Il presidente e tutte le donne dell’harem
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Anteprima del libro
Il presidente e tutte le donne dell’harem - Fiorella Paris
Fiorella Paris
Il presidente e tutte le donne dell'harem
L'amore tra Oriente e Occidente
Cavinato Editore International
© Copyright 2016 Cavinato Editore International
ISBN: 978-88-6982-082-3
I edizione 2016
Tutti i diritti letterari e artistici sono riservati. I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi
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Fax +39 030 2053493
cavinatoeditore@hotmail.com
info@cavinatoeditore.com
www.cavinatoeditore.com
Realizzazione ebook a cura di Simone Pifferi
Indice
Prefazione-Postfazione
Capitolo I
Il Sultano in Oriente
Capitolo II
Il Sultano in Occidente
Capitolo III
Le parole del Sultano
Capitolo IV
La prima moglie: l’attesa di Penelope
Capitolo V
La seconda moglie: la Bella Addormentata
Capitolo VI
La favorita: la donna Ondina
Capitolo VII
L’avidità erotica: le donne estetiche
Capitolo VIII
La nuova Barbarella: la donna Cyborg
Capitolo IX
La femminilità addomesticata: la Super-segretaria
Capitolo X
Le donne guerriere: la rabbia di Bradamante
Capitolo XI
Presente e passato: la relazione
Capitolo XII
L’alfabeto della relazione
Capitolo XIII
Tra Oriente e Occidente: l’amore, questo sconosciuto
Riferimenti Bibliografici
Testi
Siti internet
Ringraziamenti
Dello stesso autore
A Shahram
che ha risvegliato
l’anima mia, assopita
Prefazione-Postfazione
«Io come voi sono stata sorpresa
mentre rubavo la vita,
buttata fuori dal mio desiderio di amore.
Io come voi ho pianto,
ho riso e ho sperato».
Alda Merini, da Ballate non pagate
«Ho due figli» – racconta il primo uomo - «Marianna l’ho avuta dal primo matrimonio. Simone è nato lo scorso anno da Giada, la mia seconda moglie».
«Io, invece, ho quattro figli e quattro mamme diverse» – replica il secondo uomo, con piglio disinvolto – «Ne ho sposata una soltanto, finora. Adesso vivo con Natasha e l’ultima delle mie figlie. Lei vuole sposarsi, ma io non sono ancora pronto» – ammicca e ride, lo sguardo rivolto all’altro. Complice.
«Caspita, che bello!» - replica il primo uomo. E gli occhi brillano d’ammirazione - «Sai, anch’io vorrei avere un altro figlio con un'altra donna. Prima o poi lo farò».
E ridono ancora, allegri e felici.
Una conversazione può essere un artificio letterario per introdurre un libro. Un artificio, in questo caso, solo apparentemente surreale. Il dialogo è, infatti, autentico.
I protagonisti sono due uomini affascinanti, distinti, ricchi. Un discreto portafoglio è in questo caso un elemento non superfluo. I due garbati gentiluomini s’incontrarono per affari, in un noto e signorile ristorante milanese. Al desco c’ero anch’io, e la conversazione era una sorta di pour parler iniziale per discutere poi di lavoro.
Dalla mia angolazione professionale, non ho battuto ciglio ai loro commenti. Li conoscevo entrambi da diversi anni, e li frequentavo anche fuori dal contesto lavorativo.
Devo poi ammettere, che ho abdicato a commentare i costumi sentimentali-sessuali maschili verso il femminile, soprattutto in ambienti in cui gli uomini sono maggioranza, di potere e anche un po’ tiranni.
