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Anastasia
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E-book210 pagine2 ore

Anastasia

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Info su questo ebook

Anastasia vive in Siberia, in un intimo rapporto con le energie primitive dell’ambiente naturale da cui è circondata. Non si è mai trattenuta nella civiltà degli uomini e sembra tuttavia disporre di un sapere che pare genuinamente illimitato. Anastasia ha scoperto come trasmettere questo sapere e ci rivela la soluzione, sorprendentemente semplice, per guarire da ogni male e ritrovare le nostre radici dimenticate. Si sono formate delle vere e proprie associazioni-Anastasia, impegnate nei settori della protezione ambientale, della coltivazione di piante, dell'uso di erbe medicinali, dell'educazione dell'infanzia, ecc. Molte persone, che hanno letto i libri di Anastasia, sono improvvisamente state ispirate a fare del bene e a dedicarsi ad attività artistiche. Anastasia trasforma le nostre vite nel vero senso della parola. La sorpresa maggiore di questo libro non sono i personaggi o la storia che vi è raccontata, bensì la profondità dei sentimenti che la sua lettura genera: il cuore dei lettori comincerà a parlare dando vita in loro agli insegnamenti di Anastasia.
LinguaItaliano
Data di uscita30 gen 2016
ISBN9788895531458
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    Anteprima del libro

    Anastasia - Wladimir Megre

    Prefazione

    Care lettrici e cari lettori,

    a questo libro era stato predetto un grande successo, e proprio dalla donna che ne è la protagonista. Il destino di questa donna è uno dei fenomeni più sorprendenti e misteriosi del ventesimo secolo. In seguito alla prima edizione l’interesse per Anastasija è andato via via aumentando, e non solo in Russia.

    Questo libro esercita un’influenza sempre maggiore sugli uomini, e Anastasija aveva previsto anche questo. In Russia sono sorti e continuano a sorgere numerosi club e associazioni che portano il suo nome. I loro membri cercano di trasporre nella realtà il contenuto dei libri e di realizzare la piena evoluzione personale e della terra attraverso l’amore.

    Solo qualche cenno sull’Autore: uomo d’affari di talento e scrittore assolutamente profano, quest’uomo si è trovato al centro di eventi straordinari. Era pronto? Sì e no, perché avvenimenti di tale portata vengono preparati dalle forze della provvidenza prima di diventare reali sulla terra.

    La sua vita, fino al momento dell’incontro con Anastasija, non si distingue quasi da quella dell’uomo medio, per cui i problemi quotidiani sono molto più importanti delle domande sull’esistenza spirituale e sul senso della vita. Ma ecco che quanto predetto comincia ad avverarsi; la vita di Wladimir cambia completamente e lui si mette a scrivere libri. E accade il miracolo: l’uomo d’affari diventa scrittore, l’ateo diventa chiaroveggente. La sua anima cresce ad una velocità sorprendente. È difficile immaginarsi a quali livelli potrà ancora giungere. Per questo attendiamo con impazienza i prossimi libri dell’Autore, in cui troveremo il seguito della straordinaria vita di Anastasija.

    A. Sojinikow

    Il Cedro Sonoro

    Nella primavera del 1994 noleggiai tre motonavi fluviali, per una spedizione di quattro mesi lungo il fiume siberiano Ob, da Novosibirsk fino a Salehard e ritorno. Lo scopo della spedizione era quello di instaurare rapporti economici con le regioni dell’estremo nord. La spedizione era denominata Carovana di mercanti. La più grande delle motonavi, destinata al trasporto di passeggeri, si chiamava Patrice Lumumba (la compagnia di navigazione fluviale della Siberia occidentale battezza le motonavi con nomi quali: Marija Ul’ianova, Patrice Lumumba, Michail Kalinin, come se non ci fossero altri personaggi storici di rilievo). Sulla grande motonave Patrice Lumumba erano stati sistemati il quartier generale della carovana, l’esposizione degli imprenditori siberiani e il negozio. La carovana avrebbe dovuto avanzare verso nord per 3.500 chilometri, visitando sia centri popolati relativamente grandi, come Tomsk, Nishnevartovsk, Hanty-Mansijsk, Salehard, che altri più piccoli, dove si può arrivare con la merce solamente durante il breve periodo in cui il fiume è navigabile.

