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La Danza dell'acqua e le campane tibetane
La Danza dell'acqua e le campane tibetane
La Danza dell'acqua e le campane tibetane
E-book193 pagine2 ore

La Danza dell'acqua e le campane tibetane

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Info su questo ebook

Il 99 per cento delle molecole che compongono il corpo umano sono molecole d'acqua, una delle sostanze più ricche di segreti che si conoscano, da un punto di vista simbolico, filosofico e scientifico.
E l’acqua, la scienza lo conferma, trasmette le informazioni vibrazionali a tutta la nostra struttura corporea.
Le vibrazioni benefiche delle campane tibetane possono, quindi, informare la nostra acqua fino a livello cellulare, portando la sapienza della geometria del suono e consentendoci di raggiungere un profondo benessere e – incredibile a dirsi – realizzare i nostri desideri. Siamo dunque acqua in movimento. Riprendiamo perciò a danzare in armonia con la natura grazie alle campane tibetane! La danza è gioia, è vita!
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2017
ISBN9788879383882
La Danza dell'acqua e le campane tibetane
Autore

Mauro Pedone

Ricercatore attivo nel campo della salute e del benessere, ha codificato un suo personale metodo di massaggio sonoro con le campane tibetane. Insegna a Roma shiatsu, yoga e tecniche di rilassamento. Per il Ministero di Giustizia progetta e realizza corsi rieducativi rivolti alla popolazione carceraria degli istituti di pena e, per la ASL RM/E, organizza cosi di yoga e di tecniche di consapevolezza.

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    Anteprima del libro

    La Danza dell'acqua e le campane tibetane - Mauro Pedone

    Introduzione

    Per cercare di rendere i contenuti del libro chiari e comprensibili nel modo più vicino a quello dell’esperienza diretta, ho pensato di accompagnare il testo con delle foto. Nel sito lavocedelcarro.it sono presenti molti articoli tematici per eventuali ricerche, e anche dei video. Vi invito a sperimentare in prima persona ogni volta che sarà possibile.

    Iniziamo subito: in un luogo, possibilmente silenzioso, chiudiamo gli occhi con l’aiuto delle dita delle mani e isoliamo anche le orecchie per orientarci all’ascolto del nostro universo sonoro interno.

    L’ascolto

    Il silenzio

    Questa pratica ci permette di percepire le differenti manifestazioni sonore prodotte per esempio dal respiro, dal battito del cuore…, che normalmente sono presenti nel nostro corpo, e quindi può essere considerata anche un check vibrazionale riguardante le personali affinità del momento con le diverse espressioni dei nostri sistemi fisiologici.

    Spesso, nei momenti di condivisione dei gruppi, emergono racconti di immagini recuperate negli archetipi della natura; c’è chi dice di sentire il vento, chi il mare. Qualcuno entra in contatto con un rumore sordo di bassa tonalità che ricorda un fiume sotterraneo, lo scorrere lento della lava: è il suono prodotto dallo scorrere del sangue: abbiamo cioè preso contatto con il suono, la profonda vibrazione della nostra circolazione sanguigna. Nel silenzio, con attenzione, possiamo sentire l’universo sonoro che c’è in noi. È il prodotto delle nostre impercettibili funzioni fisiologiche.

    Nelle nostre giornate ritagliarsi qualche momento per fare questa esperienza ci porta in una dimensione di ricerca delicata e profonda che arricchisce la capacità di saper ascoltare.

    La musica prodotta dal nostro organismo ha un’estensione che va ben oltre le 70 ottave¹, cerchiamo quindi le sonorità più palesi e riconoscibili: quasi tutti dicono di aver ascoltato un suono che ricorda il vento, è il nostro respiro. Il pulsare del nostro cuore per molti è subito palese, per altri meno: consiglio di spendere del tempo per prendere contatto con il suo prezioso battito, cercando anche di ascoltare i leggeri movimenti che induce nella colonna vertebrale. È un’ottima tecnica di meditazione per rendere più sensibile la nostra stazione radio sottile. Tornando alla ricerca dei suoni interni, quelli prodotti dai micromovimenti delle faccette articolari possono ricordare il crepitio del ghiaccio che si scioglie. E il sistema nervoso può essere udito come un’impercettibile sibilo di tonalità alta.

