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Due rive, un solo fiume: Scienza e spiritualità come linguaggi universali
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Due rive, un solo fiume: Scienza e spiritualità come linguaggi universali
E-book261 pagine3 ore

Due rive, un solo fiume: Scienza e spiritualità come linguaggi universali

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Scienza e spiritualità sono due linguaggi uni-versali perché vanno nella stessa direzione e si integrano l’una con l’altra, lasciando scorgere il loro punto di fuga comune: la coscienza, il ponte tra Spirito e materia. La nuova scienza e le scoperte del mondo sub-atomico ci conducono verso un universo cosciente, lo stesso universo che tradizioni esoteriche e filosofie perenni hanno esplorato e descritto per secoli e millenni. Un universo non più fondato sulla materia ma sulla coscienza, il ponte finalmente in grado di unire due rive rimaste opposte per lungo tempo.
LinguaItaliano
Data di uscita19 ott 2018
ISBN9791220039277
Due rive, un solo fiume: Scienza e spiritualità come linguaggi universali

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    Anteprima del libro

    Due rive, un solo fiume - Anna Benedetta Galazzo

    1. L’inizio, la visione scientifica delle filosofie perenni: l’unione di Spirito e materia

    Nell’antica Grecia la Scienza si chiamava Filosofia che significa amore per la saggezza e che cercava di orientare e guidare le vicende umane attraverso la conoscenza e applicazione delle Leggi Universali e della Natura. La natura è sempre stata la nostra grande maestra di Vita ma a quel tempo essa non era considerata come qualcosa di esclusivamente materiale e fisico da percepire con i nostri 5 sensi, dominare e asservire esclusivamente ai nostri bisogni umani ma anche qualcosa di immateriale e divino che collegava tutti i regni di natura: minerale, vegetale, animale, umano e spirituale.

    In questa visione olistica del mondo ogni cosa occupava una precisa posizione e svolgeva il proprio ruolo direttamente funzionale al benessere dell’organismo d’insieme che comprendeva tutte le evoluzioni correlate e interdipendenti. Era ciò che oggi definiremmo una visione eco-sistemica.

    Anche l’essere umano occupava la sua posizione chiave ma non era una posizione prevaricante perché al di sopra vi era una consistente teoria di divinità, Leggi e valori etici a loro volta organizzati gerarchicamente.

    Si riconosceva l’esistenza di un principio ontologico assoluto che per Parmenide e la scuola eleatica era l’Essere, unica realtà perché l’Essere è immutabile, Uno e continuo, intero nel suo insieme, omogeneo, ingenerato, incorruttibile, senza fine, immobile, indivisibile, di là dal tempo/spazio/causa; per Pitagora era l’Uno da cui il mondo era tratto attraverso una progressione di differenziazioni: l’Uno, la diade, il molteplice. Una differenziazione che attraverso il suono e la ricerca dei rapporti armonici poteva ricondurre il regno umano a ristabilire l’unione, ovvero l’Armonia tra Anima e corpo, tra Ordine e disordine, tra Spirito e materia; e che per Platone era il Sommo Bene, l’Essere assoluto, la perfezione, che sintetizzava tutti i possibili archetipi del mondo delle Idee.

    L’essere umano aveva una posizione chiave in questa prospettiva perché poteva assurgere da intermediario tra Spirito e materia o tra Dio e natura, intraprendendo un percorso di purificazione ed evoluzione della coscienza per sintonizzarsi col mondo delle Idee o piano dell’Anima, e coglierne gli archetipi e le leggi dell’armonia ideale sulla cui base il mondo poteva essere e doveva essere edificato.

    Sosteneva Platone che se l’uomo vuole un mondo migliore deve saper contemplare il mondo archetipale in modo da rendere il sensibile quanto più conforme all’intelligibile.

    Per questi padri della saggezza la vera natura dell’uomo è immortale e il mondo delle forme non è altro che il riflesso della sua coscienza essendo il mondo sensibile un mondo illusorio e relativo.

