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Akorw e i guerrieri
Akorw e i guerrieri
Akorw e i guerrieri
E-book405 pagine5 ore

Akorw e i guerrieri

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Info su questo ebook

Il secolare e glorioso impero della famiglia Hearst era in pericolo, a pace e l’ armonia che regnavano nell’ arcipelago di Noa stavano per essere minate da un giovane guerriero assetato di vendetta: Stephen O’Shaunnesy. Egli intraprenderà una campagna con l’ obbiettivo di redimere la memoria di suo padre, ucciso pochi mesi dopo la sua nascita dal re Hunter Hearst III. Stephen lascia quindi la sua piccola Dusina e parte in direzione Roknoll, capitale del regno di Martes, città dove alloggiano gli Hearst, per completare la sua missione: uccidere il principe Joan Hearst, colpevole di essere il figlio dell’ assassino di suo padre. Ma la cose non andranno come aveva previsto e dopo aver assaggiato i lussi della corte ed essersi affezionato, in modi differenti, ad una principesca cameriera e all’ uomo che voleva uccidere, sarà costretto ad allearsi con un gruppo di ribelli, i quali faranno di tutto per ribaltare l’ impero corrente, sfruttando le capacità sovrannaturali che il guerriero scoprirà di possedere nel corso di un lungo viaggio, il quale, lo porterà ad esplorare ogni angolo dell’ arcipelago, facendogli conoscere luoghi e creature mistiche, che giocheranno un ruolo fondamentale nel suo processo di maturazione. Stephen entrerà a contatto con un mondo completamente diverso da quello in cui aveva sempre vissuto e il suo carattere muterà continuamente, così come quello di Joan che, in situazione e luoghi differenti, sarà costretto a prendersi sulle spalle tutto l’ impero, cozzando spesso con le altre personalità di sangue blu che troverà sul suo cammino. Stephen, durante la sua avventura, stringerà un rapporto molto affettuoso con un drago verde smeraldo di nome Akorw che vive nel cuore dell’ isola di Crxcifix e che lo guiderà alla scoperta delle meraviglie e delle stranezze che vivono nell’ arcipelago. La creatura si prenderà cura di lui proteggendolo dalle grinfie dei suoi alleati, rivelandogli i segreti più nascosti della sua famiglia, al fine di preservare il segreto nascosto sotto il marchio che il giovane porta sul braccio destro.
LinguaItaliano
Data di uscita16 feb 2016
ISBN9788869822483
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    Anteprima del libro

    Akorw e i guerrieri - Cristian Sirtoli

    PRELUDIO

    La nostra storia ha come epicentro Roknoll, la capitale dell’ impero di Martes e sede del Palazzo reale, dove alloggiano i regnanti: la dinastia degli Hearst governava da millenni quella che era l’ Isola più estesa dell’arcipelago di Noa, un luogo fantastico e ormai perduto. Da George a Van, da Glen a Ken, fino ad arrivare al conquistatore: re Hunter. Figlio di Ken, si guadagnò quest’ appellativo in battaglia guidando il suo esercito alla soggiogazione di larga parte dell’ Arcipelago. Ma egli non era solo un grande comandante, era anche un sovrano corretto, amato e lodato dai suoi sudditi. Dopo un ventennio di tranquillità, una nuova minaccia stava per arrivare: essa proveniva dalla Celtia, un’ isola all’ estremo nord-est dell’ Arcipelago. Stephen O’Shaunnesy, il guerriero della croce, il grande bianco, nonché protagonista della nostra storia, nacque il primo giorno dell’ anno della quinta luna, lo stesso giorno in cui Hunter Hearst III salì al trono di Martes. Secondo la tradizione, per spodestare il proprio padre dal trono, il figlio deve conquistare un’ isola di Noa a sua scelta e il conquistatore scelse di provare a prendere proprio la Celtia, unica isola più grande della Kenstria, la quale era stata conquistata da Ken molti anni prima. Ci vollero molti mesi per soggiogare tutta la popolazione, che si arrese solo dopo la morte del loro miglior guerriero: un certo Sean, il cui cognome rimase sconosciuto per anni, il padre di Stephen. Il piccolo celtio crebbe quindi con la ambizione di diventare come il padre, ma anche con la rabbia e con il disprezzo nei confronti di Hunter e della sua stirpe, alimentato anche dalla situazione di povertà che viveva assieme a sua madre Sara.

