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Terra E Cielo
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E-book159 pagine1 ora

Terra E Cielo

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Terra E cielo è un insieme di racconti diversi tra loro, ma in cui è possibile rintracciare due fili conduttori: sono racconti di
ispirazione religiosa e sentimentale/amorosa. L'autore però non crede sia possibile vivere la seconda senza la prima, che viene quindi volutamente espressa in una dimensione di eternità religiosa. Sono racconti che intendono esprimere, attraverso trame realistiche o attraverso metafore, il dramma e la
bellezza della vita religiosa e di quella sentimentale.
Un racconto per sua natura non deve riprodurre la realtà, ma esprimerne il senso, che come tale non coincide con il fatto, ma risiede in esso, e di esso può servirsi, ma può servirsi anche della metafora, dell'immaginazione, senza per questo togliere al racconto la sua capacità di incidere nella vita di ogni giorno.
I protagonisti sono molteplici, ma tutti al servizio delle domande fondamentali che nelle due dimensioni suddette ognuno dovrebbe farsi. Soprattutto i racconti affrontano il tema del dolore e della morte, che costituiscono le prove principali, seppur forse non uniche, attraverso cui la fede e l'amore devono passare per essere se stessi. Non sono perciò racconti necessariamente a lieto fine,
ma intendono mostrare, nella maggior parte dei casi in essi esposti, come anche la fine sia al servizio di qualcos'altro, di un senso.
Lo stile cerca di servire l'idea che il senso non si traduca in esposizione razionale delle cose, ma possa essere, con la parola, solamente accennato, accarezzato dalla dolcezza dell'espressione,dall'abbondanza dei termini, per portare sul foglio un soffio di verità, non il suo ritratto. I colloqui tendono ad entrare nella “carne” della questione, il che, essendo il senso delle cose la questione,
rende per certi aspetti, non tanto lo stile, quanto il dibattito, forse un po' ricercato, ma la storia nel suo complesso e le parole usate cercano di renderlo più leggero nella sua drammatica quanto fondamentale “pesantezza”.
LinguaItaliano
Data di uscita1 set 2014
ISBN9786050319491
Terra E Cielo

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    Anteprima del libro

    Terra E Cielo - Andrea Forte

    GRAZIE

    INTRODUZIONE

    Sono racconti diversi tra loro, ma in cui è possibile rintracciare due fili conduttori: sono racconti di

    ispirazione religiosa e sentimentale/amorosa. L'autore però non crede sia possibile vivere la seconda

    senza la prima, che viene quindi volutamente espressa in una dimensione di eternità religiosa. Sono

    racconti che intendono esprimere, attraverso trame realistiche o attraverso metafore, il dramma e la

    bellezza della vita religiosa e di quella sentimentale.

    Un racconto per sua natura non deve riprodurre la realtà, ma esprimerne il senso, che come tale non

    coincide con il fatto, ma risiede in esso, e di esso può servirsi, ma può servirsi anche della metafora,

    dell'immaginazione, senza per questo togliere al racconto la sua capacità di incidere nella vita di

    ogni giorno.

    I protagonisti sono molteplici, ma tutti al servizio delle domande fondamentali che nelle due

    dimensioni suddette ognuno dovrebbe farsi. Soprattutto i racconti affrontano il tema del dolore e

    della morte, che costituiscono le prove principali, seppur forse non uniche, attraverso cui la fede e

    l'amore devono passare per essere se stessi. Non sono perciò racconti necessariamente a lieto fine,

    ma intendono mostrare, nella maggior parte dei casi in essi esposti, come anche la fine sia al

    servizio di qualcos'altro, di un senso.

    Lo stile cerca di servire l'idea che il senso non si traduca in esposizione razionale delle cose, ma

    possa essere, con la parola, solamente accennato, accarezzato dalla dolcezza dell'espressione,

    dall'abbondanza dei termini, per portare sul foglio un soffio di verità, non il suo ritratto. I colloqui

    tendono ad entrare nella carne della questione, il che, essendo il senso delle cose la questione,

    rende per certi aspetti, non tanto lo stile, quanto il dibattito, forse un po' ricercato, ma la storia nel

    suo complesso e le parole usate cercano di renderlo più leggero nella sua drammatica quanto

    fondamentale pesantezza.

