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La programmazione verticale: Progetto per educare alla vita con la musica
La programmazione verticale: Progetto per educare alla vita con la musica
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E-book369 pagine4 ore

La programmazione verticale: Progetto per educare alla vita con la musica

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Info su questo ebook

La scuola italiana tende essenzialmente a strutturare la formazione musicale sul modello della sola competenza colta, secondo un criterio gerarchizzante che non riconosce l'esistenza di una competenza musicale di base, popolare, specchio dei complessi e diversificati vissuti musicali quotidiani.
Tuttavia, se vogliamo che l'educazione musicale sia davvero inclusiva, dobbiamo assolutamente riportarla verso condotte in-disciplinate, più a misura d'uomo, e indirizzarla all'educazione della persona prima che all'insegnamento in sé.

Da questa urgenza di riconversione disciplinare, argomentata dal punto di vista psico-pedagogico e didattico-metodologico, Maurizio Spaccazocchi arriva a proporre una nuova programmazione musicale verticale: fornendo esempi concreti e trattando nello specifico tutte le competenze e le abilità dell'Homo Musicus, l'Autore delinea un progetto propedeutico, ampio e dettagliato, che dal Nido, passando per l'Infanzia e la Primaria, si completa nella Secondaria di 1° grado.

Un progetto che mira alla valorizzazione della persona e dell'esperienza comune, al recupero e all'esaltazione del valore est/etico dell'educazione, al rafforzamento dell'autostima e della creatività di bambine e bambini, ragazze e ragazzi.
La programmazione musicale verticale si rivolge a tutti gli educatori e ai docenti di musica di ogni ordine e grado.

LinguaItaliano
Data di uscita23 ago 2021
ISBN9791280213402
La programmazione verticale: Progetto per educare alla vita con la musica

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    Anteprima del libro

    La programmazione verticale - Maurizio Spaccazocchi

    PRIMA PARTE

    Persona Musica Educazione

    I vostri figli non sono i vostri figli.

    Sono i figli e le figlie della fame che in se stessa ha la vita.

    Essi non vengono da voi, ma attraverso di voi

    E non vi appartengono benché viviate insieme

    Potete amarli, ma non costringerli ai vostri pensieri

    Poiché essi hanno i loro pensieri

    Voi siete gli archi da cui i figli, le vostre frecce vive, sono scoccati lontano.

    Il Profeta

    Gibran Kahlil Gibran

    L’esperienza musicale umana che ogni individuo può vivere e acquisire oggi, scorre all’interno di mezzi e di pratiche che, se da una parte possono integrarsi, dall’altra, a volte, possono pure mostrarsi in forte opposizione. Infatti, le memorizzazioni e gli apprendimenti audio-visuo-motori inevitabilmente presenti in tutte le più comuni pratiche musicali umane, sono caratterizzate dalla trasmissione orale del sapere e del saper fare in musica, e si sono ulteriormente estese con l’avvento dei mezzi digitali.

    Questa estensione dei fatti musicali in direzione audio-visuo-motoria (tra l’altro in sintonia anche con gli apprendimenti indicati dagli studi sui neuroni specchio), non può che essere intesa come un evidente arricchimento della memoria musicale e della conoscenza di culture, repertori, generi e stili provenienti da tutto il mondo, anche perché stiamo da anni assistendo a una migrazione di musiche che giungono a noi ben prima di conoscere i popoli e le genti che le hanno prodotte.

    Ma con l’avvento delle tecnologie musicali digitali (es. i tanti software di produzione e di editing musicali) si assiste pure a un reale contrasto fra un fare e pensare musica grazie alla presenza attiva e reattiva di un corpo-musicale (musica in corpore) e un fare e pensare musica che sempre più si realizza sulla base di apparecchiature digitali che tendono ad allontanare il diretto coinvolgimento di quella corporeità ricca di memorie emo-fono-tono-muscolari che sono, poi di fatto, le sole a poter attribuire all’uomo una reale e profonda identità di persona e personalità musicale. È qui che il vissuto evolutivo umano-musicale, che va dalla "Pelle al Mouse" può incontrare il suo vero contrasto, dal momento che si rischia di mettere in opposizione le memorie della mente-musicale dei nostri giovani con quelle della macchina-musicale.

