Senza maschera: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Lia Corretti ha imparato a seppellire le proprie sofferenze dietro una facciata, quindi riconosce immediatamente il dolore che legge negli occhi di quello sconosciuto. Ma non c'è nulla di familiare nella scossa sensuale che la attraversa quando si ritrova stretta al suo forte corpo, spinta contro la parete della sala da ballo.
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Anteprima del libro
Senza maschera - Lynn Raye Harris
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
A Façade to Shatter
Mb Sicilian Scandals
© 2013 Harlequin Books S.A.
Traduzione di Velia De Magistris
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-076-9
1
Non amava le feste. Non più.
Un tempo era stato l’anima di ogni party. Poi, circa un anno prima, tutto era cambiato.
Una ruga che gli solcava la fronte, Zach Scott affondò le mani nelle tasche dei pantaloni. Si era illuso che andare in Sicilia per accompagnare un’amica a un matrimonio sarebbe stato facile. Si era sbagliato. Il matrimonio non si era celebrato, ma il ricevimento era comunque in corso. E lui se ne stava in piedi in un angolo della grande sala, chiedendosi dove fosse finita Taylor Carmichael, considerando la possibilità di inviarle un SMS per scusarsi per il ritardo con cui era arrivato, e per la fretta con cui invece aveva intenzione di abbandonare il rinfresco.
Le tempie gli pulsavano dolorosamente, conseguenza di una notte agitata. Aveva sognato di nuovo. Spari, esplosioni e aerei che precipitavano.
Non c’era nulla di meglio di una lotta per la sopravvivenza per convincere un uomo a rivedere le proprie priorità. Da quando il suo cacciabombardiere era stato abbattuto in territorio nemico, gli eventi sociali che prima avevano occupato gran parte del suo tempo si erano trasformati in una tortura di cui faceva volentieri a meno.
Purtroppo sfuggire a quegli impegni adesso era ancora più difficile di quanto lo era stato prima. Perché Zachariah James Scott IV, figlio di un illustre senatore degli Stati Uniti ed erede di un colosso dell’industria farmaceutica, adesso era anche un eroe di guerra.
La ruga sulla fronte si accentuò.
Dopo essere stato tratto in salvo – una missione nella quale ogni marine coinvolto aveva perso la vita – era diventato una specie di divo. I media praticamente gli davano la caccia, un fenomeno dovuto principalmente a suo padre, che non perdeva occasione per raccontare la vicenda del valoroso figliolo ogni volta che teneva un discorso ufficiale.
Zachariah Scott III non aveva alcuna intenzione di far cadere nel dimenticatoio quella storia, anzi aveva intenzione di sfruttarla per ottenere benefici nel mondo politico.
Suo figlio aveva fatto il suo dovere per quanto nulla lo avesse costretto. Suo figlio aveva messo la patria al di sopra di tutto, persino di se stesso.
Onestamente doveva ammettere che avrebbe potuto assumere la dirigenza della Scott Pharmaceuticals e guadagnare comodamente montagne di denaro piuttosto che pilotare bombardieri in zone di guerra. Ma pilotare era una parte integrante della sua natura.
O meglio, era stata una parte di lui prima che il suo aereo precipitasse, prima che i violenti mal di testa di cui aveva cominciato a soffrire lo rendessero non idoneo al volo.
Sì, tutti ammiravano il soldato coraggioso che aveva combattuto per la patria ed era sopravvissuto.
Lui però non si sentiva coraggioso, e sicuramente non pensava di aver fatto qualcosa di straordinario. Non voleva essere oggetto di tutte quelle attenzioni, era certo di non meritare onori e riconoscimenti. Perché, dal suo punto di vista, aveva fallito.
Purtroppo non era in suo potere mettere la parola fine a quella commedia, così si limitava a sorridere ai fotografi, l’atteggiamento rigido di un bravo militare, e a morire dentro. E più moriva dentro, più l’interesse della stampa aumentava.
Tuttavia, c’erano dei vantaggi. Aveva assunto il controllo della Scott Foundation, l’associazione benefica gestita dalla sua famiglia, e lavorava instancabilmente per sostenere la causa dei veterani. Spesso, dopo il congedo, ai militari restava poco più di un’esistenza devastata. Il Governo cercava di occuparsi di loro, ma era un’impresa titanica che il più delle volte risultava insufficiente.
