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Qualche volta eri felice
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E-book96 pagine1 ora

Qualche volta eri felice

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Info su questo ebook

Pezzi di vetro appesi e brandelli di brividi. Annamaria e Piero, la notte di Natale con i pidocchi. Tutte le volte che non ce la facciamo e i lamenti neri in fondo al mare. I sogni di un cantante fallito e un amore perverso di due disperati. Attimi lunghi e attese infinite. Atmosfere da crisi esistenziale nel traffico dei ciottoli cocenti sotto il sole di Napoli. Personaggi viscerali e mai vinti. Sogni stretti nei pugni e lettere d’amore nascoste nei cassetti dei nostri ora o mai più.
LinguaItaliano
Data di uscita12 gen 2018
ISBN9788899906528
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    Anteprima del libro

    Qualche volta eri felice - Raffaele Ceriello

    Baustelle

    POESIE

    Q uesta è l’ora del nostro viaggio.

    Amen.

    È l’ora dei lamenti da costa a costa.

    Per i pochi che la vedranno.

    È l’ora della nostra colazione di vomito.

    Delle poppate sottocoperta.

    Questa è l’ora degli occhi sbarrati nel buio.

    Delle mani che sbranano i sogni.

    Questa è l’ora del nostro viaggio. Amen.

    L’ora del vostro rifiuto quotidiano.

    Questa è l’ora del nostro viaggio. Amen.

    L’ora delle impronte digitali e

    degli sguardi di disapprovazione.

    L’ora dei Tg, dei fotografi

    che sparano sulla nostra miseria.

    Questa è l’ora del nostro approdo. Amen.

    È la nostra ora più nera.

    Quando,

    gonfia di stelle, la notte

    carezzerà il tuo canto…

    e quando

    nelle sere a mortificare il verbo

    calerò sui tuoi seni,

    nella penombra della stanza affacciata sul muro

    le nostre mani piccole

    saranno fuochi.

    Io sarò torcia per te e tu sarai vento.

    In quelle stesse notti chiare

    Le nostre gole saranno piene e

    i nostri nervi esploderanno ancora.

    Cosi saremo solo più lontani

    dalle nostre Via Toledo e

    dai mercatini di Natale al borgo.

    Ci convocheremo per litigare

    le domeniche in cassaintegrazione.

    I giorni non retribuiti del nostro

    fragile amore saranno punti neri

    sulla tua schiena in odor di donna.

    Non sapremo dirci no.

    Vennero a chiedermi del nostro torto.

    Uno in mano aveva una penna nera,

    l’altro un contratto senza ferie e malattie.

    Mia madre mi implorava di firmare

    Mia moglie mi chiedeva di accettare.

    Mio padre muto

    in un angolo del suo cuore

    malandato.

    Firmai.

    Per gli occhi di mia figlia Giulia e il suo pigiama scuro.

    una Barbie senza naso e senza culo.

    E ballaballa ballerino...

    Vennero a prendermi un pomeriggio di luglio.

    Ponticelli era un deserto caldo e appiccicoso.

    Me ne andai cosi.

    Per gli occhi di mia figlia Giulia,

    l’innocenza di una bimba che ride

    al tonfo immobile di una sirena.

    Me ne andai cosi

    Con la vergogna che provavo.

    E ballaballa ballerino.

    Una sedia

    una corda

    Un voucher e un

    Vaffanculo...

    Vago

    e sillabo il tuo nome

    tra le tasche vuote e le maniche della

    giacca rotte.

    Con le scarpe marroni della tua prima comunione

    con il mestolo per il pesto che ti ha fatto

    male.

    Vago

    e sillabo il tuo nome

    tra le barche in mare aperto e

    la percentuale dell’amore mancato

    nelle notti rosse d’estate.

    Vado svanendo

    negli abissi dei tuoi quadratini

    tra le equazioni delle elementari e

    sento il tuo nome pronunciato male.

    E altrove.

    Lontano da quella stanza che ti ha fatto male

    dalle bambole bionde e nere.

    Al minuto ottantasei un lancio lungo del

    capitano

    capita nel tuo brodo freddo e ridi.

    Ridi.

    Come quella sera al pronto soccorso

    con la macchina senza benzina e il gesso

    bianco tra noi due e

    la luna.

    Ho avuto un sogno

    che ho pagato col sangue,

    con gli occhi colmi di lacrime

    a Natale.

    Spezzato da una scossa

    improvvisa,

    da un rumore assordante

    di case venute giù.

    Ho avuto un sogno fin dentro il mio sparo,

    nell’alito pesante dei miei carnefici,

    nei maglioni di lana dei loro figli,

    nel cotone freddo dei miei.

    Tra le auto che passano veloci

    sulle mazzette per la ricostruzione,

    su: io non ho visto niente,

    non ho sentito niente,

    Io non ero qui.

    Ho avuto un sogno. Duro da masticare.

    E strette di mano pregne di indifferenza...

    ... e venga il tuo regno sulle facce ripulite a festa

    tra le fasce tricolori macchiate di omertà,

    sui sorrisi finti che calpestano i miei occhiali,

    sui balconi appassiti, sui fiori splendenti a lutto,

    sugli inverni che non riscalderanno.

    Sulle dita che coprono inciuci.

    Sui corpi dilaniati al sole di mille schede elettorali

    lasciate a svolazzare sempre lo stesso cognome.

    Ho avuto un sogno che ho pagato con il sangue.

    Terramia

    Pensarti libera e civile...

    Per tutte le volte

    che mi sei precipitata addosso,

    inciampando tra le stringhe

    dei miei stivali nuovi

    luccicati con cura.

    Per le volte che ti ho afferrato,

    mentre fischiettavi un motivetto allegro.

    Per quelle e le altre ancora.

    Per non esserti lasciata impietosire

    dai miei occhi gonfi,

    dalle bugie a maniche corte.

    Per tutte le volte che sei precipitata,

    ed io ero a pochi metri.

    O più avanti o più indietro.

    Denutrito, nelle mie scarpe nuove lucidate dal tempo e

    invecchiate con cura.

    Per le stagioni andate a male senza

    gesti d’amore.

    Per la parola amore:

    troppe volte irrisa e troppe volte abusata.

    Per la penna del poeta in rivolta,

    per le catene dei preti.

    Per noi,

    uccisi in galera.

    Per Anna, Luisa e Carlo.

    Andrej e Ludmilla e i loro figli

    perduti nel freddo.

    Per mio padre e le sue mani callose,

    mio fratello e la sua barba.

    Mia mamma,

    solo mia.

    Nel tempo che ci asciuga le ferite

    che grondano odio e tenerezza.

    Per le primavere tatuate sugli occhi.

    E per me, Mai.

    Prima o poi,

    tutto il mondo crolla.

    Non c’è bisogno di urlare…

    Ad un cero punto,

    quando meno te l’aspetti,

    tutto il mondo cessa di esistere,

    per te.

    Puoi parlare per ore di Modena o Siena,

    delle stagioni passate in laguna.

    Puoi aspettarti nulla

    O rintanarti nelle assolate Catania,

    nelle ventose Triste.

    Nei vigneti o nei terreni

    confiscati alla malavita organizzata.

    Ad un certo punto

    Quando le tue unghie saranno molli

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