    Di giorno, le navi della carovana attraccavano presso i centri abitati. Noi commerciavamo e conducevamo le trattative volte ad instaurare nella zona dei legami economici permanenti. Di regola, ci spostavamo durante la notte. Se le condizioni meteorologiche ci impedivano di proseguire lungo il fiume, la motonave che fungeva da quartier generale attraccava presso il più vicino centro abitato e noi organizzavamo una serata di svago per la gioventù locale. In questi luoghi simili avvenimenti sono una rarità: negli ultimi tempi i club e le Case della cultura sono diventati piuttosto obsoleti. Iniziative culturali praticamente non ce ne sono.

    A volte, per intere giornate di viaggio, non si incontrava nessun centro abitato, nemmeno piccolo. Lungo la riva del fiume c’è solamente la taiga. Il fiume è l’unica arteria di traffico, per moltissimi chilometri. Allora ancora non sapevo che lungo uno di questi chilometri mi aspettava un incontro che avrebbe cambiato tutta la mia vita.

    Un giorno, quando già stavamo percorrendo la strada del ritorno verso Novosibirsk, stavo accingendomi ad attraccare la motonave-quartier generale presso un piccolissimo villaggio di poche casupole, lontano decine di chilometri dai grandi centri abitati. Era prevista una sosta di tre ore, per permettere all’equipaggio della motonave di scendere a terra, agli abitanti del posto di acquistare da noi diverse merci e cibarie e a noi di comperare a buon prezzo piante selvatiche della taiga e pesce.

    Durante la sosta, in qualità di capo della spedizione, mi venne rivolta una richiesta assai strana da due vecchietti del posto, così li giudicai di primo acchito. Uno era più anziano, l’altro più giovane. Il primo, che aveva una lunga barba bianca, rimase in silenzio tutto il tempo in cui l’altro parlava. Parlava quello più giovane. Mi voleva convincere a fornire loro una cinquantina di uomini (l’equipaggio della motonave era di sessantacinque persone in tutto), che essi stessi volevano condurre nella taiga, a venticinque chilometri di distanza dal luogo della sosta. Li volevano portare nel profondo della taiga per segare, come disse, il Cedro Sonoro. Un Cedro, la cui altezza raggiungeva, secondo le sue parole, i quaranta metri. Propose di reciderlo in pezzi di dimensioni trasportabili a mano sulla motonave. Dovevamo assolutamente portar via tutto. Il vecchietto consigliava di segare ogni parte in pezzetti più piccoli, di prenderne uno per ciascuno, e di distribuire il resto ai nostri cari, ai conoscenti, a tutti quelli che desideravano riceverli. Disse che quel Cedro era speciale. Bisognava portarne un pezzo sul petto, appeso a una cordicella per poi metterselo addosso stando a piedi nudi sull’erba, premendo il palmo della mano sinistra sul petto denudato. Nel giro di un minuto si sarebbe percepito un piacevole calore, emanato dal Cedro e il corpo sarebbe stato percorso da un leggero tremore. Di tanto in tanto, quando se ne fosse sentito il desiderio, bisognava strofinare con la punta delle dita quel lato del pezzetto di Cedro che non era a contatto con il corpo, tenendo i pollici sull’altro lato. Il vecchino affermò con convinzione che già dopo tre mesi una persona in possesso di un pezzo del Cedro Sonoro avrebbe avvertito un notevole miglioramento del proprio stato di salute, e sarebbe guarita da molte malattie.

    - Perfino dall’AIDS? - chiesi io, raccontandogli in breve quello che avevo appreso della malattia dai giornali.

    Il vecchietto rispose convinto:

    - Da qualsiasi malattia!

    Ma questo non era ancora tutto. La cosa più importante era che una persona in possesso di quel pezzetto sarebbe divenuta più buona, più fortunata, più ricca di talento.

    Sapevo qualcosa delle proprietà curative del nostro cedro della taiga siberiana, ma che potesse influire a tal punto sui sentimenti e sulle capacità mi sembrava del tutto inverosimile. Pensai: «Forse i vecchietti vogliono che dia loro dei soldi per questo Cedro singolare, come loro stessi lo definiscono». E cominciai a spiegare loro che nel vasto mondo le donne per piacere indossano gioielli d’oro e d’argento e che non avrebbero sborsato dei soldi per un pezzo di legno qualsiasi, perciò non avrei speso nulla nemmeno io.

