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La scelta di Luce dell'Anima Guerriera -: Storia di una Ri-Nascita: vinta la leucemia il Guerriero ritorna a giocare a calcio.
La scelta di Luce dell'Anima Guerriera -: Storia di una Ri-Nascita: vinta la leucemia il Guerriero ritorna a giocare a calcio.
La scelta di Luce dell'Anima Guerriera -: Storia di una Ri-Nascita: vinta la leucemia il Guerriero ritorna a giocare a calcio.
E-book487 pagine6 ore

La scelta di Luce dell'Anima Guerriera -: Storia di una Ri-Nascita: vinta la leucemia il Guerriero ritorna a giocare a calcio.

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Info su questo ebook

Per chi è questo libro? È per tutti! Per coloro che conoscono il valore di Amore e Giustizia. Per coloro che non hanno una fede, per scoprire il valore della Vita. Per coloro che si sentono soli, per scoprire il significato della Fiducia incrollabile. Anche per i bambini di ogni età, per quelli “piccoli” anagraficamente, per leggere una bella fiaba, e per quelli “piccoli” dentro, per gioire del romanzo della Vita.

Erik è il Guerriero, il protagonista di questo viaggio dell’Anima.
La Leucemia Linfoblastica Acuta lo incontra all’età di otto anni e lui vive questa battaglia, sostenuto dall’amore della sua famiglia, come il gioco da vincere per conquistarsi la vittoria di poter ancora vivere e giocare lo sport che più ama: il calcio.

Il libro racconta i momenti difficili di lotta e trasformazione che Erik vive in questa intensa esperienza di vita e morte, mentre compie il suo capolavoro.
Inizia il percorso di cure oncologiche come un tenero bimbo, quando ne esce si è trasformato in uno splendido forte Guerriero.

Questo libro nasce per aiutare con i suoi proventi, la ricerca scientifica e la terapia ricreativa dei camp a loro dedicati: luoghi magici dove questi ragazzi possono ritrovarsi per guarire le loro cicatrici del Cuore e dell’Anima con altri, che stanno vivendo la stessa drammatica realtà e lo stesso incredibile, splendido coraggio……
LinguaItaliano
Data di uscita17 ott 2022
ISBN9791222054339
La scelta di Luce dell'Anima Guerriera -: Storia di una Ri-Nascita: vinta la leucemia il Guerriero ritorna a giocare a calcio.

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    Anteprima del libro

    La scelta di Luce dell'Anima Guerriera - - Renata Valerio

    Tavola dei Contenuti (TOC)

    IL CAMMINO HA INIZIO

    AMORE E GIUSTIZIA

    ABBRACCIO di VITA e MORTE

    OCCHI, LUCE DELL’ANIMA

    IL DONO DELLE 13 NOTTI SANTE

    UNA NUOVA LIBERTÀ

    RICEVERE E DONARE SPERANZA

    NUOVI RESPIRI

    SORRISI DI ANGELI E CLOWN, INSIEME PER LA VITA

    NUOVA SAGGEZZA

    IL CAMPO CHIAMA

    L’UMILE GRANDEZZA DI UN BIMBO

    NUOVI ORIZZONTI

    NUOVI AMICI D’AVVENTURA

    GIOCARE PER DAVIDE

    SI VOLTA PAGINA

    NUOVE ENERGIE IN CAMPO

    BRILLATE STELLE!

    LIBERO DI VIVERE

    L’ALBERO DELLA SPERANZA VIVA

    DIAMO VITA AI SOGNI

    UN POPOLO IN CAMMINO

    LA MAGIA CONTINUA

    Renata Valerio

    La scelta di Luce

    dell’Anima Guerriera

    Prefazione Dott. Gian Piero Abbate

    © TUTTI I DIRITTI RISERVATI

    Il copyright di questo libro è detenuto da Renata Valerio.

    I contenuti del libro sono liberamente utilizzabili per scopi di tipo non commerciale citando la fonte dei brani estratti.

    Finito di scrivere: 5 giugno 2020 - Buon Compleanno Papà Enzo

    Data di prima pubblicazione: 11 settembre 2020 - Buon Compleanno Erik

    Copertina di Fausto Pastorino - pastweb.net Ristampa I - Settembre 2022

    Revisione ristampa a cura di: Annalisa Panesi

    ISBN: 979-12-200-7058-4

    Image 1

    Quando li curiamo,

    facciamo di tutto per renderli magnifici!

    Prof. Giuseppe Basso

    Facciamo sapere al Male

    che il Bene ha già vinto!

    Non sempre puoi scegliere il tuo Maestro,

    perché a volte il tuo Maestro sceglie Te!

    Dedicato a…

    Dedico questo libro a GIULIANO,

    marito e papà dei nostri figli. Grazie!

    Con te ho potuto vivere e condividere i momenti più felici e i dolori più intensi della mia vita. Se sono la donna e la mamma che sono oggi, è grazie a te,

    insieme abbiamo donato alla Vita

    questi splendidi figli meravigliosi.

    Questo libro è per voi, ragazzi, è ciò che la mamma porta nel cuore per voi!