    Durante l’ assedio della Celtia, alcuni condottieri emergenti ne approfittarono per cercare di conquistare alcune piccole zone del regno di Martes: Stuart Knight, un abile capitano proveniente dall’ Englasia (seconda nazione per estensione dell’ Arcipelago) riuscì a riconquistare alcune piccole isole, le Plamadi e le Terradi. Andrew Hamlet, giovanissimo sovrano della Scombia, riuscì ad ottenere l’ indipendenza della sua regione, in cambio della promessa di non aiutare la Celtia. Oltre agli squilibri territoriali, la conquista dell’ isola degli smeraldi comportò alcuni dissapori interni: il sindaco di Roknoll, Villian Pears, che alcuni anni prima aveva riconquistato proprio la Scombia, fu molto contrariato quando scoprì che Hunter aveva concesso loro la indipendenza. Villian nacque in Englasia e si trasferì a Roknoll con la famiglia dove visse un’ infanzia felice tra i lussi della corte di Ken Hearst, che lo portò a maturare un grande amore verso la cultura e una profonda stima nei confronti dell’ imperatore; egli si prese infatti cura personalmente dell’ istruzione di Pears.

    Nel frattempo, nella nuova Celtia martesiana, il piccolo Stephen continuava a crescere…

    LA NAVE È SALPATA

    Stephen, a soli diciannove anni, era uno dei combattenti più forti della sua città. Più volte gli fu offerto di prendere parte ad alcune spedizioni rivoltose, ma lui non era interessato a quelle che chiamava: Semplici azioni vandaliche. Il suo unico obbiettivo era quello di entrare nel cuore di Roknoll e tagliare la testa ad Hunter per vendicare suo padre. L’ indipendenza della sua isola era secondaria, se non terziaria e questo Stuart Knight lo sapeva bene…

    Il condottiero englasiano si trovava a Dusina per partecipare a un convegno di ribelli per liberare la Celtia dall’ impero e gli inviò una lettera, scritta di suo pugno, per invitarlo alla riunione. Il guerriero, con riluttanza, si presentò al luogo dell’ incontro, vestito con i soliti stracci verdastri, ma scoprì che non si trattava di una semplice riunione: ma di un’ esecuzione. Knight uccise Francis Ambros, uno dei più importanti funzionari dell’ impero, tagliandogli la gola con uno spadaccino.

    Saluta il signor Ambros, Stephen. Disse Stuart pulendo la sua lama con un panno.

    Volevi impressionarmi? Rispose lui con aria arrogante.

    No, volevo mostrarti come si uccide una persona visto che, a quanto mi risulta, la tua lama è ancora bianca. Replicò Stuart.

    Un’ espressione di nervosismo si palesò sul volto di Stephen che non seppe rispondere alla provocazione. Sei tanto grosso e forte, quanto stupido e malleabile. Disse l’ englasiano. Basta scherzi, passiamo alle cose serie, sono qui per proporti un futuro, un vitalizio e anche qualche donna se lo vorrai. Sono qui per prendere i tuoi capelli arancio sbiadito e colorarli di rosso sangue. Sono qui per fare in modo che la tua pelle bianca e i tuoi occhi verdi diventino sinonimi di morte e dolore. Continuò Stuart.

    All’ udire di queste parole, Stephen fu colpito da un impeto di rabbia che lo portò a sferrare un pugno a uno degli uomini di Knight, i quali si stavano avvicinando minacciosamente a lui. Il comandante estrasse dalla sua tasca un arma nuova che il guerriero non aveva mai visto e la puntò contro la sua gamba: da essa uscì uno strano oggetto rotondo che lo colpì alla gamba, facendolo cadere a terra sanguinante. Stuart riprese quindi a parlare: Vogliamo organizzare un attentato al re, hai trenta giorni per pensarci, ci vediamo… Steph.

    Il guerriero rimase a terra dolorante ma, nonostante il dolore, non riusciva a pensare ad altro che a quel nome: Steph. Esso era il nomignolo con cui lo chiamava suo padre nei suoi primi mesi di vita, se lo ricorda ancora, ma come faceva Stuart Knight a saperlo? Era come se le parole del comandante gli fossero entrate in testa, condizionandolo. Stephen si alzò e tornò faticosamente alla sua capanna cercando di evitare gli sguardi e le parole di coloro che, pur non avendo assistito alla scena, stavano godendo nel vederlo ferito e sofferente: ancora sanguinava quando sua madre, Sara, lo vide entrare e corse in suo aiuto. Lei fisicamente era molto simile a suo figlio: entrambi avevano una pelle bianchissima e degli incantevoli occhi verdi, ma i suoi capelli erano di nero molto intenso. La donna pose la sua mano sulla ferita del figlio e pronunciò delle parole stranissime che, come per magia, gli chiusero la ferita.

