FAVOLE PER CRESCERE - Favole per i genitori e le piccole
Di Maria Amati
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FAVOLE PER CRESCERE - Favole per i genitori e le piccole - Maria Amati
lettura!
CAPITOLO 1
L’importanza della narrazione e del gioco
nello sviluppo psicologico dei bambini.
Fin dai tempi antichi ogni società ha riservato alla narrazione un ruolo educativo fondamentale; quando ancora non esisteva la scrittura era l’unico strumento a disposizione delle varie civiltà per tramandare la propria storia, i propri miti, le proprie tradizioni. La ritualità legata alla narrazione aveva sempre la stessa liturgia: il membro più anziano narrava ai piccoli della comunità le gesta degli uomini valorosi e, attraverso questi racconti, trasmetteva alle nuove generazioni i valori etici da seguire, il senso di appartenenza e la cultura a cui fare riferimento.
Col tempo i racconti si sono trasformati per assumere una connotazione non solo di insegnamento di fatti storici, ma anche di fatti inventati che arricchiscano il mondo fantastico dei bambini. Si arriva così a quel particolare tipo di narrazione che è la favola. La favola ha come protagonisti gli animali ( diversamente dalla fiaba in cui i protagonisti sono gli uomini ) che, con le loro azioni, ripropongono le caratteristiche di personalità, i vizi e le virtù degli uomini assumendo un carattere metaforico, e trasmettono una morale, ossia l’insegnamento che vi sta dietro.
Le prime favole di tradizione orientale rappresentavano degli ammonimenti di saggezza; quelle greche e romane erano invece cariche di significati religiosi, rispetto alla creazione del cosmo, alla vita degli dei, alla lotta dell’uomo contro la natura per giungere alla conoscenza delle cose. Col tempo la favola cambia la propria finalità per diventare più critica rispetto alle azioni dell’uomo, e assume la connotazione tipica delle favole di Esopo( VI secolo a.C.), nelle quali gli animali assumono le caratteristiche di personalità degli uomini: c’è il buono, il cattivo, il prepotente, l’insaziabile, il furbo, lo sciocco, il vanitoso, il superbo ecc. Le favole di Esopo narrano i vizi e le virtù dell’umanità, criticando i primi ed enfatizzando i secondi. Fa così il suo ingresso nella cultura letteraria mondiale la favola moralizzante.
Raccontare una favola permette dunque di entrare in un mondo sì fantastico, tuttavia simile per alcune caratteristiche e personaggi a quello reale; un’analogia con il reale tale da consentire un necessario distacco, utile ad immergersi in un mondo altro
, ma contemporaneamente coglierne anche il messaggio intrinseco.
Il linguaggio della narrazione, e dunque della favola, ha una potenzialità di rappresentazione direttamente proporzionale alla capacità di distanziamento, cioè più ha la capacità di portare il lettore lontano dal tempo attuale più forte sarà la sua carica rappresentativa e, dunque, educativa. Quel c’era una volta
che dà l’avvio a molte storie proietta già il lettore e chi ascolta verso un altro contesto, lontano da quello attuale, facendo sì che si realizzi quella particolare magia per cui ci collochiamo contemporaneamente in due mondi paralleli: quello fisico nel quale ascoltiamo la storia e quello possibile nel quale la storia si dispiega. Il tempo e il luogo della narrazione, con i suoi protagonisti, definiscono una singolarità e una contingenza che fa sentire l’ascoltatore lontano da essa, salvo poi rispecchiarsi in un personaggio e sentirsi stranamente vicino ad essa tanto da poter fare proprio l’insegnamento che vuole trasmettere. Dunque un distacco che coinvolge l’ascoltatore. In altre parole, vedere che qualcun altro, in un mondo altro
, vive le stesse difficoltà e affronta gli stessi ostacoli, predispone l’ascoltatore all’identificazione e quindi ad assumere come proprie anche le risorse che il protagonista della storia metterà in campo per risolvere la sua situazione problematica. La narrazione diventa una ri-significazione della realtà per superare un momento di impasse. Offre uno spazio per oltrepassare i confini del familiare verso l’inconsueto, il non conosciuto, verso un diverso modo di vedere le cose e di affrontare le difficoltà.
La narrazione è non solo uno strumento educativo, ma anche una modalità comunicativa, che si sostanzia nella relazione fra narratore e ascoltatore, nelle emozioni che ne derivano, nella simbolizzazione affettiva che sta dietro al momento narrativo, nel legame con l’altro, nella creazione di uno scambio reciproco. Dunque raccontare una favola al proprio bambino diventa un momento magico nel quale non stiamo solo comunicando attraverso la favola stessa, ma stiamo anche definendo la nostra relazione con lui, stiamo costruendo uno spazio esclusivo nel quale protagoniste sono le emozioni reciproche, l’affetto e la relazione. Dedicando al bambino uno spazio esclusivo costruiamo con lui una relazione fondata sullo scambio emotivo, sull’accettazione della sua personalità, incoraggiando l’espressione delle emozioni, dei sentimenti, dei dubbi e delle paure, dando vita ad una relazione fondata sul rispetto dell’altro e sulla fiducia nell’altro. Crescerà la fiducia in una relazione solida, accogliente e non giudicante. Il bambino saprà così che, qualora avesse un problema e sentisse il bisogno di sostegno, potrà andare a cercarlo nel genitore che lo accoglierà e accompagnerà nella soluzione del problema.
Costruire questo tipo di rapporto con i propri figli permette al genitore di imparare a conoscere il modo di pensare, di agire del bambino, di riconoscerne i bisogni profondi, ed in tal modo di reagire adeguatamente alle loro richieste. Genitori che non riconoscono al figlio un mondo emotivo non ne riconoscono le richieste e i bisogni espressi. Spesso è proprio questa scarsa conoscenza che non consente ai genitori di comprendere adeguatamente i disturbi comportamentali dei figli. I bambini vanno ascoltati e presi sul serio nel loro modo di vedere le cose del mondo, e nelle risposte problematiche che esprime attraverso il comportamento. Narrare le favole ai propri figli permette di facilitare la comunicazione superando le barriere linguistiche fra adulti e bambini, utilizzare un linguaggio chiaro per il bimbo evita le incomprensioni e fraintendimenti. D’altronde la base della comunicazione prevede, come prima cosa, che due soggetti che iniziano una sequenza comunicativa parlino la stessa lingua: se non abbiamo mai studiato la lingua cinese potremmo mai interagire con un cinese? Per poterlo fare dovremmo prima trovare una lingua che entrambi conosciamo. Allo stesso modo molte espressioni tipiche degli adulti per i bambini sono incomprensibili, poiché loro comprendono solo il significato letterale del linguaggio.
Quando un bambino vive una difficoltà e prova emozioni che non riesce ad esprimere, è facile che queste si trasformino in comportamenti difficili, talvolta di sfida nei confronti del genitore. Ciò accade perché il bambino non ha gli strumenti per elaborare, gestire e controllare le emozioni in maniera autonoma, necessita di aiuto, ha bisogno di un adulto empatico, che possa offrirgli un