    Questa sostanziale unità tra spirito e materia era fondamentale per rapportarsi armonicamente con tutti gli esseri del creato perché il principio divino secondo questa concezione dimorava in ogni ente fisico a prescindere dalla sua dimensione o livello di evoluzione. L’immanenza del divino nella natura, nel sasso, nel fiore, nell’albero, nell’animale e nell’uomo poneva le basi per il rispetto, la considerazione sacrale di tutto ciò che faceva parte del mondo manifesto, cercando di stabilire rapporti secondo le Leggi Universali tra tutti gli esseri divini.

    In questo periodo aureo dell’umanità furono poste le basi della civiltà, in occidente attraverso i grandi filosofi greci e i misteri, in India attraverso Gautama Buddha e in Cina attraverso Lao-Tzu e Confucio. Fu un arco temporale relativamente breve in cui vennero deposti i semi del pensiero umano che diede forma a tutte le filosofie e tradizioni spirituali principali del mondo.

    Naturalmente queste conoscenze raccoglievano i frutti maturati dalle maggiori civiltà che precedettero, come l’egizia, la cultura vedica e quella classica dell’antica Cina.

    E’ particolare osservare come quasi contemporaneamente in diverse parti del mondo si incarnarono quelle che ancora oggi sono considerate tra le maggiori guide dell’umanità. Questo ci rimanda ad alcune considerazioni sul tema del tempo e sul senso del ciclo nell’evoluzione universale.

    Affronteremo in un capitolo successivo questo argomento.

    Il concetto di immanenza considera l’essenziale unità di tutte le cose e gli enti, in quanto essi sono episodi morfologici e funzionali diversificati che accolgono in sé un unico principio ontologico e formativo spirituale e indivisibile. Tutto è collegato da questo unico principio spirituale che possiamo rappresentare simbolicamente come un grande sole centrale che, pur rimanendo integro, ha emanato una miriade di proprie scintille ad informare di sé ogni cosa esistente nell’universo. A questo proposito è indicativa una celebre affermazione che nella Bhagavad Gita (parte del grande poema epico indù Mahābhārata) il Dio Krishna rivolge al discepolo Arjuna: Avendo pervaso l’intero Universo con un frammento di mè stesso, io permango.¹

    Questa informazione è contenuta nel nucleo di ogni singola parte separata, come se ne costituisse il suo vero codice genetico.

    Attorno a questo nucleo centrale si è depositata molta materia che ha assunto le fogge e le funzioni più disparate e questa materia, che può essere più o meno raffinata a seconda del lavoro compiuto, ci impedisce di vedere con chiarezza la vera essenza di tutto ciò che abita l’universo.

    E’ per questo che gli antichi delfici, secondo l’interpretazione che Platone ne dà nell’Alcibiade Maggiore, ci esortavano affermando gnōthi sautón, " conosci te stesso", ovvero per sapere veramente chi siamo dobbiamo cercare e guardare il divino in noi.

    Secondo le maggiori tradizioni spirituali e misteriche antiche quando riusciamo a contattare questa nostra realtà nucleare o spirituale possiamo accedere ad un piano di Unità, dove la separazione non esiste, dove ogni singolo nucleo splendente risuona con tutti gli altri nuclei spirituali che brillano come occhi di fuoco nell’immensità del creato e conferiscono a questo nostro limitato sguardo prospettico la consapevolezza di una percezione unitaria multi-dimensionale e uni-versale. Tutto ciò che abita il cosmo è in essenza costituito da questa stessa sostanza divina che ammanta ogni cosa come un unico preziosissimo tessuto d’oro che unisce lo Spirito più puro alla più vile materia.

    Questo è il significato dell’affermazione Tutto è Uno.

    Tutto questo faceva parte del bagaglio di conoscenze che venivano trasmesse nelle scuole misteriche dell’antichità prima greca e poi romana.

    Ma questa Unità originaria ha subito nel corso dei millenni trasformazioni così radicali da smarrirne ai nostri occhi velati la consapevolezza dell’esistenza. Abbiamo dovuto fare molte esperienze di separazione prima di arrivare all’attuale punto in cui è nuovamente possibile ricostruire quell’unità sulla base della coscienza.

