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Tama, Tamares
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E-book78 pagine58 minuti

Tama, Tamares

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Fantascienza - romanzo breve (55 pagine) - Come il professor Pietrafranca creò le macchine per il Passaggio, che furono la sua fortuna e la sua rovina.


Negli intenti dello stesso autore un romanzo "sintetico", Tama, tamares è una storia di fantascienza nel senso più schietto del termine: il narratore scopre un diario che viene dal futuro e pian piano viene risucchiato, reincarnato in un'altra voce, quella del Professor Pietrafranca, artefice del Passaggio. Cyberpunk, mondi paralleli, scenari alla Douglas Adams, ma anche esercizio di stile con un omaggio a Umberto Eco e ai nouveaux philosophes, Tama, tamares finisce per diventare un piccolo classico letterario.


Nato nella bambagia nel 1956, Pietro Zambiasi passa l’adolescenza a scusarsene militando in vari gruppi della sinistra rivoluzionaria. Nel '78 si dà allo studio folle, soprattutto Shakespeare. Laureato nell'87, si trasferisce in Danimarca e si sposa. Alla nascita di Simon acquista il suo primo computer: un pc ibm. Nell'autunno 1989 scrive Tama, tamares, fino a oggi il suo unico romanzo (sintetico). Smanettone convinto, si appassiona ai programmi di computergrafica. Il 20 aprile 2022 sopravvive all'incendio di una sua casa in Italia. Questo testo è salvo perché era in rete.

LinguaItaliano
Data di uscita3 ott 2023
ISBN9788825426342
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    Anteprima del libro

    Tama, Tamares - Pietro Zambiasi

    Prologo

    – Sbagliando s’impara – diceva la signora maestra. Fu da allora che ogni qual volta che costei poneva una domanda, magari un bel problemino di geometria, alzavo tosto l’indice della mano destra come per rispondere, ma subito l’abbassavo e andavo con gli occhi a fissare il vuoto, mentre forzavo le mie labbra ad aprirsi in un sorriso ebete.

    Ancora una volta mi ero lasciato conquistare da una voce interiore che mi diceva:

    – La risposta non può essere così facile come ti sembra, perché la via della conoscenza è cosparsa di errori didattici.

    Se gli altri si stanno rompendo il cervello per trovare qualche argomentazione plausibile, è molto improbabile che la soluzione che ti sembra facile facile come un gol brasilero, l’esecuzione perfetta di un brano musicale o un verso e mezzo di

    Shakespeare sia quella giusta.

    Allora, angosciato da questo dilemma, andavo alla ricerca di una ragione per invalidare quella prima risposta, salvo alla fine arrendermi all’evidente correttezza della mia intuizione originale. Nel frattempo,qualcun altro, procedendo a tappe successive, era finalmente giunto alle mie stesse conclusioni. Ma lui aveva parlato mentre io me ne ero rimasto zitto, rimuginando la risposta.

    Il difficile era discernere l’intuizione pura, raramente fallace, da quella vocetta imbecille che mi buttava fuori pista.

    Poiché, nonostante quella vocina mi rendesse più cretino, spesso si ammantava di fascino e altrui intelligenza.

    A cosa credere, dunque? Col tempo mi rassegnai a darle ascolto, insomma ad arrendermi alla mia imbecillità : in tal modo era più facile adattarmi all’altrui mediocrità.

    Ad aggravare questa mia infelice predisposizione vi è la mia sostanziale adesione a quella consuetudine familiare che impone di non leggere mai il libretto delle istruzioni, qualsiasi apparecchio elettronico si tratti; anzi, per essere ben certi di evitare che l’occhio inavvertitamente cada su qualche illuminante spiegazione, si fa in modo di nascondere il libretto delle istruzioni sotto una pila di giornali vecchi, la cui precaria stabilità funga da adeguato deterrente a qualsivoglia volontà di porvi mano.

    Ci si getta poi al lavoro, cercando di mettere insieme i vari spinotti, compulsando vari tasti o bottoni: per quanto sconcertante possa sembrare, alla fine, la macchina funziona: In qualche modo, ché a voler la perfezione, ci si imbatte in un qualche problema metafisico.

    Naturalmente io faccio eccezione, e colleziono tutte le esplicazioni di qualsiasi macchina, dalle istruzioni per l’estrazione di una cartuccia di nuove lame per il rasoio ai manuali di computeristica. Tuttavia, allo scopo di aderire, se non nella forma, per lo meno nella sostanza alla tradizione familiare, mi faccio scrupolo di scegliere le istruzioni in una lingua che non conosco. In tal modo colgo due piccioni con una fava: le mie macchine non funzionano molto meglio di quelle degli altri membri della mia famiglia; ché, allora, quelli mi delegherebbero l’installazione di qualsiasi diavoleria, e comunque imparo una lingua straniera.

    Ieri sera ho passato alcune ore cercando di far funzionare il modem, cioè quel portentoso marchingegno che dovrebbe collegare il mio calcolatore con il resto del mondo via telefono. Lo avevo appena acquistato. Le istruzioni erano in euskadi ed in finnico. Purtroppo le mie cognizioni di finlandese si estendono soltanto fino al numero tre e devo ammettere che non padroneggio di certo la lingua dei Paesi Baschi. Alla fine, umiliato e deluso, ho abbandonato tutto senza controllare che il modem fosse spento.

    Così questa mattina nello svegliarmi, mentre facevo partire la solita super-macro che da sola carica il programma di video scrittura e contemporaneamente mi apre il file di lavoro, mi ha improvvisamente colto quell’aura leggera, spumeggiante e cretina che precede le catastrofi. Come quel giorno che, partito per le vacanze quel mio cognato smanettone che mi aveva, tre giorni prima, installato sistema operativo DOS e programma di videoscrittura, mi ingegnai a cancellare tutti i file che a caso trovavo e che emettevano suoni.

    Giunto a command.com, il file che contiene il programma interprete che fa da ponte tra il linguaggio macchina e quello utente, nell’apparire del messaggio sei sicuro di voler cancellare questo file: sì/no , una vocetta cretinetta mi disse: se schiacci sei un cretino".

    A quel tempo credevo che il calcolatore possedesse virtù magiche e che, dunque, quella macchina mi impedisse di fare qualcosa di irrimediabile, permettendomi qualsiasi idiozia.

    Poiché ciò è ben vero, ma, ahimè, quanta fatica, quante ore disperate per rimediare a una sciocchezza compiuta sull’onda eterea dell’imbecillità che passa, a volte e per un momento solo, intorno alla mia testa. Così al colmo della mia fede di novizio caddi alla provocazione della vocetta cretinetta e fiducioso risposi: .

    Così un grave turbamento mi ha colto questa mattina quando mi sono accorto che non mi trovavo nel file di lavoro, ma stavo invece di fronte ad un documento alieno che non avevo scritto. Mi concentrai sull’immagine che vedevo. Il mio sguardo passò impercettibilmente dallo schermo che rivelava il testo estraneo al telefono che stava a qualche metro di distanza su una mensola. Accanto,

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