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Asante Kenya: la mia (piccola) Africa
Asante Kenya: la mia (piccola) Africa
Asante Kenya: la mia (piccola) Africa
E-book109 pagine1 ora

Asante Kenya: la mia (piccola) Africa

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Info su questo ebook

Vivere in Africa è una cosa che può durare tutta la vita.

È sera. E, nel caldo di un'estate romana del lontano 1974, per la prima volta nella mia vita sto guardando in hotel con papà un fantastico schermo da cui escono immagini piene di luci e suoni.

Sono così ipnotizzato da quello strano oggetto rettangolare chiamato televisione che quasi non mi viene in mente la cosa più importante: domani mattina partiamo per Nairobi!

AFRICA...

In quel momento non lo sapevo ancora, ma il Kenya avrebbe segnato per sempre la via vita lasciando un'impronta piena di ricordi.

Quelli che nelle pagine che seguono cercherò di raccontarvi dedicandoli soprattutto ai miei due piccoli bimbi.

Spero che possano affascinarvi tanto ma soprattutto farvi capire che – anche se oggi siete piccoli – il mondo è un posto grande quanto i vostri sogni e la vostra voglia di crescere!
LinguaItaliano
Data di uscita28 dic 2015
ISBN9788891195937
Asante Kenya: la mia (piccola) Africa

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    Anteprima del libro

    Asante Kenya - Paolo Donati

    keniota)

    Premessa

    È sera. E per la prima volta, nella una stanza di un hotel vicino all’aeroporto, sto guardando con papà un fantastico schermo da cui escono immagini piene di luci e suoni. Sono così ipnotizzato da quello strano oggetto rettangolare chiamato Televisione che quasi non mi viene in mente la cosa più importante: domani partiamo per Nairobi!

    AFRICA

    Poi, fra una canzone di Mina e una di Raffaella Carrà, ecco arrivare la voce di papà che mi richiama d’un tratto alla realtà: Paolo, è ora di andare a letto, domattina dobbiamo svegliarci presto.

    Non ricordo grosse scenate. Solo il veloce pensiero che domani, lì - in quel posto chiamato Africa - avrei forse finalmente potuto avere un piccolo leone in giardino!

    Vuoi mettere con il canarino che avevamo in cucina?

    Eh sì, perché per un bimbo di 4 anni come me quel mondo chiamato Africa restava ancora un grande mistero da coltivare nella piccola giungla del parchetto sotto casa: quella animata dalla feroce tribù delle formiche vicine all’altalena e dalle alte montagne di sabbia vicino allo scivolo.

    Papà spegne la TV.

    E nei miei ricordi tutto quel giorno si ferma lì.

    Venti ore dopo eccomi in un altro hotel, di fronte ad un altro schermo questa volta però a colori: quello della finestra di un nuova stanza, di un nuovo albergo, di una nuova città, con colori, suoni e profumi diversi: Nairobi, Kenya.

    Che ci facevamo lì?

    Beh, dovete sapere - Carolina e Matteo - che nonno Franco a quel tempo viaggiava molto per lavoro.

    Non era la prima volta che si recava in Africa: dopo essersi diplomato all’Istituto Tecnico, il nonno era stato in Ghana, in Nigeria e in altri paesi a lavorare come giovane tecnico di cantiere (un giorno vi spiegherò poi cosa voleva dire in termini di fatica). Anni difficili ma per lui indimenticabili. Anche perché tornando di passaggio in Italia aveva conosciuto in montagna (…buffo, dopo tanto caldo) la nonna Emanuela. Giusto il tempo per fidanzarsi, perché poi di lì a poco aveva dovuto di nuovo tornare in Africa, in un altro cantiere.

    Qualche mese di lavoro e poi, al rientro, ecco finalmente arrivare le nozze con la nonna.

    Ma a dire il vero, dopo la cerimonia a Milano e la cena in quel ramo del lago di Como, le celebrazioni diciamo che furono… con la valigia in mano. Non per il viaggio di nozze di un paio di giorni nella vicina Svizzera (erano proprio altri tempi…), ma perché questa volta c’era una nave che li aspettava a Genova: quella per la Libia dove per qualche anno il nonno avrebbe dovuto seguire un nuovo cantiere.

    E dove, di lì a poco, venni alla luce anch’io. Era l’11 giugno 1969, in un ospedale americano, durante i giorni segnati dai chiassosi colpi di fucile sparati in aria nella vicina caserma dai soldati di un certo Colonnello che, deposto il re, girava una pagina di cronaca locale.

    Ma neanche a dirlo ecco arrivare un giorno di luglio il fiocco rosa: un breve rientro a Milano per far nascere la sorellina poi, nel giro di qualche mese, tutti e quattro eravamo nuovamente in partenza verso l’Algeria (un anno) e poi per Roma. Giusto il tempo di fare un po’ di scuola materna in quel di Ostia perché di lì a breve - in quel lontano giugno 1974 - ecco arrivare improvvisamente (…si fa per dire) la notizia che la ditta di papà aveva vinto un appalto presso il nuovo aeroporto di Nairobi.

    Laggiù saremmo stati fino all’estate del 1978.

    In quel momento non lo sapevo ancora, ma il Kenya mi avrebbe lasciato tantissimi bei ricordi che, nelle pagine che seguono, cercherò di raccontarvi. Spero davvero che possano affascinarvi tanto ma, soprattutto, farvi capire che – anche se oggi siete piccolini – il mondo è davvero un posto davvero grande quanto i vostri sogni e la vostra voglia di crescere!

    Buona lettura,

    Papà

    1. Arriva il Concorde!

    E’ ufficiale: oggi, 26 febbraio 1975, atterra all’aeroporto di Nairobi il Concorde!

    Sì, avete capito bene ragazzi: arriva il Concorde!

    Chi non ha mai sentito parlare del Concorde? l’aereo che, come un veloce caccia, attraversa gli oceani in poche ore e vola alto nel cielo alla velocità del suono… mach 1…

    Vado subito in camera e… lo prendo: eccolo là nella cesta dei giochi, con la livrea bianca e rossa della British Airways, le sue grandi ali triangolari, il carrello altissimo e poi quel muso appuntito che, udite udite, si alza e si abbassa durante le fasi di decollo e di atterraggio!

    - Ehi Paolo, andiamo.

    E’ la voce di papà che entra in camera con l’immancabile camicia bianca a maniche corte, gli short grigi e le calze al ginocchio.

    - Sei pronto? mi chiede.

    - Arrivo papà, ancora un attimo, fammi accendere il Concorde!.

    Quel mio modellino giocattolo era proprio bello: ricordo ancora il fracasso che faceva quando portava al massimo i suoi motori e accendeva le luci per decollare.

    Lo prendo veloce con me e salgo sulla Renault 4 bianca di papà, direzione aeroporto.

    Come al solito mi metto comodo… davanti: eh sì, all’epoca le regole sulla sicurezza stradale erano un po’ indietro, tanto che non c’erano né le cinture né i seggiolini per i bimbi.

    Per questo la gioia di andare in macchina con papà era per me sempre una cosa enormemente immensa. Mentre parte così per la sua veloce visita al cantiere, accanto a lui anche questa volta

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