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Fuori dall’ordinario
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E-book104 pagine1 ora

Fuori dall’ordinario

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Info su questo ebook

La tranquilla cittadina di Ponticello, sulla costa della Maremma Toscana, è sconvolta nel giro di poche settimane da quattro eventi delittuosi: la morte violenta di tre giovani donne e la scomparsa di un bambino. Le testate giornalistiche, locali e nazionali, ne danno ampio risalto. Si parla da un lato di un serial killer capace di colpire senza lasciare traccia alcuna e dall’altro di possibili scenari che variano dalla fuga volontaria alla pedofilia.
Il quotidiano locale Il Golfo è diretto da un giornalista di eccellenza, Aldo Nardi, che dopo essersi occupato per anni di cronaca nazionale, si è ritirato in provincia per scollegarsi da politiche editoriali che non condivide. Con l’istinto del vero segugio, grazie a una fonte anomala, affronta un’indagine parallela rispetto a quella della procura. Nardi si interroga sulla possibilità che, sia gli omicidi sia la scomparsa del piccolo Giacomo, coinvolgano interessi locali e personaggi di alto profilo.
Nel frattempo, compare a Ponticello uno sconosciuto, stranamente abbigliato in nero e un cappello Galvin in testa, la cui identità diventa un’ossessione per il giornalista, chiamato a decidere se la ricerca della verità vale sempre il prezzo richiesto.
Francesco Bertelli sa catturare il lettore e tenerlo incollato alle pagine senza mollarlo più, facendogli attraversare una storia piena di colpi di scena e di misteri, ma anche di personaggi diversi. E di sentimenti intensi, che a volte arrivano alla commozione. La sua caratteristica principale, infatti, sta nel modo di raccontare, nello stile preciso e limpido.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2021
ISBN9788832928617
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    Anteprima del libro

    Fuori dall’ordinario - Francesco Bertelli

    Lichtenberg

    Introduzione

    A proposito della nascita di una storia

    Le storie sono degli esseri viventi con un loro cuore, una loro propulsione, una propria evoluzione, una propria dinamica. Nascono spontaneamente nella mente di chi decide di scriverle. Magari un’idea, una semplice intuizione, oppure vicende realmente vissute. È la storia che nel cuore della notte ti chiama, costringendoti a svegliarti per buttare giù qualche appunto in modo tale che non ti sfugga nulla, oppure ti impone lei di farsi scrivere per intero a prescindere dall’orario.

    Poi esistono storie, che per la loro evoluzione, mutano nel tempo, rimangono ferme da una parte in attesa di fermentazione, un po’ come il vino. Un’idea può scaturire una storia e poi nel corso del tempo una nuova ispirazione può andare a modificare l’idea originaria e quindi a dare un’impronta diversa alla storia. Sono quelle storie che ti sostano nella mente per anni, senza che tu ti decida a metterci mano o a pubblicarle. È il caso di questo romanzo. L’idea era totalmente diversa e risale al lontano 2015. Nell’epoca di studente universitario di belle speranze, ero entrato nel mood della sceneggiatura per un corto cinematografico. La sceneggiatura era pronta. Alla fine però il progetto saltò e la storia rimase in un cassetto.

    Gli anni passavano e quella storia ogni tanto mi tornava in mente e visto che molti scrittori, piccoli o grandi, emergenti e no, ogni tanto pubblicano per sfizio delle loro sceneggiature, a fine del 2019 decisi di rimettere mano alla mia per poi darla alle stampe in tale forma. Chi se ne importava se nessuno l’avesse letta. Chi scrive, lo fa per sé, diciamocelo francamente. Non si scrive per chi ti potrà leggere ma per un egoismo personale. Cioè: scrivi ciò che ti piace scrivere. Mi dilettava molto l’idea di avere fra le mani una mia sceneggiatura che avevo scritto quattro anni prima con tanto amore.

    Poi però nuove idee mi sono giunte in testa e anche la sceneggiatura originaria è di conseguenza mutata. Mutata la storia, mutata l’ambientazione, mutati i personaggi, mutato anche lo stile narrativo.

    Ripresi così in mano la storia e nei giorni traumatici del primo lock-down causa Covid-19, con a fianco la mia compagna di vita, ho riscritto da zero la storia.

    Una domanda mi trastullava nel cervello: cosa poteva succedere a una mente razionale se sbatteva il muso nei confronti di un muro di irrazionalità? Come poteva reagire? Cosa sarebbe potuto accadere?

    Questo è stato il seme che mi ha spronato nella revisione.

    Mi preme precisare che la storia è frutto della mia fantasia, sia per quanto riguarda nomi, luoghi e situazioni. L’ambientazione, invece, è ispirata dal luogo in cui vivo, ovvero Follonica, in provincia di Grosseto, con i suoi colori, il suo cielo e, soprattutto, il suo mare, con cui quasi ogni giorno mi confronto a suon di lunghe e rilassanti passeggiate.

