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L'essenza della vita
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E-book163 pagine2 ore

L'essenza della vita

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Info su questo ebook

La storia narra le vicende di Yaichiro Hashimoto, venticinquenne impiegato di un'agenzia di trasporti e del suo incontro con Mei Nishimura, pasticcera di talento ventitreenne. Il libro cerca di avvicinarsi alla consapevolezza che la vita in se' e' un qualcosa di effimero, che può scomparire in qualunque momento.
LinguaItaliano
Data di uscita14 giu 2015
ISBN9786051760759
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    Anteprima del libro

    L'essenza della vita - Matteo Pasinato

    Nishimura

    Monotonia

    Capitolo 1

    Era un pomeriggio freddo. Un freddo insolito, che penetra fin nel profondo delle ossa. Volgendo lo sguardo al cielo intravidi una spessa coltre di nuvole. Essa ostruiva il passaggio dei raggi di luce che si nascondevano al di la di essa. Nonostante ci fossero le nubi non pioveva, pero' si riusciva a percepire distintamente l'odore della pioggia nell'aria. L'orologio da polso sul braccio scandiva silenziosamente il tempo. Ero in piedi alla stazione ad aspettare il treno, circondato da un'infinita' di persone. Alcune tornavano a casa dopo il lavoro, altri uscivano con la famiglia o con gli amici, ed altri ancora. Avevo appena finito di lavorare e, come ogni giorno, aspettavo l'arrivo del treno che mi avrebbe riportato a casa. Il fumo emesso dalle automobili permeava l'aria a tal punto che, a momenti, era difficile persino respirare. Quello era uno di quei giorni in qui tutto intorno a me appariva grigio, per certi versi persino privo di vita. Una marea di persone si affannavano per farsi strada durante l'ora di punta, ognuno con i propri pensieri e preoccupazioni che, per esso sembravano cosi grandi ma per qualcuno che lo guardava da lontano erano pressoché inesistenti. Quando mi perdo in certi ragionamenti capisco che, in fin dei conti, ognuno di noi e' solo nonostante tutta la vicinanza che ha con le altre persone. A quel tempo avevo venticinque anni. Un'impiegato di un'azienda di trasporti, mi chiamo Yaichiro Hashimoto. Ero tra quelli che organizzavano i percorsi dei veicoli aziendali. All'improvviso sentii una voce dagli altoparlanti che annunciava l'imminente arrivo del treno. Qualche istante dopo, puntuale come sempre esso arrivo in stazione e appena le porte si furono aperte i passeggeri uscirono, dopo di che noi che aspettavamo demmo loro il cambio salendo a nostra volta. Una volta sul treno tutti si misero comodi, e coloro che non riuscirono ad accaparrarsi un posto rimasero in piedi, incluso me. Mi aggrappai alla maniglia per prepararmi allo sbalzo che avrebbe causato la partenza del treno. Essa emetteva ancora il calore della mano del passeggero che mi aveva preceduto; era una sensazione davvero insolita riuscir a sentire una parte dell'essenza di una persona sconosciuta in quel modo. Il paesaggio appariva distorto per via delle gocce di pioggia sui finestrini; le sagome degli edifici apparivano distorte, quasi minacciose. Il treno era pieno zeppo di persone; alcuni si erano messi a leggere il giornale altri avevano optato per i telefonini. Era davvero strano; c'erano tantissime persone pero' nessuno parlava con il passeggero accanto a se. Le persone erano cosi vicine, eppure cosi lontane l'una dall'altra... Il treno arrivo' presto alla mia fermata, solamente qualche persona oltre a me scese. Davanti a me apparve quella fredda strada d'asfalto che portava a casa mia. Mi ero portato l'ombrello perciò non ci furono problemi riguardo al tempo. Il ticchettio delle gocce di pioggia riecheggiava sotto l'ombrello. Camminavo e, tutto d'un tratto mi ritrovai nella via residenziale dove vivevo; essa distava circa una ventina di minuti dalla stazione e mentre tornavo a casa nell'ora di punta, qualche volta, mi capitava di imbattermi in qualche mio vicino. Non e' che fossimo molto affiatati tra di noi, voglio dire, non facevamo feste del vicinato e simili. Ciò che pensavamo quando ci incontravamo era:Oh, ma guarda, il tizio della casa accanto. tutto qui. Comunque le convenzioni sociali ci imponevano di salutarci a vicenda perciò dicevo: -Salve. sorridendo. Facevano lo stesso poi andavamo ognuno per la propria strada. Il mio appartamento era normale, non troppo piccolo ma nemmeno eccessivamente grande. All'entrata c'era un mobile nel quale riponevo varie cianfrusaglie, sopra di esso avevo appeso un specchio. Più avanti sulla destra c'era la cucina, vari piani di lavoro ed un frigo. C'era anche una finestra che dava sulla strada, non che ci fosse un gran panorama, dalla quale nei giorni di sole si poteva osservare una marea di gente che passeggiava felice. Nei giorni di pioggia come questo invece assumeva un'aria cupa, sconsolante, l'unica cosa che riuscivo a vedere era la strada grigia che si univa al cielo scuro mentre le gocce di pioggia scendevano lungo il vetro della finestra. Non era nulla di speciale, ma il solo fatto che essa ci fosse mi rassicurava. Oltre queste quattro mura c'è un intero mondo. era questo ciò che mi veniva in mente quando guardavo