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La moglie del principe: Harmony Collezione
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E-book164 pagine3 ore

La moglie del principe: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Due scintillanti casate reali.



Il principe Cristiano di Savaré è un cacciatore spietato. E la preda, questa volta, è la bella Antonella Romanelli, principessa ereditaria di una dinastia che Cristiano ha tutte le ragioni di disprezzare.

Un'unica regale seduzione.



Antonella è scossa dall'incredibile magnetismo di Cristiano, e dall'effetto che questo ha sui suoi sensi. Ma dietro quel sorriso ammaliatore sembra esserci il ghiaccio: il principe di Savaré ha deciso di domarla, e se per farlo dovrà sedurla, questo per lui sarà solo un piacere in più...
LinguaItaliano
Data di uscita8 set 2017
ISBN9788858972359
La moglie del principe: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    La moglie del principe - Lynn Raye Harris

    1

    Osservando la propria immagine riflessa nello specchio, il principe Cristiano di Savaré allacciò l’ultimo bottone della camicia dello smoking e raddrizzò le punte del colletto. Il leggero ondeggiare dello yacht sotto i suoi piedi era l’unico indizio del fatto che si trovasse a bordo di una nave e non in una lussuosa stanza d’albergo. Aveva volato per oltre duemila miglia per trovarsi lì quella sera e, nonostante non fosse stanco, il suo viso era livido, al punto che le rughe gli segnavano la bocca e gli solcavano la fronte, facendolo apparire più vecchio dei suoi trentun anni.

    Si costrinse a fare un sorriso, studiando la propria espressione. Sì, avrebbe funzionato. Le donne si intenerivano sempre quando virava sulla modalità fascino.

    Infilandosi la giacca, ne tolse un laniccio con un colpetto delle dita. Che cosa avrebbe pensato Julianne se l’avesse visto in quell’istante? Avrebbe dato qualunque cosa per una fugace visione del suo volto, del leggero broncio quando si concentrava – come avrebbe sicuramente fatto in quel momento, raddrizzandogli la cravatta e implorandolo di non fare una faccia così seria.

    Incapace di sopportare la sua stessa espressione al pensiero della moglie defunta, distolse lo sguardo dallo specchio. Era stato sposato per un periodo così breve, ed era accaduto talmente tanto tempo prima, che, a volte, non riusciva a ricordare la sfumatura esatta dei capelli della moglie, o il suono della sua risata. Era normale?

    Sapeva che lo era, eppure quel dettaglio lo irritava e lo rattristava allo stesso tempo. Julianne aveva pagato a caro prezzo quel matrimonio. Il prezzo supremo. Non si sarebbe mai perdonato per averle permesso di morire quando avrebbe potuto impedirlo. Avrebbe dovuto impedirlo.

    Erano trascorsi quattro anni e mezzo da quando era salita a bordo dell’elicottero diretto verso l’instabile confine che divideva Monterosso da Monteverde. L’aveva lasciata andare senza di lui, a dispetto del brutto presentimento che nutriva.

    Julianne, studentessa di medicina, aveva insistito per accompagnarlo in una missione umanitaria. Quando, all’ultimo istante, era stato costretto a rinunciare, avrebbe dovuto ordinarle di rimanere con lui, ma la moglie l’aveva convinto che la neoprincipessa doveva impegnarsi a costruire la pace con Monteverde.

    E lui si era lasciato convincere.

    Chiuse gli occhi. La notizia che una bomba monteverdiana aveva posto fine alla vita di Julianne e a quella di altri tre operatori umanitari aveva scatenato in lui una rabbia e una disperazione mai sperimentate prima.

    Era colpa sua. Se le avesse impedito di andare, sarebbe stata ancora viva. Se non l’avesse sposato, sarebbe stata ancora viva. Perché mai l’aveva fatto? Si era posto quella domanda milioni di volte, da allora.

    Era stato certo che sposarla fosse la scelta giusta.

    Solo che, invece, non lo era stata. Non per Julianne.

    Basta!

    Lasciando calare uno scudo mentale, escluse quei pensieri. Non sarebbe stato di compagnia per gli ospiti di Raúl Vega in tali condizioni. Quelle tragiche giornate se le era lasciate alle spalle. In seguito aveva trovato un suo scopo e non avrebbe avuto pace finché non l’avesse raggiunto.

    Monteverde.

    La principessa.

    La ragione per la quale si trovava lì.

    «È una notte incantevole, non credi?»

    Emergendo dalla porta della propria cabina, la principessa Antonella Romanelli trovò un uomo che la osservava, appoggiato al parapetto. Il suo smoking si fondeva con la notte, facendo di lui solo un profilo contro le luci di Canta Paradiso. Poi l’uomo fece un passo avanti, e la luce del ponte gli illuminò il volto.