    GIANO BIFRONTE

    Che tutto parli,che tutto taccia. Che tutto sia, che tutto smetta di essere Che un uomo preghi, che

    Dio risponda. Che un uomo bestemmi, che Dio condanni. Che sia la follia, che sia la genialità. Che

    ci sia un un senso, che nulla lo abbia. Che la vita continui, che la vita si fermi. Che sia L'eternità,

    che sia solo un'istante... Che cosa conta per chi soffre? Nulla, e tutto. Per sempre, e neppure un

    attimo.

    Scavava. Scavava. Terra? Sì, per noi. No, per lui. Scavava nel proprio dolore, nei propri ricordi, con

    quella vanga dava graffi di rabbia a una terra che non si lamentava, colpi a un destino che non

    cambiava, accuse a un Dio sordo, urla di carne ad un vuoto d'aria.

    Sempre più profonda. Una tomba non è mai abbastanza profonda, perché potrà pure accogliere un

    morto, ma non la sua anima. Per essa non c'è un punto abbastanza in basso, per essa il grembo

    materno non ha abbastanza latte. E il dolore di quell'uomo glielo ricordava. "Più in basso! Più in

    basso!". Gettava terra a destra, gettava terra a sinistra. Non a sufficienza, non abbastanza per

    impedire alle forze di andarsene, alle ginocchia di crollare.

    -Come faccio a scavare in cielo!? Le ginocchia precedettero di poco le lacrime, e tutte insieme

    furono accolte dalla terra, tutte insieme furono accolte dal cielo.

    Lasciò andare il corpo del suo cane nella buca. Lo seppellì, ma dimenticò di non doverlo

    accompagnare. Poi fece quello che fa ogni persona cosciente dei propri limiti, andò a cercare

    conforto, ma non solo. Fu senza pietà che andò dal suo padre spirituale.

    Questi stava pregando di fronte ad un piccolo altare in sagrestia, occhi chiusi, con la sua fede che

    sussurrava a Dio.

    -Padre Rafael. Lacrime. Padre.

    Padre Rafael si girò, lo riconobbe, ma rimanendo in ginocchio, si rigirò di nuovo verso l'altare. La

    sua figura tozza ma ben radicata si confaceva a quei capelli brizzolati, a quella pelle già segnata

    dagli anni.

    -Ci sono più lacrime che parole sul tuo volto Davide. Un volto pallido, su cui il chiaroscuro della

    luce – o della vita – disegnava delle ferite.

    -E nella mia voce ci sono più accuse che rispetto. A Davide uscirono parole non meditate, sincere,

    provocatorie.

    -Il dolore è sempre un'accusa. Non si scompose padre Rafael.

    -Allora posso accusare Dio?

    -Certo.

    Silenzio di entrambi. L'accusatore di Dio in piedi, a fare la sua requisitoria, il difensore in

    ginocchio, a pregare per quel ragazzo.

    -Accusalo, avanti.

    -Nel mio cuore l'ho già fatto.

    -No, non l'hai fatto.

    -Perché no?

    -Perché per accusare il Dio del cielo, devi arrivare fino in cielo. Sei arrivato in cielo? Sei all'altezza

    di Dio?

    -Dio si è abbassato così tanto da portarmi via il mio cane, credo che in quel momento siamo stati

    alla stessa altezza.

    -Forse lo siete stati, ma solo perché insieme al cane, Dio ha portato in cielo anche il saluto con cui

    lo hai lasciato.

    -Non ho visto il cielo. Dov'è?

    -Lo sai.

    -Non lo so!

    -Ti batte dentro.

    -Il mio cuore?

    -Il tuo cielo è il tuo cuore. Lì Dio ha portato il tuo cane, lì dove batte il tuo amore.

    -Avevo un cane, e lo amavo. Ora non c'è più quel cane. E...

    -E lo ami ancora di più.

    -Ma...

    -La morte è al servizio dell'amore.

    -Questo non mi dà pace.

    -Perché sei in guerra.

    -Perché non esiste la pace.

    Quando due cuori sono simili, sono le intelligenze a scontrarsi: padre Rafael e Davide erano sempre

    stati uniti e da sempre si separavano.

    -In un credente guerra e pace sono sempre insieme.

    -Non posso credere in questo modo.

    -Non esiste altro modo di credere.

    -Sì invece. Prima credevo, ed ero in pace... con il mio cane.

    -Evidentemente credevi al tuo cane, non a Dio. Ora è il momento di credere a Dio.

    -Ora è il momento che Dio si spieghi meglio.