fuori. Oltre alla cucina c'era anche il salotto che era nella parte sinistra dell'appartamento, più avanti. C'era un divano per due ed una poltrona singola, essi erano orientati in direzione del televisore. Avevo appeso al muro un quadro che ritraeva un tramonto; i colori erano lucenti e la flebile luce del sole che tramontava si univa alle altre sfumature di cielo. Guardando quel quadro, in qualche modo, mi sentivo meglio; era una sensazione che non potevo spiegare a parole, l'unica cosa di qui ero sicuro era che esso risvegliava un piacevole calore nel mio cuore. Ero annoiato da quella quotidianità ; ultimamente mi ero reso conto di quanto monotona e prevedibile fosse diventata la mia vita. Mi alzavo la mattina, mi lavavo i denti, facevo la doccia, mangiavo e poi andavo a lavorare. Una volta finito tornavo a casa con il treno. Avevo la costante sensazione che mi mancasse qualcosa, pero' non riuscivo a dare una forma ad esso. Mi risvegliai la mattina seguente, svegliato dall'assordante rumore della metropolitana che passava vicino a casa. Le pantofole erano una vicino al letto e l'altra vicino alla porta. Sul pavimento c'erano i vestiti che avevo messo il giorno precedente e la flebile luce dei raggi di sole cadeva su di essi. Un nuovo giorno, eh? pensai ironicamente mentre mi alzavo dal letto. Andai in bagno a rinfrescarmi, poi in cucina. Erano le otto, feci colazione guardando fuori dalla finestra. Il cielo si era schiarito rispetto al giorno prima, e si prospettava una giornata soleggiata. Quando finii di mangiare uscii e mi avviai verso la stazione. Il mio turno iniziava alle nove e dieci, perciò avevo tutto il tempo per rilassarmi. Lungo la strada vidi' una marea di persone, come ogni giorno del resto. Arrivai alla stazione qualche minuto dopo, erano le otto e tre quarti, giusto in tempo. Salii sul treno pero' non ebbi la fortuna di trovare un posto libero, perciò mi tocco' stare in piedi. Mi ritrovai circondato nuovamente da un'infinita' di persone; nell'aria riuscivo a sentire come vari odori si amalgamassero l'uno all'altro, come i respiri delle singole persone si unissero in uno solo. Fissavo un punto imprecisato dell'orizzonte che appariva dinanzi a me quando guardavo fuori dalla finestra, aspettando di arrivare alla stazione. La mia fronte era appoggiata al freddo vetro dei finestrini, e riuscivo a sentire ogni vibrazione che il treno produceva mentre si muoveva. Ad un certo punto chiusi gli occhi e feci un respiro profondo, avevo voglia di mangiare qualcosa di dolce. Fin da bambino andavo matto per i dolci e quando mi sentivo giù ero solito recarmi in pasticceria per comprarne alcuni. Mi ricordo che nella mia città natale c'era una pasticceria nella quale facevano i migliori dolci della zona. La proprietaria era un'anziana signora che prima di aprire il suo negozio li era una pasticcera di fama mondiale. Amavo passare i miei pomeriggi a gustare tutte le prelibatezze che preparava mentre ascoltavo le storie che amava raccontarmi. Esse riguardavano il suo passato, mi descriveva con minuzia tutte le esperienze che aveva vissuto girando per il mondo e delle persone che aveva incontrato. Quando me ne andai dalla città mi disse che, molto probabilmente, avrei incontrato sua nipote nella città nella quale andavo. Anche lei aveva deciso di andarsene per cercare di avere successo in una grande metropoli. Mi disse che amava preparare dolci ed aveva intenzione di aprire una pasticceria. Mi ricordo di averla vista alcune volte nel negozio della signora; era solita osservarmi da dietro l'angolo della parete, mi diede l'impressione di una persona timida ma gentile. Mi ricordava tanto un micio che guarda spaventato da sotto una macchina. Il treno arrivo' alla stazione poco dopo, erano le nove meno dieci. Arrivai al lavoro giusto in tempo. Li incontrai Yosuke Takahashi un mio collega nonché amico; aveva dei capelli biondi mediamente lunghi e degli occhi di un verde chiaro. -Ciao, come va la vita? mi chiese sorridente. -Bene, e a te? Come mai sei cosi allegro?, -Oh, beh sai,... mi sono trovato una ragazza e cosi... gongolo' lui. -Buon per te. risposi con finto interesse. -Eddai, non c'è bisogno di fare quella faccia mio caro Yaichiro, vedrai che anche tu troverai presto la tua anima gemella. Già, una mera consolazione non credi? Pensai tra me e me. Il resto della giornata passo' come al solito, sembrava quasi un vecchio film che avevo già visto e rivisto ed ormai non aveva più segreti per me; dipendenti che andavano qua e la frettolosamente, segretarie che preparavano il caffè spettegolando,... mah che noia. Non ce la facevo davvero più a sopportare quella monotonia, era esasperante. Avevo davvero bisogno di qualcosa che infrangesse quella mia noiosa quotidianità. Uscito dall'ufficio mi diressi verso la stazione. Mi incamminai svogliato, non avevo voglia ne di camminare ne tanto meno di fermarmi. Una strana sensazione. Forse noia? pensai, no era qualcosa di un po più complesso. Non sapendo come definirla non ci pensai più e continuai a camminare. Arrivato alla stazione mi ritrovai nuovamente circondato da un'infinita' di gente, come al solito del resto. Una volta che le porte si aprirono salii sul treno. Inizio' di nuovo a piovere.

