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Zucchero e Veleno
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E-book305 pagine4 ore

Zucchero e Veleno

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Info su questo ebook

La vita può riservarti novità che mai avresti pensato di vivere... anche nei momenti più dolorosi e inaspettati.
Alexandra, giovane donna di 22 anni, crede nell’amore e ancora di più nel suo matrimonio con Stefano. Incinta, scopre che lui la tradisce da tempo.
Deve quindi rimboccarsi le maniche e crescere velocemente assieme alle sue bimbe.
Una sera le stelle decidono del suo destino: una telefonata inaspettata cambierà la sua vita.
Un intreccio di emozioni, contraddizioni e sfide da superare renderanno il suo futuro tutto da ridisegnare.
Ogni giorno la vita può riservarti qualcosa di nuovo, un’altra prima volta, una seconda possibilità... se la saprai vedere e se la vorrai cogliere.
LinguaItaliano
EditorePINK
Data di uscita6 dic 2016
ISBN9788899503123
Zucchero e Veleno

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    Anteprima del libro

    Zucchero e Veleno - Lisa Dalla Noce

    Noce

    A mia figlia

    Per uno come me che ha trascorso pressoché tutta la sua vita a battere sui tasti di una vecchia Olivetti per la presentazione di personaggi che hanno calcato le scene della metà del Novecento in tutti gli ambiti dello scibile umano, dall’arte, allo sport, al teatro, quello che mi accingo a fare ora è tra le prove più estreme che mente umana possa immaginare. Fotografare i pensieri e le emozioni scaturiti dalla lettura del tuo libro senza che le labbra siano in grado di esprimere concetti e parole è tra le prove più estreme che mi siano mai capitate. Zucchero e veleno. Un miscuglio di emozioni man mano che procedevo nella lettura, da farmi scoprire quanto siano sovrapponibili i nostri caratteri e le nostre attitudini.

    Una folata di vento eri tu e insieme una calma assoluta, amante del bello, appassionata e fedele, da un lato, trasgressiva e leggera da un altro, senza mai intaccare il fondamento dell’aspetto prioritario della vita, delle cose essenziali… e man mano che procedevo nella disamina della narrazione mi appariva una sorta di indifferenza verso la figura del ruolo paterno almeno per quanto mi riguardava. Da qui il mea culpa. Mi hai fatto riflettere e ben venga ogni riflessione da parte di tutti quelli che ti leggeranno. Uno spaccato di vita, il tuo libro, in cui ognuno sarà in grado di ritrovarsi con quel giusto pizzico di follia che non guasta mai. E sarà buona norma ricordare che chi avrà lasciato orme profonde sul proprio cammino sarà sempre in grado di ritrovarle per rispecchiarsi nella memoria di chi avrà saputo apprezzarle.

    Grecia - Agosto 1999

    Il sole oggi è più caldo del solito, faccio fatica a rimanere sdraiata sul telo; tocco con la punta del piede la sabbia che scotta e mi brucia la pelle, ancora così bianca e non abituata alla temperatura di Corfù. Mi sforzo di alzarmi per raggiungere la riva del mare, mi piace, adoro quando i miei piedi incontrano l’ acqua così piacevolmente fredda, che riesce a bloccare le gocce di sudore che mi imperlinano il viso.

    Il mio sguardo si perde nell’immensità di questo mare, i colori, le increspature delle onde, le nuvole… Mi soffermo su quella più grande che ricorda un cavallo al galoppo. Mi rammenta un momento piacevole di tanto tempo fa, anche se realmente sono passati a malapena quattro anni; metto a fuoco il ricordo, e ci ritroviamo insieme sul lago di Garda, al maneggio di Giorgio, il nostro più caro amico.

    Amore corri, sta nascendo! mi grida Stefano con voce concitata.

    In un attimo gli sono accanto e mi stringe forte; è una scena talmente cruda e potente, vedere la cavalla mettere al mondo il suo puledro che non so se rabbrividire o gioire dell’esperienza che sto vivendo. Questione di minuti e terminerà il legame tra la madre e il feto, che poca prima dipendeva totalmente da lei e che subito dopo dipenderà unicamente da se stesso.