    Ecco allora il bisogno di affidarsi al contributo di una pedagogia musicale cosciente che, possa permettere ai nostri giovani, ben prima di passare al "mouse musicale-digitale, di sviluppare un corpo musicale pieno di mente" (mindful body) per renderlo primariamente soggetto musicale incarnato. Solo dopo questa evidente assunzione di musicalità, dirigere i nostri studenti anche verso le pratiche digitali musicali, per meglio poterle esercitare e vivere sulla base di una reale coscienza sonoro-musicale incorporata. Infatti sarà solo a questo punto che potremo assistere a una integrata relazione fra cultura musicale analogica e digitale.

    Ecco allora che, in una società della conoscenza generale e musicale particolare, sarà bene puntare a una formazione che sappia agire con competenza sulla base delle seguenti condotte:

    Connettersi con coscienza e coerenza alle varie forme di relazioni musicali umane, cercando di non produrre ab-uso e quindi di non farsi travolgere dalla quantità musicale delle relazioni-connessioni che la società offre oggi a tutti e specialmente ai nostri giovani.

    Rispettare e valorizzare l’individualità del giovane nella sua specifica dimensione biologica e culturale: i suoi saperi musicali personalizzati, la propria autobiografia sonoro-musicale per meglio comprendere che ogni esperienza musicale è data tanto da necessità biologiche quanto da possibilità socio-culturali.

    Far prendere coscienza ai nostri giovani che la mente-memoria musicale non si matura solo nella vita scolastica, ma durante tutta l’esistenza (Long Life Learning) e che quindi anche la musica è una forma di conoscenza che può sviluppare condotte di curiosità, di interesse e di passione, di desiderio, di fantasia ecc., pur mantenendo la giusta relazione fra i bisogni (musicali e generali) di neofobia e neofilia tipici di ogni persona.

    Trasmettere un’idea di scuola come un luogo in cui, nel valorizzare individualità e curiosità, si possano formare mentalità e capacità creative per più interpretazioni, più visioni dei saperi e dei comportamenti musicali, generali, vitali.

    In una società della conoscenza come la nostra, che ha il primato delle trasformazioni, a volte pure molto incombenti, la musica può aiutare allo sviluppo di una intelligenza flessibile, di un corpo-mente sempre più pronto a vivere sia le logiche di continuità che quelle di discontinuità.

    Le pratiche musicali attive nel mondo si presentano sempre più come condotte interdisciplinari, e quindi l’agire con competenza è anche e soprattutto un sapersi muovere sulla base di una coerente integrazione fra abilità e conoscenze, fra i vari linguaggi e un cosciente saper essere tanto in musica quanto nella vita. L’educazione musicale in generale può quindi contribuire a ri-unire le competenze artistiche, umanistiche e scientifiche come d’altronde è già nella stessa globalità dell’esistere di ogni persona.

    Tutto il sapere e il saper fare umano, a scuola come in società, non può essere proposto come cosa da accettare perché è scritta nei libri, perché l’ha detta l’educatore o perché è stata letta in un giornale o detta alla tv o presa dal web. L’educazione musicale, come tutte le altre educazioni, ha il compito di superare questa logica della conoscenza accettata se non a volte pure subita, offrendo spazi utili per la promozione del dubbio, della verifica, dello spirito critico che è poi la dote umana tipica per risolvere al meglio ogni esercizio di sopravvivenza. È questa la differenza che intercorre fra una credenza e una credenza giustificata, e che solo quest’ultima può evolversi in conoscenza. Solo una reale educazione allo spirito critico in musica e nelle musicalità umane, potrà contribuire alla costante ricerca del sapere, del saper fare, del saper far fare e del saper essere sempre più affidabili e utili ai giovani, alla loro formazione come pure all’istituzione scolastica stessa. L’educare con la musica può quindi essere il più utile esercizio per stimolare nei nostri giovani le condotte critiche, poiché è proprio con una visione critica e creativa che possono giungere a fare, nella classe e nella vita, domande sempre più intelligenti per giungere a risposte sempre più affidabili.

