Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Da smart a blended working: Come sarà il futuro del lavoro
Da smart a blended working: Come sarà il futuro del lavoro
Da smart a blended working: Come sarà il futuro del lavoro
E-book256 pagine2 ore

Da smart a blended working: Come sarà il futuro del lavoro

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

La pandemia ha rivoluzionato il mondo del lavoro, accelerando alcuni cambiamenti già in corso, come la quarta rivoluzione industriale, e creandone di nuovi.
Ciò che fino all’anno scorso era la sperimentazione di alcune imprese virtuose, oggi è diventato un imperativo per tutte: modificare radicalmente le modalità, gli spazi e i tempi dell’attività professionale.

Quello che prima era smart working è diventato home working forzato - o extreme working come è stato già ribattezzato - e domani diventerà altro ancora.
Come lo chiameremo? Quali saranno le nuove coordinate del lavoro all’interno delle imprese?

Questa pubblicazione analizza i profondi cambiamenti in corso e il loro impatto sulle organizzazioni, sul benessere delle persone, e su i nuovi spazi ibridi sul territorio grazie ai preziosi contributi raccolti dalle aziende associate, attraverso un confronto dinamico tuttora in corso.
La seconda parte è invece una guida metodologica e pratica per impostare già oggi quello che sarà il lavoro di domani.
LinguaItaliano
Data di uscita24 mag 2021
ISBN9788830531642
Da smart a blended working: Come sarà il futuro del lavoro

Correlato a Da smart a blended working

Ebook correlati

Articoli correlati

Recensioni su Da smart a blended working

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Da smart a blended working - Valore D

    GLOSSARIO

    Prefazione

    Non si torna indietro. Lo smart working, sia pure applicato con alcune limitazioni e perlopiù da aziende di grandi dimensioni, era già una tendenza in crescita. In breve tempo, tuttavia, l’emergenza sanitaria ha cambiato le regole del gioco. Il lavoro da remoto sperimentato in massa da moltissimi lavoratori, a partire dal primo lockdown di marzo 2020, è destinato a lasciare un segno nell’organizzazione del lavoro, raggiungendo per la prima volta anche settori in cui ancora non era stato introdotto.

    Per le donne, tuttavia, non ne è stata semplice la gestione. Il lavoro da casa ha costretto moltissime lavoratrici a fare i conti con l’aggravarsi delle incombenze nella cura dei figli, dei genitori anziani e della casa. Come dimostra l’indagine di Valore D #iolavorodacasa, una donna su tre, durante il primo lockdown ha lavorato più di prima e ha faticato a mantenere un equilibrio tra l’attività professionale e la vita domestica, sperimentando un vero e proprio extreme working. Sebbene il lavoro da remoto abbia evidenziato delle criticità, si dimostra in ogni caso un grande alleato per la carriera femminile. I benefici sono ben noti. Il lavoro flessibile permette un migliore accordo tra vita privata e vita lavorativa. L’opportunità di riequilibrare la ridistribuzione dei carichi di cura e assistenza andrà a sostegno dell’occupazione femminile e, svincolando produttività e performance dalle ore trascorse in ufficio, sosterrà l’emergere del talento e della leadership femminile.

    Le nuove forme di lavoro flessibile rappresentano pertanto un cambiamento, che corrisponde alle esigenze delle singole persone, delle aziende, della società. È evidente che una completa riorganizzazione di tempi e luoghi di lavoro avrà in futuro un ruolo sempre più importante. Ci chiediamo, quindi, cosa accadrà quando la pandemia sarà alle spalle, e quale sarà nel prossimo futuro il modo di lavorare. Le imprese, inoltre, come stanno affrontando questa vera e propria rivoluzione?

    A un anno dalla crisi emergenziale dovuta al Covid-19, Valore D vuole dare il suo contributo alla riflessione sulla trasformazione profonda in atto nel mondo delle organizzazioni, che vede affermarsi una modalità ibrida di lavoro o blended working.

    Con questo volume, con il contributo dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano e che conta sulle preziose best practices delle aziende associate e di P4I-Partners4Innovation, vogliamo fornire una bussola metodologica e pratica, volta ad allargare la visione delle aziende nell’interpretare il cambiamento in atto. Più precisamente Valore D intende fornire esempi e suggestioni per disegnare e realizzare modelli organizzativi funzionali, alle caratteristiche e alle necessità di ciascuna azienda conservando un focus sulle persone, in modo che la trasformazione diventi un’opportunità di evoluzione per un futuro del lavoro più sostenibile e inclusivo.

