Costoia Beach
Di Elvis Byron
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Anteprima del libro
Costoia Beach - Elvis Byron
Indice
Prefazione 7
1.Ernesto 11
2. La casa 29
3. Il salto dell’abete 39
4. Sasso Bianco 47
5. Imprevisto 61
6. Neve e sole 69
7. Cambio della guardia 83
8. Capriolo 87
9. Il mitico Alessio 93
10. Incidente 97
11. Epilogo 103
Elvis Byron
COSTOIA
BEACH
Racconto di montagna
Youcanprint Self-Publishing
Titolo | Costoia Beach
Autore | Elvis Byron
Immagine di copertina a cura di Silvia
ISBN | 9788827825167
Prima edizione digitale: 2018
© Tutti i diritti riservati all’Autore
Youcanprint Self-Publishing
Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE)
info@youcanprint.it
www.youcanprint.it
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Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.
A Giacomo, senza il quale, molto probabilmente, non avremmo mai scoperto questo meraviglioso angolo dolomitico.
A Luciana, che nonostante il caldo e la fatica riuscì, in un torrido pomeriggio d’agosto, a raggiungere la forcella.
Ad Alessio, e alle interminabili scorribande tra il Sasso Bianco e il Piz Zorlet, con gli zaini pieni di sassi.
A Lorenzo e a Stefano.
E agli abitanti di Costoia, che hanno subito l’invasione di un gruppo di esuberanti e stravaganti ragazzi di città.
Prefazione
Gli indubbi vantaggi che la vita in una metropoli offre hanno di solito un inevitabile contraltare, costituito dall’inquinamento, dallo stress e dai ritmi frenetici, che di tanto in tanto impongono di staccare la spina; diventa quindi fondamentale avere una sorta di rifugio, un luogo in cui riassaporare la lentezza, l’ozio e magari il contatto con la natura.
È da questa esigenza che prende le mosse l’avventura dei giovani Fabio, Roby e Marco (detto lo Svizzero
).
La casetta che vedono per caso nel minuscolo paesino di Costoia, tra le Dolomiti, sembra così l’ideale per loro, montanari di città
in cerca di un posto dove trascorrere i weekend.
Ma Costoia diventerà per loro molto di più. La loro abitazione diventerà un porto di mare, sia pure in mezzo alle Dolomiti, pronto ad accogliere amici e personaggi bizzarri di ogni tipo. Il tempo libero strappato alla vita in città aumenterà progressivamente, e ogni occasione sarà propizia per avventurarsi ancora tra le montagne e i paesaggi incontaminati.Costoia Beach si colloca a metà strada tra la narrativa di viaggio e quella, per così dire, naturalistica, il cui esempio più nobile è rappresentato probabilmente da Waldendi H.D. Thoreau. Una narrazione corale, data la quantità di personaggi tratteggiati, uno dei quali – forse il più importante di tutti – viene a essere proprio la montagna, con la sua atmosfera incantata, il suo fascino e i suoi pericoli. Luogo dell’anima per i protagonisti, che vi si avvicinano con la deferenza di chi sa di non appartenere a quel mondo, ma che poco alla volta finiranno per conquistare. E così, tra un’escursione e una nevicata, una disavventura e una lite, nella piccola casa di Costoia si cementeranno o si romperanno amicizie, sbocceranno nuovi amori o semplicemente si andrà alla ricerca di un equilibrio perduto e della pace interiore.
Un paese di pianura per quanto sia bello, non lo fu mai ai miei occhi. Ho bisogno di torrenti, di rocce, di pini selvatici, di boschi neri, di montagne, di cammini dirupati ardui da salire e da discendere, di precipizi d’intorno che mi infondano molta paura.
Jean-Jacques Rosseau (Svizzera, 1712 – Francia, 1778)
Un gruppo di case e fienili abbarbicati su un ripido costone, sempre baciati dal sole.
Non c’erano né negozi né chiese. L’unico punto di ritrovo era un bar, ma chiuse quando entrò in vigore l’obbligo di emissione dello scontrino fiscale.
1.Ernesto
Nei tratti meno stretti la statale agordina risplendeva nella luce del mattino di una domenica d’agosto del 1987. Il serpente d’asfalto ondeggiava sinuoso in mezzo alle pareti rocciose che si ergevano a picco sulla strada. Il gruppo di amici assonnati, a bordo della loro Renault Quattro blu, stava cercando di svegliarsi: i ripetuti caffè non avevano sortito l’effetto desiderato. Fabio, Roby e lo Svizzero, poco più che ventenni e con la passione per la montagna, speravano che tenendo i finestrini aperti e respirando l’aria frizzante fosse possibile in qualche modo raggiungere uno stato fisico e mentale adeguato al compimento della corta, ma impegnativa ascensione che avevano programmato.
