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E-book125 pagine1 ora

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Info su questo ebook

Un viaggio imprevisto: riordinare nella valigia della partenza l’essenziale! Pronti, disposti ad iniziare un percorso mai immaginato, dentro la più terribile delle avventure: la malattia del cancro. Con l’incognita di misurare un coraggio nuovo, necessario a creare artigli, ad allungare lacci e corde per la scalata dell’erta.
Una profonda testimonianza d’amore, dove le scontate logiche della disperazione si capovolgono nella progressiva riscoperta di prodigi nascosti nella quotidianità. Dalle pagine del diario “azzurro”, toccanti confidenze di una donna disposta a raccontarsi come madre, figlia, sorella e moglie proprio nei giorni difficili della prova. Un prezioso contributo per la cultura della vita.
LinguaItaliano
Data di uscita28 mag 2013
ISBN9788897733966
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    Anteprima del libro

    Sono pronta - Amalia Scoppola

    Ilaria.

    Prefazione

    Viaggiare

    è un’esperienza comune a tante persone, vissuta da ciascuno in modo diverso a seconda del proprio modo di essere e delle attese che si hanno.

    Essere Pronti

    a farlo, connota il viaggio di una caratteristica ulteriore: predisporsi a vivere questa nuova esperienza cercando di organizzare o riorganizzare tutto ciò che di essenziale ci potrà servire. Quando pensiamo che tutto sia pronto ed al posto giusto una sensazione di mancanza ci assale, è come se incamminandoci verso il nuovo, lo sconosciuto, avessimo dimenticato qualcosa di fondamentale.

    L’ansia ci invade e la sensazione di non essere del tutto pronti si fa spazio dentro di noi.

    Come possono allora coabitare l’essere pronti con sento che qualcosa manca?

    Amalia Scoppola ci propone la narrazione delicata ed al tempo stesso forte del suo particolare viaggio attraverso la malattia cancro.

    Un viaggio in cui hanno coabitato la paura, l’ansia di non avere tutto il necessario per affrontare un avvenimento così grande ed il coraggio di andare a cercare dentro di sé le risorse necessarie per far fronte all’ignoto che questo tipo di malattia richiama con il suo immaginario nefasto: la paura della morte.

    Con mano tenera, sensibile e ferma conduce il lettore a piccoli passi nel suo mondo interno di donna che fragile e forte al tempo stesso si trova a confrontarsi con la rudezza e l’intensità di una malattia che chiede inesorabile una presa di posizione a chi la sta vivendo: lottare o sottomettersi.

    Ecco allora la donna che vede il suo corpo aggredito all’interno dal male e all’esterno dalle terapie e interventi medici tesi al bene.

    La donna madre che fa i conti per la seconda volta con la possibilità di dover salutare le proprie figlie, la linfa vitale che le dona pienezza, per separarsene in modo definitivo.

    La donna figlia e sorella che sa sperimentare ancora la dolce dipendenza dal calore rassicurante e tenero di un legame affettivo che protegge sempre perché non conosce tempo e spazio.

    La donna che coraggiosamente rompe la barriera del segreto e del silenzio per comunicare alle persone intorno a lei l’incredibile avventura che suo malgrado si trova a vivere.

    La donna moglie che si trova ad esprimere tutta la sua fragilità al compagno di vita che silenziosamente ed opportunamente sa sostenerla.

    La donna che con la sua Anima cerca di dare delle risposte alla Morte e là dove non ci riesce lascia uno spazio non soluto da affrontare nel Futuro.

    Proprio il lottare per il Futuro è la presa di posizione che Amalia ha scelto cercando di affrontare un presente difficile. Scorrendo la lettura di queste pagine emozionanti, tenere, eleganti nella loro semplicità ci mostra come la scelta di provare ad esserci nel Futuro le ha consentito di trovare dentro di sé le energie necessarie per lottare in nome della Vita. L’esito di questo percorso non lo conosceva e nonostante ciò il grande Amore per la sua vita la spinge a ricercare tutto il positivo che possiede.

    Diventa totale, così, la collaborazione con le terapie mediche. Impara a prendersi cura di sé ogni volta in modo nuovo utilizzando fantasia, conoscenza medica e vicinanza affettiva di quanti hanno colluso con il suo sano coraggio di accettare e far conoscere la sua malattia.

    Un coraggio che la contraddistingue sempre, impregnando ogni pagina.

    Certo ci vuole molto coraggio a lottare quando ogni forza sembra volerla abbandonare.