    Cultura musicale e cittadinanza

    È evidente il rapporto inscindibile fra il curricolo educativo-musicale attivato in ogni ordine scolastico e l’acquisizione sempre più responsabile e cosciente dell’agire in termini di cittadinanza. L’educare con la musica, grazie alle sue varie e specifiche pratiche a sfondo etico-sociale, può essere un valido ponte per promuovere riflessioni, dialoghi, dibattiti e pratiche mirate allo sviluppo di una cittadinanza responsabile che possa muoversi all’interno dei principi di legalità, quando questa è a misura d’uomo. In più, se l’esperienza musicale umana si fonda sul concetto di musicofilia, inteso come principio biologico che accomuna tutti gli esseri umani definibili come esseri musicalmente vitali, è d’obbligo iniziare a pensare di indicare una cittadinanza musicale ad indirizzo biologico, che superi lo stesso principio di cittadinanza come appartenenza a una determinata nazionalità. Infatti non è un caso che nel mondo si attivino relazioni profonde e creative fra musicisti che, pur essendo di diversa nazionalità, cultura, lingua, religione, politica riescono, sulla costruzione di un profondo e comune sistema di condivisioni musicali, a superare ogni contrasto, ogni idea di diversità tra l’altro con il pregio di rendere quest’ultima una vera e propria qualità ri-unificatrice.

    Inoltre, non va nemmeno trascurato il fatto che nel realizzare le varie esperienze musicali e le diverse modalità del fare musica insieme, sarà ancor più possibile far comprendere alle nuove generazioni l’importanza della collaborazione, del rispetto dei ruoli e del loro interscambio, dell’ascolto dell’altro e quindi del contributo personale che ogni soggetto può offrire durante la creazione cooperativa di azioni emo-fono-tono-musicali, tutte da vivere e da interpretare come veri e propri percorsi di quotidiana cittadinanza, di percepirsi persone integrate al proprio ambiente, alla propria vita, al proprio lavoro, anche quando è un povero lavoro come ci dimostra questo frammento tratto dal romanzo La Perla di J. Steinbeck:

    Ora la gente di Kino aveva cantato di tutto ciò che accade o esiste. Avevano creato canzoni ai pesci, al mare in collera, e al mare in quiete, alla luce e alle tenebre e al sole e alla luna, e tutti i canti vivevano in Kino e nella sua gente – qualsiasi canto fosse mai stato fatto, anche quelli caduti nell’oblio. E, mentre riempiva il paniere, il canto era in Kino, e il ritmo del canto era il suo cuore che batteva divorando l’ossigeno dal suo fiato trattenuto, e la melodia del canto era l’acqua grigio-verse e i piccoli animali e le nuvole di pesci che lo sfioravano e in un baleno erano scomparsi. Ma dentro il canto c’era una piccola e segreta canzone, appena percettibile e tuttavia sempre presente, dolce e misteriosa e tintinnante, quasi nascosta nella contromelodia, ed era la canzone della perla che potrebbe esserci, perché ogni guscio bittato nel paniere poteva contenere un perla. […]

    E poiché grande era il bisogno e grande il desiderio, quel mattino la piccola melodia segreta della perla che potrebbe esserci era ancora più forte. Intere frasi di essa entravano limpide e carezzevoli nel Canto delle Profondità Marine. […]

    Ma a poca distanza dalla sua destra spuntava uno scoglio di roccia grezza coperto di giovani ostriche non ancora pronte per la pesca. Kino gli si avvicinò, e di fianco, sotto una sporgenza, vide una grossa ostrica tutta sola, staccata dalle sue sorelle. Protetto dalla sporgenza il guscio era semiaperto, e nel muscolo a forma di labbro Kino vide un chiarore spettrale. Il guscio si richiuse. E il cuore di kino batté un ritmo pesante e nelle sue orecchie trillò la melodia della perla che potrebbe esserci. […]

    Poi fu come se per la prima volta vedesse l’ostrica grossa. Si accoccolò sul fondo della canoa, prese il guscio, lo esaminò. (…) Ora Kino esitava ad aprirlo. […]

    Ma gli occhi di Juana erano su di lui, ed ella non poteva aspettare. (…) Aprilo disse con dolcezza.

    Con abile mossa Kino infilò il coltello nell’orlo del guscio. (…) Manovrò la lama a guisa di leva e il muscolo si aprì e il guscio si staccò. (…) Kino sollevò la carne, e lì era, la grande perla, perfetta come la luna. (…) Era grossa come un uovo di gabbiamo. Era la più grossa perla del mondo.