    Che hai combinato ancora Stephen? Chiese la madre.

    Niente madre. Se tu mi avessi insegnato a fare incantesimi invece che a leggere, non dovrei venire sempre da te quando mi succedono queste cose. Rispose lui.

    Se te ne stessi più tranquillo non dovrei ricorrere alla magia per curarti. Replicò Sara.

    Il guerriero se ne andò nella sua stanza e si sdraiò sul gruppo di stracci che sua madre chiamava letto, ripensando alle parole di Stuart Knight. Il fatto che egli conosceva il nomignolo con il quale Stephen veniva chiamato da piccolo, significava che l’ englasiano conosceva Sean, ma era un amico o un nemico? Questo dubbio si fece largo tra i suoi pensieri impedendogli di dormire la notte. Quell’ incontro gli provocò una vera e propria cascata di pensieri: quello sconosciuto si stava impegnando per ribaltare l’ impero, quindi aveva un obbiettivo ben preciso, invece qual’ era l’ obbiettivo di Stephen? Nessuno in realtà. Lui aveva vissuto solo seguendo la sua rabbia, il mondo gli aveva portato via suo padre e quindi lui ce l’ aveva con tutti ma in realtà, egli sapeva benissimo chi era il responsabile della morte di suo padre, o almeno chi era stato incolpato di questo, ovvero il re: Hunter Hearst. Stephen però non aveva mai fatto nulla per vendicarlo perché non ne era in grado: gli mancava quel fattore scatenante che lo potesse convincere a cambiare la sua vita e forse, lo aveva appena trovato. Il guerriero decise quindi di dare una svolta radicale alla sua vita: decise di intraprendere una campagna solitaria per porre fine alle stirpe degli Hearst. Distruggerla era diventato più importante della sua stessa vita.

    Quale pazzo affronterebbe da solo un intero impero? Un pazzo che non ha niente da perdere, perché ha già perso tutto. Pensò il guerriero quella notte.

    Aveva progettato un piano diabolico per disseminare dolore all’ interno della famiglia reale e per stroncarla definitivamente. Stephen non voleva più uccidere il re, ma voleva portarlo a una necrosi interna, a una lunga e interminabile agonia che avrebbe restituito al guerriero tutto ciò che Hunter gli aveva tolto. Come? Uccidendo suo figlio: Joan Hearst. Dopo l’ incontro con Knight, la vendetta era diventata l’ unica sua ragione di vita, quelle parole avevano alimentato il fuoco rabbioso che ardeva dentro di lui.

    Domani la nave salperà dal porto di Dusina, una volta arrivato a Roknoll cercherò il Palazzo reale e dopo che avrò trovato Joan Hearst, lo ucciderò senza alcune pietà. Alla vista del suo primogenito ucciso per le sue colpe, Hunter soffrirà come mai nella sua vita.

    Stephen prese la sua ascia d’ argento, dono di suo padre, e, prima di uscire di casa, passò davanti a sua madre, la quale stava dormendo su un tappeto in salotto e disse: Addio madre.

    Il guerriero uscì di casa, si recò al porto della città e salì sulla prima nave con destinazione Roknoll…

    La nave è salpata…

    Joan era un ragazzo molto sveglio, il primo della classe a scuola, il migliore in tutti gli sport, in poche parole: era il figlio perfetto. Alto, capelli corti, bruni, molto fisicato, era il ragazzo più ambito dalle figlie delle dame di corte. Amato dal popolo, Joan rappresentava il futuro di Martes. Il principe trascorreva tutto il suo tempo libero nel campo di addestramento dove si allenava in vista del giorno in cui si sarebbe scontrato con il generale Mark Red. Egli era un uomo molto autoritario e aveva addestrato Joan sin dal giorno della sua nascita. Secondo il rito di Martes, una volta che il generale dell’ esercito deicide di lasciare il suo posto, deve individuare tra i suoi allievi il suo successore. Il selezionato avrebbe dovuto poi dimostrare di meritare tale carica battendo il suo maestro in un duello amichevole.