    Pratica in coppia

    La pratica

    Se avete una campana tibetana suonatela vicino al vostro corpo, muovetela lentamente. Ascoltate il tangibile campo vibrazionale che si genera, cercate di sentire dove vi colpisce. Praticate per qualche minuto, alternando il suono al silenzio. Questa semplice prova vi aiuterà ad affinare l’ascolto interiore, e di conseguenza migliorerà la risonanza e la qualità del suono prodotto dalla campana. Chiaramente l’esercizio fatto in coppia renderà più interessante l’esperienza. Facciamoci ispirare dalle illuminanti parole di Jiddu Krishnamurti: Ascoltate senza condannare, senza giustificare, senza paragonare, senza far entrare in azione tutti i ricordi. Limitatevi ad ascoltare in maniera libera e rilassata².

    La fisica quantistica ci ricorda che la nostra presenza come osservatori influenza tutto quello che ci è intorno. Osserviamo come le nostre intenzioni si imprimono nella realtà³.

    Anche per questo motivo, per allargare gli orizzonti da differenti punti di vista, per dare valore alla nostra ricerca, di natura principalmente empirica, riporto i racconti e le osservazioni di più persone. Ognuno di noi è un universo prezioso e originale. Il lavoro con le campane tibetane ci porta a sviluppare l’attenzione e il rispetto per l’altro. Le sottili e potenti vibrazioni che si producono ci aiutano a liberarci dal continuo lavorio della mente, come sempre troppo presa da mille impegni. Riportiamo alla mente la sensazione di pace e serenità di quella volta in cui, entrando in una piccola chiesa di montagna, in un tempio, in un bosco, in un luogo solitario, regnavano il silenzio e la pace…

    E allora: buon ascolto!

    Bibliografia

    1. Ervine Laszlo, Risacralizzare il cosmo, Urra, Milano, 2008, p. 7.

    2. Jiddu Krishnamurti, Sulla libertà, Astrolabio, Roma, 1996, p. 88.

    3. Russell Targ, J.J. Hurtak, Orizzonte di speranza, Edizioni Mediterranee, Roma, 2010, p. 119.

    1. Il viaggio delle campane tibetane

    Le origini delle campane tibetane sono antichissime. Dalla tradizione si tramanda che il Buddha le usasse per accompagnare la meditazione, per concentrare la mente, per rendere i pensieri e i sentimenti limpidi e focalizzati¹. Attualmente gli artigiani che le forgiano in Nepal inseriscono spesso nei loro manufatti l’immagine del Buddha come elemento decorativo.

    Esempio di campana decorata

    Altre fonti ascrivono le origini delle campane alla tradizione sciamanica Bon, una religione presente nelle regioni himalayane prima dell’arrivo del Buddhismo.

    La figura dello sciamano, il saggio guaritore, è presente da sempre in tutte le tradizioni, il suo valore fortemente evocativo è fonte d’ispirazione per molti artisti.

    Marc Chagall

    La parola sciamano deriva da saman, un termine siberiano che significa uno che vede nel buio. È colui che affronta il viaggio in stato di trance, si incontra con il mondo degli spiriti per utilizzare i loro poteri, per prestare cura al singolo e alla comunità.

    Abbiamo detto che le vibrazioni di questi antichi strumenti della tradizione hanno l’intento di riaccordare l’uomo con le vibrazioni dei pianeti del nostro sistema solare: è questo lo sfondo che sostiene l’universo delle campane tibetane. Ci affidiamo alla loro millenaria sapienza, sapendo che suonandole andremo ad affinare la mente, incontreremo le nostre resistenze e gli attaccamenti, cercando di abbandonare le mirabolanti proiezioni del nostro ego. E pian piano, con la pratica, il nostro percorso potrà diventare concretamente più chiaro e consapevole.

    La guida

    Per ogni buon viaggio è utile avere una buona guida. Chi ci può illuminare la strada nel percorso? Il sole è il centro del nostro sistema solare, è la nostra luce. Ricordiamoci che il centro interiore nell’uomo è nel cuore, impariamo ad ascoltarlo. Ogni volta che iniziamo un percorso, prima di suonare le nostre campane, chiudiamo gli occhi e riportiamo alla mente un pensiero per la meditazione di Thich Nhat Hanh: Accompagno il suono di questa campana con il battito del mio cuore. Possa chi l’ascolta svegliarsi dall’oblio e trascendere l’ansia e il dolore².