Perché? Perché fare la suffragetta e difendere posizioni femminili, soprattutto se sei l’unica donna presente, ti fa diventare il parafulmine di tutto un sostrato di opinioni maschiliste, volgari, gratuite e soprattutto ignoranti. Il risultato, dopo che si sono persi i gangheri a sentire tante idiozie insieme, è sentirsi tacciata di ragionare con l’utero. E dopo la fragilità emotiva, l’incriminazione più perfida. Bacchettona moralista, invidiosa. E così ti mettono a tacere. Sono riusciti a spostare il piano intellettuale della critica verso il piano personale in cui tutti sono, inevitabilmente, vulnerabili.
Faccio appello a volte a Protagora, retore greco, padre della sofistica, che affermava che l’uomo è la misura di tutte le cose di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono. Parafrasandolo, e mi perdoni il grande filosofo, posso affermare che la misura di tutte le cose per il sesso maschile è sempre il cazzo. Si dirà così, che abbasso anch’io le mie categorie intellettuali femminili perché alla fine leggiamo, entrambi i sessi, sempre la realtà con attributi sessuali.
Quando allora è possibile innalzare i pensieri? Quando si riesce a porsi al di fuori di schemi. Quando si fa silenzio intorno. Quando si osserva senza giudizio. Quando si cerca di guardare oltre le apparenze, oltre i comportamenti meccanici, oltre le mode, oltre i diktat imposti dagli ambienti professionali.
Questo è ciò che ho cercato di fare, in questo libro, con l’analisi del Sultano e del suo harem, e con l’analisi in modo indiretto anche dei due distinti gentiluomini. Il Sultano di cui racconto è un personaggio che non esiste realmente, o meglio ne esistono moltissimi esemplari, che in modo anche grottesco, ho cercato di condensare e riunire in uno. Uno e centomila.
Insomma, una tipologia maschile o meglio una figura archetipica che riesce a unire Oriente e Occidente.
Se sesso e potere, infatti, sono una costante nella storia umana, gli harem istituzionali in Occidente non sono propriamente presenti. In Occidente, la relazione coniugale ufficiale è stata quasi sempre monogamica mentre il concubinato era ipocritamente bandito. In questo mondo, però, direbbe lo storico Franco Cardini, siamo alla fine tutti meticci.¹. Nessuna etnia può vantare primigenia purezza, da tempi immemori, infatti, genti e culture s’incontrano, scambiano informazioni e costumi, anche in modo inconsapevole.
In qualche modo, l’archetipo del Sultano afferma così che i confini tra Oriente e Occidente non sono mai stati né sono ora assolutamente certi e fissi. E pur ammettendo che siano accertabili non possono essere considerati definitivi. L’archetipo del sultano potrebbe anche fungere da ponte tra i due mondi, le due culture. Piace al femminile, gode di buon successo, spesso è ambito, valorizzato e supportato.
Domanda: perché ci piace? La psicologia parlerebbe di mancanza di autostima, la sociologia di condizionamenti culturali, la storia di legami familiari, il sentimento di amore cieco. E il cinismo di bieco interesse. Insomma, i motivi per supportare il maschio sultano da parte femminile possono essere i più disparati e ognuno ha le sue ragioni. Certo, Monsieur de La Palisse obbietterebbe qualche ovvietà. Se volessimo sottolineare che alcune donne amano farsi procurare cose belle da uomini che possono farlo.
Cambiano le forme, le mode, i modi con cui ci si offre, ma la sostanza alla fine rimane sempre uguale.
Eppure, se da un lato ci sono donne ‘destinate’ (le virgolette sono d’obbligo) a inseguire traditori seriali extralusso dall’altro c’è anche una casistica di donne che rivendicano, compiutamente e pubblicamente, la propria autonomia da questa tipologia di uomo. Maria Grazia Cucinotta, per esempio, che ha raccontato, quando giovane avvenente attrice, ha rifiutato più di una proposta indecente, compresa la Ferrari Testarossa che le regalò il Sultano del Brunei per conquistarla. A questa ipotetica e incompleta lista di outing della serie «io la do solo per amore, o per piacer mio» si deve aggiungere Paola Saluzzi, Michela Marzano, Valeria Graci,