L'età di mezzo: 1990 - 2009
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Un vizio, la poesia, che coltiva in silenzio, fin dalla giovinezza. In questo volume sono proprio le poesie dell’età di mezzo a portarci nel mondo dell’amore, dove la vita e l’esperienza diventa l’attimo fuggente che si imprigiona nel tempo grazie ai versi che rendono i momenti della nostra vita unici e indimenticabili.
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Anteprima del libro
L'età di mezzo - Stelio W. Venceslai
settembre
Dedica
A tutte le donne
che ho incontrato nella mia vita
cui devo il piacere di vivere.
Prefazione
La poesia è un male sottile e persistente. Una specie di droga emotiva che, una volta presa, esercita un suo continuo richiamo fatale, anche nella maturità.
A volte l’ispirazione prende come un impulso irresistibile a segnare sulla carta o a tracciare sul computer quell’improvvisa onda di sensazioni o di sentimenti provocata da un fatto apparentemente banale che in altre circostanze o per altre persone, potrebbe passare inosservato.
La mano scrive dettata da un fantasma che aleggia nella mente. A volte, s’interrompe, e quel momento magico non si ripete più. Le parole restano inerti e quasi prive di senso. A volte, invece, si compongono in un insieme che, poi, a mente fredda, dà luogo ad una delle tante composizioni di questo volume.
Si cambia, nel tempo. Tutto muta, nell’amore, nei sentimenti, negli incontri, nel modo con il quale si affrontano i problemi di ogni giorno e quelli più esistenziali.
La ricorrente ricerca dell’infinito, del bello, dell’attimo fuggente fanno parte dell’esperienza comune, ma sfuggono ai più e frammenti di vita emotiva scompaiono, senza lasciare traccia.
Questa raccolta di poesie investe il periodo della maturità, non certo artistica (non mi faccio alcuna illusione), ma di una vita che, nonostante tutto, è stata con me generosa, come la fioritura dell’oleandro. L’intento è quello di lasciare una memoria delle sensazioni provate, delle ricorrenti illusioni dell’amore e del successo, dei cambiamenti, spesso profondi, che si determinano nella vita di un uomo.
Scrivere poesie è mettere a nudo i propri sentimenti. Pubblicare poesie è comunicare il proprio mondo intimo agli altri. Questa è la cosa più difficile, perché significa scoprirsi e parlare di se stessi, della propria anima, confessare le proprie debolezze e, spesso, le proprie sconfitte.
Non tutto, però, può essere oggetto di autoconfessione. C’è sempre un ambito di esclusione, perché il mistero delle pulsioni umane, talvolta, è tale anche per chi le avverte o ne è dominato. Fanno parte del suo mondo complesso i cui nodi, inestricabili sono difficili da sciogliere. Nelle oscurità della nostra anima si celano grandezze e miserie, silenzi colpevoli e sentimenti repressi, ambizioni e delusioni.
Per ogni essere umano la vita è una cosa preziosa, perché unica e irripetibile. Nell’età matura tutto sembra ancora possibile, come ai tempi della giovinezza, ma con un velo di malinconia, perché si avverte in misura crescente il fluire del tempo che si fa sempre più breve.
Dice il poeta: Cuando me toque morir, nadie morira en mi lugar, asi que de hoy en adelante he decidido vivir lo que nadie vivira por mi. (Se devo morire, nessuno morirà al mio posto, quindi ho deciso di vivere ciò che nessuno potrà vivere per me.)
Chi legge dovrebbe avere la stessa indulgenza del confessore, perché siamo tutti sulla stessa barca, chi con maggiore e chi con minore coraggio nello svelare agli altri il proprio mondo segreto.
1990
Al canto del gallo
Porti sul volto le tracce
d’una vita trascorsa
in casa,
in un giorno di pioggia,
sognando un sole
che non viene mai
a scaldare il tuo corpo
intristito.