    DENISE,

    splendida stella e giovane donna che si affaccia alla vita, sii orgogliosa delle tue competenze e rendi onore alla vita per le opportunità di ogni giorno.

    Sappi raccogliere i frutti della tua esistenza sempre con il sorriso nel cuore e nell’anima.

    KEVIN,

    dolce e forte campione,

    sei un giovane uomo che muove i suoi passi nella vita, spalle aperte e testa alta,

    sii sempre fiero delle tue infinite capacità.

    Manifesta all’Universo quel grande leader che tu sei.

    Fai sempre risplende il sole nel tuo sorriso, nella tua anima e nei tuoi occhi.

    ERIK,

    tu sei il Guerriero della nostra famiglia, colui che ci ha fatto vedere

    come si combatte una battaglia,

    come si soffre, come ci si piega

    ma non ci si pezza, come non si perde mai il sorriso

    e la calma dell’anima.

    E poi, piano piano si ritorna a vivere pienamente la vita.

    Con la gioia di far correre un pallone,

    di stare in compagnia,

    di apprendere sempre nuove conoscenze,

    ma soprattutto di ridere dopo tanto dolore.

    Sei un Maestro eccezionale,

    grazie per avermi scelta come mamma!

    A ME STESSA, Renata Valerio.

    La vittoria è un successo delle sconfitte che hai saputo accettare

    e trasformare in lezioni di crescita.

    Alle STELLE,

    voi siete la Luce dei miei miracoli.

    Troppo distanti per toccarvi,

    così vi trovo un posto nel mio Cuore!

    Alle mie radici, ai miei rami che hanno condiviso con me questa FORZA.

    A una Forza chiamata VITA.

    Lei crede in me sempre più di quanto io a volte creda in lei.

    Prefazione

    Ma Erik, può morire?. Rispose la Vita: Sì, può morire. Allora abbiamo cambiato la domanda. Erik è?. Ha risposto la Vita: Sì, Erik è! È ora. È sempre. È fuori dal Tempo. È un Guerriero della Luce! Amen.

    Ma io, mamma, no muoio mica, vero?. No, Erik, ora non morirai. Ma non grazie a noi, grazie a te e alla Vita. In tanti ti siamo stati più o meno vicini, ma quelli citati in questo libro sono solo una piccolissima minoranza di tutti coloro che hanno tifato per te. Noi siamo la parte manifesta, ma la folla immanifesta che ti circonda è immensa, ed è felice. "Un guerriero della Luce ce l’ha fatta!

    Possiamo contare su di lui."

    Per chi è questo libro? È per tutti! Per coloro che conoscono il valore di Amore e Giustizia. Per coloro che non hanno una fede, per scoprire il valore della Vita. Per coloro che si sentono soli, per scoprire il significato della Fiducia incrollabile. Anche per i bambini di ogni età, per quelli piccoli anagraficamente, per leggere una bella fiaba, e per quelli piccoli dentro, per gioire del romanzo della Vita.

    Leggere questo libro è come aprire uno scrigno dimenticato in sof-fitta, pieno della Saggezza Divina, della Saggezza che solo il nostro Sé Superiore conosce. Le esperienze aumentano la consapevolezza, lo studio accresce la conoscenza, tutti elementi importanti, ma lo scopo finale è sempre raggiungere la Saggezza, il nostro Maestro Interiore.

    In questo libro c’è una Conoscenza profonda dei meccanismi della Vita. La continua oscillazione tra la Gioia di Vivere legata agli entusiasmi dei momenti felici e quella degli eventi cupi, a volte incomprensibili al momento della loro venuta alla Luce. Ma è proprio questa la grande scoperta che ci accompagna nella lettura.

    Tutto viene alla Luce.

    Nella narrazione dei controversi accadimenti si percepisce la continua consapevolezza dell’Essere, che cresce di giorno in giorno.

    Ho pianto più volte, e non me ne vergogno. Ho pianto di Gioia e di riconoscenza al Creato e al suo Creatore. Ho pianto per le forti

    emozioni. Ho pianto per quella mia intuizione che riaffiora continuamente nel libro: Amore e Giustizia sono solo le due facce della stessa medaglia. La nostra mente le divide. La nostra Anima le riunisce. Per il nostro Spirito, sono Uno!.

    Grazie Renata.

    Sulla ricerca del Maestro Interiore si è scritto molto. Anch’io feci venti anni fa un corso intitolato: MIR – Maestro Interiore Risvegliato. Se questo libro fosse stato già disponibile, non avrei fatto il corso. Avrei detto a tutti: Leggete il libro di Renata, e scoprirete da soli cosa significa risvegliare il proprio Maestro.

    Recentemente ho creatole musiche dei Tarocchi, su base cabalistica, utilizzando i percorsi dell’Albero della Vita, le corrispondenti lettere ebraiche e i valori numerici di queste e delle Sephirot trasformati nelle equivalenti note musicali, pubblicando un CD

    assieme al maestro Sergio Baietta. Il giorno che ho finito di editare le musiche, mi è arrivata la mail per leggere in anteprima il libro e scrivere questa prefazione. La Sincronicità ha colpito ancora.

