Ignudi naufraghi fra Samo e Patmos
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Info su questo ebook
"Un'opera poetica che è un'icona paradossale dell’uomo che si scopre nudo e fallito di fronte a se stesso e al cosmo. L’esperienza del nulla e la consapevolezza del non senso dell’esistenza portano l’autore a maledire la vita e i suoi assurdi inganni, a cercare disperatamente un approdo al naufragare dell’anima dilaniata da una struggente sete di luce e di amore assoluto. Una poesia appassionata, un’epica del quotidiano eroismo contro il vuoto e l’insignificanza dell’esistenza, espressa in forme linguisticamente innovative seppur nel solco della grande tradizione letteraria mediterranea. Una rappresentazione teatrale-poetica che induce a riflettere sui fondamentali metafisici ed esistenziali e invita a rimodellare il rapporto con gli altri, con la natura e con Dio."
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Anteprima del libro
Ignudi naufraghi fra Samo e Patmos - Francesco Sartori
prefazione
Il poeta parla con i suoi versi. Ad altri ed in altri il compiersi e l’estrinsecarsi dell’esperienza ermeneutica che questi suscitano. Oltre la parola poetica esiste solo il silenzio ineffabile, come aveva ben capito Wittgenstein.
È quindi con estremo pudore e malcelata riluttanza che tento di accennare in poche righe alla weltanschauung, alla visione sottesa all’opera che ora, con timore e tremore, si manifesta.
«Ignudi naufraghi fra Samo e Patmos» (le maiuscole qui sono d’obbligo) narra il paradosso dell’uomo che si scopre nudo e fallito di fronte a se stesso, alla persona amata e in lei alla realtà cosmica, dove si trova gettato da un fato indecifrabile. L’eros, nella sua accezione platonica, trova la sua ineredibile e tragica conclusione nell’esperienza del fallimento totale.
Fallimento che è sì denotato dall’intrinseco limite comunicativo biologico e psicologico inerente l’umano, pur tuttavia è fallimento prima esistenziale e quindi ontologico: l’isola di Samo prima conflittualmente abitata e contesa, quindi abbandonata e deserta.
Nella consapevolezza che la finitudine non è mascherabile o superabile tramite alcun artificio comunicativo o pseudo-religioso, grido nella prima parte del testo che non solo la vita è disperatamente unita alla morte, ma che la stessa morte è il fine della vita. Questi strali vogliono essere una contestazione globale nei confronti di certa cultura contemporanea, della sua tracotante certezza di poter guidare la storia e il destino umano verso un futuro di paradisiaca fosforescenza tecnocratica.
No. La storia non la facciamo noi (da