    Colore

    Capitolo 2

    Una volta salito mi sedetti su un sedile vicino all'uscita, visto che era l'unico libero. Il treno parti'; quel giorno mi ero portato dietro un libro, per ammazzare un po' il tempo, mi misi a leggerlo e mi concentrai solo su di esso. Narrava la storia del primo amore di un sedicenne e di tutte le cose che gli capitano nella vita; in certe situazioni si percepiva la comicità, in altri la tristezza. Era molto coinvolgente come storia, anche se il tema era abbastanza comune.

    Mentre ero intento a leggere il mio libro il treno si fermo' all'ultima stazione prima della mia fermata. Anche se si avvicinava meta' dicembre il sole non era ancora tramontato nonostante l'ora.

    Quando le porte si aprirono un brezza che portava l'odore della pioggia con se soffio' e riempi' il treno. Una manciata di persone entro' ed alcune uscirono, ma tra di esse c'è n'era una che attiro' particolarmente la mia attenzione; una ragazza che aveva dei capelli castani raccolti in una treccia con un elastico giallo ed un paio di occhiali con la montatura rossa.Il treno comincio a muoversi e prima che me ne rendessi conto la stazione era già alle mie spalle.

    La ragazza andò a sedersi non lontano da me, poi si mise delle cuffie alle orecchie ed iniziò a guardare fuori dal finestrino. La scena davanti a me si presentava grigia ai miei occhi, quasi scolorita come un vecchio ricordo. L'unico colore che distinguevo erano il rosso dei suoi occhiali, esso risplendeva e donava colore a quella scena grigia e

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