Laboratorio di scrittura
Di Claudio Aita
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Laboratorio di scrittura - Claudio Aita
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Copyright 2016 Claudio Aita
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PARTE PRIMA: COSA BISOGNA SAPERE PRIMA DI COMINCIARE A SCRIVERE
Bisogna prendere speciali precauzioni
contro la malattia dello scrivere,
perché è un male pericoloso e contagioso.
(Pietro Abelardo, Lettere a Eloisa)
NULLA DIES SINE LINEA. È LA COSTANZA CHE FA LO SCRITTORE
Una domanda alla quale, sicuramente, non è facile dare una risposta è la seguente: si può insegnare a scrivere?
Probabilmente no, soprattutto nel senso che non si può insegnare il talento. O ce l’hai o non ce l’hai. Un po’ come la sensibilità, l’abilità di vedere quello che agli altri sfugge. La capacità di scrivere, tuttavia, come molte altre qualità della persona, si può educare, si può far crescere. In questo senso la risposta alla domanda di cui sopra può essere la seguente: forse non si può insegnare a scrivere, ma, sicuramente la scrittura è una capacità che si può apprendere, come qualsiasi altro mestiere. Beninteso, se abbiamo qualcosa da dire e se ci attrezziamo di quell’umiltà che è il primo gradino verso la conoscenza e la perfezione, come ben sapevano i monaci benedettini. E di disciplina.
Diremo che […] la chiamata divina ha disposto diversi gradi da salire, fatti d’umiltà e di disciplina
(Regola di san Benedetto, Capitolo VII)
Resta da stabilire cosa sia il talento. Ma qui ci addentriamo in un terreno minato. Personalmente, non saprei fornire una definizione esatta di questo termine. Però, quando leggo un libro e rimango rapito dalla qualità di scrittura di un autore, dalla sua capacità di evocare atmosfere, di disegnare personaggi facendomeli vedere davanti agli occhi, quando mi sfugge un’esclamazione di meraviglia, di godimento estetico per qualcosa che ho letto e che lascia il segno… beh, se questo non è talento è qualcosa che gli si avvicina molto.
Forse è meglio parlare, piuttosto, di capacità di comunicazione. E questa si può senz’altro migliorare con la dura pratica quotidiana, con l’apprendimento degli strumenti del mestiere e con l’attenzione costante verso ciò che circonda, ovvero verso la materia prima
nella quale lo scrittore scava per ottenere le sue storie. Ma la capacità di raccontare, di costruire un romanzo, non basta da sola per creare uno scrittore. Quello che veramente conta è la tenacia, la testardaggine, il lavoro costante. E la capacità di non arrendersi mai in un settore nel quale è sempre più difficile venire notati, soprattutto in un paese, come l’Italia, dove esistono logiche editoriali che non sempre premiano quello che definiamo talento. Dispiace affermarlo, ma è così. Se siete delle persone benestanti che possono tirar fuori un assegno di diverse decine di migliaia di euro e che sanno scrivere a un livello appena accettabile, non perdete tempo a leggere queste pagine. Rivolgetevi direttamente ai maggiori editori nazionali e avrete una buona probabilità di essere pubblicati e promossi. Non si spiegherebbero, altrimenti, gli innumerevoli testi scialbi e inutili che popolano gli scaffali delle librerie con i nomi di cantanti, personaggi televisivi, calciatori, adolescenti annoiate e noiose e che, messi in bella mostra sui mass media nazional popolari, vendono molto a prescindere dalle loro qualità intrinseche, normalmente assai misere. L’Italia è un paese dove il successo, anche letterario, è riservato ai ricchi e ai potenti. Prendetene nota.
Se non vi trovate in questa posizione, invidiabile o meno che sia, non vi resta che rimboccarvi le maniche e prepararvi a lavorare sodo. Uno scrittore, per definizione, scrive. La differenza fra un autore professionista (ci sono quelli che si sono imposti per la loro capacità: quindi, non disperate quindi) e quelli che non hanno ancora avuto successo, pur se bravi, sta nel fatto che i primi scrivono tutti i giorni un certo numero di pagine. Insomma, sono persone che si dedicano con impegno al loro lavoro. Soprattutto in un momento come l’attuale, nel quale i grandi autori sono costretti a sfornare un nuovo libro ogni pochi mesi per le esigenze dei loro datori di lavoro. Sicuramente questo non va a vantaggio della qualità dei loro scritti. Ma così è. Gli autori più gettonati in lingua italiana sfornano anche tre o quattro libri all’anno.
Quindi, per prima cosa, per avere delle possibilità in un mondo molto competitivo come quello della scrittura, bisogna possedere una volontà di ferro ed essere costanti. È necessario scrivere tutti i giorni. Stephen King, in una recente intervista, ha confessato che si impone di produrre ogni giorno sei pagine, in modo da avere un libro pronto ogni due o tre mesi. Senza curarsi di rileggere il testo precedente. E il suo non è un caso isolato.