    Lo riconobbe all’istante, nonostante non si fossero mai incontrati. Quei bei tratti – i capelli corvini, gli zigomi affilati, le labbra sensuali – potevano appartenere a un solo uomo. All’ultimo uomo al mondo al quale avrebbe dovuto parlare.

    Inspirando a fondo, si sforzò di ritrovare quell’imperturbabilità per cui era famosa.

    Che cosa ci faceva lì? Che cosa voleva?

    «Vedo che il gatto ti ha mangiato la lingua.»

    Di persona era ancora più bello che nelle fotografie che aveva visto. E più pericoloso. Emanava una tensione che la catturò, avviluppandola nella sua scura presenza. Campanelli d’allarme si misero a squillare fragorosamente nella sua mente. «Per niente. Mi hai semplicemente colta di sorpresa.»

    Il suo sguardo la lambì lentamente, facendole fremere la pelle al proprio passaggio. «Non ci hanno presentati.» Il suo tono era soave, la voce voluttuosa e seducente come cioccolato fuso. «Sono Cristiano di Savaré.»

    «So chi sei» rispose, pentendosene subito. Come se le parole fossero armi e lei potesse usarle per respingerlo. «Il principe ereditario di Monterosso.»

    Il peggior nemico della sua nazione.

    Per quanto la storia delle tre nazioni consorelle – Monteverde, Montebianco e Monterosso – fosse strettamente intrecciata, solo Monteverde e Monterosso erano rimaste in guerra. Pensando ai soldati monteverdiani che quella notte erano di guardia presso il confine, alle recinzioni di filo spinato, alle mine antiuomo e ai carri armati, un cupo dolore la trafisse.

    Erano là per lei; erano là per tutti i monteverdiani. Impedivano che il loro stato venisse invaso. Non poteva deluderli, né deludere il resto della nazione, fallendo nella propria missione. E non l’avrebbe fatto.

    Sollevò il mento. «Che cosa ci fai qui?»

    Il suo sorriso non fu quello che si aspettava: un lampo di denti incredibilmente candidi nell’oscurità. E amichevole... quasi come il ringhio ferino di un leone! Le si rizzarono i peli sulla nuca.

    «Lo stesso che ci fai tu, suppongo. Raúl Vega è un uomo molto ricco, vero? Potrebbe portare parecchio lavoro a una nazione tanto fortunata da entrare in affari con lui.»

    Antonella si sentì ghiacciare il sangue nelle vene. Era lei ad aver bisogno di Vega. Monteverde aveva bisogno della Vega Steel. Per il suo popolo, era questione di vita o di morte. Da quando suo padre era stato deposto, suo fratello aveva tenuto insieme la nazione grazie alla pura forza di volontà. Ma non sarebbe durata ancora a lungo. Avevano bisogno di investimenti stranieri. I debiti astronomici contratti dal padre erano arrivati alla scadenza, e Monteverde non aveva il denaro necessario per ripagarli.

    «Il mio interesse nei confronti del signor Vega non ha niente a che vedere con gli affari» commentò, disinvolta.

    «Ah, già, ne ho sentito parlare...» chiosò Cristiano con un sorrisetto.

    La donna si strinse meglio lo scialle di seta sull’elegante abito color panna.«Se ha finito, Sua Altezza» tagliò corto, glaciale, «credo che mi stiano aspettando a cena.»

    Lui si avvicinò, così tanto che quell’invasione del suo spazio personale non poteva che essere intenzionale. Era alto e robusto, e le ci volle tutta la forza di volontà di cui era dotata per non indietreggiare. Aveva trascorso anni a farsi piccola davanti al padre irato: quando, sei mesi prima, era finalmente stato arrestato, si era ripromessa che non si sarebbe mai più ritratta davanti a un uomo in vita sua.

    «Allora mi permetta di scortarla, principessa, visto che andiamo nella stessa direzione.»

    Era così vicino, così reale. Così minaccioso. «Sono in grado di trovare la strada anche da sola.»

    «Non ne dubito.» Il sorriso non raggiungeva gli occhi.

    Sotto quell’atteggiamento cortese, Antonella percepiva ostilità. Tenebra. Vuoto.

    L’uomo proseguì. «Ma se rifiuti la mia compagnia, potrei pensare che hai paura di me.»

    Lei deglutì amaro, ordinando alla propria gola di funzionare. Si era avvicinato troppo alla verità. «Perché mai dovrei aver paura di te?»

    «Appunto.» Le porse il braccio, sfidandola ad accettarlo.