    Potete immaginare la mia sorpresa quando ho scoperto che la colonna portante del libro sono proprio i Tarocchi e le relative lettere ebraiche. Un segno? Sì. La Vita ci parla anche così.

    Per quanto riguarda il genere letterario, non saprei proprio come inquadrare questo libro. Forse non è giusto inquadrarlo. Bisogna leggerlo al di fuori di ogni schema. Lasciarlo libero, fuori da ogni gabbia. A volte sembra un giallo, pieno d’imprevisti che non lasciano intuire dove si andrà a parare. In altri momenti è un testo esperienziale, utile per chi vuole fare un percorso di crescita personale.

    Sempre si presenta come un romanzo, il grande Romanzo, quello della Vita. Il nostro piccolo-grande cavaliere della Luce, nella sua

    esperienza assoluta attraverso mille avventure e peripezie, cresce di giorno in giorno nel perfezionare la sua dimensione etica. Una narrazione complessa, articolata, ma sempre lineare dal punto di vista dell’Anima. Proprio un certo non rispetto nel Tempo razionale permette al lettore di cogliere la varietà di situazioni e di personaggi che vengono svelati di volta in volta.

    Svelare, togliere il velo, che spesso ricopre il Bene, l’immagine di queste meravigliose persone e delle Istituzioni nelle quali operano.

    Quasi una indagine giornalistica per illuminare questo mondo meraviglioso, troppo spesso dimenticato, sempre troppo poco valorizzato. Una copia di questo libro andrebbe data, non gratis, a tutti coloro che hanno responsabilità politiche o sociali, e il ricavato utilizzato per aiutare tutte queste Associazioni. Renata ha già deciso che buona parte dei ricavati dalle vendite andrà utilizzato proprio per sovvenzionare questi meravigliosi progetti.

    È già un successo! Tradotto in tutte le lingue. Diffuso in tutto il Mondo. Vedo già questo libro campeggiare nelle vetrine. E, trasformato in un film, vincere l’Oscar. E sono estremamente riconoscente a Renata di avermi chiesto di scrivere questa prefazione.

    Un guerriero della Luce ce l’ha fatta! Possiamo contare su di lui.

    Gian Piero Abbate

    Image 2

    Questo capitolo è legato alla prima o ultima lama del mazzo dei tarocchi, ed è LE MAT. Egli è il viandante che inizia il viaggio oppure termina il suo viaggio, ha con sé tutto ciò che gli serve per affrontare il viaggio, sostenuto dal suo bastone che poggia sulla terra, e il bastone celeste con cui porta il suo bagaglio; affiancato dal suo fedele animale, va per il mondo alla ricerca della sua missione per la scelta della sua anima.

    Le Mat è l’Anima, è lasciare che lei ti porti, nel cammino della Vita, per compiere la realizzazione del progetto che ha già scelto. La carta rappresenta un individuo, un alchimista, che sta per iniziare qualcosa di nuovo che potrebbe portarlo ovunque, non teme nessun giudizio, lui può tutto, ha in sé il mondo.

    Ha due bastoni che porta con sé nel suo viaggio, energia terrena e animale ed energia divina del cielo.

    Egli rappresenta l’energia senza limiti, la follia, la libertà totale ma anche l’impulso creatore fondamentale, lui ha con sé tutto ciò che gli serve, il mondo è in lui, è il caos, è il vuoto, è la forza anteriore alla creazione, la pausa fra passato e futuro.

    La scelta di buttarsi in qualcosa di nuovo non è dettata dalla ragione, ma piuttosto dall'istinto e dallo Spirito che lo guida. È quello che sarà e che non è più. Il cane è simbolo di fiducia, è la parte istintiva animale dell’anima.

    Lo accompagna, lo sostiene con fiducia. Questa carta indica qualcosa di nuovo o che deve essere rielaborato.

    Lo Zero (dall’arabo sifr) significa vuoto.

    Il messaggio de LE MAT: "Lasciarti possedere da uno Spirito più forte del tuo, da un’energia divina, non è perdere la coscienza, ma lasciar agire e parlare la follia originale, il sacro che è dentro di te. Sii amore allo stato puro!

    Io sono il cammino dell’Anima".

    Quando la penna tocca il foglio di carta bianco, la mano inizia a tremarmi.

    Il mio cuore inizia a espandersi, un fiume in piena di emozioni iniziano a rivivere dentro di me, attorno a me tutto il nostro percorso.

    Esse mi avvolgono come in un abbraccio, così leggero e avvolgente, morbido e vellutato come la guancia di un bambino che ora dorme, ma nello stesso momento è doloroso e pungente come un cuore che si contrae così forte da togliermi anche il respiro più leggero.

    Mi trovo come mamma a fare i conti con le mie paure più profonde, con la frustrazione di vivere tutta la mia più profonda impotenza; sono lì, darei tutto di me, per vedere nostro figlio guarire, ma la vita ha altri progetti, ce lo sta portando via. Io non posso, non sono in grado di fare nulla, posso solo essere consapevolmente presente e tenergli la mano.