Anche l’autore che si propone di scrivere i suoi primi romanzi non può esimersi da una pratica costante. Nulla dies sine linea, nessun giorno senza una riga
, una frase che Plinio il Vecchio attribuiva allo scultore greco Apelle. Annotatevi queste quattro parole in latino, mandatele a memoria e ripetetele continuamente. Solo la costanza potrà fare di voi uno scrittore. La capacità di comunicazione o talento contano ben poco se non li valorizzate attraverso il vostro impegno. Se riuscirete, con un lungo praticantato, a impadronirvi degli strumenti del mestiere, vedrete che il vostro linguaggio migliorerà, la scrittura scorrerà con più naturalezza e il vostro stile sarà sempre più maturo e personale.
Come tutte le cose, scrittori si diventa scrivendo. Magari imitando, almeno agli inizi, quelli che reputate i vostri maestri. Soprattutto, guardatevi attorno, interessatevi di tutto quello che vi circonda. Sarà l’esperienza che, un po’ alla volta, vi farà comprendere e filtrare quello che serve alla vostra storia. In ogni caso, identificare e approfondire i propri autori, assimilare lo stile dei propri modelli, può costituire un passo importante per la propria carriera di scrittore. Nessuno nasce con la penna in mano. Chi ha ambizioni letterarie deve comportarsi un po’ come una spugna nei confronti di chi l’ha preceduto. Non dimentichiamo che quello che consideriamo un modo di scrivere originale è anche il frutto delle nostre letture e di ciò che siamo stati in grado di assimilare. Per questo, è fondamentale avere l’umiltà di imparare dai maestri. Lo stile personale verrà col tempo, con la massima naturalezza. Ma saranno anche i vostri modelli a scrivere tramite voi.
Infine, quando avrete in mano il vostro primo manoscritto da sottoporre a un editore, dovrete dimostrarvi più tenaci che mai. La regola fondamentale per diventare un autore pubblicato è una sola: non arrendersi. E non scoraggiarsi mai di fronte alle risposte negative che segneranno inevitabilmente il vostro percorso di scrittore. Innumerevoli letterati, poi diventati famosissimi, hanno ricevuto fior di rifiuti dalle grandi case editrici e hanno pubblicato i loro capolavori con piccoli marchi editoriali. Di fronte a qualche parere negativo, cosa avrebbe dovuto dire Antonio Pennacchi che per il suo Mammut ha collezionato ben cinquantasei rifiuti? Il gabbiano Jonathan Livingstone di Richard Bach è stato respinto ben diciotto volte. Joan Rowling, sì proprio quella di Harry Potter, venti. Stephen King si vide rifiutare il suo primo libro, Carrie, con la motivazione: non siamo interessati alla fantascienza distopica. Non vende
. Quando uscì, vendette un milione di copie. John Le Carré, George Orwell, David Herbert Lawrence, Agatha Christie, F. Scott Fitzgerald, John Grisham, Tomasi di Lampedusa, Primo Levi, Arthur Conan Doyle, James Joyce, Carlos Ruiz Zafón sono solo alcuni degli scrittori che si sono visti sbattere la porta in faccia dagli editori. Autori che poi hanno venduto milioni di copie. Cosa sarebbe successo se si fossero arresi? E quanti capolavori giacciono nei cassetti di scrittori di talento che non hanno avuto abbastanza tenacia?
Avremo occasione di citare spesso, nel corso di questo libro, Raymond Carver, che non è stato solo uno dei maggiori scrittori americani del secolo scorso, ma costituisce uno dei punti di riferimento per qualsiasi insegnante di scrittura creativa.
Anche lui ha subito sulla sua pelle una situazione famigliare ed economica pesante, tale da impedirgli per anni di scrivere e da spingerlo verso l’alcolismo fino a fargli rischiare la vita. Lavori precari e senza orari per poter mangiare e pagare l’affitto, due figli che condizionavano oltre misura la sua esistenza quotidiana, i problemi con la moglie. Fino a quando, ormai trentanovenne, mentre si trova, sull’orlo di una crisi di nervi e con gravi problemi di alcol, a lottare per ottenere uno spazio in una lavanderia gettoni nell’Iowa per pulire i panni dei suoi bambini, decide di voltare pagina, di smettere di bere iniziando una seconda vita per scommettere sulla sua carriera di scrittore. Quelli attraversati da Carver sono stati anni estremamente difficili, ma la sua tenacia è stata premiata. Cito solo alcune sue righe nelle quali emerge tutta la disperazione di chi vede ogni giorno concretizzarsi l’impossibilità materiale di perseguire la realizzazione dei propri sogni e del proprio talento. Molti di noi ci sono passati. Carver ha avuto l’intelligenza di capire che, se non poteva cambiare la realtà, l’unica speranza era adeguarvisi e ha cominciato a scrivere racconti brevi, gli unici che sapeva di poter gestire nel pochissimo tempo che riusciva a ritagliarsi. È l’esempio di chi non si è arreso. E ce l’ha fatta.