    - Li portano - fu la risposta che seguì - non sapendo che l’oro è povera cosa in confronto ad un solo pezzetto di questo Cedro, noi non abbiamo bisogno di denaro in cambio, anzi possiamo darvi pure dei funghi secchi, ma non abbiamo bisogno di nulla…

    Non stetti a discutere per rispetto verso la loro veneranda età, e dissi:

    - Bene, forse qualcuno comincerà a portare un pezzetto del vostro Cedro… Lo porterà, se un grande artista dell’intaglio ci metterà mano e creerà qualcosa di insolitamente bello…

    Ma a queste parole il vecchietto replicò:

    - Si può intagliare, ma è più opportuno strofinare. Verrà molto meglio, se la persona stessa lo strofinerà con la punta delle proprie dita, quando la sua Anima ne sentirà il desiderio. Allora il Cedro sarà bello anche dentro.

    Appena detto ciò sbottonò in fretta il suo giubbotto consunto, quindi la camicia e mostrò quello che aveva sul petto. Vidi una specie di cerchio o un ovale convesso. Era di diversi colori: violetto, lampone, rossiccio, che creavano un disegno incomprensibile; le venature del legno sembravano dei rivoletti. Io non sono un intenditore di opere d’arte, per quanto mi sia capitato, di tanto in tanto, di visitare delle gallerie d’arte. I capolavori riconosciuti a livello mondiale non hanno suscitato in me grandi emozioni, ma ciò che stava appeso sul petto di quel vecchietto risvegliò sensazioni molto più forti che una visita alla Galleria Tret’jakov.

    Domandai al vecchietto:

    - Per quanti anni ha strofinato il suo pezzetto di Cedro?

    - Novantatrè - rispose il vecchietto.

    - E quanti anni ha?

    - Centodiciannove.

    Allora non credetti alla sua risposta, dimostrava settantacinque anni. Non avendo inteso i miei dubbi o non prestando ad essi attenzione, il vecchietto, agitandosi un poco, tentò di convincermi che, anche indossato da altri, quel pezzetto di Cedro, strofinato da un’unica persona, sarebbe diventato bello solo dopo tre anni, specie se portato da una donna.

    Dal corpo del suo possessore si sarebbe diffuso un piacevole aroma benefico, imparagonabile a quelli creati artificialmente dall’uomo!

    Dai vecchietti emanava effettivamente un odore molto piacevole, io lo percepivo nonostante fumassi e, come in tutti i fumatori, il mio olfatto risultasse affievolito.

    E ancora una stranezza…

    All’improvviso cominciai a notare nel discorso degli sconosciuti delle frasi che non erano proprie degli abitanti di quella remotissima provincia del nord. Alcune me le ricordo ancora adesso, perfino con la loro cadenza. Il vecchietto disse:

    - Dio ha creato il Cedro perché raccogliesse l’energia del Cosmo…

    Dall’uomo che prova sentimenti positivi si diffonde una radiazione. In una frazione di secondo essa, riflessa dai pianeti che stanno al di sopra degli uomini, ritorna sulla Terra e dona vita a tutti gli esseri viventi…

    Il sole è uno dei pianeti che riflette solo una parte dello spettro di questa emanazione…

    Dall’uomo si diffonde nel Cosmo solamente una radiazione luminosa. E dal Cosmo ritorna sulla terra soltanto una radiazione benefica.

    Dall’uomo, sotto l’influenza di sentimenti malvagi, si origina invece una radiazione oscura. La radiazione oscura non può librarsi in alto e ricade nelle profondità della terra. Riflessa dal sottosuolo, essa ritorna in superficie sotto forma di eruzioni vulcaniche, terremoti e guerre.

    Il risultato più evidente della radiazione oscura riflessa è costituito dall’influenza che hanno questi raggi sull’uomo. Essi amplificano direttamente i sentimenti malvagi che gli sono propri…

    Il Cedro esiste da cinquecentocinquant’anni. Con i suoi milioni di aghi, sia di giorno che di notte, cattura ed accumula dentro di sé l’energia della luce, l’intero suo spettro. Per tutta la durata della vita del Cedro, al di sopra di esso passano tutti i corpi che riflettono l’energia luminosa…

    Perfino in un minuscolo pezzetto di Cedro c’è più energia benefica per l’uomo che in tutti gli impianti di energia artificiale della Terra messi insieme.

    Il Cedro assorbe l’energia proiettata attraverso il Cosmo dall’uomo, la conserva e quando ce n’è bisogno la restituisce. La rende quando non ce n’è abbastanza nel Cosmo, vale a dire nell’uomo, in tutto ciò che vive e cresce sulla Terra…

    Si incontrano, ma assai di rado, dei Cedri che accumulano l’energia ma non la restituiscono.