Vieni da me portando
un ingenuo candore
di rabbia,
talvolta d’inespresse parole,
di tresche altrui,
nel tuo animo avvolte
dalle spirali del tempo,
dal perdersi lento
del gusto di vivere.
All’alba, lo sai,
si spengono le stelle
e se ne vanno i sogni
al canto del gallo.
Castelnuovo di Porto, 14/03/1990
Visioni
Il tuo corpo ambrato
si distende e si torce
sotto le mie mani.
Altre ne immagino,
più esperte
che ti scorrono i seni
e le gambe, fino al cavo
delle cosce serrate,
che palpano
i tuoi glutei d’argento,
che stringono
i tuoi capezzoli d’ambra.
Dal sinuoso fremito
del ventre
come promessa di piacere
sale l’onda
del tuo desiderio,
dischiuse le labbra e le carni
segnate
da un filo di rugiada
calda,
annunciatore dell’oblìo.
Sulle curve di queste dolci
colline sale e discende
il mio desiderio
di uomo.
Castelnuovo di Porto, 22/03/1990
Amaritudine
Amarezza mi prende
alla gola
come la morsa del gelo
sull’asfalto.
Non potrai mai cambiare
e il tuo diniego
è senza spiragli, un animale
braccato che fugge,
con il respiro ansante
e affaticato,
cercando la pace.
Bruxelles, 09/04/1990
Delirium
Questo piacere intenso
sgorga
dalle tue membra
di gazzella,
dalla tua bocca dolce
e dal fondo vischioso
del tuo ventre di velluto.
Adesso,
non ci sei altro che tu
dove affondo
la mia carne vogliosa
come una spada rovente.
L’anima e il corpo
assieme mi dai
in un delirio di sensi.
Castelnuovo di Porto, 15/11/1990
Le radici profonde
Tu resti il mio Dio,
nonostante i peccati
commessi,
quelli che ignoro e quelli
che farò,
anche se il tempo
ha levigato i miei timori
e accresciuto
il mistero immanente,
e cultura e ragione da sempre
lottano in me.
Tu resti il mio Dio nel fondo
illogico del mio essere,
confidente di mali,
rifugio nel dolore,
irragionevole speranza
di conforto e d’aiuto.
Con tutte le mie debolezze
sei nell’anima mia
come un’erba
dalle radici profonde
in un deserto di sabbia.
Castelnuovo di Porto, 18/11//1990
1991
F. C.
Dalle tenebre della tua vita
viene l’odio che mi porti,
questa ragione di vita
che mi trascina di nuovo
nell’inferno degli anni
che abbiamo vissuto.
Vorrei che fossi un sogno
cattivo che scompare
al mattino,
un focolare annerito
da tempo, già caldo
e ora sporco ed inerte.
Cenere e sabbia e rancore
assieme si sono mescolati
nella palude dell’anima tua.
Quello che hai distrutto,
qualunque cosa vorrai,
non tornerà di nuovo:
è nebbia, è fango, è miseria
di vivere.
Ti colmo di disprezzo
come tu di odio.
Castelnuovo di Porto, 18/02/1991
Ibi redibis
Le mie dita ritrovano
antichi percorsi
immagini già note
e, poi, dimenticate,
la valle dell’oblìo
il bosco del mistero,
la dama degli elfi
e la rocca incantata
dove una stregata principessa
attende
il suo eroe, vestito di luce.
Come un rivolo d’acqua
da un piccolo pertugio
nel cemento
filtra la mia voglia di amarti
e vedo il riflesso
delle stelle sull’acque,
avverto il gusto acre della vita
in un gioco di sabbie
e di venti
al levar della luna.
Porto d’Ascoli, 18/02/1991
Il timore del sentimento
Dietro ai teneri sguardi
e ai corpi allacciati
trovo il polveroso scheletro
della fine,
i rancori non ancora emersi,
la rivalsa che verrà,
quel sottile germoglio
di veleno