    Stephen era in viaggio da alcuni giorni e sulla nave dove si trovava sentiva spesso parlare del principe e apprese la notizia che Mark Red lo avevo indicato come suo successore.

    Quale modo migliore per ferire il re che uccidere suo figlio nel giorno più importante della sua vita…

    Fu questo il pensiero che albergava nella mente del guerriero che però non si era mai chiesto una cosa: Sto facendo la cosa giusta?

    Durante una notte insonne, il guerriero stava passeggiando sul ponte, credendo di essere solo.

    Cosa fai ancora sveglio?

    La voce profonda dal capitano entrò di prepotenza nella testa di Stephen, che non si era nemmeno accorto della sua presenza.

    Dove sei diretto giovanotto? Chiese lui vedendo il giovane alquanto disorientato.

    Roknoll. Rispose lui avvicinandosi. Ci sei mai stato?

    Il capitano si mise a ridere e rispose: Ragazzo, io sono il capitano Gace, ho girato l’ arcipelago di Noa in lungo e in largo, vuoi che non sia mai stato a Roknoll?

    Fu solo allora che i loro sguardi si incrociarono: il capitano aveva una folta ma curatissima barba rossa, simile a quella che portava suo padre in tutti i quadri in cui era raffigurato, e due occhi blu accesi dello stesso colore del mare.

    Conosci Joan Hearst? Chiese Stephen.

    Se lo conosco? Ragazzo io l’ ho visto nascere! Pensa che ho navigato dall’ Edgizia, la mia terra, fino alla capitale, per assistere a questo evento. Rispose Gace.

    Io non l’ ho mai visto, veramente non sono mai uscito dalla mia terra.

    Quindi sei celtio?

    Certo.

    Avrei scommesso che provenissi dall’ Isola di Veronica.

    Per gli occhi?

    Certo che no, per la tua carnagione, lì hanno tutti la pelle come la tua.

    In effetti mia madre è nata lì, forse più avanti andrò a visitare quel posto.

    Come è giusto che sia! Questo è lo spirito ragazzo, non bisogna mai dimenticarsi delle proprie origini. Quella è Martes? Chiese Stephen indicando una luce.

    No ragazzo, quello è un fuocherello che viene acceso su uno scoglio per segnalare ai naviganti la giusta direzione quando navigano di notte. Rispose Gace.

    Non ne avevo mai visto uno.

    Ti posso fare una domanda ragazzo?

    Dimmi.

    Come stai?

    Chi? Io?

    Vedi qualcun’ altro su questa nave?

    Nessuno me lo aveva mai chiesto.

    Forse è per questo che ti credi così cattivo…

    Io sono cattivo.

    No, non sei cattivo sei solo molto stanco, va’ a dormire, domani salpiamo! Disse Gace facendogli l’ occhiolino.

    A domani.

    Joan era sul campo e si stava allenando insieme a uno dei suoi vecchi compagni quando Mark Red arrivò e gli chiese di potergli parlare in privato. I due rientrarono in una tenuta e Mark cominciò a raccontargli delle sue esperienze di guerra ma il principe non sembrava interessato: egli era intento a scrutare la maestosa figura del generale. Due metri di altezza, capelli lunghi e neri, ma la cosa che l’ aveva colpito fin da piccolo erano i suoi occhi. Mark aveva l’ iride viola e riusciva a incutere terrore con un solo sguardo.

    …Lui era molto più grosso di me, lo chiamavano Gaint, una bestia feroce più che un uomo, ma non mi feci prendere dal panico e decisi di attaccarlo alla gambe. Che dire? L’ ho abbattuto con un solo colpo anche se non sono riuscito a ucciderlo, al mio ritorno a casa, tuo padre mi regalò la famosa armatura viola…

    Joan lo stava fissando con molta attenzione cercando un difetto in lui, qualcosa di imperfetto nella sua fisionomia che avrebbe potuto avvantaggiarlo nel loro confronto del giorno successivo. Domani se vorrai battermi dovrai fare questo ed altro, dovrai spingerti oltre le tue capacità, la guerra non è un gioco a chi ha i capelli pettinati meglio, la guerra è sangue, sudore e sacrificio. Ci vediamo domani Joan. Disse Mark andandosene.

