Caro Lettore,
ti auguro di trovare un’idea
che possa dare un impatto positivo alla tua vita
Introduzione
Comincia a essere adesso ciò che tu vuoi essere domani.
- William James -
Apri l’armadio. Una giacca oversize dalle nuances fluo e dal cartellino ancora appeso si contende una gruccia metallica con la camicetta dal pattern floreale e le maniche a sbuffo acquistata ai saldi di due anni fa. «Un vero affare!» direbbe la proprietaria, prima di aggiungere un mesto: «Peccato l’abbia indossata soltanto due volte. Non c’è mai l’occasione giusta!». Tra un, due, tre, quattro – o forse cinque? – giubbini, cappotti e cappottini sistemati gli uni sugli altri, s’intravede un numero imprecisato di décolleté. Alte, basse, monocromatiche o pitonate, magari glitterate e zebrate, ma tutte rigorosamente sfruttate poco. E poi una collezione di cappelli a falda larga che ormai non sono più di moda, oppure di borse e zaini che non si abbinano mai a niente. Negli ultimi cassetti, immerse nei meandri oscuri di un guardaroba sul punto di scoppiare, sono nascoste le t-shirt di qualche noto marchio sportivo. Sono realizzate con inserti traspiranti e tessuti all’avanguardia «che non voglio mettere. Mi ricordano di aver buttato 250 euro di abbonamento annuale. E io in palestra ci sarò andata sì e no tre volte…».
Compriamo, compriamo e compriamo ancora. D’impulso, sovrappensiero, per il piacere di possedere. E mentre gli articoli aggiunti al carrello virtuale di qualche noto store online ci illudono di riempire il vuoto del nostro guardaroba (ormai sul punto di trasformarsi in una bottega casalinga), sono lontani i tempi in cui le nostre nonne commissionavano pochi abiti su misura – non più di due o di tre a stagione – e non si aveva l’affanno di inseguire le tendenze. Per giunta, la moda corre veloce e ci lascia sulla linea di partenza ancora confusi e trafelati. In una società orientata al consumo – in cui l’esperienza di acquisto è a portata di click 7 giorni su 7 e 24 ore su 24 – i negozi online e offline hanno preso la (terribile) abitudine di rifornirci di capi prêt-à-porter al passo coi tempi. Tanti, troppi capi di abbigliamento. Una tonnellata di magliette e maglioni, pantaloni e pantaloncini, gonne lunghe, medie e (super)corte, ma anche sneakers che ricordano il modello di quel famoso brand, camicie, blazer e accessori «perché senza i giusti dettagli anche il tuo look migliore risulta troppo basic».
A completare l’illusione di una moda alla portata di tutti ci pensano i prezzi irrisori stampati sui talloncini, tra la taglia M e il logo del marchio. In un tripudio di manichini, colori, luci, musica a tutto volume, fotografie patinate che richiamano alla memoria l’estetica di qualche noto magazine e sconti a tempo limitatissimo, è molto difficile resistere al potere magnetico dello shopping compulsivo.
È ormai noto: la nostra è una società in cui si acquista per il semplice gusto di farlo. Di aggiungere. Di riconoscere il rumore della busta cartonata che fruscia tra le dita di un commesso dall’aria annoiata, prima della domanda: «Carta o contanti?».
La domanda sorge, dunque, spontanea: comprare è sbagliato?
Assolutamente no! Ed è opportuno tenersi alla larga dai guru di stile che impongono una visione della moda orientata ai soli valori dell’uniformismo o del poco, ma buono.
Checché se ne dica in giro, l’universo fashion ci riguarda da vicino. Non è un quid astratto relegato nei quadrilateri o nei triangoli di lusso dislocati in qualche capitale europea. E non è neppure un vezzo di pochi ricchi, di un gruppo di individui elitari e un po’ strambi affascinati da questo o da quel marchio Made in Italy o Made in France. La moda non va isolata ai margini della quotidianità, chiusa all’interno di limiti vacui, misteriosi e lontani anni luce dalla vita vissuta.
La moda è vitale, pratica, versatile. La moda è parte di noi.
Riflettici per un istante: al mattino, 8 miliardi di individui si svegliano, mettono sul fuoco latte o caffè… e si vestono. Vestirsi è una delle primissime azioni svolte democraticamente da milioni e milioni di persone. C’è chi ricreerà l’outfit di quel noto fashion-influencer seguito su Instagram e chi, di contro, opterà per abiti vintage, classici o magari tradizionali. Insomma, ognuno di noi si relaziona al mondo della moda in maniera unica e originale: c’è chi ignora con un’alzata di spalle i trend di stagione e i canoni stilistici stabiliti in passerella, e c’è chi si lascia dominare da un’ansia riconducibile a una forma di accettazione sociale. «Sono abbastanza street, moderno o interessante?» ci si domanda, rivolgendo uno sguardo critico all’immagine insoddisfatta restituita dallo specchio. E per quanto si sia restii ad ammetterlo, ognuno di noi entra inevitabilmente in contatto con il fashion (e con quello che rappresenta).
Insomma, dal momento che lo stile rivela qualcosa su di noi e sulle persone che ci circondano in metropolitana, in università, in viaggio o in ufficio, quella che ti propongo non è una rivoluzione comportamentale che nega l’importanza della moda. Tutt’altro. Il libro che stringi tra le mani è il risultato di una missione, di un progetto e di un impegno decennali. Un’esperienza di attivismo confluita nella fondazione di Moda Etica e Sostenibile: una realtà nata per promuovere lo stile di vita sostenibile e il Benessere degli individui – un Benessere la B maiuscola sì, perché è un concetto che mi sta particolarmente a cuore e che tornerà più e più volte nei prossimi capitoli del mio manuale.
