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Il Tesoro del Re: Parte Seconda - Antonino Amato
Il Tesoro del Re: Parte Seconda - Antonino Amato
Il Tesoro del Re: Parte Seconda - Antonino Amato
E-book284 pagine4 ore

Il Tesoro del Re: Parte Seconda - Antonino Amato

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IL TESORO DEL RE
PARTE SECONDA - ANTONINO AMATO -

Antonino Amato e la sorella Nuccia, per metà egiziani e per metà siciliani hanno a Linate, a pochi passi dall'aeroporto, un'azienda di trasporti e in una convention a Milano conoscono Herr Karl Zwiller, presidente di un'importante azienda svizzera di autotrasporti.
Tra Herr Zwiller e i due fratelli Amato si instaura un rapporto speciale. Herr Zwiller appassionato di storia antica possiede nella sua villa un piccolo museo pieno di preziosi reperti storici che non ha mai mostrato a nessuno. Nino, ha il piacere di vedere queste meraviglie e si rende disponibile, per il suo amico svizzero, a compiere uno furto al museo egizio del Cairo e approfittando dei disordini in città, sostituisce con due falsi, due oggetti appartenuti a Tutankhamon.
L'amicizia con un pilota dell'Alitalia e la concomitanza della vacanza in Egitto di Lorenzo, Serena e del capitano dei carabinieri Fabrizio Vittori, protagonisti de L'ORO DI POLLUPICE, convincono Nino sulla buona riuscita del suo piano per riportare in Svizzera i due reperti del TESORO DEL RE.
Una nuova e avvincente avventura ricca di colpi di scena, prima in Egitto e nel Mar Rosso e poi a Milano e in Svizzera a Yverdon les Bains.
LinguaItaliano
Data di uscita4 ago 2017
ISBN9788822807274
Il Tesoro del Re: Parte Seconda - Antonino Amato

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    Il Tesoro del Re - Mimmo Villa

    IL TESORO DEL RE

    PARTE SECONDA

    - ANTONINO AMATO -

    Antonino Amato e la sorella Nuccia, per metà egiziani e per metà siciliani hanno a Linate, a pochi passi dall'aeroporto, un'azienda di trasporti e in una convention a Milano conoscono Herr Karl Zwiller, presidente di un'importante azienda svizzera di autotrasporti.

    Tra Herr Zwiller e i due fratelli Amato si instaura un rapporto speciale. Herr Zwiller appassionato di storia antica possiede nella sua villa un piccolo museo pieno di preziosi reperti storici che non ha mai mostrato a nessuno.

    Nino, ha il piacere di vedere queste meraviglie e si rende disponibile, per il suo amico svizzero, a compiere uno furto al museo egizio del Cairo e approfittando dei disordini in città, sostituisce con due falsi,  due oggetti appartenuti a Tutankhamon.

    L'amicizia con un pilota dell'Alitalia e la concomitanza della vacanza in Egitto di Lorenzo, Serena e del capitano dei carabinieri Fabrizio Vittori, protagonisti de L'ORO DI POLLUPICE, convincono Nino sulla buona riuscita del suo piano per riportare in Svizzera i due reperti del TESORO DEL RE.

    Una nuova e avvincente avventura ricca di colpi di scena, prima in Egitto e nel Mar Rosso e poi a Milano e in Svizzera a Yverdon les Bains.

    Capitolo 1

    MILANO, 2011 GENNAIO

    IL CAIRO

    - Ultima chiamata per il Sig. Antonino Amato. Imbarco immediato. -

    La voce chiara e suadente che l'altoparlante diffondeva non si curava in nessun modo di celare una punta di ironia. I due baristi, per qualche secondo, avevano interrotto il loro lavoro e fissavano sorridendo il punto nel contro soffitto nel quale era inserita una cassa acustica.

    Vuoi scommettere dieci euro che questa volta l'aereo parte senza di lui?

    Figurati se Nino perde l'aereo! Lascia perdere e fammi due caffè macchiati.

    Ogni volta era così, i due ragazzi che prestavano servizio al bar vicino al check-in dell'aeroporto di Milano Linate, scherzavano sulla puntualità del Sig. Antonino Amato.

    Eccolo! Avresti perso dieci euro.