    Vediamone insieme i passaggi principali:

    Fu proprio la civiltà greca a porre per prima il seme dello sviluppo della mente come corpo espressivo dell’animo umano. Si incarnarono una serie di iniziati alla Saggezza Eterna, i grandi filosofi, che stimolarono l’umanità ponendo per primi le grandi domande che costituiscono l’essenza della filosofia: Chi è l’uomo? Da dove viene? Dove è diretto? Il che significa anche interrogarsi sul presente (chi è l’essere umano in sé, che natura ha, quale è la sua coscienza, quali qualità esprime, cosa lo differenzia dagli altri regni di natura, in che rapporto sta con essi), sul passato (da dove proviene l’essere umano, quale è la sua origine, che tipo di rapporto ha con il mondo oggettivo delle forme, come utilizza intelletto, percezione, analisi e memoria per apprendere) e sul futuro (dove è diretto, dove lo porta lo sviluppo della coscienza, come si rapporta con la propria essenza spirituale, quale sarà il suo prossimo passo evolutivo, qual è la visione del suo destino). Queste domande lo accompagneranno nel suo processo di evoluzione e di integrazione progressiva delle sue potenzialità che si esprimeranno attraverso esperimenti, esperienze ed espressioni sempre più raffinate ed includenti.

    I Misteri greci continuarono in epoca romana e proseguirono nello gnosticismo. Il termine gnosticismo deriva dalla parola greca gnósis (γνῶσις), cioè «conoscenza», che era l'obiettivo che esso si poneva.

    Il Cristo stesso infatti aveva il compito di raccogliere l’eredità mentale greca e legarla allo sviluppo del cuore, dell’amore, in modo da far diventare gli uomini amorevoli in modo intelligente.

    Il vero Amore è dunque l’unione di cuore e mente, l’espressione di comprensione amorevole applicata per l’evoluzione dell’organismo di cui facciamo parte, che a sua volta esiste per realizzare un Proposito maggiore.

    2. Il blocco evolutivo medievale e la rinascita dell’uomo e del suo pensiero

    Gli gnostici avevano ereditato gli insegnamenti originari ed esoterici del Cristo ed erano i suoi successori naturali, ma ad un certo punto entrarono in conflitto con i padri della Chiesa che non conoscendo i sacri misteri, li perseguirono e annientarono poi definitivamente grazie alla Santa Inquisizione di Innocenzo III del XII secolo.

    Le scuole Pitagoriche, Platoniche e misteriche furono messe fuori legge e la mente fu eliminata dalla vita dell’umanità in maniera deliberata e criminale.

    Si consumò la prima grande separazione tra l’umano e il divino, tra immanenza e trascendenza.

    Nel 529 d.c. con l’editto di Giustiniano fu scardinato completamente tutto l’insegnamento mentale che portava le persone ad interrogarsi sulla propria natura spirituale, sul perché degli eventi, dell’esistenza e sul senso più profondo della vita, proprio come aveva iniziato la filosofia antica.

    Nel 553 d.C. Giustiniano e l’imperatrice Teodora nel II° concilio di Costantinopoli fecero definitivamente cancellare la dottrina della reincarnazione e vennero condannati gli scritti reincarnazionisti di Origene. Perché è così importante questo fatto? Perché sradica completamente l’idea che la coscienza evolva in un lunghissimo ciclo di vite e per dirla con Edward Bach (…) dobbiamo comprendere che il breve passaggio su questa terra, che noi chiamiamo vita, non è altro che un momento nel corso della nostra evoluzione – come un solo giorno di scuola a paragone di tutta una vita – e nonostante che nel presente noi siamo in grado di comprendere solo quel giorno, il nostro intuito ci dice che il vero inizio fu infinitamente lontano dal nostro inizio e che la fine sarà infinitamente lontana dalla nostra fine. Le nostre Anime, cioè i nostri Noi reali, sono immortali, e i corpi di cui siamo consapevoli sono temporanei, semplici cavalli che usiamo per fare un viaggio o strumenti che usiamo per fare un lavoro.²

    I frutti di questo lavoro sono distillati incarnazione dopo incarnazione e sono il nutrimento della coscienza che avanza nel suo lungo viaggio di consapevolezza.

