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Il Professore. Amore senza via d'uscita
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E-book184 pagine2 ore

Il Professore. Amore senza via d'uscita

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Info su questo ebook

Christian di Lauri, per gli amici e colleghi il “Professore”, sta trascorrendo giorni felici nella prima settimana di luglio sul Lago Maggiore insieme ad Eva, un’amica di Praga. Il giorno prima della sua partenza lascia alla ragazza la sua macchina sportiva per fare spese.
Alcune ore dopo il Professore viene a sapere dalla polizia locale che la sua macchina è esplosa nel parcheggio di un centro commerciale. Di Eva nessuna traccia.
Dove sarà finita? Perché la macchina è esplosa? Qualcuno l’avrà rapita? È il Professore in realtà il bersaglio dell’attentato? O c’è Eva dietro a tutto questo?
La risoluzione del caso, però, non sarà l’unico rompicapo; anche Louis Moulinrouge, lo stravagante personaggio che vuole vendere la sua casa, causerà scompiglio e agitazione nella movimentata vita del Professore.

Sotto lo pseudonimo di Alexander Bari l’autore scrive gialli dal 2009.
Nato nel 1957 a Aarau, in Svizzera, ha trascorso la sua infanzia a Zofingen. Oggi vive con la moglie e il suo cane sopra il Lago Maggiore, in Ticino.
Dopo la laurea in Economia e Marketing, conseguita all’Università di San Gallo l’autore ottiene diverse posizioni nel Management di rilievo.
Nel 1991 inizia la sua carriera come Management Trainer. Da quel momento è attivo anche come docente presso una scuola MBA sul Lago di Zurigo.
Nel 2000 comincia a profilarsi l’idea di scrivere un romanzo criminale ambientato sul Lago Maggiore. Nell’autunno di nove anni dopo l’idea diventa realtà e ad ottobre del 2012 nasce il primo romanzo.
Fino alla fine del 2012 l’autore ha pubblicato 5 libri in lingua tedesca.
Questo è il primo romanzo in italiano.
Ulteriori informazioni consultabili sul sito www.alexanderbari.com
LinguaItaliano
Data di uscita18 dic 2012
ISBN9788863581751
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    Anteprima del libro

    Il Professore. Amore senza via d'uscita - Alexander Bari

    Prefazione

    I romanzi gialli mi hanno affascinato sin da ragazzo, quando non mi perdevo neanche una storia di Jan il Detective.

    Un’influenza decisiva l’hanno avuta, durante gli anni della scuola, le storie di Agatha Christie, Francis Durbridge e Alistair MacLean.

    Oggi non perdo una puntata di Tatort, che sia a Münster o a Colonia.

    E poi sono un grande ammiratore di Monk, 24 e, naturalmente, tutti i film di James Bond.

    Questo racconto e i suoi personaggi sono principalmente di mia invenzione.

    Tuttavia alcuni episodi mi sono accaduti davvero.

    Alexander Bari, 20 febbraio 2012

    Personaggi

    La storia è ambientata soprattutto sul Lago Maggiore ad Ascona, Brione, Locarno e Minusio. Ma anche a Bregenz, Dornbirn, Interlaken, Lindau sul Lago di Costanza, Lugano, Massagno e Thun.

    Qualche scena si svolge a Brienz, Cadenazzo, Spiez e Tenero.

    Prologo

    Il professore: punto di partenza del racconto

    Durante un congresso nella città di Monaco di Baviera mio padre, che all’epoca lavorava a Zurigo come direttore di una grande banca, conobbe mia madre. Originaria di Düsseldorf, frequentava in quei giorni un corso di aggiornamento di Medicina nello stesso hotel dove alloggiava mio padre. Si innamorarono e, sposati, trascorsero i loro primi anni a Zurigo.

