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Suoni in Testa
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E-book285 pagine3 ore

Suoni in Testa

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Info su questo ebook

Suoni in Testa vuole ri-svegliare e pro-muovere, in forme creative e ricrea-attive, la musica che vive nella nostra mente-memoria. Oltre a chiarire aspetti importanti della memoria musicale, cerca di dar vita a una pedagogia e didattica dell'ascolto svolte in forme stimolanti, piacevoli e giocose, dirette a sviluppare autocoscienza, concentrazione e attenzione nei confronti della musica e della persona. 

Suoni in Testa, nel suo capitolo più consistente, Giocosa Mente, propone tanti e diversificati percorsi d'ascolto mirati ad arricchire le diverse memorie musicali dei nostri allievi, dei nostri figli e di noi stessi: Ritmica Mente, Melodica Mente, Timbrica Mente, Armonica Mente.Grazie anche ai file audio allegati ricchi di innumerevoli attività d'ascolto, Suoni in Testa risulta essere un moderno sussidio didattico, mirato allo sviluppo cosciente del corpo-mente-memoria musicale.

I docenti della Scuola Primaria e Secondaria, interessati a percorrere questa nuova e originale strada educativa per lo sviluppo della memoria sonoro-musicale, troveranno in questa pubblicazione tante risposte chiarificatrici, unite a tantissime proposte di lavoro. 

Ma oltre alla scuola, anche le persone amanti della musica, potranno capire meglio la loro stessa intelligenza musicale e, soprattutto, continuare a stimolarla e a svilupparla con coscienza e impegno, dimostrando a tutti che senza una mente-memoria musicofilica nessun essere umano può definirsi musicale.

LinguaItaliano
Data di uscita7 set 2021
ISBN9791280213518
Suoni in Testa

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    Anteprima del libro

    Suoni in Testa - Maurizio Spaccazocchi

    1. FONOTASSIA, FONOFILIA E MUSICOFILIA

    Il vostro corpo è l’arpa della vostra anima.

    E tocca a voi di trarne dolci armonie o confusi suoni.

    da Il Profeta, Gibran Kahlil Gibran

    La nostra memoria emo-fono-musicale è dinamica a tal punto da adattarsi e rinnovarsi in rapporto ai bisogni primari e secondari della nostra razza.

    La memoria musicale umana è da ritenersi un sistema autopoietico, cioè portatore di quella capacità originata da un sistema vivente complesso, che sarebbe in grado di mantenere la propria unità e la propria organizzazione grazie alle reciproche interazioni dei suoi componenti.

    Ascoltare, memorizzare, ricordare, confrontare, ecc., sono pratiche che gli esseri umani svolgono perché la vita stessa, nelle sue varie opportunità, ne fa forte richiesta. Quindi, in questo capitolo è nostro compito tentare di individuare e spiegare almeno alcune fra le più importanti ragioni che la razza umana ha di crearsi una ricca memoria emo-fono-musicale.

    Memoria e sopravvivenza

    La fonotassia, in biologia, è riscontrabile nel comportamento di un organismo animale che si rivolge e/o si dirige (con l’intero corpo o con una sua parte) verso una ipotetica fonte di stimoli sonori. Questo comportamento può essere inteso come azione positiva o negativa, cioè in rapporto al fatto che il movimento sia orientato verso lo stimolo, oppure in direzione opposta, cioè allontanandosi dallo stimolo stesso.

    Siamo quindi, in questo momento, molto più interessati a parlare dell’uomo come soggetto zoologico in grado di produrre comportamenti di fonotassia positiva e negativa.

    Questa fuga o questo dirigersi verso lo stimolo sonoro è frutto di una condotta percettiva audio-somoestesica ⁸ che l’essere umano pro-muove nei confronti dei suoni e dei rumori in genere, e ha una chiara natura biologica, zoologica, che ci permette di ipotizzare che essa sia alla base stessa delle nostre condotte premusicali. Tale condotta percettiva non è certo finalizzata alla costituzione delle varie espressioni musicali, quotidiane o artistiche che siano, alle quali hanno dato vita nei millenni le tante e diverse etnie presenti nel mondo.