    -Si è già spiegato. Continuava a stare in ginocchio.

    -Si alzi, perché sta in ginocchio a pregare mentre parla con me?

    -Perché così Dio mi suggerisce le parole più adatte per te in questo momento. Ma si alzò

    ugualmente. Posso pregare anche facendo altro, Dio mi ascolta comunque.

    -Si vede che Dio a lei la ascolta due volte, a me neanche una visto che non ha salvato chi amavo.

    -Amore della Verità o paura della verità?

    -Cosa?

    -Amore della Verità o paura della Verità?

    -Lontano dalla Verità.

    -Dio è ovunque, se gli stai lontano vuol dire che gli sei vicino.

    -Perché?

    -Perché devi prima averlo nel cuore per volerlo poi allontanare.

    -Lei non vuole ascoltare le mie ragioni, per lei Dio è una risposta prima del problema. Si girò verso

    un'uscita che il suo cuore stava già prendendo.

    -Aspetta. Lo fermò senza timore del ricatto che quel commiato implicava. -Seguimi. Se vuoi,

    aggiunse. E si diresse verso l'altare della chiesa.

    Due passi seguirono i suoi, quattro passi seguivano la verità, uno la vedeva e la adorava, l'altro la

    vedeva e la accusava. Uno lo sapeva, l'altro no. Ma quei quattro passi andavano verso lo stesso

    punto. Quattro passi come quattro chiodi piantati a terra, di fronte a un crocifisso a lato dell'altare.

    Quattro passi come i quattro chiodi di quella croce.

    -Pensi che non abbia sofferto? Disse padre Rafael a Davide - Pensi che altri non abbiano sofferto

    per la sua morte. Eppure hanno creduto.

    -Non ho la loro fede.

    -Sarebbe impossibile, visto che si tratta della loro fede, ma puoi avere la tua.

    -In chi mi ha tolto la felicità?

    -In chi te l'ha data. Cosa avresti avuto senza di Lui? Non pensi che anche il tuo cane sia una sua

    creatura?

    -Nessuno gli ha chiesto nulla. Solo che nel momento in cui fai un dono, riprenderselo è ingiusto.

    -Un dono, non un regalo.

    -Troppo sottile come distinzione per non sembrare una scusa.

    -Troppo vera per essere una scusa.

    -Una scusa sembra sempre vera, è la sua natura.

    -Chi fa un regalo, non lascia se stesso dentro quel regalo. Ti regalo una macchina? E' tua, fanne ciò

    che vuoi, su di essa non ho più alcun diritto. Ma una macchina non posso donartela. Perché non

    potrei essere vivo in lei e donarti la mia vita attraverso essa. La mia vita stessa invece sì, posso

    donartela. Quando si dona qualcosa si dona sempre se stessi in quella cosa. Dio dona, non regala, e

    se a te sembra che la morte prevalga, chiediti se può prevalere anche su Dio, Dio che è in ognuno di

    noi. Anche nel tuo cane. Non gli ha tolto la vita, perché era vivo grazie a Lui, l'ha richiamata,

    perché la vita ritorni a chi né è il Creatore.

    -Dà una cosa, la riprende a suo piacimento, e fa soffrire la persona a cui la toglie, dopo che questa

    non gliel'aveva chiesta, ma se l'è ritrovata in dono.

    -Il suo piacimento... Non sarà piuttosto il tuo dispiacimento? Non ti va bene che lui riprenda ciò che

    è suo, anche se è suo, solo perché te non vuoi.

    Davide si sentì stufo di quella discussione in cui nessuno convinceva l'altro.

    -Sia quel che sia, abbiamo ragione e torto tutti e due.

    -Non permettere a te stesso di lasciarti nel dubbio. Non permetterti di credere che non esista

    soluzione. Scegli che Dio fa schifo, scegli di non credere, ma non scegliere di non scegliere! Si

    guardarono, il padre sentì il rispetto di quegli occhi troppo affranti per trasmettere una nuova

    fiducia, ma ancora troppo credenti per perdere una fede forse già compromessa.

    Rabbia, accusa, tribunale, condanna. Un cuore deluso può creare tutto questo nell'istante stesso in

    cui pensa che il dolore abbia l'ultima parola, su di un foglio in cui sia lui a firmare. E il dolore si

    firma sempre odio, se non si guida la sua mano.

    Padre Rafael provò ancora -Lasciati dire dal dolore tutti i suoi

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