    Benvenuti a Ponticello e buona lettura.

    Francesco Bertelli

    1

    Nottata in redazione

    Quella sera tirava vento molto forte. Raffiche di libeccio imperversavano sulla spiaggia, spingendo cumoli impetuosi di rena sopra alla passeggiata di mattoncini color terra di Siena.

    Quando soffia così forte è impossibile anche solo uscire di casa per buttare la spazzatura. Era novembre e, per fortuna, non faceva affatto freddo. L’autunno era nel suo momento migliore ma quel vento dava un fastidio immenso.

    Poco prima aveva piovuto e i lampioni, accesi al bordo della camminata lungomare, riflettevano la loro luce soffusa nelle pozzanghere createsi non tanto per la quantità d’acqua caduta dal cielo, bensì per gli avvallamenti dovuti a una pavimentazione non fatta a regola d’arte.

    La piazza centrale, comunemente chiamata piazzetta a mare, era deserta. Intorno vi erano dei pini che facevano una gran fatica a non piegarsi su se stessi per quel folle gioco d’aria. Panchine di marmo bianco, che nelle giornate estive si riempivano di allegri pensionati, brillavano grazie ai riflessi dell’acqua stagnante.

    Non c’era un cane in giro a Ponticello quella sera di novembre inoltrato. Era ormai passata mezzanotte, i ragazzi se ne stavano nelle loro case e quelli più grandi si divertivano a bere un drink in qualche pub aperto nel centro cittadino. Sì, perché Ponticello, al di là del nome ingannevole, era ormai da diversi anni considerata una città, anche se i paesani, quelli più tradizionalisti e anziani, amavano ancora chiamarlo Località Ponticello anziché Città di Pontello. Questione di gusti.

    Quel nomignolo risaliva alla metà del 1800 quando ancora esistevano due paeselli divisi da un fiume chiamato Lupetto. I due comuni erano Valle, che partiva dall’interno e finiva ad affacciarsi sul mare, e Monticello, un borgo con una dozzina di case arroccate su una collinetta che si affacciava anch’essa su un litorale molto ristretto da cui nasceva il nomignolo. Un bel giorno in quel di Valle iniziarono a essere costruite una serie di fabbriche e fabbrichette, il lavoro chiamava lavoro e gli abitanti di Monticello avevano pur bisogno di portare a casa la pagnotta. Erano sempre stati costretti a raggiungere Valle con delle barchette di legno che attraccavano nel loro piccolo litorale per poi dirigersi suppergiù nel luogo dove adesso era situata piazzetta a mare. Sia chi doveva portare i propri figli a scuola, sia chi doveva recarsi al lavoro, sia chi andava nei mercatini di Valle solo per fare compere.

    Alla fine si decise di costruire un ponte in pietra che collegasse le due realtà abitative, mai avversarie ma sempre rispettosa l’una con l’altra. La costruzione fu davvero ben voluta sia dai cittadini e dalle autorità di Valle sia da quelli di Monticello tanto che alla fine i due comuni vennero accorpati e dal 1878 questa zona prende il nome, appunto, di Ponticello.

    Bello d’estate ma certe volte antipatico in autunno e in inverno. Soprattutto in giornate piovose e ventose.

    Percorrendo la passeggiata lungomare in direzione opposta alla piazzetta si andava proprio verso il famoso ponte e si poteva raggiungere il vecchio Monticello con il suo Senso Unico: così era definita la strada, una sola, percorribile solo in un senso e affiancata da una serie di stradine composte da casupole colorate, costruite nel boom degli anni ’60, che finivano proprio sulla spiaggia. Se invece di percorrere il ponte si andava verso sinistra si trovava la vecchia cartiera. Una struttura a quattro piani sfalsati di color bianco sporco con i tetti verdi. Lì, oggi vi erano una serie di esercizi commerciali e soprattutto, motivo di vanto per tutti gli abitanti di Ponticello, la sede della redazione de Il Golfo, giornale di cronaca locale.

    Quella sera, Aldo Nardi, il direttore del giornale, stava controllando le prime stampe del quotidiano che il corriere nel giro di quattro ore sarebbe venuto a prendere e a distribuire alle edicole di Ponticello e paesi limitrofi.

    Tirava una brutta aria in quella cittadina della Maremma toscana. Nardi era solo, voleva andare a letto come i suoi colleghi ma la passione per il suo lavoro era più forte del sonno. Era seduto sulla sua scrivania, una sigaretta in bocca, un’altra accartocciata nel posacenere ma che spruzzava un po’ del suo fumo, camicia bianca con le maniche tirate su e occhiali con montatura rossa poggiati proprio sulla punta del naso, come se stando in quel modo fossero più vicini alle parole scritte sulla carta, posizione privilegiata per scoprire qualcosa su cui non era arrivato né lui né l’autorità

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