L’obiettivo? Fornire consigli, aneddoti e soluzioni pratiche ai consumatori e ai marchi desiderosi di modificare le (cattive) abitudini d’acquisto e di produzione. Sostenibile non è chi compra meno, infilandosi il maglione infeltrito ereditato di generazione in generazione, ma chi trova il compromesso tra i tre pilastri del Benessere: tutela del Pianeta e dei suoi abitanti, rispetto della felicità individuale e mantenimento di un equilibrio finanziario.
La moda è parte integrante di un perfezionamento personale e collettivo. Non soltanto, infatti, è tutt’oggi tra i settori più inquinanti della contemporaneità, ma incarna anche l’espressione (negativa) del consumismo e del capitalismo per antonomasia. Ecco svelato il motivo per cui mi sono seduta alla scrivania per condividere la mia storia. Una storia caratterizzata non soltanto da successi e piccoli-grandi cambiamenti positivi, ma anche da fragilità, debolezze e buchi nell’acqua.
Sì, perché capita a tutti – perfino alla sottoscritta, circondata quotidianamente da marchi e progetti sostenibili – di farsi conquistare da stili, trend, sconti e occasioni apparentemente imperdibili. Insomma, il loop mentale è sempre lo stesso: anche la quindicesima pochette dall’effetto diamantato potrebbe (in teoria) rivelarsi utile – non si sa mai, metti di ricevere l’invito per il matrimonio di un lontano parente o per la notte degli Oscar – e non è il caso di sfigurare!
Al contempo, ognuno di noi dovrebbe scendere a patti con la realtà: consumiamo risorse a un ritmo via via più incalzante, mettendo K.O. il Pianeta sul quale sfoggiamo i nostri look freschi freschi di shopping. Non è forse il caso di rallentare, di trovare un’armonia, di perseguire la strada del benessere e di affrontare i temi della moda in maniera più matura, rispettosa e… non meno soddisfacente?
Tuttavia, non farti prendere dalla smania di stravolgere le tue abitudini d’acquisto in men che non si dica. Rischierai soltanto di alimentare frustrazione e sensi di colpa. Commettere qualche passo falso è umano; è parte di un iter di cambiamento che svuoterà i nostri armadi tra alti e bassi, permettendoci di riciclare, donare, reinventare, e riapprezzare gli abiti che continuano a prendere polvere. Insomma, diventare più green senza rinunciare al piacere di cambiarsi è possibile. Ed è meno noioso e faticoso di quanto credi.
Se ti sei riconosciuto nelle mie parole, immergiti nella lettura e prova a prendere spunto dalla mia storia di attivista imperfetta. Tra consigli, idee, progetti e suggerimenti da mettere in pratica quando ti troverai di fronte ai capi della nuova collezione che ami di più, scoprirai come raggiungere un Benessere olistico: un equilibrio che parte da dentro e valorizza (anche) il tuo look e la tua bellezza esteriore.
Ti auguro una meravigliosa esperienza di lettura, nella speranza di lasciarti con qualche idea positiva per te e per il Pianeta, o più semplicemente di incuriosirti e strapparti un sorriso,
Kristiana Venturini
Presidente di Associazione Moda Etica e Sostenibile
Storia di un’attivista imperfetta
Non siamo perfetti: cerchiamo solo di fare del nostro meglio.
Credo davvero che fare qualcosa
sia meglio che non fare niente.
- Stella McCartney -
«E dimmi un po’, chi è un’attivista? Che combina? Come impiega le sue giornate?»
La domanda è lecita. Sembra improbabile – o quantomeno bizzarro – che una personcina alta o bassa, allegra o malinconica, dritta o storta, scherzosa come un vezzoso cappellino di paglia o rigida come un completo gessato, metodica come il nodo di una cravatta o disordinata come una camicia hawaiana – dicevo – che una qualunque personcina sul Pianeta si svegli un mattino col desiderio di… attivarsi. E per cosa, poi? Qual è il cursus honorum di un’attivista? Che ha scritto nel CV alla voce Esperienze lavorative
? Si accettano candidature? Ma soprattutto, questi fantomatici attivisti sono inguaribili sognatori intenzionati a vivere in un mondo migliore, illusi patologici che credono nelle fiabe, o magari egocentrici DOC che nascondono il loro bisogno di essere al centro dell’attenzione dietro una fiume di parole strappalacrime?
Insomma, chi è un’attivista e cosa combina da mattina a sera?
Dopo la fondazione di Moda Etica e Sostenibile, la sfida più ardua è stata quella di spiegare in cosa consistesse il mio lavoro. E immagino che anche tu sia in attesa di una risposta. Insomma, se qualcuno – leggi: la sottoscritta – manda a rotoli la tua prossima sessione di shopping settimanale, ti aspetti quantomeno dei chiarimenti. Delle scuse. Un buono da cinquanta euro da spendere online, nel migliore dei casi.
Be’, credo di essere sul punto di deludere le tue aspettative; un po’ perché il fantomatico attivismo è una faccenda che riguarda tutti noi – davvero: si è attivisti anche separando la carta dalla plastica, o infilando la spesa in una borsa di tela riutilizzabile – e un po’ perché il percorso che conduce a un lifestyle etico è tutt’altro che agevole. Non somiglia a un’autostrada ricoperta da un sottile strato d’asfalto luccicante. Nossignore. È semmai il viale sbrecciato di una montagna, che vortica su se stesso in tornanti vertiginosi. Muovere i primi, timidi passi nel mondo dell’attivismo non significa camminare speditamente con ai piedi un paio di sneakers super-confortevoli. Si ha piuttosto l’impressione di procedere su una grata metallica con delle décolleté tacco dodici. Il rischio di commettere un passo