    La meta

    La meta del nostro viaggio spesso ci sfugge dalla memoria. Ho chiamato il nostro Centro Studi La Voce del Carro. Mi sono ispirato a un’antica allegoria che paragona l’uomo a una carrozza. Il carro è il corpo dell’uomo, il cocchiere la sua mente. I cavalli rappresentano le emozioni, sono collegate al carro per mezzo delle stanghe e al cocchiere attraverso le redini. All’interno del calesse c’è un passeggero che non si vede. Si tratta della nostra Guida Interiore, i cristiani la chiamano Angelo Custode³, quindi, in apparenza, è il cocchiere che guida verso la meta, in realtà è il passeggero che sceglie la destinazione. È come quando prendiamo un taxi e indichiamo la destinazione al conducente, magari chiudiamo anche gli occhi e ci addormentiamo. Ma abbiamo scelto noi la destinazione! Questa allegoria è utilizzata in molte tecniche per la consapevolezza e il benessere, per cercare di comprendere l’armonia dell’equipaggio e le eventuali disfunzioni. Per il sistema di Gurdjieff⁴, per questo tipo di lavoro su se stessi, è necessario che il cocchiere si svegli e ascolti la voce del passeggero.

    In questa antica allegoria, di origine orientale, la strada rappresenta il cammino della nostra vita. E ci sono delle norme, delle istruzioni, da ben comprendere per poter effettuare un buon viaggio! Le carrozze che incontriamo sono i viandanti, ricordiamoci che ognuno di noi ha in sé delle preziose informazioni!

    L’alleato

    In questo percorso l’armonioso campo vibrazionale prodotto dalle campane tibetane è un valido aiuto. Lentamente scioglierà l’eccesso delle nostre tensioni, scopriremo il vantaggio di mollare e, per così dire, la bellezza di guidare in scioltezza, senza l’obbligo di dover tenere tutto sotto controllo. Quello che ci appariva troppo complicato si manifesterà con maggiore chiarezza. L’immagine di Ganesh che possiamo trovare incisa in qualche campana rende meglio l’idea.

    Nella tradizione indiana Ganesh è la divinità che con la sua proboscide toglie gli ostacoli dal cammino. Il suono lento e profondo della campana dona forza, ci aiuta a superare le paure e gli inevitabili momenti di smarrimento interiore e realizzerà una profonda sensazione d’unità accordando la mente con la nostra corporeità, creando armonia con la sfera emotiva. Il silenzio che si genera facilita l’ascolto della voce interiore, degli echi che risuonano in tutte le nostre cellule.

    Ganesh

    Nella pratica è utile suonare una campana senza sforzo, in maniera lenta e costante, ed è preferibile che questa abbia un certo peso materiale, intorno ai 2 kg. Le vibrazioni emanate saranno profonde, di tono basso, ci ricorderanno il suono che avevamo percepito nell’esercizio a occhi chiusi, ascoltando la vibrazione della nostra circolazione sanguigna.

    Da diversi anni collaboro con il centro diurno per portatori di handicap La Locomotiva. Negli incontri di musicoterapia, quando inizio a ruotare il batacchio di legno intorno alla campana, c’è una ragazza, un’utente, che dice spesso: Gira la polenta!. Ecco, questo è un esempio chiaro. Giriamo in modo lento e costante, per non far formare i grumi. Il lento girare scioglierà gli addensamenti della mente, senza fretta!

    In semplicità, ricordiamoci le parole di Alfred Tomatis, che evocano il giusto atteggiamento: Tutto ruota, dall’elettrone all’atomo, fino alle costellazioni e a i pianeti⁵.

    Le coincidenze

    Ho presentato questo lavoro dicendo che le campane tibetane favoriscono la realizzazione dei nostri desideri. Me ne sono reso conto osservando le fortunate coincidenze che si presentano naturalmente lavorando con questi antichi strumenti. Le campane fungono da acceleratori nel percorso verso un obiettivo, un desiderio, se il desiderio è in linea e coerente con un piano di lavoro che potrei chiamare ecologico. Il tutto si realizza quando gli obiettivi puntano a un’evoluzione personale, che inevitabilmente risuonerà nell’ambiente. Sappiamo che siamo collegati col tutto e, semplificando una tematica fondamentale nell’eterna ricerca dell’uomo, ci incontriamo per affinità.

    Cristian Di Vecchio, insegnante di yoga:

    È da diversi anni che sono venuto in contatto con le campane tibetane. Patricia, con la sensibilità che solo le donne di luce hanno, mi ha regalato queste due ciotole sonore, e sin da subito ho apprezzato l’unicità del suono e la magia delle vibrazioni, e ogni volta che ne ho occasione le suono, e in un istante le capacità vibrazionali, unite al suono celestiale, trasformano e migliorano l’energia dell’ambiente.

    Sono a casa, seduto in posizione comoda con l’intento di meditare, ma non riesco,

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