    Sono disposta a dare il mio sangue, il mio midollo, il mio respiro, ma non sono io colei che sta battagliando.

    Erik deve fare la sua scelta, il guerriero è lui!

    Questa storia è un cammino, un percorso fatto di tante tappe, di tante prove, di cadute e di vittorie nelle quali un bambino si trasforma in un guerriero. Si parte da LE MAT e accompagnati dai tarocchi, dalla numerologia e dalle lettere ebraiche, si arriva alla TAV attraverso i 22 cammini dell’Albero della Vita.

    Tutto il percorso è sostenuto dai tre pilastri umani della Cabala che sorreggono la Vitalità dell’Albero. Abbiamo fatto tesoro di tanti valori e tante amicizie che ci hanno insegnato che sono in grado di manifestarsi in tutta la loro semplice preziosità in mille modi diversi, con sorrisi e sguardi di dolcezza e tenerezza. La forza della vita sa trasformarci nel profondo dell’anima, dalle nostre radici alla manifestazione dei nostri talenti, perché nessuno sarà più lo stesso o la stessa dopo aver vissuto l’incontro con la leucemia.

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    IL CAMMINO HA INIZIO

    28 novembre 2013

    I dolori sembrano dargli un po’ di tregua, giusto un po’ di tempo per farlo riposare, fargli prendere un po’ di fiato prima della lunga, faticosa, infernale maratona che lo attende.

    Guardo fuori dalla finestra e vedo alcune luci della strada e tanto buio, sono qui seduta accanto al letto di Erik, lontana da mio marito a dagli altri due figli Denise e Kevin che sono a casa, distanti, stasera davvero sono troppo distanti.

    Ascolto la mia mente che ha appena ricevuto una diagnosi devastante, che mi ha lasciato un vuoto immenso, silenzioso e immisurabile. Sono trentaquattro giorni che il nostro terzogenito, Erik, ha iniziato a lamentarsi per dei dolori al ginocchio destro, prima in modo leggero, poi via via sempre più intensamente, fino ad arrivare ad avere male ad entrambe le ginocchia. Fa fatica a camminare e il dolore è costante giorno e notte, sempre più intenso, ogni giorno che passa.

    Il suo pediatra, dottor Matthew Kalapurackal, da cui abbiamo subito portato Erik, ci ha rassicurati dicendoci che probabilmente erano dolori di crescita. A 8 anni può succedere, è un sintomo che può manifestarsi a quell’età. Subito abbiamo provato a farlo rimanere a riposo, poi, vista la situazione, il pediatra ci ha indirizzato verso un percorso di visite ed esami. Ma niente, nessuno ci dava una risposta che potesse rassicurarci. Nessun parere medico ci convinceva, quello che i medici dicevano a noi genitori non ci sembrava proprio fosse la verità sui dolori di nostro figlio.

    Il sabato mattina ho portato Erik a fare i prelievi del sangue, il lunedì successivo sono andata a ritirare i primi risultati, tutto bene, mi hanno detto, l’emocromo andava bene, dovevamo attendere il fine settimana per avere il tutto. Mercoledì sono tornata per vedere se era arrivato qualche altro esito, ma niente, non c’era nulla di nuovo.

    Signora, non stia a essere apprensiva, attendiamo fine settimana, mi dicevano. Niente, io e Giuliano siamo tornati dal pediatra.

    Abbiamo detto al dottore: Non siamo né tranquilli né sereni, noi vogliamo andare a Padova, facciamo una visita alle ossa, ai tendini, a qualsiasi qualcosa, ma andiamo a Padova.

    Il pediatra, che nel frattempo si era anche lui preoccupato per la situazione quanto noi, ci consiglia di fare una visita da un suo collega dell’ospedale di Padova, per valutare la situazione. Ho fatto davanti a lui il numero del centro prenotazione e sono riuscita a prenotare una vista di reumatologia infantile per il pomeriggio seguente, alle 18.30, dato che si era liberato l’ultimo appuntamento del giorno.

    Bene, l’indomani avevamo una visita specialistica e questo ci ha consolati un po’, dovevamo cercare e trovare una soluzione, Erik stava male e non sorrideva più, questo appuntamento ci dava un po’

    di speranza.

    Giuliano era alle prime lezioni del corso CQC per la sua patente, saltare una lezione avrebbe implicato il dover rifare tutte le pratiche.

    Allora cosa si fa?

    Era molto preoccupato, non sapeva cosa fare, così gli ho suggerito di andare io sola con Erik fino a Padova; lo avrei aggiornato sulle parole del medico e poi avremmo deciso insieme cosa fare. A malincuore mi disse di sì, non era proprio contento, ma in famiglia capita che le decisioni che si devono prendere in quanto genitore non sempre siano quelle preferite, ma quelle più buone e giuste per la situazione che si sta vivendo. In quel momento ci sembrava la cosa migliore.

    Quella notte siamo riusciti a dormire a fatica, la preoccupazione c’era, ma cercavamo di contenerla, perché i bambini vedono e sentono tutto.