    Normalmente dopo cinquecento anni di vita incominciano a risuonare. Parlano con il loro suono leggero, producono un segno, affinché gli uomini li prendano e li seghino per sfruttare l’energia accumulata sulla Terra. Questo è ciò che chiede il Cedro con il suo suono…

    Continua a vibrare per tre anni… dopodiché, non venuto a contatto con nessun essere umano, ne risulta privato della possibilità di inviare verso il Cosmo quanto ha accumulato, perde la capacità di trasmetterlo direttamente agli uomini. Allora incomincia a bruciare l’energia al suo interno. Questo suo doloroso processo di combustione ed agonia si protrae per ventisette anni…

    È solo da poco che abbiamo scoperto questo Cedro.

    Abbiamo stabilito che sta suonando da due anni. Emette un suono leggero, molto leggero. Forse cerca di protrarre nel tempo la sua richiesta, ma gli resta solamente un anno. Bisogna segarlo e distribuirlo tra la gente…

    Il vecchietto parlò a lungo ed io, per un qualche motivo, rimasi ad ascoltarlo. La voce dello strano siberiano risuonava ora con una tale tranquilla convinzione, ora con una grande emozione e, se agitato, strofinava rapidamente con la punta delle dita il suo pezzetto di Cedro, come se suonasse con leggerezza uno strumento musicale.

    Sulla riva faceva freddo, dal fiume soffiava un vento autunnale. Il vento, a tratti, smuoveva i capelli canuti sulle teste scoperte dei vecchi, ma la giubba consunta e la camicia dell’oratore rimasero sbottonate. Continuava a strofinare con le estremità delle dita il proprio pezzetto di Cedro, sospeso sopra il petto esposto al vento, cercando di spiegarne la grande importanza.

    Dalla motonave scese a riva Lidija Petrovna, una mia collaboratrice. Disse che sulla motonave si erano già tutti radunati, pronti a partire, ed aspettavano che io terminassi la conversazione. Mi congedai dai vecchietti e salii rapidamente a bordo. Non potevo soddisfare la loro richiesta: significava trattenere ancora la nave per un terzo giorno e questo avrebbe comportato delle gravi perdite.

    Ascrissi tutto quello che era stato detto dai vecchi allora alla loro eccessiva superstizione.

    Il giorno successivo, al mattino, durante una riunione di lavoro, notai all’improvviso che Lidija Petrovna giocherellava con un pezzetto di Cedro che aveva sul petto. Più tardi mi raccontò che quando io ero salito sulla motonave, lei si era trattenuta per un attimo. Aveva visto che il vecchietto che conversava con me, una volta allontanatomi rapidamente da loro, aveva rivolto uno sguardo sbigottito prima verso di me e poi al suo anziano compagno e con emozione aveva pronunciato queste parole:

    - Ma come? Perché non si sono resi conto? Non sono proprio capace di parlare la loro lingua… Non sono riuscito a convincerli… Non ci sono riuscito! Non ho potuto fare nulla! Non ce l’ho fatta… Perché? Padre, dimmi.

    Quello più vecchio mise la mano sulla spalla del figlio e gli rispose:

    - Non sei riuscito a convincerlo, figliolo. Non si è reso conto.

    - Quando già stavo salendo la passerella della nave, - proseguì Lidija Petrovna - all’improvviso il vecchietto che aveva conversato con te venne correndo verso di me, mi afferrò la mano, mi trascinò giù dalla passerella sull’erba. Prese frettolosamente dalla tasca una cordicella, a cui era legato proprio questo pezzetto di legno di cedro, me lo mise al collo, si premette sul petto il palmo della mia e della sua mano. Io sentii perfino un brivido lungo il corpo. Tutto questo accadde piuttosto in fretta, io non riuscii a dirgli niente. Quando mi allontanai, proferì al mio indirizzo:

    - Buon viaggio! Siate felici! Vi prego di venire qui l’anno prossimo! Che tutto vi vada bene, gente! Vi aspetteremo! Buon viaggio!.

    Mentre la nave si allontanava, il vecchino continuò ad agitare la mano ancora a lungo, poi all’improvviso si sedette sull’erba. Io li guardavo con il binocolo. Questo è quello che vidi: il vecchietto che aveva parlato con te e che poi mi aveva dato il pezzetto di Cedro, stava seduto sull’erba,

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