Il suo scopo era salvarne quanti più possibile. Lo doveva a tutti loro.
Si guardò intorno. Almeno in quel momento non era lui il bersaglio dei giornalisti. I rappresentanti della stampa siciliana erano in fermento a causa del folle gesto della sposa che aveva abbandonato il futuro marito praticamente a un passo dall’altare.
Lui non interessava a nessuno. Bene.
Non gli accadeva spesso di passare inosservato.
Tuttavia i suoi sensi erano tesi, come per la percezione di un imminente disastro. Si incamminò lungo un lato della sfavillante sala mantenendo una distanza di sicurezza dagli ospiti e continuando a cercare Taylor con lo sguardo. Non aveva risposto ai suoi SMS, la qual cosa era allarmante. Taylor era stata così in ansia alla prospettiva di quel viaggio che avrebbe segnato il suo ritorno alle scene. Così preoccupata per l’incontro con il regista, e per l’opinione che questi avrebbe avuto di lei.
Però Taylor era una dura, perfettamente in grado di affrontare a testa alta le domande indiscrete dei giornalisti. Desiderava con tutta se stessa riprendere a recitare, interpretare quel film per poi devolvere ogni guadagno alla clinica per i veterani di Washington, dove aveva trascorso tanto tempo aiutando chi aveva bisogno.
Pensò ai soldati, agli aviatori, ai marinai, a tutti gli ex militari di cui si occupava la struttura, alle ingenti somme di denaro necessarie affinché quella missione potesse continuare. Sapeva che Taylor era determinata a dare il suo contributo. Nulla l’avrebbe fermata.
Si fermò in un angolo tranquillo – per quanta tranquillità potesse esserci in quella confusione – ed estrasse di nuovo il cellulare dalla tasca. Insieme al telefono venne fuori una medaglia legata a un nastro rosso. Sorpreso, guardò l’onorificenza che aveva ricevuto per aver servito in Afghanistan. Taylor doveva avergliela infilata in tasca quando era andata a ritirare lo smoking in lavanderia. Con fare assente, passò un dito sulla piccola croce, la strinse nella mano e la rimise al suo posto.
Non avrebbe voluto accettare quel riconoscimento, ma non aveva avuto altra scelta. Oh, ne aveva ricevuti molti altri, quelli che il padre non mancava mai di menzionare nei suoi discorsi. Lui semplicemente si sforzava di dimenticarli.
Taylor cercava di convincerlo che li aveva meritati tutti. Le sue intenzioni erano delle migliori, ovviamente, ma la sua insistenza rischiava di farlo impazzire.
Compose il suo numero con fare indispettito. Nessuna risposta. Frustrato, scosse la testa. Doveva accertarsi che Taylor stesse bene prima di andare via. La folla degli invitati era sempre più fitta – dunque era vero ciò che si raccontava, che i siciliani non perdevano mai un’occasione per festeggiare – e il rumore sempre più assordante. Non era dell’umore adatto per sopportare tutto ciò.
Si girò verso l’uscita.
Il DJ scelse proprio quel momento per dare inizio all’intrattenimento. La sala piombò nel buio per un istante, poi le luci stroboscopiche lampeggiarono con violenza. Gli invitati cominciarono a dimenarsi al ritmo incalzante della musica.
Zach sentì il cuore balzargli in gola. Respirando affannosamente, si appoggiò a una parete.
È solo una festa. Solo una festa... Ma quei lampi accecanti non si fermavano. Le persone battevano le mani, urlavano. La morsa gelida del panico si richiuse su di lui.
No, no, no...
All’improvviso fu di nuovo in trincea, soffocato dall’oscurità della notte mentre intorno infuriava la battaglia. Chiuse gli occhi, deglutì nel tentativo di forzare il nodo che gli serrava la gola, in bocca il sapore del sangue e della polvere.
Rabbia e frustrazione gli montarono dentro. Voleva combattere, voleva imbracciare il fucile e affrontare il nemico al fianco dei marines. Ma aveva una gamba fratturata, non poteva muoversi...
Gli occhi chiusi, i pugni stretti in un atteggiamento di impotenza, rimase immobile per interminabili istanti. Poi avvertì la pressione di una mano su un braccio.
La mano risalì fino alla spalla, per soffermarsi infine sulla sua guancia in una dolce carezza che lo strappò dalla paralisi.