    Poi si trasferirono in Argentina dove vissero a lungo. Figlio unico, nacqui quindi a Buenos Aires, più di 41 anni fa. Fino all’anno della maturità trascorsi la mia infanzia soprattutto nel collegio tedesco Schloss Salem sul Lago di Costanza. Poi mi iscrissi all’università di San Gallo scegliendo la facoltà di Economia e Commercio con specializzazione in Marketing.

    Purtroppo due settimane prima della festa di laurea mio padre morì in un tragico incidente aereo. Mia madre decise quindi di ritornare definitivamente a Zurigo.

    Dopo aver concluso i miei studi con successo, iniziai a lavorare ricoprendo diverse funzioni di marketing, prima in una multinazionale di trasporti londinese e poi presso un produttore di plance nelle vicinanze di Stoccarda. Già all’epoca ero incaricato di gestire, più volte l’anno, un seminario di due settimane che si teneva presso la scuola MBA di Zurigo. Grazie al mio aspetto tipicamente mediterraneo e i vestiti obbligatoriamente alla moda di marchio rigorosamente italiano che ero solito indossare, mi guadagnai presso i miei studenti e colleghi l’appellativo di Professore. Da quel momento divenni il Professore anche sul lavoro e tra gli amici.

    Un anno fa fui sospettato di omicidio e decisi di risolvere il caso di mia iniziativa, il che determinò la fine del mio rapporto con Sybille, la mia compagna. Lei scelse di rimanere a Stoccarda mentre io trovai una casa per la mia nuova vita da single sulle alture di Locarno, sul Lago Maggiore.

    Poco prima di Natale, a Lugano, incontrai, dopo molti anni, una donna con cui avevo avuto una relazione ai tempi dell’università. Venni a sapere che nel frattempo era diventata madre di un bel ragazzo di 16 anni di nome Jan. E con mia grandissima sorpresa scoprii di esserne il padre.

    Il Ticino è il posto dove ho scelto di abitare e dove ho trovato una nuova dimensione. Per questo la scorsa estate ho deciso di rilevare dalla mia ex compagna un’agenzia immobiliare ad Ascona.

    La storia che segue inizia un lunedì mattina della prima settimana di luglio a Brione, sopra Minusio.

    Una notizia funesta

    Quel lunedì mattina il Lago Maggiore era invaso da un sole abbagliante ed il cielo era terso. Già a quell’ora si avvertiva nell’aria la piacevole sensazione dei 26 gradi di una calda estate ed io ero innamorato. C’erano tutti i presupposti per una giornata perfetta.

    La mia fidanzata era uscita da più di un’ora per fare spese e le avevo offerto le chiavi della mia macchina perché non avevo molta voglia di accompagnarla. Eva, anche lei patita di macchine e motori, era al settimo cielo mentre girava la chiave della cabrio. Era la prima volta che mi azzardavo a lasciare ad altri le chiavi della preziosa amica a quattro ruote. Ma con Eva non avevo alcun timore, l’avevo già vista alla guida della BMW Z8 e, come passeggero, mi ero convinto che fosse non solo prudente, ma anche completamente padrona della mia macchina sportiva.

    Mentre Eva era in giro, sedevo comodamente al tavolo in pietra vicino alla piscina. Con una sigaretta in mano e il giornale da leggere ero nel mio posto preferito dell’ampio giardino terrazzato. Le grandi foglie delle dodici magnifiche palme garantivano privacy nella zona della piscina mantenendola al riparo dagli sguardi poco graditi di vicini curiosi. La vista sul porto, il lago e le montagne di fronte era semplicemente fantastica. In quella tarda mattinata mi sentivo attratto da quello scenario esattamente come più di un anno fa, quando a causa di un guasto alla mia automobile visitai per la prima volta questo posto.

    Dopo aver letto a fondo il Blick e LaRegioneTicino mi tuffai in acqua e mi concessi alcune vasche. Poi mi lasciai asciugare dai raggi del sole godendo per qualche istante dell’allegro cinguettio degli uccelli.