    Questa mattina, 28 novembre, finalmente è arrivato il momento di partire per Padova, speranza e preoccupazione si sono mescolate assieme per tutto il tragitto.

    Io ed Erik abbiamo parlato di calcio, della scuola e soprattutto della speranza che questo dottore ci desse una buona diagnosi e delle cure per far passare presto i dolori.

    Lui era molto triste, sorrideva a malapena e quel suo viso pallido mi diceva che stava soffrendo parecchio.

    Ha dovuto lasciare il campo di calcio, i ricordi dei suoi goal non lo fanno più felice, come trasportato in un mondo più complicato; gli parli, lui ti guarda, accenna un sorriso e poi ritorna nella sua tristezza… in silenzio.

    Forza Erik, abbi fiducia, vedrai, il medico ci aiuterà a guarire i tuoi dolori, tu ce la farai e ritornerai presto a correre. Sappi che qualunque cosa succederà, mamma e papà sono sempre qui con te, tu sii sicuro di questo, noi siamo sempre qui con te!

    Sì mamma, ho capito, rispondeva lui, e poi… silenzio.

    Arrivati a Padova, sono andata a pagare la visita specialistica, abbiamo preso l’ascensore e siamo saliti dal medico.

    Una volta nello studio, ho spiegato al dottore come è iniziata questa situazione, gli ho fatto vedere gli esiti delle visite mediche, delle radiografie, degli esami e di tutto ciò che avevo con me.

    Mentre visitava Erik, ha chiesto ulteriori informazioni, è stato assai scrupoloso. Ascoltava in silenzio, non diceva nulla, mi dava la certezza che sapesse di cosa gli stessi parlando. Erik gli ha detto dove e come sentiva dolore, e lui ascoltava.

    Poi ci ha sorriso, dai suoi occhi traspariva una sincera gentilezza umana. Mi ha guardata e ha detto: Signora, ora andiamo al Pronto soccorso pediatrico e facciamo delle analisi ci daranno una risposta alle vostre domande; faremo per Erik tutto quello che siamo in grado di fare.

    Si è attivato subito, ha cercato una carrozzina per nostro figlio, lo ha fatto sedere e ci ha accompagnati attraverso gli infiniti corridoi dell’ospedale fino al Pronto soccorso pediatrico. Dopo aver parlato in modo molto attento con una dottoressa, velocemente ha fatto eseguire un cardiogramma, un prelievo del sangue, e altri esami.

    Fatto il prelievo e messa la farfallina al braccio, avevo già capito che la cosa si stava facendo seria: si stavano attivando molto velocemente, segno che la situazione non era leggera, probabilmente era un po’ complicata. Nell’attesa dell’esito dell’emocromo, sono arrivati altri dottori per visitare Erik.

    Ho chiesto se ci fosse prospettiva di dimetterlo in serata o se sarebbe stato trattenuto e mi hanno confermato che al momento sarebbe stato sicuramente trattenuto per accertamenti.

    Si scambiavano parole, espressioni, parlavano fra di loro e vedevo che si confrontavano intensamente, li guardavo ma non capivo su cosa. Ho chiamato mio marito Giuliano e l’ho avvisato che non saremmo tornati a casa per la serata, ma che ci saremmo fermati a Padova in quanto i medici ci avevano confermato che intendevano approfondire la sua situazione con esami specifici.

    Ho salutato Denise e Kevin dando loro la buonanotte e li ho rassicurati che ci saremmo sentiti l’indomani.

    Una dottoressa è arrivata nella stanzetta del pronto soccorso dove Erik era stesso sulla barella, ha parlato con la sua collega e ci ha informati che saremmo stati trasferiti in un reparto lì vicino per accertamenti. Abbiamo camminato per i corridoi fino ad arrivare a un ingresso dove abbiamo atteso che una porta automatica si aprisse, abbiamo fatto ancora alcuni passi e vedo degli armadietti e poi ecco altre porte automatiche che si aprivano solo a richiesta.

    L’infermiera si è fermata, in attesa dell’apertura delle porte, la dottoressa mi ha guardata e mi ha detto: Signora, ha capito perché siete qui?. Io, guardandola, ho notato la tabella che si trovava alle sue spalle. C’era scritto: REPARTO di ONCOEMATOLOGIA PEDIATRICA.

    Quei tre secondi sono durati per me come tre ore, il sangue si è fermato, il respiro si è bloccato, silenzio estremo, totale silenzio.

    Con un filo di voce, guardando la dottoressa, sono riuscita a dire una sola parola, difficilissima: Leucemia, dottoressa?.

    Lei mi ha fatto cenno di sì con lo sguardo, poi ha chinato il capo e lentamente siamo entrati.

    Il gelo mi aveva avvolto così improvvisamente che a stento riuscivo a rimanere vicino alla barella dove mio figlio era steso, coperto da un lenzuolo bianco e una coperta leggera.

    Il corridoio era buio, solo alcune luci basse illuminavano un po’ il percorso; abbiamo girato a destra in una delle prime stanze, nel letto accanto alla porta c’era un bambino piccolo che dormiva, avrà avuto meno di due anni e la sua mamma era lì accanto.

