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Wellbeing: Il futuro umano e digitale del benessere
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E-book301 pagine3 ore

Wellbeing: Il futuro umano e digitale del benessere

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Info su questo ebook

In un mondo che ci vuole sempre più iperconnessi, veloci, efficienti, dove la fatica mentale è diventata parte della quotidianità, sta emergendo un cambiamento epocale che riscrive dalle fondamenta il nostro modo di vivere e di lavorare perché le vecchie soluzioni non si adattano più al nuovo contesto. La rivoluzione umana del benessere coinvolge tutti – manager, responsabili delle risorse umane, dipendenti, persino lavoratori autonomi – sia nella dimensione privata sia in quella lavorativa, sottolineando come il benessere sia una sfida universale. Questo libro guida verso un percorso di crescita, fornendo conoscenze scientifiche, strumenti pratici e racconti di cambiamento che dimostrano come benessere, produttività e risultati siano strettamente collegati. La scelta di iniziare la tua personale rivoluzione umana del benessere è ora nelle tue mani: inizia accogliendo l’invito delle pagine di questo libro a spostare l’attenzione dal come al perché di questo viaggio.

Con 21 consigli per vivere con serenità il digitale

Oggi, trattare il tema del benessere ignorando l’impatto della tecnologia sulla vita e sulla società sarebbe un approccio riduttivo. È essenziale sviluppare questa competenza; allo stesso modo, non possiamo considerare il benessere un privilegio naturale riservato a pochi privilegiati.
LinguaItaliano
Data di uscita17 nov 2023
ISBN9791254842430
Wellbeing: Il futuro umano e digitale del benessere

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    Anteprima del libro

    Wellbeing - Alessio Carciofi

    Introduzione

    La rivoluzione umana del benessere

    In un mondo costantemente in movimento, dove ansia e stress sembrano regnare sovrani, sta accadendo qualcosa di nuovo. È quasi palpabile nell’aria, un cambiamento epocale che sta gradualmente riscrivendo il DNA e le fondamenta dei nostri tradizionali modi di vivere e lavorare.

    Le sfide che affrontiamo sono innegabilmente reali e concrete, e sempre più spesso ci rendiamo conto che le vecchie modalità con cui le abbiamo affrontate in passato non sembrano più essere adeguate allo scenario attuale.

    Stiamo assistendo a un passaggio dal mondo dell’economia industriale, in cui la fatica fisica era una costante, a un contesto di economia dell’informazione, dove il futuro del lavoro è strettamente legato alla digitalizzazione. In questa evoluzione, la fatica mentale sta diventando sempre più parte integrante della nostra quotidianità. Nonostante gli enormi progressi nella tecnologia, nella robotica e nell’intelligenza artificiale, con la promessa di una maggiore efficienza e produttività, siamo più impegnati e più esausti che mai.

    La realtà è che la vita attuale, troppo spesso caratterizzata da eccessivo lavoro, stress estenuante, privazione di sonno, distanza dalla famiglia e connessione costante al digitale, semplicemente non funziona. Queste dinamiche erano evidenti a tutti, ma solo pochi erano in grado di percepirne la portata. Poi, un evento sconvolgente e rapido come una tempesta: la pandemia globale, che ha accelerato il ritmo del cambiamento e ci ha catapultato in un nuovo futuro, un futuro senza precedenti.

    In questa epoca digitale, le offerte di lavoro sembrano promettere una flessibilità e un’autonomia mai viste prima. Tuttavia, molti di noi si trovano impreparati, privi degli strumenti necessari per cavalcare questa ondata di opportunità. Ci ritroviamo sempre più frammentati, sopraffatti da impegni lavorativi e spinti in diverse direzioni. I ritmi accelerati e la complessità introdotta dalla tecnologia spesso superano la nostra capacità umana di adeguamento.

