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Il ritorno di Aleister Crowley
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Il ritorno di Aleister Crowley
E-book172 pagine2 ore

Il ritorno di Aleister Crowley

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Info su questo ebook

Il libro narra di un' esperienza fantastica e tuttavia realmente vissuta dall' autrice.
Una biografia che sembra romanzata e non lo è.
Una donna, Giulia Eone, che sin da ragazza vive episodi straordinari, il più importante dei quali è a scrittura medianica. A un certo punto della sua vita, molto giovane, si accorge di avere
" il dono", quello di essere in contatto con entità di trapassati e di essere la destinataria di messaggi riguardanti verità celate alla maggior parte degli uomini, verità importanti che riguardano la salvezza stessa del pianeta.
Tra queste entità che contattano Giulia c'è n'è una che lo fa con maggiore intensità e frequenza, il grande Mago ed esoterista Britannico Aleister Crowley, la cui somiglianza con Giulia è a dir poco stupefacente.
Con il procedere del racconto il Mago introduce la protagonista nel suo mondo occultistico, facendole vivere esperienze stranianti, insolite, spesso estreme, minando addirittura la salute nervosa e mentale.
Tuttavia Giulia a poco a poco si abitua a questo bizzarro e spiritistico altrove sino a rendersi degna della Rivelazione Finale.
Un libro avvincente, ricco di rimandi esoterici e di passione per la vita in ogni suo aspetto, anche in quelli più incredibili.
LinguaItaliano
Editoreunivers
Data di uscita14 lug 2021
ISBN9791280054142
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    Anteprima del libro

    Il ritorno di Aleister Crowley - Giulia Eone

    Prefazione

    «La magia è entrare in comunicazione con individui che esistono

    su un piano superiore al nostro. Il misticismo è ascendere al loro livello»

    Aleister Crowley, Lettera a Karl Germer , 21 giugno 1947.

    A presentazione di questo libro, posso dire che è un libro insolito: circoscrivere l’improbabile è il primo modo per farne conoscenza. Ma avrei potuto anche scrivere farne esperienza perché l’esperienza dell’improbabile è esattamente quanto descrivo in questo romanzo.

    Non chiedo a nessuno di credermi ma credo a me stessa quando scrivo. Non avevo particolari ragioni per mettere per iscritto il mio insolito vissuto, per la verità ne avevo una sola: il dovere della testimonianza.

    Questo libro narra di un riconoscimento: quello dell’identità tra me, Giulia, è il grande mago e occultista Aleister Crowley, considerato dai più un satanista, ma dai più che non lo conoscono.

    La magia è ampliare le porte del possibile, e se intendiamo il divino come il nostro limitato orizzonte, resta da capire come possiamo poi definirlo Trascendente. A che ci serve un Dio circoscritto alla nostra esperienza conosciuta?

    Il Demonio è stato per millenni inteso come opposto alla Divinità, ma ne è semplicemente il presupposto ontologico: l’impossibilità di un suo confine.

    Nondimeno non sono una teoreta e nemmeno una dotta lettrice di libri antichi o dimenticati.

    Ma è possibile che se esiste una verità, questa sia splendente e semplice e comprensibile a chiunque abbia abbastanza purezza di cuore e il coraggio che serve per prendere atto della limitatezza del nostro mondo.

    «Ci son più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia» scrive Shakespeare nell’Amleto, ed è assolutamente così.

    L’autrice, Giulia, narra in quest’opera la scoperta graduale delle proprie qualità percettive e sensitive, sotto la guida di una Voce e di un Maestro, con l’aiuto dell’amico Riccardo, fino alla consapevolezza di essere la reincarnazione del grande mago occultista Aleister Crowley.

    Capitolo 1

    Mi chiamo Giulia, sono nata nel 1968 in un paese del Nord Italia. Dicono che nulla avvenga per caso, ed esiste sicuramente una ragione anche per il luogo della mia nascita, per il suo momento, per tutto quanto la circonda. Esiste una ragione per ogni cosa, e quasi sempre, saperla cercare, questa ragione, è saperla trovare, è saperla vedere.

    Alla nascita pesavo all’incirca sei etti, ero in bilico tra la vita e la morte. Ero sospesa tra le due polarità che connotano questo mondo, il bianco e il nero, l’alto e il basso, il dentro e il fuori, lo yin e lo yang.

    Mia madre Claudia mi ha raccontato che era stato trasmesso un appello via radio per una bambina in fin di vita, che aveva bisogno di una trasfusione di sangue. Il sangue rosso, come il corallo, come la rubedo, la terza fase dell’Opera alchemica, la Fenice.

