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Dall’ossidiana al chip. Una lunga storia di progresso
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E-book339 pagine4 ore

Dall’ossidiana al chip. Una lunga storia di progresso

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Info su questo ebook

Un affascinante viaggio tra i progressi tecnico-scientifici dell’homo sapiens alla scoperta di invenzioni e uomini che hanno cambiato per sempre le vicende umane. 
Sorprende scoprire che i nostri antenati si appassionarono da subito alla visione del cielo stellato e alla comprensione del moto degli astri. L’astronomia fu la prima vera scienza e tirò la volata a tutte le altre: geometria, matematica, trigonometria furono tutte sviluppate come strumenti per capire il funzionamento della volta celeste. Nel secondo millennio d.C. Nepero impiegò venti anni per la scoperta dei logaritmi e rese possibile il progresso scientifico, rimasto bloccato da difficoltà computazionali. Dopo di lui tutto fu più semplice, e la scienza, liberata dai laccioli dell’ignoranza, in soli cinquecento anni compì incredibili progressi. 
Il sapere, che fino a poche decine di anni fa era riservato a pochi, ora è disponibile con un clic nelle case di tutti.
Tra gli artefici di questo progresso nomi illustri e sconosciuti. Tutti hanno contribuito a questo progresso e non vanno dimenticati.

Giuseppe Di Cataldo è nato a Catania (1948). Dopo gli studi classici ha frequentato il Biennio Propedeutico di Ingegneria a Catania. Ha completato gli studi presso il Politecnico di Milano, dove si è laureato nel 1972 in Ingegneria elettronica.
La sua attività professionale si è svolta prevalentemente all’interno dell’Università degli Studi di Catania, iniziando nella giovane facoltà di Ingegneria prima come assistente ordinario, poi come professore associato e infine quale professore ordinario di Elettronica. La carriera universitaria lunga quarantasei anni si è conclusa nel 2018. È stato il fondatore del gruppo di ricerca di elettronica e microelettronica dell’Università di Catania e la sua produzione scientifica ha riguardato i circuiti discreti, i circuiti integrati e le loro applicazioni. 
Da quarant’anni si dedica alla vela, la sua grande passione, e dal 2019 è Presidente della Sezione di Catania della Lega Navale Italiana.
 
LinguaItaliano
Data di uscita21 ago 2023
ISBN9791220145152
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    Anteprima del libro

    Dall’ossidiana al chip. Una lunga storia di progresso - Giuseppe Di Cataldo

    Introduzione

    Premessa

    Miliardi di persone utilizzano telefonini e computer, navigano, si scambiano dati, informazioni e sono permanentemente connessi e rintracciabili senza difficoltà. Tutto assolutamente improponibile solo cinquanta anni fa. La tecnologia presente e la vivacità delle idee che circolano ci consentono di affermare che il progresso in questi settori continuerà offrendo sempre nuove opportunità e ridisegnando il modo di vivere e lavorare.

    La grande diffusione di dispositivi elettronici ha generato uno spontaneo allargamento delle conoscenze tecniche e scientifiche nel tessuto sociale. Un gran numero di termini, non solo inglesi, è entrato a far parte del vocabolario di tutti noi. C’è stato, in qualche modo, un allargamento della cultura tecnica, che a macchia d’olio si è diffusa nella società.

    La maggior parte degli utenti di queste nuove applicazioni ha nozioni estremamente superficiali delle tecnologie, eppure riesce ugualmente ad adoperarle senza difficoltà. Qualche utente appassionato desidererebbe conoscere meglio i moderni dispositivi e le tecnologie di base ma la lettura di testi tecnici, spesso ostici, e una preparazione culturale non adeguata precludono loro questa possibilità.

    Per questa numerosa categoria di utenti desiderosi di saperne di più e di acquisire una conoscenza anche storica dell’evoluzione scientifica della nostra società, ho maturato l’idea di scrivere questo saggio che illustra la storia del progresso tecnico-scientifico della società umana.

    Dall’ossidiana al chip è il racconto del progresso tecnico-scientifico dell’uomo. Siamo partiti dall’ossidiana minerale a base di silicio usato come lama da taglio e siamo arrivati al chip, componente primario dell’elettronica circuitale della nostra era sempre a base di silicio.

    Il libro racconta i progressi tecnico-scientifici, attraversando la preistoria e la storia, dai nostri antenati del neolitico ai nostri giorni. Il racconto è suddiviso in quattro periodi, di lunghezza diversa.