Reagì con l’istinto di un guerriero. Afferrò quella mano e la torse fino a strappare un grido al suo proprietario. Ma la voce era quella di una donna, non di un terrorista la cui intenzione era ucciderlo.
La mente registrò la morbidezza del corpo premuto contro al suo. Un corpo avvolto da una lucida seta che scivolava sulla stoffa della sua giacca.
Zach si costrinse ad aprire gli occhi. Non era nel deserto. Non era l’unico sopravvissuto.
I rumori iniziarono a separarsi. Distinse la musica, le risate, le conversazioni. Focalizzò lo sguardo sulla parete, si rese conto che vi aveva spinto contro una donna, il braccio ritorto dietro la schiena.
La donna respirava a fatica.
«Stai tranquillo» disse lei con tono sorprendentemente calmo data la situazione. «Non credo di essere chi tu pensi io sia.»
Chi pensava che fosse? Zach scosse la testa. Un nemico, un uomo determinato a privarlo della vita.
Ma si sbagliava, giusto? Era in Sicilia, per la precisione al matrimonio di uno dei famosi Corretti, e la donna era un’ospite, proprio come lui. Aveva grandi occhi blu che risaltavano su un viso molto grazioso. Capelli mogano raccolti in una sofisticata acconciatura, seni pieni che la scollatura del vestito elegante sembrava non riuscire a contenere. Lui la inchiodava al muro con tutto il suo peso.
Con una mano le torceva il polso, con l’altra le aveva afferrato il mento, costringendola a reclinare la testa. Le morbide curve di lei aderivano al suo corpo, un’esperienza che non aveva da troppo tempo.
Perché non c’era stato posto nella sua vita per la morbidezza da quando era tornato dal fronte. Non lo aveva mai considerato un problema ma ora si ritrovò ad anelare a quel contatto. L’adrenalina prese a pompargli nelle vene, cogliendolo di sorpresa.
Lasciò andare la donna di scatto, arretrò quasi si fosse bruciato. Ecco perché evitava accuratamente di apparire in pubblico, ragionò. A causa di quegli improvvisi, pericolosi sbalzi di umore.
«Perdonami» mormorò.
«Stai bene?»
Una domanda semplice che contrastava con una situazione piuttosto drammatica, pur tuttavia a Zach non venne in mente nulla da replicare. L’unica via di uscita era la fuga, decise. Per una volta, invece di restare e fronteggiare stoicamente ogni difficoltà, voleva darsela a gambe.
Nessuno avrebbe assistito alla sua strategica ritirata. Non c’erano giornalisti, fotografi, nessuno che lo obbligasse a recitare la parte dell’eroe e a sopportare.
Si girò, cercò l’uscita con lo sguardo. Vide una porta, la varcò quasi correndo. Si ritrovò in un atrio, fresco e tranquillo. Un rumore alle sue spalle lo indusse a voltarsi.
Lei era lì, lo osservava. I capelli rosso scuro contrastavano con il rosa del vestito che indossava. Ancora una volta, Zach notò come il corpetto contenesse a malapena i seni alti e pieni.
«Stai bene?» domandò lei di nuovo.
«Sì» replicò Zach in uno stentato italiano. «Devi scusarmi. Mi hai colto di sorpresa.»
La donna avanzò di qualche passo. Era bella nonostante l’abito orrendo. Aveva voglia di toccarla, capì Zach. Strinse i pugni. Un tempo aveva accettato qualsiasi cosa le donne gli offrivano ogni volta che accadeva, ma quell’uomo ormai non esisteva più.
Dapprima aveva creduto che il sesso lo avrebbe aiutato a dimenticare. Non era successo. Fare sesso aveva soltanto acuito la percezione dello scontro fra vita e morte, facendolo sentire peggio piuttosto che meglio.
Ormai negarsi i piaceri della carne era diventata una sorta di routine per lui. Una routine oltretutto necessaria, poiché reagiva agli incubi in modo troppo imprevedibile per poter condividere il letto con una donna.
Purtroppo quegli incubi adesso lo assalivano anche da sveglio, così come era successo pochi minuti prima.
La donna lo stava ancora guardando, gli occhi blu-verde socchiusi ombreggiati da ciglia lunghissime.
«Non mi sembra che tu stia bene» osservò.
Zach le guardò le mani, notò come si stesse massaggiando un polso. Evidentemente le doleva, ed era colpa sua, capì provando disgusto per se stesso. Era diventato un uomo capace di aggredire