    Joan rimase in piedi imbambolato a fissare il vuoto: non si era nemmeno accorto che il generale se ne era andato. Il principe uscì poi dalla tenuta per recarsi verso il Palazzo e lungo la strada incontrò alcuni cittadini che, nonostante la tarda ora, lo acclamarono a gran voce, ma lui, da ragazzo umile quale era, si limitò a salutarli e a sorridere: si sentiva piuttosto a disagio fra la folla. Una volta arrivato a palazzo, si recò subito nella sua stanza, dove ad aspettarlo c’era sua moglie: Natalie.

    Ti vedo giù di morale. Come mai? Chiese lei.

    Non mi sento pronto per domani, ma non voglio parlarne. Rispose lui.

    I due andarono e dormire e calò la notte anche su Roknoll.

    Cari passeggeri, siamo giunti a destinazione! Esclamò il capitano Gace.

    Scoccò il mezzogiorno all’ arena della capitale: tutto era pronto per il combattimento.

    Stephen si trovava in prossimità dell’ arena, la quale, per sua fortuna, si trovava vicinissima al porto. Il celtio si aggirò per la zona con la sua ascia in spalla, consapevole del fatto che, le guardie non avrebbero mai fatto entrare uno straniero armato.

    Nel frattempo, all’ interno dello stadio, il combattimento era appena cominciato.

    Il celtio continuò a girare intorno all’ arena cercando un’ entrata non controllata, ma tutte erano sorvegliate da almeno tre guardie. Stephen stava aspettando da alcuni minuti che accadesse qualcosa che distraesse le guardie, ma l’ attesa sembrava interminabile.

    Sono stanco di aspettare. Pensò lui.

    Il guerriero imbracciò la sua ascia e si diresse verso un banchetto pieno di merci. La sua lama colpì violentemente un piccolo albero che cadde proprio sul banchetto. Le guardie si spostarono dalla posizione per vedere cosa fosse successo, nel frattempo Stephen, che si era nascosto lì vicino, vide scoppiare una lite tra due passanti: uno di loro accusò l’ altro di aver abbattuto l’ arbusto per distruggergli il banchetto a causa di alcuni dissapori privati, Stephen approfittò della situazione e riuscì ad entrare nell’ arena.

    Mark era in netto vantaggio su Joan: il principe, che già aveva mietuto molte vittime in battaglia, non riusciva a rispondere ai furenti attacchi del generale, i quali erano tanto potenti quanto precisi. Essi erano indirizzati verso il gomito sinistro del rivale, il quale era il punto più delicato del suo corpo: durante una spedizione per fermare le rivolte in Celtia subì infatti un affondo di spada che gli recise alcuni nervi proprio in quella zona. Nonostante le difficoltà, la folla continuava a sostenerlo: nobildonne, soldati, ragazzini di ogni età, se ne stavano tutti in piedi inneggiando al futuro generale… Tranne uno: una figura dalla pelle bianca vestita di stracci verdognoli e con un ascia argento dietro la schiena.

    Stephen era impassibile, aveva lo sguardo fisso sul suo obbiettivo e aspettava solo il momento giusto per piombargli addosso.

    Joan si stava riprendendo lentamente grazie al sostegno del pubblico.

    Stephen cominciò a scendere le gradinate diretto verso la prima fila.

    Joan iniziò ad attaccare freneticamente con colpi diretti alle gambe dell’ avversario che fece molta fatica a contenere tale veemenza. Il principe cominciò ad aumentare la frequenza degli attacchi.

    Stephen iniziò a scendere sempre più velocemente rischiando anche di inciampare in alcuni momenti.

    Mark colpì con un destro secco il volto di Joan che indietreggiò rapidamente. Il principe era disperato.

    Non ce la faccio. Pensò. È troppo forte, la sua spada è grossa il doppio della mia e i suoi colpi sono molto più pesanti dei miei. Forse dovrei arrendermi, ma cosa penserebbe mio padre? Non mi rivolgerebbe più la parola. E tutte queste persone? Oggi mi idolatrano come un dio e domani potrebbero sputarmi in faccia. No, non posso arrendermi. Io sono Joan Hearst.

    Il principe raccolse la sua spada da terra e la puntò contro Mark, un forte urlo uscì dalla sua bocca: Joan era partito alla carica.

    Stephen arrivò in fondo alle gradinate: Finalmente, erano anni che aspettavo questo momento, finalmente il nome di mio padre sarà vendicato ed io sarò ricordato come colui che ha posto fine alla stirpe degli Hearst. Sto facendo la cosa giusta? Certo che sì.