    La mia villetta si trovava in una posizione abbastanza tranquilla. Il boom edilizio in Ticino, di qui come agente immobiliare avevo approfittato, nell’ultimo anno si era affievolito, ma c’erano ancora due cantieri aperti nelle immediate vicinanze che causavano un discreto rumore, soprattutto quando gli elicotteri trasportavano materiali pesanti verso i cantieri di collina che, con le loro strade ripide e anguste, potevano essere raggiunte solo con grande dispiego di tempo e fatica. Tutti quei rumori non erano di grande disturbo durante la settimana. Ero consapevole che trasferirsi in questa zona, nel sud della Svizzera, avrebbe significato vivere in un posto più vivace e di consequenza più rumoroso rispetto al nord del Gottardo. Vivi e lascia vivere era il motto dei proprietari delle ville vicine. C’era chi amava le feste fino a notte fonda, chi guidava motociclette truccate. Chi tosava l’erba del giardino di domenica mattina. E poi c’ero io: amante della musica rumorosa tipica del melodic metal.

    Nel nostro quartiere la metà degli immobili era destinata alle vacanze o ai fine settimana, soprattutto dei tedeschi e degli svizzeri tedeschi. Le mie amicizie con i vicini erano tutte superficiali tuttavia conoscevo il nome della maggior parte delle persone che abitavano nella mia via. Chi poteva permettersi una villa nella costosa zona delle alture del Lago Maggiore doveva essere molto benestante. Che l’agiatezza dipendesse poi dall’aver accumulato ricchezze e patrimoni o semplicemente dall’averli ereditati era irrilevante. C’è da dire poi che i padroni di casa durante le vacanze o i fine settimana amavano vivere con più leggerezza di quanto facessero a casa o sul posto di lavoro.

    Nella nostra strada, oltre agli abitanti del posto, si erano stabiliti anche tedeschi, belgi, svizzeri tedeschi, inglesi, olandesi. Alcuni provenivano dal Lussemburgo, dal Liechtenstein e tutti si erano assicurati una fetta di terreno con vista sul lago. Soltanto durante il campionato di calcio europeo o mondiale si accendeva qualche scaramuccia e io, che in ricordo della mia patria natale esibivo una grande bandiera dell’Argentina in giardino, ero sicuramente considerato il tipo più esotico del quartiere.

    In quella mattina di lunedì ero in ogni caso pienamente soddisfatto della mia vita e dei miei vicini. Così come ero soddisfatto della mia condizione fisica: tutti gli acciacchi di cui avevo sofferto nelle ultime settimane erano scomparsi, tanto che la notte precedente ero riuscito ad addormentarmi e a riposare senza l’uso pesante del Perskindol. Intorno alle tredici, però, cominciai ad agitarmi perché Eva era in giro da più di quattro ore. Avevamo in programma di fare un’escursione nella Valle Onsernone, la valle più selvaggia del Ticino, a circa un quarto d’ora di macchina da Locarno. Volevo mostrarle i paesi del versante sud con le loro numerose casette in pietra e le terrazze di legno tipiche del Ticino. La meta della nostra escursione doveva essere il borgo artistico di Berzona dove avevano vissuto Max Frisch, Golo Mann e Alfred Andersch. Con quella gita sarebbe simbolicamente terminata la visita di Eva che il giorno dopo mi avrebbe lasciato per ritornare a Praga.

    In quel momento non riuscivo a immaginare di trascorrere nuovamente le mie giornate da solo; avevo la sensazione di convivere con Eva da molto tempo, nonostante di fatto ci fossimo rivisti solo da una settimana. Con lei mi sentivo perfettamente a mio agio e non c’era nulla che non mi andasse nella sua persona, a parte il fatto che odiasse il calcio e la maggior parte dei miei CD melodic metal.

    Era la prima volta, dopo molto tempo, che mi sentivo così: innamorato.