    Le porte automatiche si stavano richiudendo alle spalle di un bell'uomo di cinquant'anni, passo deciso e sorriso da impunito, quasi pregustasse i commenti che sarebbero arrivati.

    Nino, ci hai fatto prendere un colpo, anche questa volta ti davamo per disperso.

    Tranquilli ragazzi e grazie per il pensiero, oggi il caffè non lo prendo, sono davvero in ritardo.

    Come il solito.

    Ci vediamo al ritorno, buon viaggio.

    Alla prossima, buon lavoro a voi.

    Simpatica persona.

    Hai ragione, ma ancora una volta mi domando: perché abitando qui dietro è sempre regolarmente in ritardo?

    Non ne ho la più pallida idea, lasciamo perdere e pensiamo ai caffè.

    Pensa che a qualche centinaio di metri, nella zona industriale, sulla strada verso Milano c'è l'insegna Autotrasporti Amato e più di una volta ho pensato che Nino arrivi fin qui a piedi.

    Potrebbe anche farlo visto che è sempre senza bagaglio, a parte il borsone blu. Però una volta l'ho visto scendere da un furgoncino guidato da una bella donna.

    Fammi un cappuccio per la signora con gli occhiali e per oggi non pensiamo più a Nino.

    L'azienda Autotrasporti Amato aveva la sua sede a Milano, in via Forlanini, a meno di un chilometro dall'aeroporto di Linate. L'insegna ricordava quella di American Airlines con due A maiuscole leggermente sovrapposte, una blu e una rossa e al posto dell'aquila stilizzata aveva disegnato la sagoma di un Tir e di un furgone rigorosamente uno rosso e l'altro blu.

    Un furgoncino e un Tir esattamente come quelli in miniatura contenuti in quel momento nel suo bagaglio a mano: una trentina di modellini buttati alla infusa nel borsone.

    Un rito, una sequenza di gesti e di azioni che si ripeteva regolarmente ogni due, tre settimane;  una fotocopia a colori, un film già visto.

    Buongiorno mia cara, un omaggio della ditta. Appoggiava sul banco del check-in il biglietto e un modellino, sfoderando il più simpatico dei sorrisi senza nascondere un pizzico di malizia aspettando la risposta della hostess che qualche volta era anche invitante.

    Grazie Nino,  fai buon viaggio. Mi piacerebbe vedere l'intera collezione dei tuoi modellini.

    Di nuovo un sorriso stampato sulle labbra, una veloce promessa e poi via di corsa per raggiungere l'uscita e l'imbarco passando prima dal controllo del metal detector.

    Ragazzi è arrivato Nino!

    Svelto, hanno appena passato il messaggio col tuo nome.

    Dammi la borsa, hai qualche cosa di nuovo oggi?

    Due nuovi modelli di furgoni e un Tir.

    Ne prendo uno, guardo quello che mi manca.

    Ne serve uno anche a me. L'addetto al monitor aveva un nipotino che aveva un amico che a sua volta aveva un amichetto e tutti amavano giocare e collezionare i modellini dei camion.

    L'arrivo di Nino portava un po' di scompiglio tra gli addetti al controllo e ogni volta le battute di spirito si sprecavano mentre il borsone passava di mano in mano svuotandosi di una parte del contenuto senza neanche passare ai raggi x.

    Lasciatemi qualche cosa per l'equipaggio.

    Intendi dire qualche cosa per le hostess?

    Sei sempre il solito, dai qua. Ciao a tutti, al prossimo giro. Poi di nuovo di corsa fino all'imbarco e poi fuori dove al posto del pullman una piccola vettura di servizio lo portava fino all'aeromobile. Qualche passeggero in attesa di essere imbarcato credeva così di aver visto in Nino un attore della TV e inviava la foto alla moglie chiedendo se l'aveva già visto in qualche programma.

    L'ultimo atto di questo copione era l'arrivo a bordo con la richiesta di scuse ai vicini di posto: in fondo erano solo un paio di minuti.

    Hostess e piloti li avrebbe salutati dopo, con calma.

    La signora che occupava il posto dodici A lo stava guardando come si guarda una persona che si pensa di aver già visto, quasi imbarazzata da quel bell'uomo che le si era appena seduto di fianco salutandola calorosamente quasi fossero amici da sempre.