    Joan colpì Mark alla gamba: il generale era in ginocchio e il principe puntò la spada in mezzo ai suoi occhi. Red sorrise, stava per arrendersi quando… Un sasso gli colpì la tempia facendolo cadere.

    Stephen scavalcò la barricata atterrando sul campo di battaglia, uno guardia provò ad attaccarlo ma riuscì a liberarsi di lui con dei calci, la stessa sorte toccò ad altre tre guardie che provarono ad ostacolarlo. Il guerriero aveva gli occhi puntati sul suo bersaglio, Joan era confuso, non capiva chi fosse quell’ uomo né per quale motivo fosse intervenuto.

    Chi sei? Chiese lui. Chi sei e cosa vuoi da noi?

    Io sono Stephen O’Shaunnesy. Rispose il celtio. Forse tuo padre si ricorda di me, avevo solo pochi mesi quando il tuo re uccise mio padre!

    Hunter si alzò dal trono ed esclamò: Sì, mi ricordo di te, quella pelle e quei capelli sono inconfondibili, tua madre ti teneva in braccio quando entrai in casa vostra. Ti avranno detto che ho ucciso tuo padre ma non ti hanno detto che la nostra era una missione pacifica, nessuno avrebbe dovuto essere toccato, se i celti non avessero scatenato la rivolta a quest’ ora tuo padre sarebbe ancora vivo.

    Mio padre combatteva per il popolo, combatteva per il mio futuro! Rispose Stephen.

    No, tuo padre combatteva per sé stesso. Replicò Hunter.

    All’ udire di tali parole Stephen lanciò la sua ascia contro Joan che riuscì a stento a schivarla, il principe impugnò la sua spada ma il guerriero si era già lanciato contro di lui con tutto il suo corpo. Una volta bloccato a terra il celtio lo colpì con una scarica di pugni al volto che sembrava non avere fine. Il massacro continuava. La folla e la famiglia reale erano impietrite d’ innanzi allo spettacolo a cui stavano assistendo. Stephen prese Joan per il collo e cominciò a prenderlo a testate, il principe era ormai privo di sensi. Sembrava finita per lui...

    IL CONGRESSO DEI PRINCIPI

    Stephen si svegliò con un forte mal di testa e un grosso livido all’ altezza della tempia. Egli si trovava sdraiato su un piccolo letto, guardandosi attorno capì che si trovava in una cella. Il guerriero si alzò dal letto dolorante e si recò verso le sbarre della gabbia. Cercò di spezzarle ma era troppo debole e tramortito per riuscirci.

    Ma cosa ci faccio qui? Dove sono i miei vestiti? E la mia ascia? Dov’ è finita? Pensò lui. Ero sul campo, stavo per uccidere Joan, ora dove sono?

    Stephen non riusciva a darsi una spiegazione.

    Un gruppo di legionari passarono davanti alla cella, lui cercò di attirare la loro attenzione, ma essi passarono dritti senza calcolarlo minimamente.

    Se sono in prigione significa che ce l’ ho fatta giusto? Disse fra sé e sé. Si ce l ho fatta! L’ ho ucciso quel bastardo.

    Non hai ucciso proprio nessuno celtio.

    Chi parla? Fatti vedere al posto di parlare a vanvera. Rispose il guerriero.

    Una snella figura si palesò di fronte a lui: Mi chiamo Dan Dreco e sono il supervisore della prigione di Roknoll, nonché soldato e compagno d’ armi del principe Joan.

    È ancora vivo quel cane? Rispose Stephen contrariato.

    È un poco malconcio ma non rischia la vita, non sono stati in grado di ucciderlo in battaglia con le spade e pensavi di riuscirci tu con le tue sole mani? Chiese Dan provando ad accarezzargli i corti capelli rossi.

    Il guerriero lo respinse e indietreggiò: la sua mente era un misto tra la sua rabbia e la delusione derivate dal mancato successo della sua missione.

    Ti rivelerò un segreto. Proseguì Dan. In molti avrebbero voluto fare quello che hai fatto tu, ma nessuno ha mai avuto il coraggio di farlo.

    Odiano tutti il principino? Chiese Stephen.