    Gli uffici si confondono con le nostre case, e a volte dimentichiamo persino come spegnere il pilota automatico. Rimaniamo costantemente connessi, ma troppo spesso sperimentiamo una sorta di distacco da noi stessi, dalle persone e dal mondo circostante. È un dato di fatto: il tempo trascorso davanti agli schermi ha raggiunto livelli senza precedenti. Questa realtà, purtroppo, va di pari passo con un aumento dell’ansia, della depressione e dei sentimenti di isolamento e burnout. Chi non trascorre troppo tempo al telefono in questi giorni? Che tu sia un genitore, un lavoratore o un imprenditore, la maggior parte di noi si ritrova a essere troppo connessa alla tecnologia.

    Troppe volte utilizziamo le nostre attività quotidiane come una sorta di auto-anestesia. Che si tratti del lavoro, dell’alcol, delle droghe, di Internet, dei videogiochi, del cibo, dello shopping o di innumerevoli altre attività, l’obiettivo è sfuggire ai sentimenti che a volte cerchiamo disperatamente di evitare. L’immersione nel lavoro aiuta a tenere a bada i sentimenti di inadeguatezza, ansia, solitudine, tristezza e vuoto che possono sorgere quando abbiamo del tempo libero.

    Anche nel mondo del business stanno avvenendo cambiamenti significativi. La crescente attenzione all’equilibrio tra profitto e impatto sociale sta trasformando l’approccio delle aziende. Questo cambiamento è guidato dalla consapevolezza che concentrarsi esclusivamente sull’accumulo e sulla gestione del capitale finanziario non è più sufficiente a garantire il successo a lungo termine. Al contrario, è di cruciale importanza porre al centro dell’attenzione la cura e lo sviluppo del nostro capitale umano. Questo significa che, sebbene il nostro business generi profitti considerevoli, il nostro valore umano rappresenta la risorsa più preziosa.

    Come in un conto corrente bancario, la nostra salute ha dei limiti. Possiamo fare solo un numero limitato di prelievi giornalieri, e senza depositi regolari come riposo, movimento e benessere; gli interessi accumulati possono diventare elevati, e si rischia di andare in bancarotta con la salute.

    Pertanto, è di vitale importanza investire nel nostro benessere per garantire un saldo positivo e sostenibile nel lungo periodo. Questo cambiamento imponente richiede nuove competenze, strumenti e tecniche. È un salto nel futuro, attraverso un’epoca di profonda trasformazione. Non è diverso da ciò che successe secoli fa con la rivoluzione copernicana. Prima delle scoperte di Copernico, la teoria predominante sosteneva che il Sole orbitasse attorno alla Terra. Tuttavia, nel 1543 si compì un rivoluzionario passo avanti: Copernico rivelò che, in realtà, è la Terra a ruotare intorno al Sole. Questo cambiamento di prospettiva rivoluzionò la nostra comprensione dell’universo.

    Oggi, è la rivoluzione umana che sta conquistando il centro della scena, il tradizionale modello di vita e lavoro, radicato sin dai tempi della rivoluzione industriale, in cui la giornata era incentrata sul lavoro – per alcune classi sociali – sta cedendo il passo a una nuova forma di organizzazione.

    Abbiamo imparato a caro prezzo che glorificare il vivere 24 ore su 24, 7 giorni su 7, o adottare il motto chi si ferma è perduto, è un percorso che ci porta a un vicolo cieco. Tuttavia, va sottolineato che la sindrome del burnout non si limita esclusivamente allo stress lavorativo, poiché coinvolge individui con sfumature e situazioni diverse. Oggi, molte persone, in particolare professionisti e imprenditori di vario livello, si trovano ad affrontare un mercato dinamico sempre più difficile, caratterizzato da margini ridotti e costi in continuo aumento. Per molte di queste persone lavorare intensamente rappresenta una necessità per far fronte a una situazione economica instabile.

