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Amleto (tradotto)
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E-book232 pagine1 ora

Amleto (tradotto)

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Info su questo ebook

Amleto (tradotto)
- Questa edizione è unica;
- La traduzione è completamente originale ed è stata realizzata per l'Ale. Mar. SAS;
- Tutti i diritti riservati.
Composta tra il 1600 e il 1602, "Amleto" è forse l'opera più nota di Shakespeare e della storia del teatro intero. La "maschera Amleto", dietro la quale si cela il volto di Shakespeare stesso, percorre l'intero itinerario teatrale del bardo e ha messo a dura prova per secoli l'ingegno dei critici più illustri: Goethe vi ha visto il prototipo dell'eroe romantico, sensibile e tormentato; Eliot un uomo dominato da emozioni inesprimibili; Coleridge un individuo incapace di agire, bloccato da un'eccessiva attività del pensiero e dell'immaginazione, costretto dalla situazione a contravvenire alla propria natura. Certo è che la forza del personaggio – e dell'opera – sta proprio in questo suo essere così ricco di sfumature, sfuggente e complesso, saldamente ancorato nel suo tempo eppure capace di far risuonare le corde più profonde del lettore e dello spettatore di ogni epoca. Con uno scritto di Samuel Taylor Coleridge.
LinguaItaliano
Data di uscita28 ago 2023
ISBN9791222600666
Amleto (tradotto)
Autore

William Shakespeare

William Shakespeare (1564–1616) is arguably the most famous playwright to ever live. Born in England, he attended grammar school but did not study at a university. In the 1590s, Shakespeare worked as partner and performer at the London-based acting company, the King’s Men. His earliest plays were Henry VI and Richard III, both based on the historical figures. During his career, Shakespeare produced nearly 40 plays that reached multiple countries and cultures. Some of his most notable titles include Hamlet, Romeo and Juliet and Julius Caesar. His acclaimed catalog earned him the title of the world’s greatest dramatist.

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    Amleto (tradotto) - William Shakespeare

    Atto I

    Scena I. Elsinore. Una piattaforma davanti al castello

    Entrano Francesco e Barnardo, due sentinelle.

    BARNARDO.

    Chi c'è?

    FRANCESCO.

    No, rispondetemi. Alzati e spiegati.

    BARNARDO.

    Viva il Re!

    FRANCISCO.

    Barnardo?

    BARNARDO.

    Lui.

    FRANCESCO.

    Siate molto attenti alla vostra ora.

    BARNARDO.

    È ormai mezzogiorno. Vai a letto, Francesco.

    FRANCISCO.

    Per questo sollievo vi ringrazio. È un freddo pungente,

    e sono malato di cuore.

    BARNARDO.

    Avete avuto una guardia tranquilla?

    FRANCISCO.

    Non si muove un topo.

    BARNARDO.

    Bene, buona notte.

    Se incontrate Orazio e Marcello,

    i rivali del mio orologio, digli di affrettarsi.

    Entrano Orazio e Marcello.

    FRANCISCO.

    Mi sembra di sentirli. In piedi, oh! Chi c'è?

    HORATIO.

    Amici di questo terreno.

    MARCELLO.

    E i guardiani del danese.

    FRANCISCO.

    Vi auguro la buona notte.

    MARCELLO.

    Oh, addio, onesto soldato, chi ti ha sollevato?

    FRANCISCO.

    Barnardo ha il mio posto. Vi do la buonanotte.

    [Esci.]

    MARCELLO.

    Urla, Barnardo!

    BARNARDO.

    Che c'è, Orazio è lì?

    HORATIO.

    Un pezzo di lui.

    BARNARDO.

    Benvenuto, Orazio. Benvenuto, buon Marcello.

    MARCELLO.

    Che c'è, questa cosa è apparsa di nuovo stanotte?

    BARNARDO.

    Non ho visto nulla.

    MARCELLO.

    Orazio dice che è solo una nostra fantasia,

    e non lascerà che la fede si impadronisca di lui

    di questa temuta visione, vista due volte da noi.

    Perciò l'ho pregato di venire con noi

    con noi di osservare i minuti di questa notte,

    affinché, se questa apparizione si ripresenta

    possa approvare i nostri occhi e parlare con essa.

    HORATIO.

    Zitto, zitto, non apparirà.

    BARNARDO.

    Siediti un po',

    e permetteteci di assalire ancora una volta le vostre orecchie,

    che sono così forti contro la nostra storia,

    Quello che abbiamo visto due notti fa.

    HORATIO.

    Bene, sediamoci,

    e sentiamo Barnardo che ne parla.

    BARNARDO.

    L'ultima notte di tutte,

    quando la stessa stella che si trova a ovest del polo

    aveva fatto il suo percorso per illuminare quella parte di cielo

    dove ora brucia, Marcello e io,

    La campana allora batteva una...