La prestanza e l’entusiasmo della giovinezza giocavano a loro favore; la spavalderia, l’inesperienza e i postumi della serata precedente no.
I tre vivevano nella periferia di una grande città della Pianura Padana. Il quartiere dove erano nati era stato costruito agli inizi degli anni Sessanta a partire da una grande chiesa intorno alla quale erano sorti alcuni gruppi di condomini di edilizia popolare. Di modesta estrazione sociale, pur conoscendosi di vista fin da bambini, avevano iniziato a frequentarsi da adolescenti, durante il periodo della scuola superiore. All’interno del sobborgo dove risiedevano da alcuni anni era stato aperto un Cad (Centro anti droga) che serviva tutta la provincia, per cui si erano riversati nel quartiere centinaia di giovani: una parte per sottoporsi alle cure di disintossicazione, un’altra per spacciare e garantirsi una nuova fetta di mercato in un quartiere fino ad allora vergine. Per rimanere immuni e totalmente estranei a questo clima e nel timore che qualche compagno un po’ più debole venisse coinvolto in spiacevoli situazioni, la compagnia a cui appartenevano Fabio, Roby e lo Svizzero cercò di impegnarsi in attività culturali, ludiche e sportive. In questo contesto alcuni avevano cominciato, poco prima dei vent’anni, a frequentare le montagne durante il weekend.E il fascino delle Dolomiti si era subito impossessato di questi giovani.
Per qualcuno l’andar per montagne, liberando la mente e ritemprando lo spirito ed il corpo, più che una via di fuga aveva significato la salvezza. Ogni venerdì sera i giovani amici partivano verso i monti sognati per l’intera settimana.
Da qualche anno erano riusciti a prendere in affitto un appartamento in un paese della valle agordina. Lo Svizzero, venticinque anni, era alto circa un metro e ottanta e aveva i capelli scuri.
Il suo vero nome era Marco e da bambino il padre lo aveva portato, insieme al resto della famiglia, per qualche anno nel Canton Ticino, dove aveva trovato impiego nel cantiere di una centrale idroelettrica. Dopo il ritorno in Italia qualche amico aveva iniziato a soprannominarlo lo Svizzero. Di bella presenza e unico dei tre con un’occupazione fissa, non aveva tanti grilli per la testa ed era il più conformista, anche nell’abbigliamento. Condivideva con Roby la passione per la musica rock e jazz, e la passione per le moto. Qualche volta i due riuscivano a convincere Fabio ad andare in montagna in sella alle due ruote. Un po’ più basso di statura e di un anno più giovane, Roby era robusto e di carnagione chiara con chioma bionda. Più preparato tecnicamente per quanto riguarda le procedure di progressione e auto-sicurezza in montagna, era solito indossare un abbigliamento sportivo. Organizzava le escursioni più impegnative, e al dubbio di qualcuno sulla possibilità di successo di un’uscita replicava con calma che ci si poteva eventualmente avvalere dell’assistenza di una guida qualificata. Fabio, poco più che ventenne, era il più mingherlino e stravagante dei tre, con uno stile a metà tra il freak e lo sportivo.
Un po’ sognatore ed appassionato di musica reggae, aveva i capelli castani lunghi e la barba incolta. In montagna, alla domanda se preferisse andare in un luogo rispetto a un altro, il più delle volte rispondeva che per lui era lo stesso. Per questo motivo, qualche amico lo rimproverava di essere sempre neutrale: non era giusto che lui non si prendesse mai alcuna responsabilità. Ma per Fabio, andare in cima ad una montagna piuttosto che in un’altra o, ad un bivio, scegliere il sentiero da percorrere non aveva alcuna importanza. A lui interessava solo andare sempre più in alto per vedere più lontano possibile.
Oltrepassato l’abitato di Cencenighe Agordino, dopo un’ ampia curva dalla quale si scorgeva il torrente Cordevole, un uomo dall’apparente età di cinquant’anni e dall’aspetto alquanto trasandato faceva l’autostop senza troppa convinzione. Senza consultarsi con gli altri due occupanti della vettura, Roby frenò e accostò l’auto al ciglio della carreggiata.
L’uomo indossava un paio di pantaloni di velluto consunti, una camicia a scacchi blu e bianchi e delle vecchie scarpe da ginnastica. Di fisico asciutto, ma muscoloso, con capelli castani corti e spettinati, aveva un viso dai lineamenti squadrati. La pelle secca del volto sembrava bruciata dalla prolungata esposizione ai potenti raggi del sole di montagna. Occhiaie marcate,