    In effetti Antonino Amato era davvero un bell'uomo, capelli scuri con qualche filo bianco appena visibile, sopracciglia folte e occhi marroni, un naso con una leggerissima gobba e la labbra carnose e ben proporzionate. L'incarnato scuro lo doveva alle sue origini: era per metà siciliano e per metà nordafricano: il padre di Agrigento e la madre egiziana.

    I suoi genitori si erano conosciuti una vita fa, era l'epoca del boom delle costruzioni di alberghi e villaggi sulle rive del mar rosso. Suo padre geometra di una grande impresa edile italiana e sua madre, una giovanissima guida turistica. 

    Li ricordava volentieri fino a commuoversi guardando una vecchia foto che portava sempre con sé; erano abbracciati e sorridenti con le maestose piramidi a fare da sfondo.

    Dal padre aveva imparato a essere pratico e deciso, da lui aveva ereditato la capacità di saper gestire ogni tipo di situazione, di usare la fantasia e soprattutto di riconoscere i propri limiti. Nino sapeva quando doveva dire di no e quando era il momento di fermarsi. Sua madre invece gli aveva trasmesso l'amore per la storia, per l'arte e per le cose belle. Quante volte, ancora ragazzino, l'aveva seguita nel suo lavoro unendosi alle comitive di turisti che arrivavano al Cairo affamati della storia antica di quel paese. Sapeva tutto di Luxor, di Giza, di Assuan, conosceva a memoria la storia dell'antico Egitto e Faraoni, re e regine non avevano segreti per lui. Il museo del Cairo era stato per qualche tempo la sua seconda casa e accompagnava sua madre al lavoro e si sentiva grande quando qualcuno lo descriveva come l'assistente della guida. Aveva solo tredici anni anche se fisicamente sembrava averne almeno un paio in più e sapeva rispondere a ogni domanda che i turisti curiosi gli facevano. Descriveva con perizia i vari manufatti preziosi esposti al museo, raccontava con dovizia di particolari la storia degli antichi sovrani, esattamente come sapeva muoversi con estrema abilità nel dedalo di viuzze nella città vecchia tra bancarelle e piccoli negozi. Parlava bene l'inglese, un po' meno il francese e quel che bastava per rispondere a qualche domanda in lingua germanica.

    Naturalmente parlava la lingua del suo paese e per volere del padre, in casa si parlava solo italiano.

    Nino aveva una sorella bella come mamma l'ha fatta diceva suo padre ed era la verità e lui l'adorava. Per lei avrebbe messo la mano sul fuoco o venduto l'anima al diavolo.

    Si chiamava Mariuccia, un nome rigorosamente italiano anche se poi, per tutti, era diventata Nuccia.

    Era stata proprio lei a ricevere la telefonata dall'Italia, ad ascoltare quelle parole che avrebbero cambiato per sempre la loro vita.

    Lo zio Francesco era morto: un infarto fulminante. Lo avevano trovato cadavere nel suo ufficio di Milano, seduto alla sua scrivania. Vedovo e senza figli aveva dedicato la sua vita interamente al lavoro

    Francesco Amato era il più grande dei due fratelli e su al nord aveva creato una solida azienda specializzata negli autotrasporti e quando due anni prima aveva scoperto di avere problemi di cuore aveva predisposto tutto e nel suo testamento lasciava tutti i suoi averi al fratello e ai due nipoti.

    Il pasto quel giorno era stato consumato in silenzio e velocemente; in cucina si sentiva solo il tintinnio delle posate che toccavano il piatto e dei lunghi sospiri a frenare le lacrime.

    "Ragazzi dobbiamo parlarvi, io e la mamma abbiamo preso una decisione importante, abbiamo fatto una scelta che cambierà la nostra vita.

    Poi aveva snocciolato una serie di dati, di notizie e particolari sulla ditta di autotrasporti dello zio.

    Mio fratello Francesco, oltre alla sua azienda ci lascia anche la casa. Quando ci siamo sentiti a Natale mi ha fatto promettere di nuovo che non avrei lasciato andare tutto alla malora.