    È quindi corretto ipotizzare che lo scopo della fonotassia umana sia da ricercarsi non tanto nel bisogno secondario di musica, quanto piuttosto nel primario bisogno di sopravvivenza, come una prioritaria forma di auto-accudimento biologico che pure la razza umana si ritrova nei suoi geni, come forma di memoria utile per attivare, sul momento, azioni e reazioni nei confronti dell’ambiente.

    La fonotassia umana è allora una vera e propria forma di autodifesa, da intendersi come bisogno vitale di introiettare e immagazzinare eventi acustici di ogni genere e provenienza. Qualità questa che l’uomo ha insita fra le sue condotte vitali primarie, utilissima all’affermazione e alla promozione della sua stessa presenza ed esistenza in questo mondo.

    Ecco quindi che la fonotassia umana si attiva come quel costante bisogno di percepire, analizzare, valutare, capire, confrontare e memorizzare tutte le possibili manifestazioni sonore dei vari soundscapes naturali e artificiali. Ambienti sonori che, nei millenni, l’essere umano ha prima frequentato e poi cercato lui stesso di antropizzare, di adattare ai suoi bisogni e utilizzi generali e sonori particolari.

    È attraverso la fonotassia prima e la fonofilia ⁹ poi, che l’uomo ha potuto comprendere a poco a poco la natura sonora del proprio ambiente; ha potuto definire la collocazione di cose, persone, animali, eventi atmosferici; ha potuto collocare nello spazio la sua stessa presenza attraverso la percezione di suoni e rumori di altri uomini, di animali e della stessa natura; ha potuto controllare e gestire, all’interno dei diversi ambienti frequentati, i suoi spostamenti, i suoi percorsi e le sue direzioni, anche grazie al contributo dei suoni e dei rumori presenti e memorizzati nei singoli luoghi:

    "Io lo seguii pazientemente, a distanza di un passo, notando tutti i rumori che udivo a ogni curva, e nelle settimane successive studiammo un percorso più semplice. Remus camminava immerso nel suo libro, quando udivo il coltello del macellaio lo sospingevo a destra, e alle martellate del fabbro lo tiravo a sinistra. Alle prime grida dei venditori del mercato, era il momento di risalire il pendio." ¹⁰

    L’essere umano ha quindi dovuto sviluppare percezione e interesse nei confronti di suoni e rumori, per giungere pure a comprendere che l’ascolto è anche una condotta che si realizza alla cieca, e che la comunicazione rumoristicosonora è tanto più efficace al buio, quanto più lo è la percezione visivo-gestuale di giorno.

    Quello che stiamo indicando, che sembra avere priorità, efficacia e visibilità nel contesto primitivo della nostra razza, è invece controllabile anche nel contesto sociale attuale.

    Pensiamo ad esempio che cosa sarebbe la nostra personale incolumità e sicurezza quotidiana se la nostra mente non avesse la capacità di crearsi una memoria specifica dei rumori e dei suoni presenti all’interno della nostra auto: Come faremmo a capire che c’è bisogno di cambiare marcia? A decidere di accelerare o rallentare per evitare un pericolo? A capire quando il motore è sotto sforzo o fa un rumore strano e pericoloso? O a comprendere la qualità e il messaggio vitale proveniente dai rumori e dai suoni degli altri automezzi presenti nella nostra stessa strada?

    O al contrario: quanti ciclisti e pedoni hanno potuto evitare di essere presi sotto, da auto o camion provenienti da dietro nella stessa direzione di marcia, proprio grazie ad una acquisita memoria dei rumori prodotti da veicoli a motore in avvicinamento?