    Ci vuole coraggio nel rivisitare un pezzetto doloroso della propria vita in cui le emozioni riaffiorano tutte, connotando meglio i ricordi.

    Ci vuole coraggio nell’addentrarsi ancora nel bosco dei ricordi in cui uno tra essi, l’Ultimo Saluto, è lì fermo e sempre presente.

    Il desiderio di condividere con altri la sua storia sotto forma di narrazione scritta le ha permesso di dare un senso a questa esperienza. Guardarla da dentro e da fuori per aggiungerla come nuovo capitolo al grande libro della sua vita, dove nel finale ha tolto la parola Fine sostituendola con Progetto per il Futuro.

    Grazie di cuore Amalia per la testimonianza che ci hai regalato in cui anche la malattia, la più temuta, può racchiudere in sé positività.

    La positività di chi vuole essere sempre Protagonista della propria vita, di ogni suo istante amaro o dolce che sia perché si è assaporata la bellezza e l’importanza dei colori, degli odori, delle sensazioni, dei suoni, del tocco delle persone che rendono la VITA Unica, Irripetibile e Nostra!

    Daniela Quadrani

    A mio zio

    Da Un cattolico a modo suo di Pietro Scoppola.

    (Editrice Morcelliana febbraio 2008)

    "La sofferenza.

    Parlo della sofferenza, neppure del dolore, che è parola molto nobile. La sofferenza di una malattia crudele. È una malattia orribile il tumore. Lo senti che ti corrode, che ti mangia da dentro, fa parte di te ma è contro di te. Ti curano ma le cure ti indeboliscono, ti distruggono, alla fine non sai se sono peggio del male.

    Ecco: voglio dire tutto il male possibile della malattia e della sofferenza che mi procura; sono uno straccio: il male ha attaccato – mi dicono – un linfonodo che non so che cosa sia e mi ha portato via la voce. La mia voce, quella con cui ho fatto tante lezioni... con cui ho parlato con tanta passione. Ecco non ho più la mia voce. Da qualche anno la vista si è indebolita e mi crea problemi. Adesso, non so se a causa della chemioterapia, sono diventato strabico.

    Ma imprecare contro il male a che serve? Mi rendo conto che la rabbia è solo un male in più. Anche qui non giova prendere atto della realtà e vedere che cosa si può costruire su questo terribile condizionamento che è il tumore?

    Qualcosa si può costruire.

    Lo sapevo già, ma ho realizzato e alla fine ho scoperto che c’è tanto dolore nel mondo di fronte al quale il mio dolore è una piccola cosa.

    Ho scoperto con più chiarezza l’affetto, la tenerezza dei miei. Ho avuto momenti di intimità spirituale con loro che non potevo immaginare. Perché il dolore (qui ,sì, la parola si può usare) ci rende trasparenti.

    E allora bisogna combattere con tutti i mezzi il dolore fisico che abbrutisce; e accettare e farci amico il dolore che umanizza.

    Quando si soffre è una cosa bellissima sentirsi amati; è bello sentire e sapere che tanti ti vogliono bene. ......"

    Pietro Scoppola era mio zio, il caro zio Pietro, ci ha lasciati esattamente un anno prima che venisse scoperta la mia malattia.

    Il 25 ottobre 2008, in occasione del primo anniversario, avevo appena saputo la brutta notizia ma la tenevo ancora segreta.

    Era troppo presto, mancavano importanti approfondimenti per la diagnosi definitiva e non volevo allarmare in anticipo le persone più care.

    Pochi accanto a me sapevano. È stato difficile trattenere le lacrime e condividere serenamente quel momento con i cugini.

    Durante la Messa ho pensato tanto a lui, gli ho chiesto di aiutarmi e di starmi vicino.

    Tante sue immagini, di epoche diverse, scorrevano lì, davanti ai miei occhi.

    Una in particolare si affacciava con freschezza: eravamo in montagna per le vacanze estive.

    Le nostre erano famiglie numerose, tipiche degli anni 60, avevamo l’abitudine di trascorrere il mese di agosto tutti insieme presso qualche paesino del nord Italia.

    Mio padre doveva ancora raggiungerci da Roma e per mia madre e noi bambini lo zio Pietro era una figura importante.

    Rivedo quel torrente: non era largo, l’acqua non era profonda ma per i miei cinque anni tutto appariva minaccioso.

    I fratelli e i cugini si erano già avviati, le voci delle mamme sempre più lontane.

    Io ero lì, sola, piangevo.

    Non so quanto tempo sia passato, a me sembrò lunghissimo.

    Poi un rumore, una figura tra i rami, lo zio Pietro era tornato indietro

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