    Il letto vicino alla finestra era libero, e due infermieri, una donna e un giovane uomo, entrambi molto gentili e premurosi, hanno passato delicatamente Erik dalla barella al letto. L’infermiere ha spiegato a Erik che con la flebo di antidolorifico i dolori sarebbero passati subito, e che per qualsiasi cosa lui sarebbe stato a disposizione.

    Dopo un po’ i farmaci hanno iniziato a fare effetto, così lui si è addormentato.

    Ora sono seduta nella sedia accanto al suo letto, lo guardo, non so cosa pensare, il suo visetto ora sembra quasi sereno, ma di una cosa sono consapevole: si sono aperte le porte dell’inferno!

    Inizio a respirare lentamente, piano e intensamente, mi sembra di avere tutte le vie aeree chiuse all’altezza della gola, provo a rimanere in me, non posso urlare, non posso piangere e nemmeno far rumore, perché i bimbi dormono e credo ce ne siano molti qui.

    I primissimi ricordi che mi arrivano sono quelli di Michela, la mia cuginetta che all’età di quattro anni se n’è andata, portata via da un male incurabile. Per due anni proprio qui a Padova avevano provato tutte le cure e gli interventi possibili, tutto ciò che potevano fare per salvarle la vita lo hanno fatto, ma non era servito a nulla.

    Alla fine, lei mi aveva lasciata sola.

    Mi ricordo di una domenica pomeriggio mentre giocavamo in cortile nella casa dei nonni Gio’ Batta detto Tita e Cecilia, stavamo correndo su e giù per i trattori dello zio e la sua mamma la chiamò:

    Michela, domani dobbiamo andare a Padova, non sudare troppo, altrimenti ti ammali. Ora basta, la prossima volta giocherai ancora con Renata, ma ora non devi affaticarti.

    Lei mi guardò e mi rispose: Sai, Renata, io non giocherò più con te, mi fa tanto male.

    Io non dissi nulla.

    Ci abbracciamo forte, fu l’ultima volta che la vidi così felice, nessuna delle due aggiunse altro.

    Passarono i giorni, le settimane, Michela stava sempre peggio, mio papà era molto triste, la malattia della sua nipotina figlia di suo fratello, lo faceva molto soffrire.

    Fu per me un momento di enorme tristezza e profondo dolore quando arrivò la notizia che, in braccio alla sua mamma, sulla strada da Padova a casa, Michela ci aveva lasciati.

    La mia prima simpatica amica non avrebbe giocato più con me, se n’era andata e mi aveva lasciato qui da sola. Sì, avevo altre cugine, ma lei era lei, era quella con cui ridevo di più, giocavo di più e mi di-vertivo di più, io ero la più grande e lei la più piccola.

    La rividi il giorno del funerale, tutta vestita di bianco, in braccio al suo papà che non la voleva lasciar andare; il prete in chiesa aspettava la piccola bara, la gente piangeva.

    Mio zio non voleva che nessuno gli portasse via sua figlia, se la coccolava tra le braccia, poi piano piano, con l’aiuto dei suoi fratelli, fra cui mio padre, sono riusciti a togliergliela dalle braccia e a fare in modo che si celebrasse il rito funebre.

    La vita segue i suoi tempi, così lei se n’è andata, ma nel mio cuore lei c’è sempre.

    Coloro che ci hanno lasciato non sono mai dove noi li abbiamo lasciati, ma vivono sempre nel cuore di chi li porta con sé. Ora più che mai, tutto ciò è reale per me.

    Ora siamo noi qui a Padova, provo a respirare sempre più profondamente, respiri profondi e intensi, nella mia mente si sta aprendo uno spazio, devo comprendere cosa sto vivendo, il cuore è impazzito, mi fa talmente male che non capisco nulla.

    Comprendo una cosa: da questo inferno non ne usciremo da soli.

    Sento un peso atroce sul cuore e solo se avremo tanta energia e forza potremo farcela, altrimenti sarà il buio.

    Mi alzo, ho bisogno di respirare, esco dalla stanza in silenzio e vado fino in fondo al corridoio.

    È buio, ci sono solo delle piccole luci accese vicino al pavimento, tutte le stanze sono piene di bambini, mamme o papà dormono accanto a loro, quasi tutti hanno dei macchinari con delle flebo attaccate; sento dei lievi lamenti, qualche bambino sta soffrendo, le infermiere vanno da una stanza all’altra, silenziose ma assai attive.

    Lentamente ritorno nella nostra stanza, credevo di riuscire a fare dei respiri che non mi comprimessero più il cuore, invece sento che si sta stringendo sempre più.

    Prendo il telefono in mano, è silenzioso, scrivo un messaggio a Gian Piero Abbate: Sono qui a Padova, a Erik è stata diagnosticata la leucemia, abbiamo bisogno che ogni volta che guardi un fiore sbocciare, un tramonto, qualsiasi cosa bella e viva, ci invii Amore in questo luogo dove ci sono tanti bambini che lottano per la vita!.