    Togliendo questa consapevolezza autodeterminata nel proprio cammino evolutivo la Chiesa si pose come unico garante autorizzato a regolare e normare il cammino etico, morale e spirituale degli uomini, che naturalmente si poteva esprimere in un’unica esistenza terrena rispetto alla quale la Chiesa aveva potere e controllo assoluti.

    Il dogma ecclesiale si impose e l’uomo fu espropriato della propria intrinseca natura divina.

    La frattura tra Spirito e materia si cristallizzò in una concezione trascendente del divino, ormai lontano dall’uomo, peccatore carnale la cui condotta morale era vigilata e vagliata dalla casta sacerdotale che esercitava discrezionalmente il suo potere salvifico o punitivo, assurgendosi ad esclusivo intermediario tra Dio e l’essere umano. Non c’è più accesso diretto alla conoscenza e alla spiritualità.

    Possiamo dire che da una condizione armonica dove spirito e materia erano uniti e in equilibrio, nel medioevo siamo passati ad una condizione di sbilanciamento a favore del divino, innalzato al di sopra dell’uomo in foggia antropomorfa, in un altrove indirettamente accessibile, una condizione in cui la materia veniva mortificata e svilita come fonte di tutti i mali.

    Questa scissura portò così allo sviluppo del misticismo cristiano, alla conoscenza di Dio tramite severe pratiche contemplative ed esperienziali che prevedevano l’abbandono delle principali esperienze sensibili e della riflessione razionale e filosofica a favore di un atteggiamento ascetico, puramente ascensionale ed emotivo. Il desiderio ardente di contatto con Dio portava i mistici a intraprendere un percorso di isolamento dal mondo alla ricerca di uno stato contemplativo o estatico, ad uscire da se stessi per trovare un fugace contatto divino grazie al rapimento mistico.

    Fu esattamente in questo periodo che vennero edificati in tutta Europa i monasteri più inaccessibili come quelli greci delle meteore, di Sumela in Turchia, di Montserrat in Catalogna, di Ostrog nel Montenegro o di San Colombano in provincia di Trento.

    Sempre in questi lunghi e bui secoli si ebbe un incredibile sviluppo del culto dei santi soprattutto in tutti i territori a confessione cristiana.

    Se osserviamo il corso della storia dal punto di vista dello sviluppo della luce della mente, ciò che caratterizza propriamente l’obiettivo evolutivo del regno umano e che lo differenzia dal regno animale, possiamo tranquillamente definire il medioevo come una catastrofe evolutiva che ne ha bloccato lo sviluppo per circa mille anni.

    A parte una piccola parentesi in corrispondenza del regno di Carlo Magno, monarca illuminato per il suo tempo che diede il via all’Accademia Palatina (gruppo di intellettuali provenienti da ogni parte dell’impero carolingio che si riuniva attorno all'imperatore ad Aquisgrana) e che si dedicò alla diffusione delle scuole modificandone radicalmente i metodi e gli ordinamenti, il millennio medievale vide trionfare tra le popolazioni completamente assoggettate ai poteri temporali e spirituali di Chiesa e Monarchia, una ignoranza profondamente radicata nel tessuto sociale che manteneva le persone in un persistente clima di paura, violenza e prevaricazione.

    In un universo soggetto alla legge di polarità la dualità opera in ogni ambito e scala.

    Non è azzardato quindi sostenere che come in ogni movimento naturale, sociale, storico e psicologico umano agiscano forze che sostengono l’evoluzione e altre forze che cercano di impedirla. In ogni cosa, così come nella coscienza umana, esiste la luce e l’ombra, il bene e il male, il polo positivo e quello negativo, in un alterno reciproco avvicendarsi che ci richiede in modo più o meno consapevole una continua opera alchemica di integrazione e sintesi tra gli opposti, di superamento della dualità, di armonizzazione polare.