    Ciò è dovuto pure alla struttura fisiologica delle nostre orecchie, materialmente poste in modo da facilitare la nostra audizione stereofonica. Infatti le due diverse rilevazioni del suono proveniente dall’esterno, dovute proprio allo scarto esistente fra i due tempi di arrivo del suono alle nostre orecchie, permettono al nostro cervello di offrirci informazioni abbastanza precise in merito alla direzione di provenienza dell’evento acustico percepito:

    "Fra l’altro, il suono può aggirare gli ostacoli, a differenza della luce, che si propaga solo in linea retta. Non c’è dunque bisogno che le orecchie siano dirette nella stessa direzione, come gli occhi, per essere in grado di fornire un udito stereofonico. Serve invece che siano poste alla massima distanza possibile, per permettere scarti temporali maggiori, e questo spiega perché esse siano state selezionate ai lati estremi della testa." ¹¹

    Questo significa che la nostra stessa natura ci ha dotato di modalità audio-percettive utili a comprendere e a difenderci dall’ambiente sonoro circostante. Una percezione che aiuterà l’uomo a sviluppare sempre più quella memoria sonora e rumoristica intesa come primario bisogno di sopravvivenza; bisogno ancora oggi molto attivo e sempre presente nella razza umana, ben più di quanto possiamo immaginare.

    Memoria: magia ed estetica

    Da una urgenza vitale come la fonotassia, l’uomo ha pure iniziato a sviluppare il suo interesse nei confronti del suono come stimolatore di attività percettive connesse con la magia stessa nascosta nella produzione fisica del suono.

    Il suono, nella sua evanescenza e invisibilità materiale, si presenta alla nostra percezione come se fosse una creazione che riempie di fatto un vuoto, che riempie uno spazio, che crea quindi un ambiente sonoro intangibile ma pur sempre presente perché udibile alle nostre orecchie.

    È questa essenza vibrante e invisibile, presente e assente nello stesso istante, che ha offerto ai popoli le ragioni per le quali i suoni dovessero entrare a far parte dei più antichi miti e riti.

    È così che i miti e i riti dei vari popoli del mondo si sono sempre avvalsi del contributo stupefacente dei suoni naturali e artificiali, come ritroviamo ad esempio nei vari miti della creazione del mondo:

    "Un gran numero di informazioni sulla natura della musica e sul ruolo nel mondo ci viene dai miti della creazione. Tutte le volte che la genesi del mondo è descritta con sufficiente precisione, un elemento acustico interviene nel momento decisivo dell’azione. Nell’istante in cui un dio manifesta la volontà di dare vita a se stesso o a un altro dio, di far apparire il cielo e la terra oppure l’uomo, egli emette un suono. Espira, sospira, parla, canta, grida, urla, tossisce, espettora, singhiozza, vomita, tuona, oppure suona uno strumento musicale. In altri casi egli si serve di un oggetto musicale che simboleggia la voce creatrice, la fonte dalla quale emana il mondo è sempre una fonte acustica. […]

    Questo suono, nato dal Vuoto, è il frutto di un pensiero che fa vibrare il Nulla e, propagandosi, crea lo spazio. È un monologo il cui corpo sonoro costituisce la prima manifestazione percepibile dell’Invisibile." ¹²

    Ma oltre al mito e al rito, la stessa essenza stupefacente e magica del suono, induce l’uomo verso un ascolto estetico che stimola di fatto il piacere dei sensi. Bellezza e piacere che si riflettono sulle stesse qualità costitutive della nostra memoria sonora, in grado di farci riascoltare mentalmente il mondo sonoro: è magico per quanto è elementare avere la possibilità di sentire rumori, versi, parole, suoni, canti, strumenti e musiche dentro di noi.

    Ascoltare lo stupore dei suoni provenienti dal mondo significa, dunque, formarsi pure una memoria che supera la semplice percezione fisico-acustica, facendoci così accedere all’interno di una grande fonoteca di ricordi sonori colorati di bellezza, di stupefacente meraviglia.