    Non sapevo se ero felice, naturalmente ero dispiaciuto per la morte dello zio ma allo stesso tempo mi rincresceva lasciare la scuola, gli amici e soprattutto il lavoro con la mamma con la quale avevo quasi instaurato un rapporto professionale. Spesso mi parlava dei suoi progetti, delle sue idee e del desiderio di aprire un'agenzia tutta sua.

    A tavola non aveva aperto bocca, gli occhi chiusi e le lacrime erano lì, nascoste da qualche parte, forse trattenute dalle lunghe ciglia e pronte a fare la loro comparsa.

    Nuccia invece cercava in tutti i  modi di trattenere la sua gioia e aveva iniziato a sparecchiare la tavola con ancora del cibo nei piatti. Per lei l'Italia e ancor più Milano erano il sogno della vita.

    Non riuscivo a capire mio padre, il suo viso era come quello di una sfinge, enigmatico, freddo, duro. Una maschera di cera.

    Poi finalmente aveva rotto il silenzio.

    Non venderemo la nostra casa né l'affitteremo e tutte le volte che vostra madre vorrà respirare un po' di aria africana, ci torneremo.

    Le lacrime erano scese sulle guance della mamma e anche papà si era portato il tovagliolo sugli occhi.

    C'erano voluti due mesi per sistemare gli affari di famiglia in città e nel bel mezzo di un'estate italiana, fresca e piovosa avevamo preso possesso della casa di zio Francesco e dell'azienda di autotrasporti.

    Due grossi camion Scania, quattro furgoni Fiat e un'auto familiare. Un grande capannone di quasi mille metri quadri per due terzi adibito a deposito con scaffali alti fino a soffitto pieni di scatoloni di tutte le misure.

    Anni prima, lo zio aveva chiuso alcuni importanti contratti con due tra i principali distributori di ricambi per auto. Il papà mi aveva spiegato che con i grossi camion si ritiravano i ricambi dai produttori, si scaricavano al deposito e si dividevano sistemandoli sugli scaffali poi si lavoravano gli ordini di autorimesse, meccanici e carrozzerie di Milano e delle provincie vicine facendo poi le consegne con i mezzi più piccoli.

    Il nuovo logo della società era merito mio, avevo dato io l'input a papà dopo aver visto in un film un aereo della American Airlines. Uno studio pubblicitario aveva elaborato la mia idea e ancora oggi le due A maiuscole sovrapposte tra loro campeggiavano sulle fiancate dei nuovi camion e furgoni.

    L'azienda funzionava ancora bene anche se i primi contraccolpi della crisi iniziavano a farsi sentire e in ufficio bastavamo io e Nuccia ma il nostro chiodo fisso era quello di cercare di diversificare, almeno in parte, la nostra attività.

    Qualche anno prima i nostri vecchi, con immensa gioia della mamma, erano tornati in Egitto dove, purtroppo dopo qualche mese nostro padre era morto.

    La bionda del dodici A si stava scusando per aver invaso il mio spazio.

    Posso aiutarla?

    Non saprei, lei conosce l'Egitto?

    Sì. Ci sono nato e vissuto per quasi quindici anni poi mi sono trasferito a Milano ma mia madre abita ancora al Cairo. Era una guida turistica e spesso le ho fatto da assistente.

    Quindi  mi sta dicendo che conosce Il Cairo?

    La risposta è sì! Alla mia compagna di viaggio brillavano gli occhi e forse le avrei risolto qualche problema.

    Sono sfacciata se le chiedo qualche dritta?

    Assolutamente no. La stavo osservando da un po' cercando di non farmi notare. Era una bella donna con accento lombardo e di almeno quarant'anni. Aveva un bel profilo e decisamente un bel sorriso ma non era bionda naturale.

    Vedo che ha già un programma!

    L'aveva preparato un'amica che all'ultimo momento ha avuto un problema.

    Niente di grave spero.

    Distorsione a una caviglia, scendendo da un marciapiedi.

    Tacco dodici.

    Prego?

    Colpa delle scarpe?

    Può dirlo forte! Maledetti tacchi. Io invece sono per le comodità. Aveva alzato le gambe per mostrarmi le scarpe. Aveva le caviglie fini, mi piaceva.