    • Il primo va dal neolitico al xvi secolo d.C.

    • Il secondo dal xvi al xix secolo.

    • Il terzo dal xix secolo al 1950.

    • Il quarto copre gli ultimi settanta anni.

    Nel primo periodo la velocità del progresso è stata molto bassa. Nel secondo e terzo la velocità del cambiamento è progressivamente aumentata.

    La massima velocità, non confrontabile con le precedenti, è stata raggiunta solo negli ultimi settanta anni.

    Il progresso tecnico della società umana è stato molto lento e con periodi lunghi d’involuzione. Nel xvii secolo, con i nuovi strumenti scientifici pazientemente progettati e costruiti nei due secoli precedenti, la velocità del cambiamento è aumentata. Dopo il secondo conflitto mondiale, l’accelerazione delle innovazioni è stata importante, determinante e assolutamente fantastica.

    La parte più interessante di questa storia, perché più ricca e densa di innovazioni tecnologiche, va dallo sviluppo del settore elettrico ai nostri giorni. Meno di due secoli, un brevissimo periodo storico, che ha radicalmente cambiato la vita e le abitudini della nostra Società con una quantità di innovazioni, sia sul piano scientifico che su quello tecnologico, che hanno inciso in modo determinante sulle abitudini e sul modo di vivere.

    Gli avvenimenti sono presentati in forma cronologica e ho cercato di seguire più fedelmente possibile questa regola. Ma non sempre è facile stabilire la successione dei fatti, per molti motivi diversi.

    Il testo, dalla forma semplice, come racconto dell’evoluzione scientifica e tecnologica, con poche formule matematiche e poche notazioni scientifiche, è dedicato ai lettori non tecnici, che desiderano conoscere questo ambiente delle moderne tecnologie. Sono presenti, solo come esempio, poche formule, alcune famose, per evidenziare la loro capacità di descrivere relazioni e fenomeni fisici con chiarezza.

    Questa scelta deriva dalla mia personale esperienza professionale: ho imparato, infatti, che un interlocutore non tecnico manifesta un’abituale difficoltà alla comprensione del linguaggio matematico intriso di formule. Questa vasta categoria di lettori ritiene i testi con formule troppo aridi e difficili da capire, tende a saltare le formule, col risultato di compromettere la comprensione del testo.

    Quando tenevo le lezioni di Elettronica ai miei allievi ingegneri, subito dopo aver scritto sulla lavagna una formula o disegnato uno schema elettrico o un diagramma, spesso dicevo: Ecco anche un cinese comprenderebbe perfettamente di cosa sto parlando. Con questa battuta sottolineavo l’universalità del linguaggio scientifico, che si estrinseca in formule, simboli, disegni tecnici e diagrammi cartesiani, tutto assolutamente codificato e frutto di convenzioni internazionali che, con un po’ di superbia, definiamo universali.

    I membri della Comunità Scientifica Internazionale infatti comunicano tra loro, riuscendo a comprendersi perfettamente, nonostante la difficoltà e complessità degli argomenti, grazie a un linguaggio semplice, specifico, particolare, che utilizza formule ed espressioni universali, disegni e schemi, il tutto accompagnato da semplici frasi esplicative in inglese tecnico!

    Nel 1979-80 tenni il mio primo corso di Elettronica Applicata, questo era il nome ufficiale della materia, rivolto agli studenti di Ingegneria Elettrotecnica. Nel 2017-18 tenni il mio ultimo corso di Elettronica, che nel tempo aveva perso l’aggettivo Applicata, per gli studenti di Ingegneria Informatica.

    Confrontare il programma dei due corsi, lontani poco meno di quaranta anni, lascia sbalorditi. L’argomento è rimasto sempre l’Elettronica ed è questa l’unica somiglianza! L’impostazione, gli argomenti, le applicazioni sono completamente differenti!

    La rivoluzione elettronica

    La nascita dell’elettronica dello stato solido è collocata a metà del xx secolo¹. L’inizio è stato molto difficile e travagliato perché basato su una nuova complessa tecnologia chimico-fisica, che dovette superare grandissime difficoltà pratiche prima di affermarsi.

