La rosa e la bestia, una fiaba dark
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Info su questo ebook
Che ne è stato di lui? La risposta non sarà così scontata come sembra e ancora una volta Rosaspina dovrà affrontare i demoni, sia quelli del suo cuore che quelli reali.
Capitolo finale della duologia “Rosaspina, una fiaba dark” , storia liberamente ispirata alla fiaba della Bella Addormentata nel Bosco.
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Anteprima del libro
La rosa e la bestia, una fiaba dark - Luana Semprini
La Rosa e
la Bestia
Una fiaba dark
di
Luana Semprini
Non tutte le fiabe iniziano
con c’era una volta
e finiscono
con e vissero tutti felici e contenti
.
L.S.
Copyright © Luana Semprini 2013
L’opera appartiene all’autrice, tutti i diritti sono riservati.
È vietata la riproduzione, anche parziale, senza il consenso dell’autrice.
1
Trentasei giorni
.
Il conteggio del tempo passato mi tiene compagnia nella mia solitudine e tristezza. Traccio una linea sul muro di pietra con una forchetta, rubata a fatica a quella megera di Roxane.
Roxane! L’idea di lei è così orripilante che perfino i miei pensieri diventano amari e insipidi come il cibo che ogni giorno mi fa mangiare. Se la mia vita è in rovina, è soltanto a causa sua. A causa sua ho dormito per cento anni, a causa sua sono passata da una tortura all’altra, non per ultima il tormento eterno di vivere rinchiusa in una torre con un drago a farmi da guardia.
Mi affaccio piano alla finestrella della mia prigione e guardo giù: Il drago sta dormendo. Tiro un sospiro di sollievo; quando dorme l’orrendo essere non ruggisce e non prova a infilare le sue schifose zampe all’interno della mia stanza per potermi mangiare. La bestia è stata messa qua dalla strega per evitare la mia fuga, ma neppure lei può andarsene; Roxane tiene il drago legato a questo fatidico luogo proprio come fa con me.
Non credo di avere più un cuore, la megera me l’ha strappato, riducendo la mia vita all’attesa di un solo orrendo pasto e dell’odiosa vista di lei, quando viene a prendersi la mia linfa vitale, la mia immortalità, il mio sangue.
L’abito che indosso è macchiato di rosso sui polsini di pizzo e sulle braccia, ricordandomi in ogni istante la mia tortura, e non solo. Quest’abito ormai sporco e stracciato, davvero non più adatto a una principessa nobile quale sono, mi ricorda ciò che ho perduto, oltre alla mia vita. Mi ricorda che ho perduto, per sempre, l’amore.
Il mio abito nuziale, il mio ormai irriconoscibile abito nuziale, mi ricorda Caspian, il principe Caspian, l’uomo che stavo per sposare.
Non so cosa ne sia stato di lui, so solo che la strega l’ha maledetto, così come ha fatto con me. Per un attimo sento il respiro mancarmi, quando l’immagine degli occhi di ghiaccio di Caspian entra nella mia mente. Quegli occhi così freddi, folli, calcolatori, eppure così irrimediabilmente amati. L’odio sfumato in un amore inaspettato.
Caspian, che pensava di essere invincibile, invece era una pedina, proprio come me.
Sospiro, coprendomi il volto con le mani e sedendomi sul letto. Non ho perso la speranza di riuscire a fuggire da qua, ma ogni giorno che passa diventa più difficile credere di poter scappare. Sono circondata da rovi e piante e in questo luogo non passa anima che non sia Roxane. Ho gridato fino a perdere la voce, per chiedere aiuto, ma è stato soltanto fiato perso. Nessuno mi ha udita, nessuno sa che sono qui.
Il giorno passa tra il lento camminare intorno alla stanza, sempre in tondo, sforzando la mia mente a rimanere lucida. Ieri è venuta la megera, dunque oggi non verrà, oggi sono libera. Libera! Parola assai scherzosa, Rosaspina
.
Alla stessa ora ogni giorno, verso il tramonto, appare un piatto di cibo sul comodino accanto al letto. È un miscuglio ignobile di carne e patate che io guardo ogni volta con stizza e orrore, ma che mi accingo sempre, infine, a consumare con voracità.
Quando spuntano le prime stelle, mi affaccio alla finestra e sento il drago ringhiare.
‒ Zitto! ‒ esclamo ‒ lasciami in pace a guardare le stelle.
I suoi enormi occhi gialli mi fissano e la sua bocca si spalanca come se volesse sorridermi. In realtà non sorride, non parla neppure, è solo una stupida bestia, per nulla intelligente, aimè.
Rumoreggiando le sue ali squamose si aprono e in pochi battiti il drago sale fino alla finestra. Non posso evitare di indietreggiare e di essere spaventata. Lui ruggisce ancora, io pesto i piedi per terra e grido.
‒ Vattene!!!Lasciami in pace, mostro!
Dalle sue narici erutta del fumo. La finestra è stretta per cui non temo che il drago possa fare di più, però la sua zampa artigliata s’intromette come al solito, donandomi la vista delle sue unghie nere e affilate.