    Quindi ha deciso di fare la vacanza da sola. Non ha paura?

    Perché mai? Ci sono abituata e so stare lontano dai pericoli.

    Ci credo. Mi riferivo a quello che sta succedendo al Cairo in questi giorni. Non ha visto i TG?

    Li ho visti e mi sono documentata e non mi sembra che la situazione sia così esplosiva.

    Forse non lo è oggi ma domani tutto può cambiare.

    Non mi metta paura, la prego.

    Non è mia intenzione, anzi le scrivo qualche indirizzo che potrà tornarle utile e se vuole le lascio anche il mio numero di telefono.

    Me lo scriva qui, Signor …? Non ci siamo presentati. Mi chiamo Francesca Spadoni, sono architetto e ho il mio studio in un piccolo paesino nel milanese, quasi in Brianza.

    Non aveva anelli ne unghie colorate e la stretta di mano era decisa. Mi piaceva.

    Antonino Amato. Per tutti sono Nino e sono in viaggio di lavoro. A Milano ho un'azienda di autotrasporti in società con mia sorella e al Cairo abbiamo da qualche anno una piccola partecipazione con un'importante azienda sempre nel settore.

    In effetti questa collaborazione era un po' particolare e il mio ruolo era quello di consulente strategico e responsabile del marketing.

    Tenga, questo è il mio biglietto da visita e questo è il numero del cellulare che uso in Egitto

    Ciao Nino, buongiorno signora. L'hostess, ben truccata, con un buon profumo ed elegante nella sua divisa verde bandiera mi stava sorridendo. Ti disturbo?

    Veronica tu non disturbi mai, non pensarlo nemmeno. Mi ero alzato dandole un leggero bacio sulla guancia suscitando così la curiosità di Francesca, l'architetto del dodici A.

    Avevo annuito un paio di volte e poi l'avevo salutata con un – arrivo subito – e da sotto il sedile avevo preso la mia borsa. Un blu piccolo e due rossi grandi. Con cura avevo richiuso la borsa rimettendola sotto il sedile con la linguetta della cerniera capovolta.

    Francesca mi scusi, devo accontentare una richiesta del pilota. Non aveva capito. Mi capitava spesso di fare una visita in cabina portando qualche modellino dei camion. Avevo ormai collezionato più di settanta diversi modelli di mezzi di trasporto, di tutte le marche e  molti con delle personalizzazioni particolari costringendo chi riceveva un primo modellino in regalo a richiederne un secondo e poi un terzo di colore e marca diversa.

    Non rimanevo molto in cabina, anche perché non era del tutto regolare, cinque minuti al massimo parlando delle solite cose e quel giorno anche della mia vicina bionda, dei disordini in città e delle prospettive future. Una bibita fresca, i saluti di rito con appuntamento al prossimo viaggio assicurando tutti dell'arrivo di nuovi modellini.

    La borsa era dove l'avevo lasciata ma la linguetta della cerniera era nella posizione opposta. E brava Francesca! Una bella curiosona!

    Posso chiederle una cosa Nino?

    Tutto quello che vuole. Provi.

    La sua azienda si occupa anche di trasporti aerei?

    Si riferisce alla mia, diciamo, familiarità con l'equipaggio?

    Sì.

    La risposta è no! Solo trasporti su gomma. Sono ormai vent'anni che volo con Alitalia e spesso mi trovo a volare con lo stesso equipaggio.

    Conosce il comandante?

    Bruno Bruni. Fiorentino ma vive a Milano.

    E' un appassionato di modellismo?

    Prego? Francesca era improvvisamente diventata rossa in viso mentre stropicciava un angolo della cartina dell'Egitto che ancora teneva aperta in mano.

    Mi scusi la curiosità, quando ha aperto la borsa ho visto che ha preso dei modellini e mi scusi anche se ho ascoltato la sua conversazione con la hostess. Non mi giudichi troppo male: sono un po' curiosa.

    Perdonata. Mi offrirà un caffè egiziano alla prima occasione e comunque non sono tutti interessati ai modellini anzi mi farebbe piacere regalarle uno di quelli che mi sono rimasti. Lei ha dei figli?

    Sono sposata ma non ho avuto la fortuna di averne.