    La risposta di Gian Piero è immediata, tre semplici parole: IO CI SONO.

    Guardo per un po’ quelle tre parole: se c’è Gian Piero, possono esserci tante altre persone con noi, assieme a questi bambini. Allora mi faccio forza e inizio a inviare il messaggio agli amici più vicini, a Monica, a tutti gli amici del campeggio dove passavamo le estati in allegria fra sabbia, mare e buone risate, a Claudia, meravigliosa comunicatrice angelica, alle mie compagne e compagni della scuola che sto frequentando per poter diventare una Operatrice Olistica in rebirthing. A Ornella, a Cristina in Inghilterra, a tutti quelli che ho nella rubrica del telefono, sono tanti ma abbiamo necessità di tutti.

    Ho evitato di inviare il messaggio alle mamme dei compagni della scuola dei ragazzi, in quanto devo ancora capire cosa fare.

    Questa notte è stata lunghissima, mille pensieri che andavano e venivano, interrotti solamente dalla presenza dell’infermiere che veniva a controllare se la flebo fosse finita.

    Questa è stata per me la notte della rivelazione dei tre pilastri umani dell’Albero della Vita, di cui Gian Piero mi ha insegnato i principi fondamentali: Amore – Fede – Speranza.

    Guardo mio figlio disteso nel letto, vicino a me, che dorme, è giunto il momento in cui prendere in mano il telefono e chiamare mio marito.

    Non l’ho fatto un paio d’ore fa perché dovevo ancora consapevolizzare la situazione, sapevo che nel momento in cui gliel’avrei detto, tutta la nostra situazione familiare non sarebbe stata più la stessa. Ho chiesto sostegno a tanti amici, ma la dichiarazione della malattia al padre dei miei figli è lo scoglio più difficile da affrontare.

    Sono sicura che di notti in bianco ne avremo molte nel futuro che ci attende; nessuno, tranne i medici, al momento può fare qualcosa per nostro figlio, né io né lui.

    Arrivano le 4 del mattino, è l’ora in cui Giuliano si sveglia per andare a lavorare.

    Mi alzo dalla sedia, vado in bagno, richiamo in me tutte le energie e faccio il numero, lui risponde dopo due squilli, preoccupato di svegliare i ragazzi che stanno dormendo.

    Mi chiede subito come sta Erik, se ha dormito e se ha ancora dolori, che cosa dicono i dottori. Allora faccio un respiro e gli rispondo: Sai, Giuliano, la dottoressa ieri sera mi ha detto che stamattina faranno un esame di approfondimento. Erik ha la leucemia, l’esame serve solamente per confermare la gravità della diagnosi.

    Dall’altra parte sento un urlo terribile, nessuna parola, solo un urlo.

    Dopo alcuni interminabili minuti, nei quali entrambi piangiamo, cerco di spiegargli la situazione: Ieri sera l’emocromo ha dato questo esito, gli stanno somministrando degli antidolorifici per i forti dolori che ha. Non so a che ora, ma in mattinata eseguiranno un prelievo del midollo e solo allora avremo un risultato certo.

    C’è da decidere cosa fare, è tardi per assentarsi dal lavoro e non sappiamo ancora nulla di definitivo. Decidiamo di non spaventare Denise e Kevin, così definiamo che i ragazzi andranno a scuola normalmente, Giuliano andrà a lavorare e ci sentiremo appena avrò una qualsiasi notizia.

    Quando il sole inizia ad alzarsi, i primi raggi illuminano la stanza, la prima alba di questo passaggio all’inferno. Erik si sveglia e subito dopo avermi detto che i dolori sono leggermente diminuiti, mi chiede: Andiamo a casa oggi, vero mamma?.

    Rispondo guardandolo dolcemente negli occhi: Mi spiace tanto Erik, oggi medici ti devono fare degli esami più importanti rispetto a ieri sera e credo che dovremo aspettare un po’ prima di andare a casa.

    Il telefono squilla, è Monica, ha ricevuto il mio messaggio ed è la prima a chiamare per chiedermi notizie. Mi incoraggia di mantenere la presenza in me stessa e di non farmi travolgere dalle emozioni.

    Lei è una persona importante per me e per la nostra famiglia e tutti noi la stimiamo molto.

    La conosciamo da un po’ di tempo, il cammino che abbiamo fatto assieme è un cammino intenso sulla profondità di noi stessi e delle nostre radici.

    Poco dopo è Tiziana a chiamarmi, una nostra carissima amica di Pordenone, con la quale ci ritroviamo tutti gli anni con le rispettive famiglie a Cavallino Treporti al Camping Mediterraneo. È sconvolta quanto me e fra le lacrime mi dice: Avviso io tutti gli amici del campeggio, pregheremo e invieremo tutto l’amore che possiamo a Erik e a tutti voi.

    Erik non può fare colazione a causa del digiuno impostogli per poter eseguire il prelievo del midollo spinale, necessario per confermare la diagnosi e valutare quale tipo di leucemia lui dovrà combattere. Ora sono a conoscenza che le leucemie sono di tipologie diverse, con tipi di cure diverse.