    Inoltre, ci sono coloro che devono bilanciare le sfide del lavoro con le responsabilità familiari, in particolare le donne, che spesso si trovano a gestire la doppia vita di mamme e manager delle attività domestiche e familiari. Non possiamo dimenticare i lavoratori caregiver, che si dedicano con amore e dedizione all’assistenza di persone bisognose, affrontando sfide fisiche ed emotive significative.

    Infine, ci sono anche le nuove generazioni che, a causa dell’incessante aumento dei costi degli affitti e della vita, non di rado si trovano a condividere alloggi con coinquilini anche ben oltre i trent’anni. Questa realtà mette in luce le sfide finanziarie che molti giovani devono affrontare mentre cercano di costruire il proprio futuro. In sintesi, la rivoluzione umana del benessere coinvolge un’ampia gamma di persone e situazioni, dimostrando che il benessere è una sfida e un bisogno che riguarda tutti indistintamente.

    Come la teoria di Copernico, la rivoluzione umana del benessere ci sta mostrando che le nostre vite non sono destinate a ruotare soltanto attorno al mondo del lavoro.

    Benvenuti in un mondo in cui la nostra umanità è al centro di tutto. Benvenuti nella rivoluzione umana, dove l’equilibrio, la salute e il benessere sono le stelle guida. Come all’alba di un nuovo giorno, questa rivoluzione ci offre una visione diversa, un futuro in cui possiamo finalmente trovare la serenità, la connessione e la prosperità. Siamo in un momento di svolta, un momento in cui il passato si incontra con il futuro, e insieme possiamo costruire un nuovo modo di vivere e lavorare.

    È un invito diretto al mondo del lavoro affinché – in un momento in cui molti lavoratori sono alle prese con problemi di salute mentale – i programmi di benessere aziendale vadano oltre l’offerta di sconti in palestra e comincino a fornire soluzioni per migliorare la salute fisica ed emotiva delle persone. Quanto sarebbe bello immaginare un mondo in cui i nostri luoghi di lavoro siano motori per la salute mentale e il benessere piuttosto che fabbriche di burnout e di infelicità che generano scarsa produttività?

    Il concetto di rivoluzione umana va ben oltre la semplice condizione fisica. Esso costituisce un approccio olistico che coinvolge il corpo, la qualità dei pensieri e delle emozioni, il rapporto bilanciato con la tecnologia, la gestione efficace del tempo e dell’energia, la capacità di rigenerarsi nella natura, un sonno riposante e il potere del respiro. Anche l’ambiente lavorativo gioca un ruolo di grande importanza in questo contesto. Il benessere, in realtà, non è un obiettivo finale da raggiungere, ma piuttosto un percorso costante di crescita e consapevolezza: un viaggio che coinvolge una serie di elementi interconnessi al fine di raggiungere un equilibrio e una felicità globale.

    Questo libro è stato creato con l’intento di guidarci in questo percorso, spiegandoci cosa è utile e buono per noi e come metterlo realmente in pratica.

    È innegabile che star bene significa anche cambiare le abitudini e sappiamo che spesso non è un compito semplice, specialmente quando queste sono profondamente radicate in noi. A volte tali abitudini derivano da convinzioni limitanti, pensieri e norme culturali che ci impediscono di cambiare perché abbiamo sempre fatto così.

    Le pagine di questo libro sono permeate da esperienze personali, così come dalla continua ricerca dei progressi scientifici che alimentano il mio profondo essere. Sono anche il frutto di innumerevoli incontri in azienda con senior advisor per il benessere, nelle aule universitarie, dove mi occupo di questi temi da molti anni.