    Questo progetto è stato realizzato grazie ai contributi di tanti, aziende e persone, in particolare il mio grazie va ad Accenture, BostonConsultingGroup, Elisabetta Camussi, Mariano Corso, Laura Donnini, Eni, Hera, IngDirect, Emanuele Madini, Mars, McKinsey&Company, Microsoft, Costanza Ramorino, Carlo Ratti, Elena Ryolo, Silvia Tozzoli, UniCredit, Silvia Zanella e tante altre Aziende Associate e Team Valore D.

    Un grazie speciale a Ulrike Sauerwald, Paola Trotta e Anna Zavaritt per averci creduto fin dall’inizio e arricchito il progetto strada facendo.

    Barbara Falcomer

    Direttrice Generale

    Valore D

    Introduzione

    Tutti guardiamo con giusta impazienza all’uscita dalla pandemia e speriamo in una veloce ripartenza dell’economia e del sistema sociale. Non dobbiamo lasciare però che questa impazienza ci faccia commettere un pericoloso errore: pensare che la ripresa possa consistere in un mero ritorno a vecchi schemi organizzativi e modi di lavorare. Tornare indietro sarebbe difficile, forse impossibile, perché la pandemia ha già cambiato le aspettative e le esigenze di lavoratori e imprese. Del resto, se pure fosse possibile, avrebbe davvero senso un ritorno a modelli e routine che, proprio durante la pandemia, hanno mostrato tutta la loro inutilità e inefficienza? Già prima della pandemia la normalità da cui veniamo aveva dimostrato, nel nostro Paese ancor più che in altri, tutta la sua insostenibilità. Una vera ripartenza richiede piuttosto di saper cogliere il meglio dall’esperienza di questi mesi, traendo insegnamento non solo dalle nuove, e spesso sorprendentemente efficaci, modalità di lavoro che abbiamo sperimentato, ma anche da tutte quelle opportunità di relazione e collaborazione di cui, proprio quando ci sono state temporaneamente negate, abbiamo capito il valore.

    L’esperienza che imprese e lavoratori hanno vissuto durante il periodo di emergenza deve costituire la base da cui partire per progettare e sperimentare nuovi processi e modi di lavorare che risulteranno preziosi una volta arrivati in una condizione in cui sarà finalmente possibile tornare a scegliere tra lavoro remoto e in presenza in funzione delle necessità e preferenze. Sarà solo allora che, forti di una nuova esperienza e maturità, potremo realizzare e rendere strutturale il vero smart working: dare alle persone autonomia di scegliere dove, quando e con che strumenti lavorare, a patto che da questo derivino migliori risultati per l’organizzazione, le persone e la collettività.

    Tornare ai vecchi modelli organizzativi rinunciando a mettere a frutto questa esperienza, vorrebbe dire in qualche modo sprecare questa crisi, frustrando e rendendo vani i tanti sforzi e sacrifici fatti. Un errore ancora più grave, persino peggiore del voler chiudere gli occhi di fronte all’evidenza dei vantaggi e delle opportunità, sarebbe quello di snaturare lo smart working trasformandolo da innovazione organizzativa, a diritto, obbligo o, peggio ancora, a vuoto adempimento burocratico di facciata. Nel nostro Paese, in particolare, questo vorrebbe dire buttar via l’opportunità storica di dare una scossa positiva alla produttività e alla cultura del lavoro e della meritocrazia, proprio in un momento in cui il Paese intero ne ha un immenso bisogno.

    Una trasformazione di questa entità può avvenire solo adesso, ma non è affatto facile, perché richiede a tutti una forte consapevolezza e un’adesione attiva e imprenditoriale. La semplice accettazione non basta: occorre mettersi in gioco, cambiare modo di lavorare, sperimentare nuovi strumenti, sviluppare nuove competenze.

    Per facilitare tutto questo le organizzazioni devono avere la visione e il coraggio di chiamare le persone a co-progettare e sperimentare nuovi equilibri che saranno inevitabilmente diversi da quelli precedenti. Nell’abilitare tutto questo, coloro che aspirano a essere leader responsabili in questa transizione devono farsi guidare da due principi chiave. Il primo deve essere quello della leadership connessa: occorre superare l’idea che la tecnologia debba surrogare la presenza fisica per abilitare un lavoro a distanza, e usare piuttosto il digitale e i dati che questo produce, per aumentare le relazioni organizzative e ascoltare e connettere le persone. Il secondo principio deve essere l’Engagement imprenditoriale: occorre offrire alle persone una proposizione di valore che dia nuovo significato all’impegno del proprio talento, far scoprire loro la voglia di essere parte della costruzione di un nuovo modo di lavorare che possa portare vantaggio a tutti: a sé stessi, per raggiungere un miglior equilibrio nella vita e nelle relazioni umane e professionali, all’organizzazione, che deve diventare più efficiente e attrattiva, e infine alla società nel suo insieme, che deve avviarsi verso modelli di sviluppo più inclusivi e sostenibili.