    Otto lettere messe assieme bastano già a formare quella parola che mi sta devastando: leucemia.

    Il momento è arrivato, la sala operatoria è pronta, medici e infermieri pure, così lo vengono a prendere in stanza e l’infermiera mi dice di seguirla.

    È freddo in sala operatoria, tanto freddo, non so se è il mio stato d’animo, ma mi sento bloccata. Erik invece sembra non senta questa sensazione intensa come me.

    I medici iniziano a scherzare con lui, gli chiedono cosa gli piace, per quale squadra di calcio tifa, e mentre gli tengo stretta la mano, ecco che lui si addormenta e le lacrime iniziano a scendermi sul viso.

    Ora è il momento di uscire, un’infermiera gentilmente mi accompagna verso la porta, i medici devono svolgere il loro compito.

    Solamente loro, ora, sono nella condizione di poterlo aiutare. Mentre aspetto che esca la barella con nostro figlio, inizio a sentire una forte stretta al cuore e percepisco tutto il dolore dell’impotenza.

    Il freddo è così gelido, il respiro mi sembra bloccato nelle profondità della pancia, le braccia fanno fatica a muoversi, cerco di controllare le lacrime perché vedo un bambino dell’età di nostro figlio che sta arrivando accompagnato dalla sua nonna. Lui cammina piano piano, il suo capo è completamente senza capelli e faticosamente si appoggia al bastone della flebo che la nonna spinge accanto a lui. Ci salutiamo, io gli sorrido e lui timidamente, a testa bassa, ricambia il mio saluto.

    Una volta seduto, chiede alla nonna di accendergli la tv. Mi sono girata verso le vetrate per non farmi vedere da questo esile bimbo.

    Poco dopo, completamente immersa nell’asciugare le mie silenziose lacrime, la signora si avvicina e stringendomi forte il braccio, con tenerezza mi dice: Mamma, qui non si piange, non c’è posto per le lacrime, perché loro sono più forti di noi, ci guardano e ci vedono!.

    Mi abbraccia forte, questa nonna mai vista, mai conosciuta prima d’ora, ma mi sembra di avere lì con me, tra le mie braccia, mia nonna Cecilia. Lei, come mia nonna, non usa tante parole, sono poche, ma di una misura estremamente immensa come quelle del nonno Tita. Nella sua voce c’è serenità, nei suoi occhi speranza e nel suo abbraccio forza, quella forza che ora non sento in me: grazie di cuore nonna guerriera!

    Il tempo è passato lento e silenzioso fino a quando le porte si sono aperte ed è uscita la barella con nostro figlio profondamente addormentato sotto le lenzuola.

    Il suo visetto è pallido e il suo corpo completamente immobile, non riesco a vedere il suo respiro, guardarlo quasi mi terrorizza.

    Subito dopo averlo sistemato nella stanza, il medico mi informa che è stato fissato per il primo pomeriggio il colloquio medico in cui ci spiegheranno tutta la situazione e il percorso terapeutico a cui sarà sottoposto Erik. Chiamo immediatamente Giuliano, informandolo di ciò che è accaduto nella mattinata e raccomandandogli di raggiungerci a Padova assieme a Denise e Kevin. Ora dobbiamo iniziare ad affrontare la situazione anche socialmente, dentro e fuori la nostra famiglia. Così chiamo a scuola per informare le maestre di Kevin ed Erik di ciò che stava accadendo.

    Mi risponde la collaboratrice scolastica sempre sorridente. Dice subito di essere preoccupata perché Giuliano è andato a prendere Kevin a scuola, assai sconvolto, ma non le ha detto nulla riguardo al motivo di quel suo stato d’animo. Appena la informo della diagnosi di Erik, sento tutto il suo pianto.

    Viene poi il momento dell’insegnate di Kevin.

    Innanzitutto la informo dello stato di salute di Erik, infine le raccomando di sostenere Kevin, perché sarà un periodo molto difficile anche per lui.

    Mi rassicura, promettendomi che insegnanti e studenti faranno tutto ciò che possono per sostenerlo.

    Arriva il momento di comunicare all’insegnante di Erik tutta la situazione.

    Lui è molto ben inserito nella classe, per questo mi addolora profondamente che altri bambini vivano questo doloroso momento, ma la vita, ora, è anche questo grande dolore. Le prometto che la terrò costantemente informata sull’evolversi della situazione e le raccomando di pensare alla classe, ora solo i medici potevano fare qualcosa per lui, tutti noi potevamo solo sperare nella loro professionalità.

    Lentamente Erik si risveglia dall’anestesia, l’ho tenuto per mano durante tutta la fase del risveglio, poi, lentamente mangia qualcosa e i suoi occhi si illuminano quando vede il papà entrare nella stanza e subito gli sorride felice.

    Sai papà, stamattina sono andato in una stanza dove i dottori mi hanno fatto dormire perché dovevano farmi delle punture sulla schiena, ma io voglio venire a casa appena mi passa il male alle gambe.

    "Certo

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