    All’ultimo momento si presentò un ragazzo. I medici si attivarono immediatamente per farmi una trasfusione. Purtroppo, non ho mai saputo chi fosse quel ragazzo, ma lo percepisco come un angelo inviato da Dio per salvarmi la vita.

    Non necessariamente gli angeli hanno le ali, e trovo davvero difficile distinguere la bontà umana dalla celeste di fronte a certi comportamenti palesemente superiori, ispirati ad un disinteressato altruismo. Alcuni comprendono che è salvando gli altri che ci si salva, e costoro sono davvero indistinguibili dagli angeli.

    Mi misero in una incubatrice. Crescevo molto bene e in salute, ma solo mia madre si prendeva cura di me, mio padre non c’era, era sempre in giro per il mondo. Io so, perché lo so, perché mi è stato detto, perché è intuitivo e perché non può che essere così, io so che molti dei miei tormenti esistenziali sono nati da questa assenza, l’assenza paterna, il tassello mancante alla completezza di una bambina che chiedeva se non amore e protezione, quella protezione che non ha mai avuto.

    Un paio d’anni dopo, nacque mio fratello Michele. Poi i miei genitori divorziarono e mio padre se ne andò, lasciando nostra madre da sola con due figli. Nessuno persegue e forse nemmeno biasima un uomo che lascia la famiglia, nessuno, ma è forse questo il reato più grande, la colpa più imperdonabile, il tradimento più spietato.

    Dicono che lo svolgersi della nostra vita sia sempre iscritto nella prima infanzia, ed è una cosa che ho sempre pensato valesse per me. Ho rimosso tante cose ma non ho cancellato la mancanza del padre naturale, iscritta nella mia anima come le stelle nel firmamento.

    Non ho un buon ricordo del primo giorno di scuola: alle elementari subii un trauma, un trauma che è l’origine dell’insolita storia che vado a narrarvi.

    Quello che con un ben goffo termine chiamiamo soprannaturale, come se non ricadesse anch’esso all’interno della nostra percezione naturalissimamente sensibile, non giunge in punta di piedi nell’esistenza di chi è destinato a farne esperienza ma irrompe come la primavera, scompaginando tutto ciò che sapevamo del reale.

    Aggiungere un’esperienza che cozza con il libro della fisica conosciuto non è solamente far posto a qualcosa di strano nella nostra anima: è scompaginare tutto quanto la nostra coscienza vi aveva stipato in precedenza.

    Ricordo che ero in classe con tanti bambini. Molto probabilmente, stavo disegnando. Disegnavo un albero, sì quelli con una chioma che sembra una nuvola, colorata di verde come la speranza. E sotto l’albero una bambina con un grembiulino rosso che dava la manina a suo padre. Vestito di bianco, con un bianco cappello.

    L’insegnante era una suora, una donna alta dal viso serio che incuteva timore. Mi prese il foglio e lo gettò in un cestino. Ricordo gli altri bambini che ridevano. Da quel giorno non volli più andare a scuola. Perché un simile gesto da parte di una donna che aveva scelto di dedicare tutta la sua vita a Cristo, all’amore? Forse perché questa scelta aveva mutilato la sua vita dell’amore passionale che è prerogativa degli esseri incarnati.

    Ricordo l’ultima inquadratura di " Je vous salue Marie" di Godard : le labbra di Maria, intatte. Il sacro è spietato e la rinuncia, a volte, insostenibile.

    La percezione della propria diversità è nella sua fase aurorale soltanto un dolore. Un dolore ficcante che strazia l’anima. Non pensi di avere superpoteri o inusitate facoltà, pensi alla tua solitudine di diversa. Gli uomini non apprezzano le anomalie: tributano loro gloria o tormenti, ma ben difficilmente amore.

    Forse la mia vita non è altro che la ricerca di un amore comune, umano, in mezzo a fenomeni più grandi di me che mi hanno visto pienamente partecipe ma mai pienamente consapevole.

    Mia madre, disperata, mi iscrisse a un’altra scuola. Lì mi ricordo che la maestra, molto gentile, aveva capito che avevo un problema. Facevo fatica a socializzare con gli altri bambini e durante le lezioni rimanevo assorta nel mio mondo, guardando fuori dalla finestra della classe, come se fossi una bambina autistica.

    Mi sembrava di essere Edward mani di forbice: infinitamente gentile ma non amato, perché irrimediabilmente diverso.