    Anche le ere, le civiltà e le organizzazioni sociali sono organismi che nascono, si sviluppano, declinano e muoiono, come qualsiasi essere vivente.

    Possiamo dire quindi che a partire dal IV secolo in occidente le forze involutive hanno avuto modo di bloccare il naturale sviluppo della civiltà classica portatrice di luce e conoscenza per instaurare quello che oggi sarebbe definito come un regime del terrore, una vera e propria catastrofe evolutiva durata fino all’umanesimo.

    L’Umanesimo come movimento culturale a tutto tondo, filosofico, filologico, letterario e politico, che riportò la centralità dell’uomo, il valore del suo intelletto e della laicità nella vita del cuore d’Europa, e il Rinascimento a seguire, che ripropose la Bellezza come grande educatrice delle coscienze, sono considerati dalla prospettiva della Scienza dello Spirito, un intervento risanatore ad opera delle grandi guide dell’umanità, che in armonia alle Leggi che regolano i cicli delle energie, a cui accenneremo nel capitolo 11.a, aiutano e sostengono l’umanità nel suo processo evolutivo. Ci riferiremo d’ora in avanti a questo gruppo di coscienze luminose ed evolute che supportano il lavoro dell’umanità di rivelare la natura della coscienza divina, con la definizione che ne dà la Scienza dello Spirito, ovvero Gerarchia Spirituale. Il vero significato del termine è cooperazione coordinata al fine, fine che è rappresentato appunto dal raggiungimento dell’archetipo di perfezione umana che ne rivela la innata divinità. Del resto l’etimo del termine rimanda a due parole di origine greca: Ierós (sacro) e Àrchein (presiedere)³, con l’accezione di sedere avanti per difendere, curare e governare l’ordine sacro, ossia la disposizione di ogni cosa al suo giusto posto, ove naturalmente il giusto posto è l’archetipo di perfezione divina che non può essere realizzato utilizzando l’unità di misura dell’ego umano o Io personale.

    Non è un caso dunque che ancora oggi e nel corso dei secoli il Rinascimento non abbia mai perso la sua funzione magnetica di attrarre le coscienze verso la Bellezza, che come dice Kant è il riverbero dell’infinito sul finito, è Dio intraveduto, un archetipo ideale che ci attira a sé come un grande magnete perché ci ricorda chi siamo veramente: noi non siamo esseri umani che fanno un’esperienza spirituale, noi siamo esseri spirituali che fanno un’esperienza umana⁴.

    Il Rinascimento è stato un faro che ha riportato la luce nella notte buia dell’umanità e in questo senso l’organismo Italia ha svolto una funzione trainante per tutto il vecchio continente, funzione che le appartiene perché la sua energia dominante, quando si esprime nelle sue volute più alte, è profondamente intrisa di Bellezza, quella stessa bellezza che ci salverà, perché è il frutto di un cuore ardente che manifesta la vibrazione del divino nell’apparenza della forma. Fa luce intorno a noi e ci guida ai mondi superiori trasmettendoci il senso del colore e dell’armonia universale. E’ l’essenza dei miracoli e il respiro dello spirito e va estratta dalle scintille di luce che vibrano in ogni aspetto della vita.⁵ E’ la ricerca di questa bellezza che ci trasformerà in veri artisti e ci insegnerà a fare di ogni nostra esistenza un opera d’Arte.

    3. Il pensiero scientifico, il meccanicismo e il primato della materia

    Umanesimo e Rinascimento, ristabilendo la centralità della persona prepararono il terreno per l’avvento di un nuovo periodo di ricerca e conoscenza: il pensiero scientifico.

    Ancora una volta in un tempo relativamente breve, circa 150 anni, si incarnarono alcuni grandi pensatori e scienziati che modificarono profondamente lo sguardo dell’uomo sulla natura: Giordano Bruno, Francis Bacon, Galileo Galilei, Giovanni Keplero, Renè Decartes, Isaac Newton e molti altri che col loro lavoro e sacrificio portarono avanti l’evoluzione umana ponendo le fondamenta di quel pensiero scientifico che ancora oggi guida la ricerca umana ai margini del conoscibile. Sarà

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