    Distesa sulla paglia del suo box sembra tranquilla, anche se si percepisce la sua vulnerabilità. Quanto forte dev’essere il dolore? Chissà se ha paura… i miei pensieri sono focalizzati lì, quando mi rendo conto che Giorgio ha le mani dentro di lei per aiutarla.

    Dall’angolo della stalla in cui mi trovo, vedo il piccolo puledro venire alla luce apparentemente senza fatica, tutto così naturale… è bellissimo!

    Un giorno anche tu farai un bel puledrino mi strizza l’occhio e mi bacia dolcemente sulla fronte.

    Gli sorrido, ma rigetto indietro quel pensiero che al momento, guardando quel povero animale sdraiato a terra senza forze e stremato dal dolore, mi riempie il cuore di tenerezza e di paura.

    Un giorno... anche se credo opterò per il cesareo.

    È Rebecca a riportarmi al presente parandosi davanti a me con il suo corpo atletico e sinuoso, e i lunghi capelli castani sempre un po’ arruffati.

    Non ci sono più! Quei due deficienti sono andati a fare il bagno più di un ora fa, ma ormai non riesco più a vederli!

    I due deficienti sono Stefano e Michele: mio marito e il suo compagno.

    Davvero sono spariti tra le onde? Sono annegati?

    Potrei indossare quel tubino nero, quello che ho comprato in occasione della cena con i dirigenti della Ice Production, mi lego i capelli e metto la veletta nera...

    Mi sto chiedendo davvero se potrei essere contenta di quest’ultimo pensiero?

    Certo che no, ma sono arrabbiata… sono terribilmente arrabbiata.

    Scruto il mare fin dove i miei occhi riescono a vedere, ma di loro nessuna traccia…

    Mi sa che dovremo comprarci un abito nero Rebecca ridacchia mentre, mano a taglio sulla fronte per schermarsi dal sole, cerca di avvistare i due dispersi.

    Anche lei ha avuto il mio stesso pensiero?…

    La guardo con attenzione e i suoi occhi che ancora ridono all’idea dell’essere vedova, continua a gridare i loro nomi.

    Ora cominciamo a essere seriamente preoccupate. Sono trascorse quasi due ore e l’ansia lascia spazio alla paura.

    La piccola Alma, dagli occhi neri e penetranti, mi saltella attorno ancora piena di energie; quelle che le abbiamo trasmesso noi quando ancora pensavamo a un gioco. Ma ora la sensazione è cambiata, è quasi sgomento.

    Mamma ma papà forse è diventato un pesce? Se non lo vedo vuol dire che adesso può respirare come la Sirenetta sott’acqua? Posso andare anch’io a giocare in fondo al mare?

    Il pensiero di Stefano annegato mi fa rabbrividire, e a dispetto del calore del sole sulla mia pelle sento freddo, un freddo che mi gela l’anima.

    Dobbiamo andare a cercare aiuto! Dobbiamo chiamare la Polizia!

    Rebecca ormai è in preda al panico come del resto lo sono io…

    Cerchiamo di riordinare le idee e tutto ciò che abbiamo portato in spiaggia, dai secchielli e palette al cesto con le vivande…

    Metto due dita sotto la lingua e ne esce un fischio forte e acuto per richiamare Avril, il mio cane, uno splendido alano nero. Era stata scartata dal suo allevatore perché col morso inverso niente pedigree, e quindi non avrebbe potuto partecipare alle esposizioni canine; così per poche centinaia di euro l’ho portata a casa con noi.

    In assoluto i soldi spesi meglio nella mia vita.

    Cerco di vestire in fretta Alma che ovviamente piagnucola, non capisce perchè debba smettere la sua splendida costruzione del castello di sabbia.

    In effetti non è niente male, calcolando che ha solo due anni e mezzo. Potremmo rimandare le ricerche dei due desaparecidos per vedere come verrebbero le guglie delle torri...

    Coraggio amore, metti i sandalini che andiamo a cercare il papà e lo zio Michele...