    MARCELLO.

    Pace, ti lascio. Guarda dove arriva di nuovo.

    Entrare in Ghost.

    BARNARDO.

    Nella stessa figura, come il Re che è morto.

    MARCELLO.

    Tu sei uno studioso; parlaci, Orazio.

    BARNARDO.

    Non sembra il Re? Segnatelo, Orazio.

    HORATIO.

    Molto simile. Mi tormenta con paura e meraviglia.

    BARNARDO

    Si parlerebbe di.

    MARCELLO.

    Interrogati, Orazio.

    ORATORIO.

    Chi sei tu che usurpi quest'ora della notte?

    insieme a quella forma bella e bellicosa

    in cui la maestà della Danimarca sepolta

    a volte marciava? Per il cielo ti ordino di parlare.

    MARCELLO.

    È offesa.

    BARNARDO.

    Vedi, si allontana.

    HORATIO.

    Fermo! Parla, parla! Ti ordino di parlare!

    [Esce Ghost.]

    MARCELLO.

    Se n'è andato e non risponde.

    BARNARDO.

    Ma come, Orazio! Tremi e sei pallido.

    Non è qualcosa di più di una fantasia?

    Cosa ne pensate?

    HORATIO.

    Davanti al mio Dio, non potrei credere a questo

    senza l'avallo sensibile e veritiero

    dei miei stessi occhi.

    MARCELLO.

    Non è come il re?

    ORATORIO.

    Come sei tu stesso:

    Questa era l'armatura che indossava

    quando combatteva l'ambiziosa Norvegia;

    Così si accigliò una volta, quando in una discussione furiosa

    colpì i polacchi in slitta sul ghiaccio.

    È strano.

    MARCELLO.

    Così due volte in passato, e salta in quest'ora morta,

    con passo marziale è passato davanti alla nostra guardia.

    ORATORIO.

    In quale particolare pensiero lavorare non lo so;

    ma nella grossolanità e nella portata della mia opinione,

    questo fa presagire una strana eruzione per il nostro stato.

    MARCELLO.

    Bene, ora siediti e dimmi, chi lo sa,

    perché questa guardia così rigorosa e attenta

    così notturno affatica i sudditi della terra,

    e perché ogni giorno si getta il cannone di bronzo

    e di mercanzie straniere per gli strumenti di guerra;

    Perché questa impronta di maestri d'ascia, il cui doloroso compito

    non divide la domenica dalla settimana.

    Che cosa potrebbe essere verso, che questa fretta sudata

    rende la notte collaboratrice del giorno:

    Chi è che può informarmi?

    HORATIO.

    Questo posso farlo io;

    Almeno così si mormora. Il nostro ultimo Re,

    la cui immagine ci è apparsa solo ora,

    era, come sapete, di Fortebraccio di Norvegia,

    e per questo motivo è stato spronato da un orgoglio molto emulativo,

    si gettò nel combattimento, nel quale il nostro valoroso Amleto,

    per come lo si stimava al di qua del mondo conosciuto,

    uccise questo Fortebraccio, che con un patto suggellato

    ben ratificato dalla legge e dall'araldica,

    ha rinunciato, con la vita, a tutte le sue terre

    di cui si era impossessato, al conquistatore;

    contro il quale, una parte competente

    è stata raccolta dal nostro re, che è tornato

    all'eredità di Fortebraccio,

    se fosse stato lui il vincitore, come per lo stesso motivo

    e il trasporto dell'oggetto progettato,

    il suo cadde ad Amleto. Ora, signore, il giovane Fortebraccio,

    di non migliorato coraggio, caldo e pieno,

    ha frequentato le gonne della Norvegia, qua e là,

    ha imbastito una lista di propositi illegali,

    per nutrire e nutrire qualche impresa

    che ha uno stomaco, che non è altro,

    come ben appare al nostro stato,

    se non per recuperare con le maniere forti

    e con condizioni obbligatorie, le suddette terre

    perse da suo padre. E questo, mi pare, è il motivo principale

    è il motivo principale dei nostri preparativi,

    l'origine di questa nostra vigilanza e il motivo principale

    di questo posticipo e di questo frugare nella terra.

    BARNARDO.

    Credo che non sia altro che così:

    Può darsi che questo portentoso personaggio

    venga armato per la nostra guardia, così simile al re

    che fu ed è la questione di queste guerre.

    HORATIO.

    È una macchia che disturba l'occhio della mente.

    Nello stato più alto e più fiorente di Roma,

    poco prima che cadesse il più potente Giulio,

    le tombe erano senza tetto e i morti avvolti in un lenzuolo

    squittivano e farfugliavano per le strade romane;

    Come stelle con treni di fuoco e rugiade di sangue,

    disastri nel sole; e la stella umida,

    sulla cui influenza si regge l'impero di Nettuno,

    era malata quasi fino al giorno del giudizio con l'eclissi.