    Infatti noi tutti, attraverso la percezione e la memorizzazione dei suoni, confermiamo il bisogno di vivere la nostra personale dose di estetica, la nostra quoti-diana bellezza, per far sì che il vivere sia più appagante, per sentirci colpiti dai sensi, dal piacere stupefacente che è segno di quella percezione estetica che ci blocca il movimento, che ci mozza il fiato. Un percepire sensoriale che possiamo recuperare pure da visioni ordinarie della vita:

    …vedete un falco che si libra in volo per poi scendere in picchiata, oppure una volpe che fa capolino davanti a voi nel bosco, o l’allegro salto di un delfino nell’onda di prua. Trattenete il respiro e restate immobili. Questa rapida inspirazione, questo piccolo fiato – hshshs, come fanno i giapponesi fra i denti, quando vedono qualcosa di bello in un giardino –, questa reazione, ahhh, è la risposta estetica, certa, inevitabile, oggettiva e ubiquitaria, come il trasalire nel dolore o il gemere nel piacere. Inoltre questa rapida inspirazione è anche la vera radice della parola ‘estetica’, ‘aisthesis’ in greco, che significa ‘percezione sensoriale’. ‘Aisthesis’ risale agli omerici ‘aiou’ e ‘aisthou’, che significano sia ‘percepisco’ che ‘resto senza fiato, mi sforzo di respirare’ e ‘aisthomai’, ‘aisthanomai’, ‘inspiro’. ¹³

    E chi non ha mai trattenuto il fiato, e magari poi sentito l’urgente bisogno di fare una lunga inspirazione, di fronte all’ascolto di una musica che l’ha particolarmente colpito e immobilizzato? E chi non rivive quella sensazione nel momento in cui riaccende nella propria memoria quella musica che l’ha originata?

    È questa una meraviglia percettiva che in alcuni casi ci permette pure di sfiorare la bellezza stessa della Creazione:

    "Dio è bello, è perfetto, e ispira anche noi alla stessa bellezza e perfezione, qualità che naturalmente non possediamo, ecco perché sentiamo il bisogno di bellezza: ci ricorda quel che potremmo essere. Ecco perché cantiamo, e perché Moses canta, e perché Staudach ci costruisce una chiesa perfetta: quando conosciamo la perfetta bellezza tramite i nostri occhi e orecchie, anche soltanto per un istante, siamo appena un po’ più vicini a possederla noi stessi." ¹⁴

    È da questa memoria estetica del suono che possiamo ben comprendere come, ad esempio, la voce e il canto materno, la parola narrante della nonna o le stesse note del sax soprano suonato dal padre, abbiano la dote di mutarsi in azioni cariche di ricordi sempre vivi ed accesi, fortemente carichi di quella sensibilità che non si sofferma più sulla loro primaria e fredda natura fisica.

    Tutto ciò ci dimostra che dalla fonofilia alla musicofilia il passo è davvero breve. Il suono come segnale attrattivo, nelle varie culture e società, si organizza in strutture musicali più o meno complesse, in discorsi fatti con un insieme di suoni organizzati: è così che prende forma in noi quella qualità che ci ha reso nei millenni creature musicali:

    "Noi esseri umani, come specie, siamo creature musicali non meno che linguistiche, e questo aspetto della nostra natura assume molte forme diverse. Siamo tutti in grado (con pochissime eccezioni) di percepire la musica: l’altezza delle note, il timbro, l’ampiezza degli intervalli, i contorni melodici, l’armonia e (forse nel modo più primordiale) il ritmo. Noi integriamo tutto questo e «costruiamo» mentalmente la musica servendoci di molte parti diverse del cervello. A questo apprezzamento strutturale, in larga misura inconscio, si aggiunge poi una reazione emozionale spesso intensa e profonda." ¹⁵