    Dan si girò di spalle e tentennò, si sentiva in imbarazzo a guardarlo negli occhi, anche se, più che il suo sguardo, era infastidito dal fatto che il guerriero fosse mezzo nudo, in quanto privato degli abiti che gli coprivano il busto e le gambe. Il soldato si ricompose e disse: Joan è forse la persona più buona di questo mondo, nessuno gli vuole male, né a lui né al re. Il problema degli abitanti di Martes è l’ avidità; la brama di potere sta avvelenando questo posto. Villian Pears, è lui il vero cancro di questa terra, se avessi provato a uccidere lui ora saresti un eroe.

    I due si scambiarono un ultimo sguardo prima dell’ uscita di scena del legionario. Il guerriero rimase perplesso dall’ incontro: Dan lo guardava come nessuno lo aveva mai guardato e questo gli dava molto fastidio. Il giorno dopo, il soldato si presentò davanti alla cella di Stephen con tre pagnotte. Dopo essersi sistemato più volte i capelli bruni, aprì il cancello con la stessa cautela con la quale un equilibrista si accinge a camminare su una fune tesa a 50 m di altezza. Una volta dentro, appoggiò il vassoio col pane sul pavimento e chiuse la porta, restando però all’ interno della stanza, nel frattempo, il guerriero aveva appena aperto gli occhi. Egli si alzò immediatamente dal letto e avvicinandosi a Dan disse: Fammi uscire da qui, so che puoi farlo.

    Il legionario appoggiò la sua mano destra sul petto di Stephen, cominciò ad avvicinarsi timidamente a lui.

    Non osare farlo mai più. Gli sussurrò il guerriero prima di colpirlo con una testata sul naso.

    Stephen cominciò a colpirlo con dei pugni al costato facendogli perdere molto sangue dalla bocca. Il celtio lo prese per il collo e disse: Stavo per uccidere Joan, come ci sono finito qui? Rispondi unitile ammasso di carne e ossa!

    Dan sputò del sangue a terra e rispose in modo affannato: Mark Red, Mark Red ti ha colpito alla testa, con la tua ascia.

    Stephen lo lasciò cadere, uscì dalla cella e si mise a correre verso il cancello che separava la prigione dall’ aria aperta. Il guerriero provò a sfondarlo senza riuscirci e dopo svariati tentativi cominciò a perdere sangue dalla spalla destra. La porta era chiusa dall’ esterno e rinforzata con fibra di platino: era praticamente impossibile aprirla senza la chiave. Stephen era sdraiato accanto a quel cancello che non voleva saperne di aprirsi, ogni tanto provava a dargli qualche colpo ma senza successo.

    All’ improvviso, la porta si aprì dall’ esterno…

    Una guardia armata entrò dal portone, Stephen colse subito la palla al balzo e lo colpì alla stomaco con un pugno. Il soldato cadde a terra dolorante, il guerriero lo sollevò e lo portò in prossimità della sua cella dove vide Dan ancora steso col sangue che gli colava dalla bocca. Sembrava che fosse svenuto anche se aveva gli occhi aperti, Stephen appoggiò la sua mano sul petto per controllare se fosse ancora vivo: il cuore batteva ancora.

    Meno male che è ancora vivo, la mia prima vittima dovrà essere qualcuno di importante, non un’ inutile soldato come questo qua. Pensò il guerriero.

    Egli abbandonò la guardia nella cella insieme a Dan, ma solo dopo avergli rubato le chiavi e la lancia che portava con sé. Il celtio attraversò poi una serie di porte che lo portò, finalmente, fuori dalla struttura. La luce calda del sole colpì il suo corpo bianco e spoglio: un uomo normale avrebbe tentato la fuga verso casa ma lui no, lui era diverso, lui non se ne sarebbe andato finché non avrebbe ottenuto la sua vendetta. Il guerriero gettò a terra l’ arma che aveva appena rubato per non attirare l’ attenzione della folla, gli sembrava un’ impresa impossibile dopo quello che aveva fatto a Joan, ma non voleva comunque essere riconosciuto. Stephen iniziò quindi a girare a vuoto per Roknoll alla ricerca di qualcosa che lo aiutasse a capire dove si trovasse il Palazzo reale. All’ improvviso si imbatté in un corteo: la folla guardava verso un palchetto di legno alto non più di 2m. Un cartellone recitava una scritta: "Congresso dei principi, Englasia, fratelli Knight. Il Congresso dei principi è un convegno che si tiene ogni anno nel quale i rappresentanti delle varie isole si ritrovavano per discutere di molteplici argomenti, politici, ma anche personali. È tradizione che i rappresentanti, prima di partecipare al congresso, tengano un discorso di fronte agli abitanti di Roknoll per tranquillizzarli riguardo alla loro presenza e far saper loro di essere venuti in pace: ma quell’ anno si respirava una aria completamente diversa rispetto agli anni precedenti. Tre uomini, tra cui il capitano Stuart Knight, vecchia conoscenza di Stephen, salirono sul palchetto, il più alto di loro prese parola dicendo: Io sono Mik Knight e questi sono i miei fratelli: Jack e Stuart. Noi siamo la più alta autorità dell’ Englasia, almeno, io e Jack lo siamo."