    Corruga la fronte e mi guarda dritta negli occhi con lo sguardo più adulto che riesca a fare, come per bacchettarmi su ciò che ho appena detto.

    Perche dobbiamo andare a cercarli se sono qui?

    Sono qui? Mi giro di scatto e li vedo a poco più di cento metri, che con pinne maschera e boccaglio in mano, molto tranquillamente chiacchierando, avanzano verso di noi.

    Non riesco a non notare quanto ancora mi piaccia quell’uomo, il suo fisico asciutto, le spalle larghe, i pettorali ben definiti e i capelli castani che gli ricadono morbidi sulle spalle.

    Non permetterò mai a nessuno di farti del male. Ti amo Alexandra sei la mia unica ragione di vita, io vivo per renderti felice… siamo stretti nel nostro letto in un abbraccio ormai fatto di sudore e di passione, che non permette di capire dove cominci il corpo dell’uno per finire in quello dell’altra. I nostri baci sono caldi e appassionati. Gli infilo le dita tra capelli, li tiro, lo stringo, voglio che senta, percepisca tutto il mio amore.

    Ma dove eravate finiti! Urla Rebecca cercando di rimanere in equilibrio, visto che Avril al guinzaglio le corre in cerchio tra le gambe, ci avete fatto preoccupare, tantissimo. Stavamo andando alla Polizia!

    Vorrei urlare anch’io la mia angoscia, la mia paura che ti fosse successo qualcosa, ma negli ultimi tempi le cose tra noi non vanno bene, sei lontano, mi trascuri…

    Non posso dirti nulla.

    E perché mai sareste preoccupate? Siamo andati a fare un bagno e la corrente ci ha spinti lontano da questa spiaggia. Siamo due uomini adulti e vaccinati, sappiamo esattamente cosa facciamo e non dobbiamo certo rendere conto a voi dei nostri spostamenti.

    Questa è la tua risposta, secca e autoritaria, del resto in linea con tutte quelle che negli ultimi mesi mi stai dando.

    Ormai siamo vestite e pronte per tornare alla nostra casa sulla spiaggia non lontana da qui. Alma il suo castello lo finirà domani.

    Seduti sull’immenso divano bianco della sala, dalla quale attraverso le grandi vetrate guardo l’orizzonte, quella linea così sottile e impercettibile che divide il blu del mare da quello del cielo, cerco di capire quel che sta accadendo.

    Tutto sembra perfetto; l’atmosfera, i colori, il calice di vino bianco che stringo nella mano, ma qualcosa manca; tu non mi sei accanto, non sei nemmeno a due metri di distanza, con un inutile rivista appoggiata sulle gambe, il costume ancora umido… mi basterebbe allungare una mano per raggiungerti e mettere le mie attorno al tuo collo e abbandonarmi in un tuo abbraccio. Ma la distanza reale tra noi è ormai illimitata.

    Mi accorgo che non mi vuoi più bene, che non mi guardi più. Mi lasci sempre sola e non perdi attimo per offendermi, c’è qualcosa che non va, c’è qualcosa che io non so; sono mesi che non mi cerchi tra le lenzuola, mesi che non vuoi più fare l’amore con me.

    I miei pensieri si interrompono quando Rebecca, con un gran sorriso sulle labbra entra in sala con la piccola Alma in braccio.

    Forza pigroni. Ora ci facciamo belli che Corfù ci aspetta! Sono ancora arrabbiata per la vostra bravata di oggi, ma Alexandra ed io dobbiamo indossare i nostri vestiti nuovi e poi… sto morendo di fame! Mi allunga la mano e solo allora trovo la forza di alzarmi da quel divano.

    Il ristorante è bellissimo, tutto rigorosamente color crema, piccoli tavoli ordinatamente distribuiti con eleganza nella grande sala, lampadari in vetro e candele bianche poste in minuscoli e raffinati candelieri che emanano luci soffuse da far apparire ogni volto di una bellezza eterea.

    Rebecca si sistema il tovagliolo sulle gambe e mi osserva,sei bellissima Alexandra questa sera. Quando siamo usciti pensavo il tuo abito fosse troppo impegnativo per la cena, devo invece ricredermi, sei davvero in linea con il locale è sincera, vorrei alzarmi e abbracciarla forte. È la mia amica di sempre, conosciamo tutti i nostri rispettivi segreti, e a turno abbiamo pianto negli anni l’una sulla spalla dell’altra.

