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Le troiane
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Le troiane
E-book65 pagine44 minuti

Le troiane

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Info su questo ebook

Terzo e unico superstite della trilogia comprendente l'Alessandro e il Palamede, questo dramma si snoda intorno al senso di morte e di lutto che incombe su Troia in fiamme. Euripide sceglie di rappresentare i vinti che esemplificano con il loro destino quello di un popolo e di un intero mondo: Ecuba, regina della città, è divenuta schiava dei Greci e il piccolo Astianatte è gettato dalle rupi perché Troia non possa più risorgere. A far da coro, le strazianti voci delle donne troiane che levano un ultimo canto di dolore sulle rovine di una città morente.
Traduzione di Ettore Romagnoli.
LinguaItaliano
Data di uscita6 nov 2018
ISBN9788829545872
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    Le troiane - Euripide

    LE TROIANE

    Euripide

    Traduzione dal Greco di Ettore Romagnoli

    Prima edizione 2018

    © Sinapsi Editore

    PERSONAGGI:

    Posidóne

    Atena

    Ècuba

    Taltìbio

    Cassandra

    Andròmaca

    Menelào

    Elena

    CORO di prigioniere Troiane

    La scena rappresenta il campo dei Greci dinanzi a Troia. In fondo alcune tende, dove son chiuse le prigioniere troiane. Davanti ad una di queste, Ècuba giace al suolo. In fondo, fumano le rovine di Troia.

    Albeggia.

    (Appare improvvisamente, invisibile per Ècuba, il Dio Posidóne)

    Posidóne:

      Qui giunsi dell'Egèo dai salsi bàratri,

      dove, danzando, le Nerèidi volgono

      il bellissimo piede: io son Posídone.

      Poiché, da quando Febo ed io le pietre

      levammo a fil di squadra, onde le torri

    sursero, in questo suolo, a Troia intorno,

      mai dal cuor mio l'amor non fu bandito

      per la città dei Frigi. Essa conversa

      in fumo è adesso: ché le argive cuspidi

      l'hanno distrutta e saccheggiata. Epèo

      di Parnasso, il focese, costruí,

      per consiglio d'Atena, un gran cavallo,

      pieno i fianchi d'armati, e lo sospinse,

      simulacro funesto, entro le torri.

      Da le genti venture, esso cavallo

      sarà detto di legno: ché di lancie

      legno chiudea nei fianchi. I boschi sacri

      fatti or deserti, e i templi dei Celesti

    corron di sangue: dall'altar di Giove

      protettor della casa, procombé

      sopra i gradini spento Priamo; e l'oro

      e le spoglie dei Frigi a gran dovizia

    mandan gli Achivi alle lor navi, e attendono

      da poppa il vento, sí che veder possano,

      dopo che dieci volte i campi furono

      già seminati, le lor mogli e i pargoli,

      gli Elleni che contro Ilio in guerra mossero.

      Ora io, poiché m'han vinto, Era, la diva

      d'Argo, ed Atena, ch'àn distrutti i Frigi,

      Ilio illustre ed i miei templi abbandono:

      ché quando incombe sopra una città

      solitudine trista, il culto langue

      dei Numi, onore aver piú non potrebbero.

      Echeggia lo Scamandro pei fitti ululi

      delle captive, designate a sorte

      ai vincitori: agli Arcadi ed ai Tèssali

      queste, quell'altre ai príncipi d'Atene,

      figliuoli di Tesèo. Quelle Troiane

      per cui la sorte non fu tratta, sotto

      a queste tende, riserbate ai príncipi

      dell'esercito stanno; e la Tindàride

      Elena, la spartana, è insiem con esse:

      captiva, a dritto, è giudicata anch'essa.

      E se qualcuno vuol mirar la misera

    Ècuba, è questa, a questa soglia innanzi,

      che assai lagrime versa, e n'ha ben donde:

      ché la sua figlia Polissèna è morta

      miseramente, tristamente, sopra

      il tumulo d'Achille: è morto Priamo,

      son morti i figli, e Cassandra, la vergine,

      cui spinse Apollo a delirare oracoli,

      ogni pietà dei Numi, ogni rispetto

      posto in oblio, la vuole ora Agamènnone

      sposa furtiva del suo letto. Addio,

      città che fosti un dí felice, addio,

      bella cerchia di torri. Ove odïata

    Pàllade non ti avesse, ancor saresti.

    (Appare Atena)

    Atena:

      Esser può che al consanguineo piú

      prossimo al padre mio, possente Dèmone,

      e fra i Numi d'onor segno, deposta

      l'inimicizia antica, ora io favelli?

    Posidóne:

      Certo, Atena. Parlar coi consanguinei

      non piccola lusinga è per i cuori.

    Atena:

      Approvo l'umor tuo mite, e parole

      favellerò ch'entrambi c'interessano.

    Posidóne:

      Forse da parte degli Dei? Consiglio

      nuovo di Giove, o di qual mai fra i Dèmoni?

    Atena:

      No, ma per Troia ove ora siamo; e chiedo

      il tuo potere aver col mio concorde.

    Posidóne:

      L'odio antico deposto, or tu commiseri

      Troia, poi ch'essa fu conversa in cenere?

    Atena:

      A ciò ch'io dico prima torna: vuoi

      meco partecipar

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