    Mik e Jack si misero a ridere lasciando Stuart sommerso nell’ imbarazzo. Mik era un uomo alto, fisicato e un ottimo stratega, Jack era forte, spietato e aveva avuto molte amanti grazie ai suoi capelli biondi, una caratteristica molto rara all’ epoca. I due rappresentavano tutto ciò che Stuart avrebbe voluto essere: egli era stanco di farsi prendere in giro dai suoi fratelli e decise che era arrivato il momento di scioccare la popolazione con un annuncio stravolgente.

    Quest’ anno non ci sarà più pace in questo paese, l’ Englasia dichiara ufficialmente gu…

    Stuart non riuscì a finire il suo discorso perché Mik lo spinse giù dal palchetto.

    Fratellino come sei fantasioso oggi. disse lui.

    L’ intera folla iniziò a ridere, tranne uno…

    Stephen iniziò a farsi largo in mezzo alla folla per avvicinarsi a Stuart che però, si era accorto di lui. Il più piccolo dei fratelli Knight si pulì il vestito sporco di terra e puntò la sua pistola verso il guerriero.

    Cosa vuoi fare adesso? Sparare ai cittadini? Disse Jack sbeffeggiandolo.

    Sparerò a te se non chiudi quella bocca. Rispose Stuart girandosi verso il fratello.

    Stephen ne approfittò per colpirlo alla nuca con un calcio alto, la sua pistola cadde a terra e il guerriero la raccolse e la puntò contro i Knight. Egli però non sapeva come farla funzionare e si limitò a lanciarla verso Mik riuscendo addirittura a colpirlo al volto. Stephen saltò sul palco e disarmò Jack, che nel frattempo aveva estratta la sua pistola. Il guerriero cominciò dunque a colpirlo usando il suo nuovo giocattolo come oggetto contundente: nel giro di cinque minuti aveva umiliato i tre fratelli Knight senza neanche impegnarsi tanto. La folla si era dileguata e al loro posto arrivarono un centinaio di guardie armate che distrussero il palchetto a manganellate e accerchiarono Stephen…

    Una porta si chiuse…

    Il guerriero era al buio, aveva freddo e non vedeva nulla. Sentiva qualcosa di gelido che gli stringeva i polsi, con le dita riusciva a toccare qualcosa che, al tatto, sembrava una catena. Provò ad alzarsi ma era come se avesse dei pesi attaccati alle caviglie. All’ improvviso sentì un rumore: sembrava l’ aprirsi di un cancello. Stephen udì dei passi e capì che qualcuno era entrato nella stanza. Un fascio di luce, proveniente da una finestra appena aperta, lo colpì in faccia. La luce del sole gli diede fastidio ma gli permise di vedere i tre fratelli Knight e una guardia armata, che aveva aperto la finestra. Egli se ne andò lasciandoli soli. Stuart se ne stava in disparte, mentre Jack e Mik se ne stavano zitti a fissare Stephen con aria furibonda. I due impugnarono le loro pistole e le puntarono contro di lui.

    Non vi azzardate a toccarlo! Esclamò una voce profonda da dietro.

    Un uomo alto, coi capelli lunghi e bruni si palesò dietro a Stuart: era Andrew Hamlet, il sovrano della Scombia. Anche lui era a Roknoll per il Congresso dei principi ed aveva inoltre un accompagnatore illustre: Villian Pears, il sindaco della capitale di Martes. Fu proprio lui a interrompere il silenzio che si era creato dicendo: Il re lo vuole vivo.

    I tre fratelli uscirono quindi dalla cella molto contrariati. Stephen si trovò da solo con Pears e Hamlet.

    Quest’ ultimo, notando del nervosismo sul volto del celtio decise di presentarsi: "Mi chiamo Andrew Hamlet e sono il re della Scombia:

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