    Mi guardo riflessa nella vetrata che ho davanti; i capelli biondi raccolti delicatamente sulla nuca da un fermaglio rosso rubino. Gli occhi verdi illuminati dalla pelle leggermente arrossata dal sole esalta la leggerezza dell’abito in seta color noisette con una profonda scollatura sulla schiena, mettendo in evidenza il tatuaggio floreale che mi copre le spalle.

    Non mi sono mai piaciuta tanto, non ho mai avuto una grande autostima, ma riscontro che la figura di quella donna con le lunghe gambe accavallate nello specchio, non sia affatto male.

    Come se Stefano mi avesse letto dentro si affretta a confermare: in effetti piccola, strasera sei davvero uno schianto.

    Non ho percepito amore in quello che hai detto, forse ti sei sentito soltanto in dovere di farlo, ma il mio cuore è gonfio di gioia.

    Stefano hai bevuto un po’ troppo stasera, hai quasi finito da solo quella bottiglia

    Stasera cara Alexandra voglio prendermi una bella sbronza, cibo, buon vino e chissà …

    Mi strizza l’occhio e io mi sciolgo.

    La cena prosegue tranquilla tra aneddoti di lavoro e risate, guardo Alma che ormai esausta si è addormentata; abbiamo avvicinato due poltroncine per farla riposare tranquillamente, la guardo beata mentre gli angoli della sua bocca si piagano in un sorriso. Starà sognando il suo castello sulla spiaggia.

    Sono in bagno, la serata è stata piacevole ma ora mi sento davvero sfinita. Il peso della giornata mi è arrivato tutto in un momento: il sole, lo spavento di non trovarli. Mi guardo allo specchio mentre sciolgo i capelli che cadono leggeri sulle spalle e slaccio il bottone dell’abito che mi scivola sulle gambe lasciandomi solo con gli slip.

    In quel momento entra Stefano, mi guarda come non faceva da tempo; mi si avvicina e sento il suo corpo premere contro il mio, la sua erezione contro la mia schiena, le sue mani, che un tempo mi accarezzavano dolcemente mi afferrano i fianchi e mi prende con forza, un impeto che travolge tutte le mie sensazioni. Non lo faceva da tempo, non facciamo l’amore da tanto tempo, e ora la sua bocca cerca avidamente la mia, la sua lingua si muove veloce inebriandomi del suo sapore, le sue mani corrono sul mio corpo, sul mio seno. Guardo lo specchio e vedo noi avvinghiati, e ancora dai seni le sue mani scendono ardenti sui glutei con una stretta così forte, che mi provoca una piacevole sensazione di dolore. Mi abbandono a quella emozione che so non essere amore, per lui è solo sesso, ma mi va bene lo stesso, lo accetto dentro di me comunque felice di accoglierlo qualunque ne sia il motivo.

    Stefano! Ma in quel momento pensava solo al suo orgasmo.

    Io non prendo più la pillola! E se rimango incinta?

    Lui glaciale: Figurati. Per una volta.

    Mi sveglio con i primi chiarori del mattino, ho dimenticato di chiudere bene le imposte e un tiepido raggio del primo sole filtra proprio sul mio cuscino. Stefano ha il viso rivolto verso il mio, sta dormendo beatamente, i suoi tratti rilassati. Sorrido ripensando a ieri notte. Era tanto che non accadeva, ma abbiamo fatto l’amore? O era soltanto sesso, voglia di raggiungere il puro piacere fisico. Non devo penarci, voglio godermi questi attimi in cui ti sono vicina e posso finalmente accarezzarti i capelli, il volto, le spalle, i fianchi…

    Un pensiero torna alla nostra prima casa, un piccolo appartamento in periferia di Milano. Eravamo appena sposati:

    Fiore, fiorellino, svegliati amore. Apro gli occhi e il suo viso è il suo mio, oggi è una giornata speciale, è un mese che sei mia moglie sorride e il suo sguardo si illumina ti meriti la colazione a letto, non ricordo di aver fatto qualcosa di speciale per meritarla e Stefano lo avverte, te lo meriti per il semplice fatto che avendomi sposato hai fatto di me l’uomo più felice del mondo, e se non fosse che devo sempre correre in agenzia te la meriteresti tutte le mattine. Come è dolce e premuroso il mio amore; e con quel suo modo affabile e spontaneo l’ultima cosa di cui ho voglia ora, è bere il mio cappuccino.