    Esitò. Essere vista con lui era un tradimento nei confronti di Monteverde. D’altra parte, quelli erano i Caraibi: Monteverde era lontanissima, nessuno l’avrebbe mai saputo. Inoltre non vedeva altra via d’uscita, e di certo non sarebbe fuggita come un bambino spaventato.

    «E va bene» si arrese, appoggiandogli la mano sul braccio... e sentendosi immediatamente attraversare da una scossa elettrica, tanto forte da farla quasi ritrarre di scatto. Toccarlo era come sfiorare un fulmine. Le parve di vederlo sobbalzare a sua volta, ma non ne era sicurissima.

    Era forse odore di zolfo, quello che sentiva? Non l’avrebbe affatto sorpresa: per quanto la riguardava, quell’uomo era il diavolo incarnato. Il nemico.

    Ma no, era solo la sua immaginazione. Cristiano profumava come una notte salmastra: fresca, pulita, con un accenno di spezia. Il suo cuore ebbe un tuffo, come se stesse precipitando in discesa libera. C’era qualcosa in lui. Qualcosa di oscuro, e pericoloso.

    «Sei qui da molto?» le domandò, mentre si incamminavano lungo il ponte esterno.

    «Qualche giorno» rispose, distrattamente, chiedendosi come fargli accelerare il passo. A quella velocità, ci sarebbero voluti diversi minuti per raggiungere l’imponente salone principale. Minuti nei quali sarebbe stata sola in sua compagnia. «Ma non ho ancora visto molto dell’isola.»

    «No, immagino di no.»

    Al suo tono, si pietrificò. Compiaciuto, superiore. «Che cosa vorrebbe dire?»

    Voltandosi verso di lei, Cristiano le fece scivolare lentamente lo sguardo lungo il corpo, dall’alto in basso e poi di nuovo su. Valutandola. Giudicandola. Stranamente, Antonella si ritrovò a domandarsi di che colore fossero quegli occhi. Azzurri? Grigi, come i suoi? Alla luce giallastra dei lampioncini del ponte, non riusciva a capirlo. Ma sentì che l’avevano lasciata tremante e, allo stesso tempo, piena di desiderio.

    «Vorrebbe dire, principessa, che quando si trascorre la maggior parte del proprio tempo sdraiati è difficile dedicarsi alle escursioni.»

    «Come osi supporre di conoscermi...» proruppe lei, senza riuscire a reprimere un gemito.

    «E chi non ti conosce, Antonella Romanelli?»

    Se le avesse scoccato una freccia dritta al cuore, non avrebbe potuto farle più male.

    Che cosa poteva dire in propria difesa? Ma, soprattutto, perché sentiva il bisogno di difendersi?

    Fece per voltarsi e andarsene, ma Cristiano le afferrò un polso, impedendole di fuggire. La sua presa era più salda di quanto avesse immaginato, e il cuore prese a batterle così rapidamente che temette di svenire. Suo padre era un uomo forte, facile agli accessi di rabbia e alla violenza. Aveva sperimentato la furia del suo pugno più volte di quante volesse ricordarne.

    «Lasciami andare» sibilò, mentre un gelido terrore le faceva venire la pelle d’oca.

    Appena l’uomo allentò la stretta, ne approfittò per liberarsi. «Chi pensi di essere? L’erede al trono di Monterosso... questo non ti rende certo speciale ai miei occhi! La mia vita non ti riguarda!»

    «Brava!» esultò lui, gli occhi che scintillavano pericolosamente. «Quale passione! Viene da chiedersi quanto appassionata tu possa essere in altre circostanze.»

    «Dovrai continuare a domandartelo, Sua Altezza, perché mi getterei dalla nave piuttosto di condividere il letto con un individuo della tua specie!»

    Non che l’avesse mai condiviso con nessun altro uomo... ma lui non lo sapeva. Nonostante fosse ancora vergine, erano bastati delle feste, qualche pettegolezzo e alcune fotografie per trasformare la verità in una menzogna. La maggior parte degli uomini la credeva sofisticata e mondana, e l’unico con il quale aveva avuto il coraggio di uscire davvero, una volta che si era liberata dalla morsa d’acciaio del padre, era andato in giro a raccontare che avevano dormito insieme – dopo che lei l’aveva seccamente respinto! Poi altri avevano ripreso quelle voci, finché era diventato impossibile distinguere il vero dal falso.

    Dio, gli uomini le davano la nausea! E quello non faceva eccezione.

    Il suono della risata beffarda di Cristiano la riportò al presente. Si rese conto troppo tardi di aver appena fatto l’inimmaginabile: aveva sfidato un uomo la cui fama di donnaiolo era leggendaria. Un uomo del quale le donne parlavano in toni estasiati, piene

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