    Il primo prodotto commerciale, che ebbe un forte impatto sulle nostre abitudini fu la radio portatile a transistor², entrata sul mercato a metà degli anni Cinquanta. Questo nuovo apparecchio riscosse un immediato incredibile successo, sia per le dimensioni contenute, sia per la portabilità, sia per il costo relativamente basso. Tutti la chiamarono transistor, dal nome dei nuovi dispositivi che la equipaggiavano. Prima le trasmissioni radio si ascoltavano in casa o al bar con apparecchi fissi, ingombranti e costosi, basati sull’elettronica termoionica³ che richiedeva il collegamento alla rete elettrica, a causa dell’elevato consumo.

    Tra il 1960 e il 1980 l’industria elettronica si è sviluppata con una velocità mai vista prima per nessun’altra attività e così siamo stati invasi da una quantità incredibile di nuovi dispositivi elettronici personali: telefonini, tablet, computer e relativi accessori.

    Nel 1990, con la prima rete telefonica cellulare rtms (radio telefono mobile di seconda generazione), l’Italia contava centomila abbonati. Oggi trenta anni dopo, gli abbonati sono oltre 50 milioni (83% della popolazione). Il telefonino è entrato in tutte le case. Gli utenti di internet sono oltre il 50% della popolazione, gli attivi sulle reti social superano il 60% del totale dei residenti.

    Questa eccezionale performance è stata permessa dai costi sempre più bassi dei dispositivi, dalla loro facilità d’uso e soprattutto dal desiderio degli utenti di essere sempre all’avanguardia.

    Le statistiche dicono che in Italia oggi siano in uso qualcosa come 40 milioni di personal computer. Un pc a testa, togliendo i bambini, gli anziani e i più refrattari alle innovazioni.

    I nuovi dispositivi elettronici, infatti, sono pensati e progettati per diffondersi velocemente tra la popolazione, riuscendo ad essere invitanti e accattivanti. Tutti sappiamo bene che riescono nel loro intento: il pubblico li acquista e utilizza, senza esitazione, spesso più per un effetto attrattivo, quasi ipnotico, che per una reale necessità.

    Molte volte meravigliato da questo interesse per le novità tecnologiche, ho chiesto quale fosse il motivo che spingesse all’acquisto e utilizzo di questi dispositivi. La risposta era il piacere di potere utilizzare una novità, anche se non c’era alcuna pratica ricaduta. Il piacere di avere per le mani un oggetto, nuovo, moderno e diverso spinge molti ad acquistarlo.

    Sessanta anni fa, nell’ambito della popolazione più istruita, si parlava di trasmissioni radio, televisive, si conosceva il kHz, il MHz, la modulazione d’ampiezza, la registrazione audio, si favoleggiava sull’esistenza dei registratori Ampex, usati dalla Rai per archiviare immagini televisive, si conoscevano gli amplificatori Hi-Fi, si parlava dei calcolatori elettronici, come di apparecchiature incredibili alloggiate in centri di calcolo off-limits, governate da tecnici in camice bianco, come sacerdoti di una nuova religione...

    Cinquanta anni di continui successivi progressi hanno ulteriormente ampliato questa cultura tecnica, che è diventata popolare; oggi tutti hanno queste conoscenze, sia pure estremamente superficiali, che confermano una diffusione su larghissima base di tutti questi dispositivi elettronici.

    Nuove unità di misura e nuove tecnologie sono entrate nel patrimonio culturale popolare. Ora si parla di Bit, Bytes, MBytes, GHz, MWh, di registrazione digitale, di trasmissione dati, di conversione analogico-digitale, di connessione a banda larga, di reti locali, di wireless.

    Solo alcuni decenni fa noi tecnici avevamo timore a connettere tra loro apparecchiature diverse, perché l’evento più comune era il guasto spesso irreparabile dei circuiti elettronici; infatti, ogni apparecchiatura era pensata come un mondo isolato e il collegamento richiedeva lo studio preventivo dei dispositivi e la progettazione di circuiti di interfaccia⁴.

    Queste problematiche, ormai, sono state superate con la definizione di standard di connessione e l’unificazione di prese, spinotti e cavi. Tutti oggi collegano, senza timore e con facilità computer, televisori, telefonini, con altri dispositivi, sia adoperando i diversi e numerosi cavetti disponibili, sia con le reti wireless: ne esistono molti tipi con specifici protocolli e sono molto diffusi sistemi come il Bluetooth.

    Nota per i lettori

    Pur avendo il testo una forma discorsiva di racconto con pochi riferimenti tecnici, ritengo sia necessario chiarire l’importanza in campo scientifico dell’uso corretto delle unità di misura, dei loro simboli, e della armonizzazione delle grandezze che si confrontano e si elaborano, con queste poche righe che seguono.