    Attraverso dati, numeri e recenti scoperte scientifiche cerco di rendere accessibile persino ai più scettici il concetto di benessere. Esso oggi si estende anche al nostro ambiente digitale e quindi diventa fondamentale comprenderne l’importanza, anche se ancora pochi ce lo insegnano veramente. Stiamo affrontando nuovi scenari e ciò richiede un approccio diverso alle nostre vite e alla nostra mentalità lavorativa. Spesso dedichiamo un considerevole periodo di tempo a riflettere su come migliorare la qualità della nostra vita, sia a livello personale che professionale, poiché questo può conferire un maggior senso di realizzazione e sicurezza. Tuttavia, a volte tralasciamo la vera ragione per cui intraprendiamo nuove abitudini. La stessa dinamica si verifica quando affrontiamo conversazioni, discussioni o dibattiti riguardanti il come stare bene. In questi momenti, proviamo a fare una pausa e spostare l’attenzione dal come al perché dobbiamo farlo.

    Il libro esprime e condivide questo concetto, fornendo conoscenze scientifiche, strumenti pratici e racconti di persone e aziende che hanno iniziato a ruotare intorno al proprio Sole. La decisione di avviare o rafforzare la tua personale rivoluzione umana del benessere ora è nelle tue mani.

    Capitolo 1

    Lavoro & futuro del lavoro

    Fino a tre anni fa, l’espressione smart working non era altro che un misterioso intruso nel vocabolario comune. Pochi ne conoscevano il significato, e ancor meno ne avevano sperimentato gli effetti.

    Oggi, tuttavia, è diventata una realtà abbastanza consolidata e diffusa nella vita lavorativa di molti. È come se da un giorno all’altro si fosse materializzata una nuova forma di lavoro, portando con sé la promessa di maggiore flessibilità, libertà e produttività.

    Nel 2022, in Italia, dopo il boom registrato durante la pandemia, il lavoro da remoto ha continuato a essere utilizzato in maniera consistente: il numero di lavoratori in smart working è in costante crescita nelle grandi imprese che, con 1,84 milioni di lavoratori, contano circa metà degli smart worker complessivi¹.

    Del resto lo smart working è diventato una realtà imprescindibile nel panorama lavorativo italiano, diffondendosi nel 91% delle grandi imprese, rispetto all’81% del 2021².

    Ogni mese, in media, vengono svolte nove giornate e mezzo di lavoro da remoto.

    Esso ha cambiato il modo in cui concepiamo il lavoro, sfidando le vecchie routine e aprendo nuovi orizzonti. È diventato un modo di vivere, una modalità adottata da professionisti di ogni settore, specialmente da chi lavora nel mondo dei servizi e dell’economia digitale.

    Non possiamo tuttavia ignorare il contesto che ha dato vita a questa rivoluzione lavorativa: le restrizioni imposte dalla pandemia.

    E soprattutto oggi dobbiamo considerare l’impatto che lo smart working ha avuto sul nostro modo di lavorare. Mentre riflettiamo a questo riguardo considereremo sia gli aspetti positivi che quelli negativi per imparare dagli errori e dalle lezioni apprese durante questi anni, per costruire un futuro del lavoro che possa essere realmente sostenibile e vantaggioso per tutti.

    Il dibattito su dove dovrebbero lavorare i dipendenti è spesso presentato come una negoziazione tra personale e datori di lavoro. È la guerra tra il lavoro a distanza contro l’ufficio o la lotta per il potere tra capo e lavoratore³. Questa visione dicotomica del fenomeno è antiquata e poco utile.

    Il modo di lavorare del futuro non sarà l’ufficio della pre-pandemia né il modello full remote – ovvero solo da remoto – che abbiamo visto durante l’apice della pandemia. Come ha detto il CEO di Microsoft Satya Nadella al World Economic Forum nel 2022 a Davos, «nessuno di noi può ignorare il fatto che la pandemia abbia cambiato il corso delle nostre vite in modo irreversibile»⁴.

    Il passato non può essere recuperato e il futuro richiede una nuova visione.

    Ed è proprio in questa prospettiva che possiamo oggi intraprendere una strada innovativa: il lavoro ibrido, ovvero una nuova modalità di lavoro flessibile in cui si alternano la presenza in ufficio e il lavoro da remoto, un concetto rivoluzionario che permette di ridefinire le dinamiche classiche su cui si è fondato fino a oggi il mondo del business. Questa nuova modalità ridisegna completamente il modo in cui abbiamo pensato il lavoro finora, anche se a oggi le difficoltà legate alla sua implementazione sono ancora numerose.