    E in Kino la melodia segreta della perla che forse c’era scoppiò limpida e bella, ricca e calda e amorosa, ardente e ammiccante e trionfale.¹⁶

    L’ampliamento dei campi di competenza musicale

    Un curricolo musicale, ipotizzato anche nella sua progettazione verticale, sarà tanto più rispettoso delle diversità e delle attitudini musicali personali (essere portati verso le proprie musicalità) quanto più riuscirà a proporre vissuti musicali più ampi e aperti, per far sì che ogni giovane (normodotato o diversamente abile) possa trovare un suo specifico campo d’azione e di sviluppo musicale. Questo bisogno di ridefinire i settori di competenza musicale ci permette di focalizzare l’attenzione nei confronti dell’Homo Musicus e quindi delle sue specifiche musicalità che ora di seguito elenchiamo in forma sintetica.

    • Homo audiens

    Questo, in sintesi, è il settore in cui si manifestano tutte le musicalità umane connesse con la formazione della memoria, dello sviluppo graduale della percezione auditivo-musicale intelligente. Nascono così tutti i progetti umani sull’ascoltare per… e si sviluppa qui il percorso evolutivo che dalla fonotassia (i suoni percepiti come amici o nemici utili alla nostra quotidiana sopravvivenza) giunge alla scoperta del soundscape circostante che incide sulla nostra memoria e sul nostro habitus mentale-sonoro, e che poi si amplia verso la fonofilia (il piacere destato da certi suoni intesi come amati, preferiti) per giungere verso le innumerevoli forme di musicofilia.¹⁷ Sempre in questo settore emergono anche tutte le prassi enunciate dalla psicoacustica tra cui emergono la fonomnesi (la possibilità di sentire e produrre suoni nella mente, dote che abbiamo tutti e che ben poco attiviamo con coscienza nei contesti scolastici) e l’anamnesi (la dote che ci permette, ascoltando suoni e musiche, di attivare vissuti, ricordi e contesti più o meno reali o irreali). Ecc.¹⁸

    • Homo movens

    Questo, in sintesi, è il settore in cui si manifestano tutte le musicalità umane che si originano e si sviluppano attraverso la corporeità: dalle semplici articolazioni gesto-motorie utili per le prime manipolazioni di oggetti sonori (suono pugno, pizzico, soffio, strofinato, scosso, graffiato, diteggiato, ecc.) a tutti i possibili percorsi di sincronizzazione ritmico-motoria messi in atto nei tentativi di dar forma a coreografie che mettono in scena il corpo nelle versioni ipo-ritmiche, normo-ritmiche e iper-ritmiche non trascurando i grandi percorsi gesto-ritmico-motori della body percussion. Da qui l’evoluzione psicomotoria connessa e facilitata anche grazie alla musica. Da qui la possibilità di vincere le inibizioni e di entrare in relazione con gli altri attraverso il corpo attivo e reattivo sui suoni e sulla musica, di prendere coscienza che il corpo può diventare oggetto-soggetto estetico in grado di pro-muovere emozione e bellezza negli altri e in se stessi. Da qui si può pro-muovere la messa in scena del corpo come bisogno umano primario di dirsi e darsi agli altri, come quella grande apertura che può permettere ai nostri giovani di manifestare il proprio bisogno di aprirsi al mondo e quindi di riuscire a fare della vita stessa una condotta danzante. È così che l’espressione gesto-motoria diventa pratica di tutti, pratica umana come appunto riteneva il grande coreografo e danzatore Maurice Béjart che la danza è nata nella strada e nella strada dovrebbe continuare a vivere perché noi tutti siamo stati bambini danzanti, sia dentro il grembo materno che durante i primi anni di vita:

    Per il bambino danzare è importante quanto parlare, o contare, o imparare la geografia. È essenziale per il bambino, nato danzante, non disimparare questo linguaggio sotto l’influsso di una educazione repressiva e frustrante.¹⁹

    La società della conoscenza sta cercando sempre più di separare la nostra globalità corpo-mente: il corpo va da una parte e lo spirito da un’altra, la religione si oppone all’intelligenza, il sesso si distacca sempre più dagli affetti, la logica si oppone alla creatività, la danza si distacca dalla vita, come con la stessa musica si cerca di fare, ecc.: siamo in presenza di una chiara vivisezione dell’umano che crea ogni giorno di più disgregazione e disagio, quando al contrario in ogni espressione musicale e danzante possiamo ritrovare un corpo, uno spirito, un respiro, una libertà che integra la persona e le persone.