    Sin dalle scuole elementari la maestra, riferendosi all’aritmetica sentenziava: non si possono sommare capre e cavoli affermando così, semplicemente, una grande verità scientifica.

    La maestra ci spiegava il Sistema Metrico Decimale con le tre scale fondamentali: lunghezza, peso e capacità e le operazioni tra le varie grandezze che erano chiamate equivalenze.

    Partendo da questi ricordi, aggiungiamo, in forma organica, altri concetti.

    • L’operazione di misura è il rapporto tra la grandezza fisica in esame ed un’altra omogenea, assunta come unità di misura. Per procedere alla misurazione di una grandezza, quindi, è necessario sceglierne un’altra, della stessa natura, come campione e valore unitario.

    • Le unità di misura definite direttamente da un campione, si chiamano unità fondamentali mentre quelle che utilizzano uno o più campioni delle unità fondamentali si chiamano unità derivate.

    • Le unità di misura vengono rappresentate da un simbolo e sono codificate in base al Sistema Internazionale di unità di misura convenzionalmente abbreviato in si, sistema introdotto nel 1960 dalla undicesima Conferenza Generale dei Pesi e Misure, in sostituzione dei precedenti vecchi sistemi: cgs (centimetro, grammo, secondo) e mks (metro, kilogrammo, secondo).


    1 L’espressione elettronica dello stato solido si riferisce all’elettronica dei circuiti al germanio e silicio in contrapposizione a elettronica termoionica che riguarda i circuiti realizzati con i tubi a vuoto.

    2 Nome originario del dispositivo che in italiano è più corretto chiamare transistore.

    3 Elettronica dei tubi a vuoto, detti anche valvole.

    4 Circuiti che permettono l’interconnessione tra due apparecchiature elettroniche.

    Annotazioni sui Sistemi di misura

    È necessario chiarire l’importanza in campo scientifico dell’uso corretto delle unità di misura, dei loro simboli e della armonizzazione delle grandezze che si confrontano e si elaborano.

    La gestione di tutte le regole di unificazione delle grandezze fisiche, che garantiscono l’uniformità, la coerenza e la costanza è affidata al Bureau International des poids et mesures, che ha proposto il Sistema Internazionale con sette unità di misura fondamentali.

    Il Bureau International fu costituito in Francia nel 1889 con la prima Conferenza Internazionale dei pesi e delle misure che istituì il Sistema mks con tre unità di misura fondamentali: metro, chilogrammo, secondo.

    Oggi le unità di misura fondamentali sono sette:

    – metro (m): la lunghezza del tragitto percorso dalla luce nel vuoto in un intervallo di 1/299.792.458 di secondo;

    – secondo (s):la durata di 9.192.631.770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione fra due livelli iperfini dello stato fondamentale dell’atomo di Cesio 133;

    – kilogrammo (kg): l’unità di massa; è pari alla quantità di massa necessaria per compensare una forza di 6,62607015·10_34Js;

    – Ampere (A):l’intensità di una corrente elettrica costante che, mantenuta in due conduttori paralleli rettilinei di lunghezza infinita, di sezione circolare trascurabile, posti alla distanza di un metro l’uno dall’altro nel vuoto, produrrebbe fra questi conduttori una forza uguale a 2·10–7 Newton su ogni metro di lunghezza;

    – Kelvin (K): unità di temperatura termodinamica, è la frazione 1/273,16 della temperatura termodinamica del punto triplo dell’acqua;

    – mole (mol): la quantità di sostanza di un sistema che contiene tante entità elementari quanti sono gli atomi in 0,012 kg di Carbonio 12. Quando si usa la mole, le entità elementari devono essere specificate; esse possono essere atomi, molecole, ioni, elettroni, altre particelle, oppure raggruppamenti specificati di tali particelle;

    – candela (cd): l’intensità luminosa, in una data direzione, di una sorgente che emette una radiazione monocromatica di frequenza 540·10¹² hertz e la cui intensità energetica in tale direzione è 1/683 watt allo steradiante.

    Il metro campione, nel 1791, fu definito la diecimilionesima parte del quarto del meridiano terrestre di Parigi⁵ dopo accurate misure tra Dunkerque e Barcellona che stimavano questa lunghezza pari a 10.000.000 km.