    Nella rivista Sloan Management Review del MIT, i professori di economia dell’Università del Michigan Jeffrey Sanchez-Burks e Maxim Sytch invitano le organizzazioni a costruire luoghi di lavoro basati su «interazioni immensamente umane»⁵.

    Stiamo vivendo la trasformazione della funzione e del ruolo dell’ufficio, da destinazione a strumento. L’ufficio avrà un nuovo compito fondamentale: sarà l’enzima della connessione sociale. Come sottolinea Tsedal Neeley, professore della Harvard Business School, l’ufficio non dovrebbe essere solo una destinazione, ma uno strumento che ci aiuta a costruire comunità e cultura.

    Secondo l’analista delle risorse umane Josh Bersin, è il momento di sperimentare nuovi modelli di lavoro. Non stiamo più semplicemente andando a lavorare o entrando in ufficio, stiamo effettivamente lavorando ovunque ci troviamo.

    Questa prospettiva ci invita a mantenere la mente aperta verso nuove idee e approcci. Adam Grant, psicologo e autore di famosi bestseller, in un suo Ted Talk suggerisce una metafora sportiva: alcuni lavori possono essere paragonati a sport individuali come la ginnastica⁶. Questa tipologia consente di lavorare in remoto in modo efficace.

    Corrispondono a questa categoria lavori come quello di un traduttore freelance, di un call center o di figure contabili. Queste professioni richiedono una grande autonomia e flessibilità nel gestire i propri progetti, e permettono ai lavoratori una modalità full remote.

    Altri impieghi richiedono un lavoro sincronico come la corsa a staffetta, dove il passaggio di responsabilità deve avvenire in modo fluido e ravvicinato. La persona che passa il testimone deve essere allineata con la persona che lo riceve.

    È importante riconoscere che ci sono professioni e lavori che non possono essere svolti in modalità ibrida o da remoto. Settori come la produzione manifatturiera, l’artigianato o lavori che richiedono strumenti o macchinari specifici, richiedono la presenza fisica sul posto di lavoro. Chi lavora nella vendita al dettaglio, chi possiede o gestisce negozi, ristoranti, chi lavora in generale nel mondo assistenziale, medici, infermieri, specialisti o comunque individui che devono necessariamente lavorare a stretto contatto con il pubblico, naturalmente non potranno lavorare da remoto. E questo può creare una disparità nella modalità di lavoro tra diverse posizioni all’interno di un’azienda. Ciò può generare un senso di esclusione per i dipendenti che non possono beneficiare delle stesse opportunità di lavoro flessibile.

    Infine, ci sono professioni che richiedono un vero e proprio lavoro di squadra, in cui la collaborazione costante è essenziale per l’eccellenza, come ad esempio un laboratorio di ricerca e sviluppo o una società di consulenza. In questo caso, il successo è subordinato alla sintonia del team e dei risultati che si raggiungono nello stare insieme per diversi giorni a settimana. La novità del tema trattato, che è ancora largamente in fase di sperimentazione e implementazione, non ci dà, a oggi, risultati e soluzioni universalmente validi. Il dibattito rimane, quindi, aperto a nuove idee, studi e valutazioni rispetto alle strategie più efficaci che possono essere adottate sia a livello individuale che organizzativo.

    1.1 Il vaso di Pandora della pandemia

    La pandemia ha agito come un catalizzatore, portando alla luce impatti negativi del lavoro che spesso erano stati ignorati o trascurati. Le sfide del lavoro da remoto, il confine sfumato tra vita professionale e personale, l’isolamento sociale, lo stress e l’ansia sono solo alcune delle problematiche emerse.