    Osservavo continuamente, oltre ogni confine. Non mi limitavo a vedere gli ippocastani del vialetto che scorgevo fuori dall’aula, o i tetti delle case, o la consueta minuta vita che vi si svolgeva con immutabile regolarità ogni giorno: vedevo il miracolo che vi si celava dietro.

    Sì, L’infinito di Leopardi, esattamente: « Sempre caro mi fu quest'ermo colle, / e questa siepe, che da tanta parte / dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. / Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani / silenzi, e profondissima quïete / io nel pensier mi fingo, ove per poco / il cor non si spaura.

    Vedevo che quelle cose erano improbabili quanto la comparsa di un fantasma sopra il mio banco, erano il portato di una serie di coincidenze semplicemente interminabili e tuttavia connesse da qualcosa che era pur sempre causalità. Ecco, compresi che quello che chiamiamo caso è soltanto una causalità troppo complessa per essere spiegata.

    Finita la prima elementare, la maestra parlò con mia madre e le suggerì d’iscrivermi a una scuola media privata, così sarei stata seguita negli studi e sostenuta dai professori nella maniera migliore. Mi ricordo di quegli anni come di un periodo spensierato: vivevo bene con i miei compagni di classe, avevo diversi amici e mi sentivo felice.

    Crescevo robusta e serena e molto timida. Vidi che i ragazzi mi guardavano con un crescente interesse, ma non ci facevo caso, la mia mente vagava altrove. Finite le scuole medie, interruppi gli studi.

    Capitolo 2

    Passarono diversi anni, crescevo in salute e bellezza. La bellezza della gioventù irrompe come la primavera e la bellezza di una ragazza determina un prima e un dopo. Capisci che il tuo corpo attrae, e lo fa in una maniera violenta, che è poi il grande motore che muove la natura: è la dea danzante nel vuoto del " Mondo" , il XXI arcano dei tarocchi. È una dea nuda, è Diana.

    All'età di 16 anni mi innamorai di un ragazzo di 20 anni, era un amore impossibile, non potevamo vederci perché ero minorenne. Passavo le giornate a sognarlo ad occhi aperti. Iniziai a vederlo di nascosto. Ricordo che mi tirava i sassi dalla finestra di notte, mi affacciavo e lo salutavo, sembravamo Giulietta e Romeo. Eravamo Giulietta e Romeo, ed il mondo di entrambi era fatto dell’altro.

    Volevo stare sempre in sua compagnia, ciò che provavamo non era in fondo molto diverso dall’essere completamente e costantemente immersi tra le pagine di un romanzo romantico. A volte era un romanzo paradisiaco, a volte infernale: eravamo gelosi e possessivi, perché è così che funziona l’amore, per quanti saggi volti a relativizzarlo gli psicologi vi abbiano scritto intorno.

    Mia madre era preoccupata, perché secondo lei ero troppo giovane per avere un fidanzato, pensava sempre al peggio. Un giorno tornai a casa e la vidi seduta in cucina con un gomito poggiato sul tavolo e la mano sulla nuca che stava piangendo.

    Quel ricordo mi fa ancora riflettere su quanto sia difficile essere genitori di figli adolescenti, di ragazzi che affrontano un’età così critica da ogni punto di vista e che spesso non capiscono quanta apprensione generino i loro comportamenti nei propri genitori, per quanto ai loro occhi si tratti di cose normalissime. È però vero quanto scrive Gibran:

    «I vostri figli non sono figli vostri, sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita».

    Passarono alcuni anni. Il ricordo più intenso che mi sovviene è il mio diciottesimo compleanno. Era il mese di Agosto. Mia madre organizzò una festa meravigliosa in un ristorante con tutti i miei amici. Al taglio della torta ricevetti diversi regali ed uno di questi fu una chitarra classica. All'epoca andavo a lezione di musica, mio fratello mi regalò delle tele per dipingere e una valigetta con tantissime tempere e pennelli, amavo molto disegnare soprattutto volti di uomini e di donne. Dipingere un volto è dipingere un’anima.

    Amavo tantissimo l’impressionismo, Manet, Degas, Renoir, l’idea che nell’attimo vi fosse il senso più profondo della vita, in un attimo di variopinto e di ombre colorate.

    Ricordo la spensieratezza di quegli anni. Un’amica alla festa di compleanno mi invitò a passare le vacanze a casa sua al mare, in Liguria. Sul finire dello stesso mese decisi di partire in vacanza con la mia migliore amica di nome Rachele. Dopo tante raccomandazioni da parte di mia madre partii. Ricordo ancora la

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