    Mariano Corso

    Responsabile Osservatorio Smart Working

    del Politecnico di Milano e

    Direttore Scientifico di Partners4Innovation

    PARTE PRIMA

    COSA STA

    ACCADENDO?

    Situazione attuale e prossime sfide

    1La situazione attuale

    Le aziende di fronte al remoto

    A causa dell’emergenza sanitaria Covid-19 nel nostro Paese, come in molti altri, sta emergendo un nuovo scenario del lavoro, che si andrà concretizzando nel prossimo futuro.

    Si tratta di un lavoro che si eseguirà in piena autonomia, dove è più efficace farlo, con strumenti di collaborazione digitale e spazi che, di volta in volta, si trasformeranno in base ai bisogni del team, riunito in remoto o in hub territoriali.

    Fino a oggi per descrivere forme innovative di lavoro abbiamo ereditato aggettivi tipo smart e agile, che illustrano il come, ovvero le modalità con cui le persone possono lavorare in maniera diversa e migliore. Ma purtroppo, durante la pandemia, nel momento esatto in cui il lavoro si è smaterializzato per ragioni sanitarie e si è svolto forzosamente da casa, abbiamo spesso confuso questi termini con remote o home working.

    1.1 Una crisi senza precedenti

    È indubbio che ci troviamo davanti a una situazione di crisi ma, come spesso accade, i momenti di crisi portano con sé anche un’occasione di cambiamento.

    La pandemia ha creato un vero e proprio stress-test per le economie e per i sistemi di welfare socio-sanitario a livello globale. Nel durante, infatti, la maggior parte delle aziende ha dovuto adattarsi rapidamente alla trasformazione in atto, e ora sta cercando di fare tesoro delle sperimentazioni avviate, poiché l’incertezza sembra una variabile destinata a diventare una costante.

    Il World Economic Forum ha ben evidenziato l’essenza di questa mutazione: Si tratta di una maratona, non di una gara di velocità perché il traguardo non è una meta precisa, ma la capacità stessa di adattarsi in maniera veloce e continuativa a un mondo in piena trasformazione.¹

    La pandemia rappresenta un’opportunità unica e limitata nel tempo di ripensare il nostro mondo, di progettare un Global Reset verso un sistema più equo e sostenibile.²

    KLAUS SCHWAB,

    FONDATORE DEL WORLD ECONOMIC FORUM

    Allo stesso modo, una volta superata l’emergenza, l’ambizione di molti leader internazionali non è quella di tornare alla vecchia normalità, ma di crearne una migliore, come ha spiegato la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, al Parlamento europeo illustrando il Recovery Fund: Una volta superata la crisi non dobbiamo (…) ricostruire il modello economico di ieri. Dobbiamo cogliere coraggiosamente l’opportunità per costruire un’economia moderna, sana e pulita.³

    Dal canto loro, le imprese dovranno scegliere quale ruolo giocare in questa partita. Fin da prima della pandemia, molte erano alle prese con un contesto di business sempre più volatile, incerto, complesso e difficile da interpretare.

    Il Covid-19 è arrivato proprio quando la quarta rivoluzione industriale⁴– quella tecnologica e digitale – era già cominciata, finendo in questo modo per accelerare alcuni aspetti e creandone di nuovi, come le modalità di acquisto e le preferenze di consumo dei clienti, la riorganizzazione dei sistemi di delivery e la gestione dei flussi finanziari in una recessione senza precedenti.

    1.2 Il mondo da remoto

    Qualche numero ci può sicuramente aiutare a comprendere meglio l’impatto della pandemia sul mondo del lavoro.

    A livello globale la quasi totalità (93%) dei lavoratori si è fermata durante la fase più critica del contagio⁵ e in gran parte dei Paesi industrializzati circa la metà (39%) dei collaboratori ha dovuto iniziare a lavorare da remoto.

    Anche in Italia l’home working è più che decuplicato in poche settimane. Circa sette milioni di lavoratori – uno su tre, tra i dipendenti – hanno lavorato da casa, sia quelli della pubblica amministrazione (1,85 milioni) sia quelli delle grandi imprese (2,11 milioni), così come nelle PMI (1,13 milioni) e nelle microimprese (1,5 milioni).

    UNO SU TRE AL LAVORO DA CASA

    In Italia 7 milioni di lavoratori da un giorno all’altro non sono più andati in ufficio.