In quei giorni immaginavo che, se fossi riuscito a ritagliarmi un’ora o due al giorno solo per me, dopo il lavoro e la famiglia, sarebbe stato anche più che abbastanza. Il paradiso. Ed ero contento di avere quell’ora. A volte, però, per una ragione o per l’altra, non riuscivo a prendermela. E allora confidavo nel sabato, benché a volte succedessero cose che mandavano a monte anche il sabato. Ma c’era ancora la domenica in cui sperare. Domenica, forse.
Non riuscivo a immaginarmi al lavoro su un romanzo in quel modo, o meglio in nessun modo. Per scrivere un romanzo, mi sembrava, uno scrittore dovrebbe vivere in un mondo dotato di senso, un mondo in cui poter credere, da poter mettere a fuoco per bene e su cui poi scrivere accuratamente. Un mondo che, almeno per un certo tempo, rimanga fisso in un posto. Inoltre, dovrebbe esserci una specie di fiducia nella correttezza di quel mondo. Fiducia nel fatto che il mondo conosciuto abbia una ragion d’essere, e che valga la pena di scriverne, che non vada tutto in fumo mentre lo fai. Non era questo il caso del mondo che io conoscevo e nel quale vivevo. Il mio mondo era un mondo che pareva cambiar marcia, direzione e regole ogni giorno. Più volte raggiunsi un punto in cui non potevo vedere o progettare più in là di un mese o due e mettere insieme, di riffa o di raffa, abbastanza soldi per pagare l’affitto e provvedere ai vestiti per la scuola dei bambini. È vero.
(Raymond Carver, Il mestiere di scrivere)
Avete qualcosa da comunicare al mondo. Allora, fatelo! E questo qualcosa è il contenuto del vostro romanzo. Ricordatevi: nessuno scrive per se stesso. E dimentichiamoci, una volta per tutte, l’immagine dello scrittore che nel cuore della notte si alza, pervaso da divino furore, a creare dal nulla, di getto, la sua opera. Niente di più falso. Andatevi a guardare la gestazione di opere letterarie famose, non solo la Divina Commedia, I Promessi Sposi (più di vent’anni quest’ultimo), il Canzoniere del Petrarca (un’intera vita di revisioni). Ma anche una banale (si fa per dire) poesia come L’infinito di Giacomo Leopardi, ha avuto bisogno di una gestazione lunghissima. La scrittura creativa non è libera, ma deve sottostare a una rete di regole, che possono anche essere rifiutate, ma che esistono. La scrittura è anche metodo.
COS’È LA SCRITTURA CREATIVA. UN PO’ DI STORIA
La scrittura creativa fu inserita come materia d’esame nel 1922 dalla Facoltà d’Inglese all’Iowa University, negli Stati Uniti, su richiesta di alcuni studenti scrittori. Il termine scrittura creativa è la traduzione dell’espressione creative writing, usata la prima volta nel 1915.
Le origini americane della scrittura creativa spiegano perché la terminologia ancor oggi adottata in l’Italia per i corsi di scrittura, annoveri molti termini in lingua inglese.
Gli inizi statunitensi di questa disciplina non devono far dimenticare che corsi di scrittura creativa sono stati tenuti fin dall’antichità, a partire da quelli che, autentici workshop come diremmo oggi, Cicerone organizzava come lezioni di ars rhetorica che teorizzò nel De Oratore. E molti dei concetti da lui formulati sono ancora oggi attualissimi. Ma prima di lui, c’erano già stati Empedocle d’Agrigento, Corace e Aristotele. Potremmo affermare che fin da quando l’uomo ha imparato a scrivere ha sentito la necessità di apprendere le tecniche per rendere più efficace questo strumento di comunicazione.
In Italia le prime scuole di scrittura creativa si sono affermate verso gli anni ‘80 e si sono moltiplicate nei decenni successivi fino agli eccessi dei giorni nostri quando pare che qualsiasi scribacchino senza esperienza si senta autorizzato a insegnare i segreti della letteratura.
Attualmente, il termine scrittura creativa viene utilizzato per indicare diversi fenomeni. Anzitutto, con questa espressione si denotano i corsi, tenuti da scrittori e da esperti, nei quali si insegnano le tecniche di scrittura. Può indicare, inoltre, il prodotto e il