    Vieni mio bel maritino lo tiro a me con forza, che francamente appena sveglia non avevo mai avuto ho fame, ma non di cappuccio e brioches gli lancio il mio sorriso più disarmante e in un attimo è sotto le lenzuola accanto a me, sopra di me, dentro di me.

    Ti amo per tanti motivi, perché sei premuroso, perché sento di essere davvero il centro del tuo universo e perché non mi hai mai forzata al sesso orale; per me ancora oggi è una sofferenza, un tentato stupro quando avevo solo quattordici anni. Caricate su un furgone… no fa troppo male: chiudo gli occhi ed è il nero.

    La porta si spalanca all’improvviso, è come una freccia mentre corre per buttarsi in mezzo a noi nel lettone, l’incantesimo si è rotto ma la sensazione dell’abbraccio di Alma mi riempie di felicità.

    Svegliatevi dormiglioni! Voglio il latte e andare in acqua! Con le sue manine paffute mi prende le guance e le stringe forte, e con il suo nasino strofina il mio.

    È ora di alzarsi… Stefano si gira pigramente dall’altra parte. Andiamo piccolina, cominciamo ad andare al mare noi due.

    Guardo Alma che indossa solamente il costumino blu a pois bianchi camminare spedita davanti a me, mentre ci avviciniamo alla spiaggia. Tiene Avril al guinzaglio, sembra stia portando a spasso un cavallo, sorrido e penso alla bontà del nostro cane, sa esattamente che è Alma a tenerla, e accetta da questo cucciolo umano dai capelli biondi, strattoni e tirate d’orecchie senza riserve.

    Poso la borsa sulla sabbia con secchielli palette e formine; a stella, a cuore, a tartaruga e altre forme indecifrabili, mentre Alma si è già tolta il costume e tutta nuda, culetto al vento mi grida: mamma guarda! Faccio la pipì come Avril! Corre per la spiaggia fermandosi e accovacciandosi, poi si rialza e continua così per tutta il bagnasciuga.

    Ringrazio di essere in una spiaggia libera dove al momento siamo solo noi.

    Dovrò necessariamente al più presto spiegarle le differenze fra cani e bambini.

    Occhio che se passa l’accalappiacani ti porta via tua figlia! anche Rebecca, mentre adagia il suo telo sulla sabbia si è accorta che Alma e Avril stanno girando sulla riva marcando il territorio.

    Non sei un cane! Alma smettila!… ma Stefano, non è venuto con voi? Mi accorgo che è l’unico del gruppo a mancare, no amica mia, è andato in città, ha detto che doveva fare delle telefonate urgenti e ci raggiungerà più tardi.

    Delle telefonate urgenti, il 14 di agosto? Non sono tranquilla.

    Abbiamo passato la giornata in spiaggia e lui non si è visto. Probabilmente non ha trovato il telefono e si è perso con i piccioni viaggiatori.

    Stiamo preparando i bagagli. Le vacanze sono finite. La cura che ho nel riporre gli abiti nelle valige che ho avuto alla partenza è sparita; maglie e abiti sono quasi appallottolati mentre li butto dentro in qualche modo… Non mi sento bene, sono stanca e di malumore, come se un treno m’avesse investita… Si torna a casa.

    Mi sono svegliata da poco, gli occhi ancora pieni di sonno. Sono in bagno, e seduta sul water tengo tra le dita quello che sembra un termometro. Le mie gambe tremano, mi sento la febbre; ma realmente sto aspettando di vedere quante linee usciranno sul test di gravidanza.

    1 linea - non incinta

    2 linee - incinta

    Cazzo!

