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Compagni di sangue
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E-book71 pagine13 minuti

Compagni di sangue

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Bobo Rondelli nasce a Livorno il 18 marzo 1963 (così dice su mà). Per non fare il muratore, lavoro di suo padre, s’inventa cantante, attore, giullare, etc, etc, etc, anche se lui si autodefinisce PRENDIPERILCULISTA di professione. Suo nonno materno, artista, grande ballerino di trincea, dove si esibiva scansando fucilate nemiche, scrisse il musical Se mi becchi non vale. Il nonno paterno, cantante di miniera dandosi il ritmo a colpi di piccone scrisse le canzoni: “Sono il negro del carbone” e “Bimba mia c’ho la silicosi”, edizioni Sanatorio Records. La nonna faceva la serva nelle ville dei signori. Lo zio Berto, di cui porta il nome, fu un grande performer di bestemmie in gramlot emiliano, che improvvisò prima di essere fucilato (testi andati perduti). Il padre è morto prima della pensione, il fratello lo arresterà perché è un finanziere, la madre lo sopporta ancora, la moglie non più, i figli lo picchiano. Di antica stirpe nobile gibbonica di sangue marrone, ha da tempo fatto richiesta senza ancora ottenere la pensione, perché lui è quello che ha “picchiato la testa” (come l’amico-regista Paolo Virzì, forse mosso a compassione, ha raccontato nel documentario “L’uomo che aveva picchiato la testa”).
LinguaItaliano
Data di uscita16 set 2014
ISBN9788872183830
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    Compagni di sangue - Bobo Rondelli

    M’INTRODUCO: A ME CIAM BERT

    Dietro Bobo mi nascondo, ma mi porto dentro Berto, zio di mio padre, fratello di mio nonno, del quale porto il nome che io, secondogenito, ho avuto per tradizione. Emiliano contadino, scapolo mezzo scemo del villaggio, uomo mite e buono, sgonfiatore di damigiane, sempre in mezzo a risse e puttane, ma una era la sua morosa preferita, la Caterina, una donna tonda e ubriacona che lui dal paese, gonfio di vino, caricava sulle spalle per portarla nella stalla, e quando nel tragitto lei gli diceva Berto ho da pisciare! lui neanche si fermava e così le rispondeva Piscia pure, basta che non caghi. E così con questa precisazione lei gli lasciava sulla giacca il suo odore e il suo calore come un vino, che dal consumatore ritorna al produttore, come una gatta a segnare il suo territorio animale.

    Mio nonno Giuseppe, suo fratello, era tornato dall’America, dove era andato a far fortuna dieci anni giù in miniera (per morire un anno dopo il suo ritorno, di silicosi come premio) per comprare un po’ di terra ed un mulino e non

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