    Ecco allora che l’espressione gesto-motoria libera e liberatoria ha tutto il diritto di permettere a tutti quanti di danzare la vita:

    Che cosa accadrebbe se, invece di limitarci a costruire la nostra esistenza, avessimo la follia o la saggezza di danzarla?

    Oggi è forse questa una delle domande più grosse che pongono i giovani nel contestare le finalità stesse del mondo che affidiamo loro.²⁰

    E ancora da qui può ampliarsi lo sviluppo cosciente di una intelligenza emotivo-corporea che sa gestire i suoi potenziali energetici nel tempo e nello spazio acquisendo le competenze per tradurre l’agire del proprio corpo in vere e proprie forme vitali.²¹

    • Homo loquens

    Questo, in sintesi, è il settore in cui si manifestano tutte le musicalità umane connesse con la voce parlata: la parola come ritmo, come fonetica, come intonazione, come esaltazione energetica, aspetti che fanno già parte dei primi passi emo-fono-tono-musicali che, a poco a poco, si dirigono verso tutte le strutture ritmiche della poesia, delle filastrocche, degli scioglilingua, degli slogan, come pure dei vari recitativi musicali o delle strofe delle canzoni fino a tutte quelle forme culturali musicali più o meno complesse in cui la parola si fonde con il canto (recitar cantando, sprechgesang, rap, speaking on tongue, ecc.).²²

    È in questo specifico settore di musicalità che troviamo i diretti collegamenti fra il fonosimbolismo²³ e la musicalità della parola parlata. È sempre qui che possiamo evidenziare la differenza fra le pratiche musicali connesse al bisogno di comunicare (canti narrativi, biografici, autobiografici, ecc.) e quelle connesse all’esaltazione emotiva (arie, grandi melodie, forme melodiche ad alta espansione).

    La voce parlata è suono interiore che dal cervello si proietta vibrando verso il mondo esterno, ed è quindi un gesto vocale da intendersi come un vero atto sonoro-musicale che prima di tutto ci fa sentire in vita e di conseguenza ci fa prendere coscienza tanto del chi siamo quanto del che cosa diciamo:

    Il punto cruciale è che il gesto vocale è autofonico: la voce risuona, come notava George Herbert Mead (1912), e si sente mentre la si esprime (al pari di un suono prodotto da uno strumento musicale, peraltro). E grazie all’esperienza del sentirsi parlare, la voce chiama la cognizione riflessiva del proprio posto nella relazione comunicativa. Persino il bambino che strilla non è più una generica sorgente di voce, ma un primo sentirsi gridare (quasi un primitivo «strillo»).²⁴

    Ecco allora che nella musicalità tipica dell’Homo Loquens, oltre agli specifici parametri sonori: ritmici, fonetici, intonativi ed energetici, una vera educazione alla vita non può trascurare il fatto che l’orecchio e la voce vivono con costanza un legame preferenziale, attivano un circolo comunicativo diretto che permette a quel gesto vocale prodotto di essere innanzitutto una presa di coscienza del proprio sé.

    • Homo cantans

    Questo, in sintesi, è il settore in cui si manifestano tutte musicalità della voce cantata e, anche in questo caso, si potranno individuare le funzioni sociali e personali del cantare per…

    I concetti integrati di presenza psicofisica e di coscienza del suono si faranno sempre più evidenti nel cantare dei nostri giovani. Infatti nel momento in cui un giovane si appresta a cantare, è inevitabilmente costretto ad aumentare la sua presenza psicofisica: una presenza globale del proprio corpo che si renderà tanto efficace quanto più nella sua memoria sarà viva la coscienza sonora di ciò che andrà o vorrà cantare. Questo vale per tutte le azioni musicali che il giovane avrà intenzione di realizzare. È così che durante l’atto del cantare una valida presenza psicofisica potrà avvalersi di quella giusta coscienza della voce cantata per giungere a essere esternalizzata. E ancora, una volta prodotto il canto all’esterno, entrerà subito sotto il controllo auditivo dello stesso cantante che potrà, in questo costante atto esecutivo e percettivo, gestirlo, valutarlo e quindi anche

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