    Non vedo anelli alle sue dita.

    Ha ragione, la verità è che sono stata sposata. Nino, anche lei è ...

    Non mi dica che sono curioso! Sono solo un buon osservatore.

    Quando viaggio non porto mai con me cose preziose e comunque non si disturbi, io faccio parte di quelli che non sono interessati al modellismo.

    Peccato, però voglio almeno farle vedere di cosa si tratta.  Sapevo che aveva guardato nella borsa ma adesso ero io curioso di vedere se riuscivo a farle dire qualche cosa di più."

    Cavolo di una cerniera, quando la chiudo si incastra sempre la linguetta e fatico a riaprirla.

    Non è vecchia ne consumata, cerchi di tirarla un po' più delicatamente e vedrà che si aprirà.

    Ha ragione, ecco fatto, aperta. Guardi un po'. E' un furgone Fiat 238, è uno dei primi della nostra azienda e questo è il modellino al quale sono più affezionato.

    Quando avevo pensato ai modellini come regalo da fare a clienti e fornitori, in un lontano Natale, avevo cercato a lungo un'azienda che avesse un buon assortimento di marche e modelli e che facesse anche delle personalizzazioni.

    Il piccolo furgone che avevo tra le mani e lungo quasi quindici centimetri, aveva le portiere apribili e le ruote sterzanti. Era bellissimo, di colore bianco con le le due A maiuscole sovrapposte, una di colore blu e l'altra rossa.

    E' carino, molto carino. Quindi lei parte da Milano con una borsa piena di modellini che semina per l'aeroporto e poi qui sull'aereo?

    Non mi piaceva il suo tono di voce e poi a cosa si riferiva dicendo semina per l'aeroporto.

    Come poteva sapere che avevo già svuotato mezza borsa prima di salire sull'aereo. Dovevo stare attento a come rispondere.

    Non è proprio così e soprattutto non è sempre così. Ad esempio questo Fiat 238 non lo seminerò per l'aeroporto ma lo regalerò a uno dei bambini che incontrerò in città e poi porto con me solo i nuovi modelli e non sempre ci sono delle novità.

    Il piccolo furgone era ritornato nella sua scatola e poi nella borsa blu, però qualche cosa non andava. Una delle tre scatole di cartone incollate sul fondo della borsa, quelle con i modellini dei camion più grossi, era rotta, come se qualcuno avesse intenzionalmente tentato di prenderla. Uno degli addetti al controllo a Linate? Francesca? La mia vicina architetto curiosa turista solitaria?

    Il camion era ancora all'interno della scatola rotta quindi non c'erano problemi o almeno non ne vedevo.

    Non abbiamo ancora finito le presentazioni, non ho capito il nome del suo piccolo paesino quasi in Brianza.

    Di solito ci si vergogna un po' a dire il nome di un paese che poi nessuno conosce, comunque abito a Cornate d'Adda.

    Forse non ha pensato che conosco la provincia di Milano in quanto la sede della mia azienda ...

    E' a Milano, vicino all'aeroporto, me lo ricordo.

    Me lo ricordavo bene anch'io di non averle detto che la nostra sede era vicina a Linate. Cosa stava succedendo? Dovevo iniziare a preoccuparmi? Chi era Francesca Spadoni di Cornate d'Adda?

    Che tipo di architetto è lei?

    Cosa vuol sapere? In che campo opero? Arredamento d'interni. Mia sorella ha un negozio di arredamento, vende mobili e io le do una mano con disegni e progetti e poi collaboro con l'ufficio tecnico del comune. Non è esattamente quello che mi aspettavo dopo la laurea ma le cose sono andate così.

    Il suo sogno nel cassetto?

    Avrei voluto collaborare con un grande studio di progettazione o specializzarmi in storia dell'arte e ...

    Penso di capire cosa intende dire, anch'io avrei voluto fare tutt'altro.

    Se potesse cambiare lavoro, smettere di fare l'autotrasportatore, cosa vorrebbe fare?

    Aprirei con lei una galleria d'arte.

    Che sciocco! Non mi prenda in giro!

    "Non la sto prendendo in giro. Le voglio confidare che oggi lei mi ha fatto ritrovare

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