    Fu quindi costruito il metro campione, in platino iridio, che è ancora oggi depositato al Bureau International del poids et mesures di Sèvres, presso Parigi. Successivamente misure più accurate del meridiano in oggetto diedero come risultato 10.001.957 km.

    L’ufficio metrico ritenne, per ragioni pratiche, non doversi aggiornare la misura e sganciò la definizione dal rapporto col meridiano e definì come metro campione la barretta di platino iridio del Bureau International del poids et mesures.

    Nel 1983 la 17a Conferenza Generale dei Pesi e Misure stabilì il metro campione come la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in un intervallo di tempo pari a 1/299.792.458 di secondo, assumendo, per definizione, che la velocità della luce nel vuoto è pari a c = 299.792.458 m/s⁶.

    Il secondo, inizialmente, fu definito come 1/86.400 parte del giorno solare medio.

    Accurate misure evidenziarono che molto lentamente la durata del giorno diminuisce, per cui nel 1967 la 13a Conferenza Generale dei Pesi e Misure legò la durata del secondo al tempo atomico internazionale e definì il secondo pari alla durata di 9.192.631.770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione tra due livelli iperfini, da (F = 4, MF = 0) a (F = 3, MF = 0), dello stato fondamentale dell’atomo di cesio-133.

    Il chilogrammo massa inizialmente fu definito come la massa di litro di acqua distillata, pari a 1 dm³ (decimetro cubo) alla temperatura di circa 4 °C.

    Presso l’Ufficio internazionale dei pesi e misure di Sèvres è conservato il cilindro in platino iridio, di massa 1 kg detto prototipo internazionale.

    Nel 2018 la Conferenza Generale dei Pesi e Misure ha ridefinito il chilogrammo massa, tramite una proprietà fisica correlata ad una costante fondamentale, pari alla quantità di massa necessaria per compensare una forza di 6,62607015·10–34Js.

    Il Sistema Internazionale di unità di misura

    Il si è oggetto di direttive della Comunità Europea e la divulgazione e il controllo, nel nostro Paese, sono affidati all’uni (Ente Nazionale per l’Unificazione), mentre la vigilanza sull’applicazione del dpr 802/82 e successivo Decreto del 29 ottobre 2009, è demandata al Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, oggi Ministero dello Sviluppo Economico che la esercita tramite l’Ufficio Centrale Metrico e gli Uffici Provinciali Metrici⁷.

    Compito dell’Ufficio Metrico è quello di vigilare che sia fatto uso corretto delle unità di misura fondamentali e derivate secondo quanto prescritto dalle norme, nell’ambito non solo delle attività economiche, ma anche di quelle di carattere amministrativo e legale. Il si è basato su sette unità fondamentali ed è noto come Sistema Metrico Decimale, dove la parola metrico deriva dal greco misurare e la parola decimale fa riferimento alla base del sistema di relazione tra le misure che sono multiple o sottomultiple del dieci.

    Questo consente di eliminare i coefficienti di conversione e di facilitare il più possibile i calcoli dei rapporti tra i valori delle grandezze fisiche. Il sistema internazionale di misura viene definito un sistema coerente perché le unità di misura derivate sono esprimibili come semplice prodotto o rapporto tra le grandezze fisiche fondamentali.

    Qualora si debba ricorrere alla rappresentazione di un’informazione caratterizzata da una determinata approssimazione, per convenzione si può indicare in modo esplicito, cioè riportando il valore più probabile seguito dal valore dell’incertezza come variazione in più o in meno, ad esempio f = 50 ± 0,5 Hz indica una frequenza il cui valore può essere compreso tra 49,5 e 50,5 Hz. Non esiste una convenzione generale per i simboli da usare per le grandezze, tranne per le unità fondamentali e derivate, essi dipendono molto dal contesto in cui vengono impiegati, è comunque buona norma attenersi alle seguenti regole generali:

    1. scegliere per una data grandezza un simbolo che non provochi ambiguità con altri simboli di altre grandezze o con i simboli delle unità di misura;

    2. una volta scelto un simbolo per una grandezza non deve essere più cambiato nello stesso contesto.

    Dal 1° gennaio 2010 in seguito al dm del 29 ottobre 2009, le seguenti grandezze non sono più ammesse legalmente:

    1. quintale (q) sostituito da 100 kg;

    2. atmosfera (atm) sostituita da 101.325 Pa;

    3. cavallo vapore (cv) sostituito da 735,499 W;

    4. caloria (cal) sostituita da 4,1868 J;

    5. kilogrammo-forza (kgf) sostituito da 9,80665 N.