    E l’unico modo per definirci creature musicali, esseri colpiti da musicofilia, si rende davvero reale solo nel momento in cui ognuno di noi s’accorge di essere in grado di poter far ri-suonare la propria mente, o meglio ancora di essere in grado di ri-accendere il materiale musicale presente e vivo nella nostra memoria:

    "Gran parte di ciò che accade durante la percezione della musica può aver luogo anche quando essa «è suonata nella mente». L’immaginazione della musica, perfino in individui relativamente poco musicali, tende ad essere assai fedele all’originale: non solo nella melodia e nel sentimento, ma anche nell’altezza assoluta e nel tempo. Alla base di questo c’è la straordinaria tenacia della memoria musicale, così che gran parte di quello che viene udito nei primi anni di vita può rimanere «inciso» nel cervello per il resto dell’esistenza. Il sistema auditivo e il sistema nervoso degli essere umani presentano infatti, nei confronti della musica, una spiccata e raffinata sensibilità." ¹⁶

    La memoria musicale, dal mito e dal rito, dallo stupore e dall’estetica, ingloba ora le esperienze musicali come strutture vibranti più o meno complesse, in un atto di com-prensione che vede nella musica un’altra possibile forma e modalità di attaccamento emotivo. La musica entra nella memoria dell’uomo come un vero e proprio oggetto d’amore:

    "Allora il valore della vita dipende dal piacere che si ricava da ciò che si fa. […] … per dimostrare il principio che la vita vale per le emozioni positive che suscita. E le emozioni positive derivano dal coltivare ciò che si ama, in un modo eccellente. Trovare oggetti d’amore da coltivare ha più importanza che non l’acquisizione del potere." ¹⁷

    E infatti, chi non ha riposto nella propria memoria musicale canti e musiche che potrebbe benissimo definire come veri e propri oggetti d’amore?

    E perché non pensare che la nostra stessa memoria possa essere intesa da ciascuno di noi come un grande e magico scrigno in grado di racchiudere i nostri oggetti d’amore sonori e musicali?

    Memoria musicofilica

    Ecco che dalla fonofilia l’animale uomo è arrivato a completarsi nella musicofilia.

    Ha così compiuto il grande passo che ha tracciato la sua stessa specificità ed essenza umana: la conquista di una memoria emo-fono-musicale che lo renderanno per sempre diverso da tutte le altre razze animali.

    È da questa ampia e incessante attività percettivo-mnemonica che gli uomini hanno potuto rubare il mondo circostante con le orecchie per poi, a poco a poco, dar forma a quel grande bagaglio mentale di suoni che oggi possiamo definire come la nostra profonda e interiore musicalità vibrante.

    E naturalmente, dopo aver costituito questa memoria sonora, gli esseri umani hanno anche acquisito la capacità di discriminare tutti quegli stimoli musicali che giungeranno ad apparire familiari, perché ormai conosciuti sia come eventi positivi, normali, buoni, sia come eventi negativi, cattivi e dunque pericolosi sul piano stesso della nostra incolumità, della nostra esistenza, del nostro benessere psico-fisico.

    Giungiamo così a formarci il nostro bagaglio mentale di suoni, la figura emotiva del suono inteso come nostrum (com-preso, familiare, noto) e come extraneus (incom-preso, non noto, sconosciuto).

    Così, ad ogni nuova percezione, il familiare sonoro immagazzinato nella memoria, sia esso positivo o negativo, si potrà confrontare con il non familiare, cioè con tutta quella possibile nuova serie di eventi sonori che non sono ancora entrati a far parte del nostro bagaglio mentale.

    Questi ultimi sono i suoni che non abbiamo ancora percepito e che quindi non abbiamo ancora potuto fissare nella nostra mente. Sono i suoni non noti che certamente ci obbligheranno ad assumere quella che possiamo definire come la nostra prima postura d’ascolto, mirata a permetterci di controllare la possibile qualità amica o nemica, accettabile o rifiutabile, piacevole o dispiacevole delle fonti

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