    Non sono entusiasta di questa gravidanza, ho tolto da poco il pannolino ad Alma, volevo tornare a lavorare. Mi sento così sola. Stiamo rientrando a casa, siamo andati a pranzo dai tuoi genitori, ma ancora, del fatto ch’io sia incinta, non ne abbiamo parlato a nessuno.

    Non me la sento di avere questo figlio! Non è il momento giusto. Speravo che ora, che Alma sta crescendo, avremmo potuto tornare a essere una coppia.

    Sono realmente sull’orlo della disperazione per questa gravidanza non programmata, e forse, per te non era nemmeno sesso programmato.

    Se non lo vuoi è una scelta tua. Io non posso decidere niente, devi farlo tu.

    Non mi guardi nemmeno. Tieni lo sguardo fisso sul semaforo in attesa che diventi verde. Capisco che te ne stai lavando le mani.

    Passo la mia prima notte da -so che aspetto un bambino- quasi completamente insonne, mi giro e mi rigiro nel letto pensando a cosa devo fare. Sono mille i pensieri che mi riempiono la testa e cerco di fare un elenco delle possibilità che potrei avere:

    1 abortire: mio Dio potrei realmente farlo?

    2 tenerlo: ricominciare tutto da capo - ingrassare, notti in piedi, pannolini, tette grosse... mmhh sì, questo potrebbe essere interessante!

    Ce ne sono altre? No, devo prendere una decisione e come ha detto lui, devo farlo da sola, ma è così difficile.

    So di avere in grembo mio figlio, nostro foglio, ma la paura di affrontare una maternità in questo momento mi spaventa: non è solo paura fisica; ma il terrore che un domani potresti non essere al mio fianco.

    Mi sveglio con le prime luci dell’alba e mi sembra di non essere nemmeno andata a dormire. Rimango ancora un po’ nel letto, cerco di rilassarmi e di riprendere sonno, vorrei poter dormire ancora qualche ora così non sarei costretta a pensare… ho bisogno di tempo. Mi addormento di nuovo e sogno una bambola dai capelli rossi, è molto piccola, la cullo e cerco di allattarla, ma lei non si muove, so che non può farlo perché è di plastica ma nello stesso tempo sono nel panico perché non ne capisco il motivo.

    Quando mi risveglio sono quasi le nove, ho la maglietta appiccicata alla schiena madida di sudore e sto tremando.

    Scendo piano dal letto ed entro in doccia; ho bisogno di lavar via quella sensazione triste che mi ha lasciato il sogno, mi infilo nell’accappatoio e mi sembra di stare meglio. Almeno non ho le nausee mattutine, sono solo a pezzi e ancora di cattivo umore.

    Dottoressa Pisoni buongiorno, sono Alexandra Barone, avrei bisogno di prendere un appuntamento, si grazie tutto bene, no nulla di grave… è che… aspetto un bambino .

    Arrivo nello studio che sono già esausta, ho fatto solo pochi chilometri con la macchina ma mi sembra di aver attraversato un continente. Ci sono tre donne che aspettano di essere visitate e con mio stupore trovo questa attesa gradevole, avrò un po’ di tempo per rilassarmi, per pensare a tutti i nuovi eventi.

    Osservo distrattamente le signore sedute come me nella sala d’attesa, la mia attenzione si sposta su quella più giovane, decisamente troppo giovane!

    Ha un pancino quasi impercettibile, se l’avessi vista fuori di qui, probabilmente avrei pensato a una dieta troppo ricca di carboidrati, ma se è in questo studio il motivo sarà certamente uguale al mio. Dimostra al massimo diciannove anni, i capelli neri corvini raccolti in un’alta coda di cavallo, la pelle bianca come la luna e gli occhi forse troppo grandi per il suo viso così piccolo, in effetti guardandola nel complesso è davvero molto piccina; sta parlando al telefono, sembra arrabbiata, si asciuga gli occhi con la manica della camicia, sta piangendo?

    Chi la può far soffrire, in questo momento poi! Sembra così indifesa e facile preda di chiunque. Mi viene voglia di alzarmi

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