    Ed era una sensazione maledettamente piacevole. Senza averne parlato con lei avevo già pensato di proporle di venire ad abitare con me insieme a sua figlia. La mia casa sarebbe stata sufficientemente grande per tutti e tre, ma ancora non avevo avuto il coraggio di dirglielo. Conoscendo la mia impazienza non volevo rovinare il nostro rapporto mettendola troppo sotto pressione. Forse sarebbe stato meglio lasciare maturare la nostra storia e parlarne più in là, nonostante mi pesasse molto aspettare.

    Verso le quattordici la mia agitazione si trasformò in disagio ma non volevo sembrarle un sorvegliante o un controllore, e nemmeno farmi catalogare come un fidanzato geloso; per questo avevo evitato di chiamarla. Conoscendola da poco non sapevo quanto tempo le servisse per le sue commissioni. Forse voleva godersi la meravigliosa giornata per girovagare nei dintorni con una magnifica cabrio.

    Non ebbi nemmeno il tempo di manifestare quel pensiero quando uno scoppio assordante mi fece sussultare. In un primo momento non riuscii a capire da dove provenisse quel frastuono e che cosa lo avesse provocato. Incuriosito mi alzai e raggiunsi di corsa la piscina, da dove si poteva vedere il lago fino alla bassa valle di Minusio. Vidi una spessa coltre di fumo nero che saliva al cielo. Qualcosa doveva essere esploso ma il fumo impediva di capire cosa e dove. Probabilmente nelle vicinanze della Coop e della Migros. Forse, supposi, si trattava dell’esplosione di una bombola di gas o di un deposito di bombole che si era incendiato. In ogni caso quella violenta esplosione mi diede una ragione sufficiente per chiamare Eva, per sapere dove si trovava, quando intendeva tornare e se la gita che avevamo programmato era ancora fattibile o meno. Deciso, presi il cellulare e digitai il suo numero. Dopo il settimo squillo chiusi la comunicazione. O aveva lasciato il telefonino in macchina, o si trovava in un posto dove il segnale era disturbato. Riprovai dieci minuti dopo e ancora lo lasciai squillare diverse volte: niente, anche questa volta non riuscii a parlarci.

    Il mio malessere aumentò e per calmarmi andai in cucina, presi una bottiglia di Ramazzotti e mi versai mezzo bicchiere del famoso amaro italiano che contiene, nella sua preparazione, trentatré erbe e piante aromatiche provenienti da tutto il mondo.

    Con il bicchiere munito di ghiaccio tornai in terrazza, mi diressi verso la piscina e gettai ancora una volta un’occhiata al luogo dell’esplosione. Il fumo nero, nel frattempo, si era diradato, forse con un cannocchiale si sarebbe potuto vedere qualcosa, ma non era certo il genere di oggetti che si potevano trovare in casa mia.

    Volendomi convincere che la mia supposizione relativa all’esplosione di gas fosse esatta, ritornai lentamente nel soggiorno. Mi sedetti sulla sedia a dondolo e accessi lo stereo. Pochi secondi dopo i toni alti e giubilanti di Neverending Story risuonavano nella stanza. Era il settimo brano del CD Fables & Dreams, il secondo album della mia band svizzera preferita: i Lunatica, cinque musicisti dell’Argovia che suonando un mix di metal e musica classica incontravano perfettamente i miei gusti.

    Alle quindici non avevo ricevuto ancora nessuna notizia di Eva, né ero riuscito a raggiungerla sul telefonino. Iniziai a preoccuparmi seriamente. Fino a quel momento avevo considerato la mia fidanzata come una donna assolutamente affidabile e non riuscivo a capacitarmi del perché non si facesse sentire o non rispondesse alle mie chiamate.

    Verso le quindici e trenta sentii, nonostante la musica in sottofondo, il rumore di un’automobile che si dirigeva verso il mio parcheggio. Il rumore però non

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