‒ Basta! ‒ con un lamento, più che un grido, m’infilo sotto le grezze coperte del letto e respiro forte, soffocando le lacrime.
Trentasette giorni
.
Forse oggi verrà, o forse non verrà, non è mai abitudinaria nelle sue apparizioni. A volte sparisce per giorni, a volte me la ritrovo spesso tra i piedi. L’ansia di non sapere se la vedrò rende il mio risveglio ancor più penoso del solito.
Traccio il segno sul muro e sento il mio stomaco ribollire per la fame. Mi accarezzo il ventre e poi arrotolo i miei capelli in una crocchia sulla testa; ormai sono così secchi e annodati che preferirei tagliarli del tutto. Non rammento neanche più di essere stata bella, di certo adesso non lo sono più.
Con circospezione mi avvicino alla finestra e vedo che il drago sta riposando sdraiato a terra. Sospiro e poi appoggio il mento sulle mani e guardo fuori. Il sole splende luminoso, illuminando la foresta che mi circonda. Forse è sempre la Foresta Oscura, ma non ne sono certa. Di certo questa non è la torre in cui ho dormito per lungo tempo, nonostante all’inizio avessi avuto questa paura. Il sadismo di Roxane non si è spinto fino a questo punto.
Il canto degli uccellini mi arriva alle orecchie come qualcosa di estremamente fastidioso, dato che loro sono liberi e felici ed io no. Ogni mattina c’è solo è soltanto questo canto. Mai nulla di diverso. In verità oggi sento un canto diverso, più forte, più baritonale. Sobbalzo, stupita. Davvero non sembra il canto di un uccello. Il cuore prende a battermi forte, temo che qualunque cosa sia e anche se fosse qualcuno, potrebbe allontanarsi. Di colpo inizio a cantare a mia volta, so farlo molto bene, è una dote regalatami da una fata madrina. La mia voce è così soave e attraente che, d’un tratto, l’altro canto si placa.
No!
penso Canta ancora, chiunque tu sia!
Io non smetto il mio canto, ma continuo ancora e ancora, temendo di svegliare il drago. Finalmente il canto sconosciuto riprende e si fa sempre più vicino. Il mio cuore scoppia di agitazione.
Mi sporgo sempre di più dalla finestra, continuando a cantare, sempre più forte. L’altro canto mi risponde ancora e ancora ed è così vicino che potrei gridare! Difatti lo faccio, lancio un acuto e il mio canto finisce e finisce anche quello dell’altra persona. Sì, non ci sono dubbi che si tratti di una persona.
Poi odo un grido.
Cerco di vedere cosa sta accadendo e, sconvolta, mi porto una mano sul cuore. Sotto, molto sotto di me, c’è un uomo. Ha sguainato la spada, ma sta tremando di fronte al drago, che dal canto suo dorme ancora placidamente. I draghi non hanno un gran udito, è risaputo.
Cerco di richiamare l’attenzione dell’uomo, ma lui è pietrificato e temo che o scapperà o farà la follia di svegliare il drago affamato.
‒ Ehi! ‒ esclamo ‒ Ehi sono io!
Finalmente il minuscolo volto sconvolto si alza e mi vede.
‒ Oh cielo! Siete voi la sublime cantante?
Da quassù non posso ben scorgere l’espressione dell’uomo, ma annuisco con veemenza.
‒ Sono io! Avete una splendida voce, signore.
‒ Cosa ci fate lassù? ‒ ribatte lui dopo un attimo di stordimento.
‒ Aimè, una strega malvagia mi ha intrappolata! ‒ esclamo con tristezza.
‒ Che cosa? ‒ L’uomo punta la spada in aria.
‒ Cielo vi libererò!
Sono sorpresa dall’ardore dell’uomo, ma vorrei ricordargli l’ostacolo più grande: il drago.
‒ Pensate forse di poter uccidere il drago? Se si svegliasse vi divorerebbe in un istante.
L’uomo si blocca, la mano della spada s’immobilizza. Temo che voglia fuggire a gambe levate e che l’ardore sia stato solo una follia dell’attimo. Ma poi esclama:
‒ Troverò il modo!
‒ Vi ringrazio, prode gentiluomo, ma come farete? Il drago è legato a questa torre da un incantesimo della strega.
L’impotenza mi divora, il desiderio di uscire è così forte che mi getterei dalla finestra.
‒ Non temete! ‒ esclama lo sconosciuto di rimando.
‒ Tornerò presto con la soluzione!
‒ Cosa? ‒ grido mentre lui si volta e se ne va.
‒ No, non andate! ‒ Ma lui non mi ascolta e ben presto sparisce all’interno della selva.
Sono certa, non tornerà più
penso sconsolata.
Passo la notte alla finestra, sospirando sul mio destino infausto. Nessuno sarebbe tanto coraggioso o stupido da affrontare un drago per me, è ovvio. Nonostante questo non posso impormi di non sperare che lo sconosciuto ritorni con la soluzione. Devo crederci.
L’alba mi coglie assonnata, ancora accanto alla