    Molte aziende stanno mettendo in atto misure e azioni con l’intento di sostenere le sfide che la propria forza lavoro affronta nella vita e rispondere alle nuove esigenze. Ma ciò non pare essere sufficiente a contenere un disagio e un malessere sempre più diffusi.

    I lavoratori si sentono sopraffatti e molti sono esausti. Abbiamo assistito a fenomeni come il quiet quitting e le grandi dimissioni. Il primo si riferisce alla controtendenza in cui si fa solo il minimo indispensabile al lavoro, quando si continuano a svolgere i propri compiti, ma non si aderisce più alla mentalità della cultura della fretta, secondo cui il lavoro deve essere la tua vita. Il quiet quitting è insidioso nella misura in cui un lavoratore inizia a perdere interesse, motivazione e impegno nel proprio lavoro, senza necessariamente lasciare il posto di lavoro in modo evidente o immediato.

    Il quiet quitting si manifesta principalmente attraverso comportamenti come la riduzione della produttività, la mancanza di iniziativa, la scarsa partecipazione alle attività di gruppo, l’assenza di riscontri o contributi, la mancanza di interesse per lo sviluppo professionale e l’evitare le responsabilità aggiuntive.

    Questi segnali possono essere subdoli e possono passare inosservati o essere attribuiti ad altri fattori, ma riflettono un allontanamento progressivo del lavoratore dal proprio ruolo e dall’organizzazione.

    Il contesto del quiet quitting può variare da persona a persona e da situazione a situazione. In effetti, è un fenomeno di portata mondiale: il report State of the global workplace 2022 di Gallup già citato in precedenza ci dice che in Europa solo il 14% dei dipendenti è davvero coinvolto nella propria attività lavorativa e che appena il 33% si sente appagato.

    Le cause sono molteplici e vanno dalla mancanza di soddisfazione o gratificazione nel lavoro a un ambiente di lavoro tossico, alla mancanza di opportunità di crescita o sviluppo professionale, ai conflitti interpersonali o alla mancanza di fiducia nelle politiche o nella leadership dell’organizzazione. Questa dinamica può essere incredibilmente dannosa per l’azienda, poiché può portare a una diminuzione della produttività complessiva, all’aumento del turnover del personale e all’erosione del benessere mentale del team.

    Il fenomeno delle grandi dimissioni riguarda un’altra conseguenza più o meno diretta della pandemia. Con questo termine ci si riferisce al drastico aumento delle dimissioni volontarie da parte dei lavoratori, che preferiscono licenziarsi piuttosto che dover scendere a compromessi con le loro esigenze, sacrificando il proprio benessere. Conosciuto anche come the great resignation (la grande rinuncia), il fenomeno è emerso durante il periodo della pandemia, in cui molti individui hanno fatto riflessioni profonde sul loro stile di vita, sulle priorità e sulle aspirazioni personali e professionali. La crisi sanitaria ha portato una serie di cambiamenti sociali, economici e lavorativi che hanno spinto molte persone a riconsiderare le loro carriere e a cercare una maggiore soddisfazione e flessibilità nel lavoro.

    Questa grande rinuncia sta avendo un impatto significativo sulle dinamiche del mercato del lavoro. Le organizzazioni sono state costrette a rivedere le proprie politiche, offrire maggiori incentivi e benefici e adottare pratiche che favoriscano il benessere e la flessibilità per soddisfare le aspettative dei lavoratori.

    Per dare un’idea della portata di questo fenomeno, basti pensare che, a ridosso dello scoppio della pandemia, le persone che hanno deciso di lasciare il proprio impiego nel 2021 hanno sfiorato i 2 milioni, ovvero il 18,2% di tutte le cessazioni dei contratti di lavoro (10,6 milioni). E nel 2022 la quota è cresciuta ancora, raggiungendo il 19,5%⁷.

    E c’è chi, pur scegliendo di tenere il proprio lavoro, ha comunque ricercato e richiesto la fluidità garantita da una modalità di lavoro più flessibile. Sono ancora molte le aziende che, pur occupandosi di attività

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