    Alcune regole

    È bene ricordare che l’uso scorretto di nomi, di simboli delle unità di misura e dei prefissi equivale a compiere gravi errori di ortografia, che in tutti i settori tecnici possono veicolare un’informazione errata, del tutto diversa da quella che si intendeva fornire, con gravi errori e potenziali danni, derivanti da risultati operativi sbagliati. Ai fini di una giusta interpretazione delle informazioni di un qualunque problema tecnico, la corretta scrittura dei nomi e dei simboli delle grandezze fisiche risulta di fondamentale importanza.

    Di seguito si riportano le regole più importanti del si riguardanti la scrittura delle grandezze, dei nomi e dei simboli delle unità; esse sono valide in generale anche per le unità che non appartengono al si:

    – Il si stabilisce come unità di misura della temperatura il kelvin (K) e il grado Celsius (°C), pertanto una temperatura può essere espressa sia in kelvin che in gradi Celsius, la relazione che lega i due valori è la seguente: temperatura in gradi Celsius (t) = temperatura in kelvin (T) – 273,15. L’unità di temperatura si chiama kelvin non grado kelvin, mentre il simbolo °C si riferisce al grado Celsius e non più al grado centigrado che ormai non è più usato.

    – Nel caso di espressioni numeriche, i simboli delle unità di misura devono essere scritti in carattere normale, mentre i simboli delle grandezze possono essere scritti in carattere corsivo. Nello specifico quelle costanti nel tempo s’indicano con simboli corsivi maiuscoli, mentre quelle variabili nel tempo s’indicano con simboli corsivi minuscoli. In questo modo si evita confusione quando la stessa lettera è usata sia per la grandezza che per la sua unità di misura, ad esempio scrivendo: V (corsivo) = 12 V si intende in modo inequivocabile che si tratta di una tensione continua del valore di dodici volt, invece se si scrive: v (corsivo) = 12 V si intende in modo inequivocabile che si tratta di una tensione alternata di dodici volt.

    – I nomi delle unità di misura vanno sempre scritti con la lettera iniziale minuscola, privi di accenti o di altri segni grafici, eccetto quando il nome è la prima parola di una frase, fa eccezione l’unità grado Celsius.

    – I nomi delle unità di misura, se derivano da un nome proprio, sono invariati al plurale.

    – L’unità di misura, se non è accompagnata dal valore numerico, deve essere scritta per esteso e non con il simbolo, fatta eccezione per i disegni, prospetti, ecc.

    – Nelle elaborazioni numeriche, per evitare errori, si raccomanda l’uso delle unità si e non dei loro multipli o sottomultipli, tuttavia per esprimere i dati di elaborazioni numeriche o di misurazioni, ove le cifre significative siano poche, è possibile usare quel suo multiplo o sottomultiplo che dia luogo a valori numerici che comprendano soltanto le cifre significative. Esempio: invece di scrivere 0,00282 m è preferibile scrivere 2,82 mm; invece di scrivere 0,000348 m³ è preferibile scrivere 348 cm³; invece di scrivere 2.000.000 Hz è preferibile scrivere 2 MHz; invece di scrivere 0,0035 A è preferibile scrivere 3,5 mA.

    Si può derogare da questa raccomandazione quando si ritiene necessario utilizzare, in un determinato contesto, un’unica grandezza di misura al fine di evitare ambiguità ed incomprensioni.

    – I simboli vanno sempre scritti con la lettera iniziale minuscola, tranne quelli derivanti da nomi propri.

    – Il simbolo non deve essere seguito da un punto, salvo che si trovi a fine periodo.

    – Il simbolo deve sempre seguire il valore numerico.

    – Il simbolo del multiplo o del sottomultiplo deve precedere il simbolo dell’unità di misura senza l’interposizione di un punto o di uno spazio.

    – Il prefisso kilo (k) deve essere minuscolo, la lettera K maiuscola indica la temperatura in kelvin.

    – Il prodotto di due o più unità va indicato con un punto a metà altezza o con un piccolo spazio tra i simboli.

    – Il prodotto di una unità per sé stessa n volte va indicato con una potenza dell’unità e non con abbreviazioni ad esempio m² non mq o Mq.

    – Il quoziente tra due unità va indicato con una barra obliqua o con esponenti negativi.

    – I simboli di ora, minuto, secondo devono essere rispettivamente h, min, s.

    – I simboli monetari precedono il numero

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