    FONTE: OSSERVATORIO SULLO SMART WORKING

    DEL POLITECNICO DI MILANO, 2020

    Prima della diffusione del Covid-19, il concetto stesso di smart working, inteso come possibilità di lavorare in tempi e spazi diversi da quelli definiti come sede aziendale e normale orario di lavoro, era ancora poco diffuso. E anche tra le poche imprese che lo avevano adottato, la sperimentazione era limitata a un quarto dei collaboratori e soltanto per periodi di tempo limitati e predefiniti.

    L’impatto del Covid sulla diffusione del remote working

    Impatto del Covid sulla diffusione del remote working prima della pandemiaImpatto del Covid sulla diffusione del remote working durante la pandemiaDiffusione stimata nel prossimo futuro

    Fonte: WEF White Paper, Resetting the Future of Work Agenda: Disruption and Renewal in a Post-Covid World, ottobre 2020. Grafici su dati Mercer 2020.

    In questo scenario, in base agli ultimi dati Eurostat l’Italia era nel gruppo di coda dei Paesi europei per percentuale di occupati che lavoravano abitualmente (3,6% contro il 5,3% della media europea) e occasionalmente (1,1% contro il 10,8%) in smart working alla vigilia della crisi Covid-19. Improvvisamente, da un giorno all’altro 7 milioni di italiani – con un balzo dall’8 al 40% della forza lavoro⁷ – non hanno più dovuto andare in ufficio. Ciò da una parte ha significato addio ai caffè con i colleghi, alla corsa per prenotare una sala riunione, per non parlare dei viaggi di lavoro e degli eventi di networking, dall’altra ha aumentato il senso di solitudine e alienazione.

    Le aziende, quindi, trovandosi a dover gestire questa nuova modalità di lavoro, hanno dovuto correre ai ripari integrando o scrivendo per la prima volta policy sul lavoro da remoto e ridefinendo in corso d’opera il proprio stile manageriale e il rapporto con i collaboratori.

    1.3 L’accelerazione del digitale a livello globale

    Tra i numerosi cambiamenti messi in atto dalla pandemia, uno fondamentale riguarda la tecnologia. Già considerata un fattore chiave per ottimizzare i processi e migliorare l’organizzazione del business, nel 2020 la tecnologia è diventata un fattore abilitante indispensabile di comunicazione e collaborazione tra colleghi.

    Si calcola che a livello internazionale la stragrande maggioranza delle aziende (85%) abbia accelerato il processo di digitalizzazione, attraverso strumenti di collaborazione da remoto. Ma a mutare non sono state solo le modalità di interazione tra i colleghi: infatti un’impresa su due (67%) ha introdotto anche processi di automazione e intelligenza artificiale, destinati a modificare in maniera radicale il profilo e le skill necessarie dei collaboratori.

    La maggior parte dei top manager ha accelerato la digitalizzazione e l'automazione durante la crisi

    Fonte: McKinsey, Global Business Executives Survey, July 2020.

    L’indagine è stata completata tra maggio e luglio del 2020 da 800 C Level e direttori esecutivi in Australia, Cina, Canada, Francia, Germania, India, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti (che pesano per la metà del campione).

    Giusto per rendere l’idea: ad aprile 2020, in appena quattro settimane, ci sono stati più di 200 milioni di partecipanti a incontri virtuali tramite Teams, per un totale di oltre 4 miliardi di minuti di riunioni da remoto, con un flusso continuo di interazioni multiple.

    Un simile upgrade tecnologico ha riguardato soprattutto le aziende che hanno dovuto incrementare – o pianificare per la prima volta – forti investimenti in tecnologia.

    Abbiamo visto l’equivalente di due anni di trasformazione digitale succedere in soli due mesi.

    JARED SPATARO,

    CORPORATE VICE PRESIDENT DI MICROSOFT

    1.4 E in Italia?

    Il nostro Paese è per sua natura composto prevalentemente da piccole e medie imprese e davanti alla crisi globale è rimasto come paralizzato, incapace di decidere che direzione prendere per fronteggiare questo imponente cambiamento.

    Secondo i dati forniti dall’Istat, quasi un’azienda su due (36,5%) non ha elaborato alcun piano per affrontare il futuro e aspetta di tornare al come prima, un’attitudine diffusa in particolare tra le piccole (quelle con <10 dipendenti, 40%) e le medie imprese (<50 dipendenti, 30%).¹⁰

    Tra quelle che invece hanno provato a pianificare una strategia, una su cinque (23,2%) è prima di tutto impegnata a riorganizzare

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1