    E anche i simili presagi di eventi feroci,

    come forieri che precedono ancora i destini

    e prologo del presagio imminente,

    il cielo e la terra hanno dimostrato insieme

    ai nostri climi e ai nostri compatrioti.

    Rientra Ghost.

    Ma, dolcezza, ecco! Ecco, dove torna!

    L'attraverserò, anche se mi fulmina. Resta, illusione!

    Se hai un suono o un uso della voce,

    parlami.

    Se c'è qualche cosa di buono da fare,

    che possa darti sollievo e fare grazia a me,

    parlami.

    Se sei al corrente della sorte del tuo Paese,

    che, felicemente, la preveggenza può evitare,

    parla!

    O se nella tua vita hai sradicato un tesoro

    estorto un tesoro nel grembo della terra,

    per il quale, si dice, voi spiriti camminate spesso nella morte,

    parlatene. Resta e parla!

    [Il gallo canta.]

    Smettila, Marcello!

    MARCELLO.

    Devo colpirlo con il mio partigiano?

    HORATIO.

    Fallo, se non si regge in piedi.

    BARNARDO.

    E' qui!

    HORATIO.

    È qui!

    [Esce Ghost.]

    MARCELLO.

    Non c'è più!

    Facciamo male, essendo così maestoso,

    offrire ad esso lo spettacolo della violenza,

    perché è come l'aria, invulnerabile,

    e i nostri vani colpi sono una maliziosa beffa.

    BARNARDO.

    Stava per parlare, quando il gallo si mise a suonare.

    HORATIO.

    E poi è partito, come una cosa colpevole

    su un richiamo spaventoso. Ho sentito

    Il gallo, che è la tromba del mattino,

    che con la sua gola alta e stridente

    sveglia il dio del giorno; e al suo avviso,

    sia nel mare o nel fuoco, nella terra o nell'aria,

    lo spirito stravagante ed errante si ritira

    al suo confine. E della verità qui presente

    Questo oggetto presente ha fatto la prova.

    MARCELLO.

    Si è spento al canto del gallo.

    C'è chi dice che mai, in quella stagione

    in cui si celebra la nascita del nostro Salvatore,

    l'uccello dell'alba canta tutta la notte;

    E allora, dicono, nessuno spirito osa agitarsi,

    Le notti sono salubri, e allora nessun pianeta batte,

    Nessuna fata prende, né la strega ha il potere di incantare;

    Il tempo è così consacrato e così benevolo.

    HORATIO.

    Così ho sentito, e in parte ci credo.

    Ma guardate, il mattino vestito di un manto color ruggine,

    cammina sulla rugiada di quell'alta collina a est.

    Interrompiamo il nostro turno di guardia e, secondo il mio consiglio, diamo la notizia di ciò che abbiamo visto,

    diamo al giovane Amleto ciò che abbiamo visto stanotte

    al giovane Amleto, perché sulla mia vita,

    questo spirito, a noi muto, gli parlerà.

    Acconsentite che gliene parliamo,

    come è necessario per i nostri amori e come è nostro dovere?

    MARCELLO.

    Facciamolo, ti prego, e stamattina saprò

    dove lo troveremo più convenientemente.

    [Exeunt.]

    Scena II. Elsinore. Una stanza di Stato nel castello

    Entrano Claudio re di Danimarca, Gertrude regina, Amleto, Polonio, Laerte, Voltemand,

    Cornelio, Signori e Attendente.

    RE.

    Anche se la morte di Amleto, il nostro caro fratello, è ancora verde.

    il ricordo sia verde, e che a noi si addice

    di portare i nostri cuori nel dolore, e tutto il nostro regno

    si contragga in una fronte di dolore;

    Tuttavia, la discrezione ha combattuto così tanto con la natura

    che noi pensiamo a lui con il più saggio dolore,

    insieme al ricordo di noi stessi.

    Perciò la nostra sorella di un tempo, ora nostra regina,

    l'imperiale corredentrice di questo stato bellicoso,

    abbiamo, come se fosse una gioia vinta,

    con un occhio augurale e uno cadente,

    con allegria nel funerale e con tristezza nel matrimonio,

    in egual misura pesando delizie e debiti,

    preso in moglie; né abbiamo impedito qui

    le vostre saggezze migliori, che sono andate liberamente

    con questa vicenda. Per tutto questo, i nostri ringraziamenti.

    Ora segue che conoscete il giovane Fortebraccio,

    che ha una debole opinione del nostro valore,

    o che pensi che, a causa della morte del nostro caro fratello

    che il nostro stato sia disgiunto e fuori posto,

    si è associato a questo sogno del

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