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Le meravigliose avversità del destino
Le meravigliose avversità del destino
Le meravigliose avversità del destino
E-book342 pagine4 ore

Le meravigliose avversità del destino

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Info su questo ebook

Tutto ha inizio in un soleggiato paesino affacciato sull'alto Adriatico e immerso nel verde di una lussureggiante pineta. Anna, architetto dalla promettente carriera si innamora, riamata, di Alessandro studente milanese di medicina. La loro è una storia vissuta tra le onde del mare e il profumo dei pini. Quando Anna si trasferisce a Milano ed inizia a fare progetti di vita con Alessandro, si ritrova all'improvviso con tutti i suoi sogni infranti. In un momento in cui Anna è sopraffatta dalla disperazione irrompe nella sua vita il suo idolo di sempre: Paolo, un famoso personaggio dello spettacolo che divide la sua vita tra il mondo dei lustrini e quello del volontariato e della beneficenza. Paolo è un uomo affascinante e dalla simpatia dirompente, tra di loro nasce immediatamente una splendida ed indissolubile " strana amicizia". Tutto procede a gonfie vele finchè nella loro vita irrompe come un tornado un fantasma del passato. E' in questo momento che Anna decide di rivoluzionare la sua esistenza e tagliare i ponti che la legano alla sua vita precedente per guardare verso un lontano orizzonte...
LinguaItaliano
EditoreSonia Tol
Data di uscita17 feb 2015
ISBN9786050358148
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    Anteprima del libro

    Le meravigliose avversità del destino - Sonia Tol

    Ringraziamenti

    Noi

    Oggi è il mio compleanno, il 50esimo per la precisione. La giornata non sta iniziando nel migliore dei modi: stanotte non sono riuscita a dormire per colpa del caldo. Mi sono girata e rigirata più volte nel letto cercando un po' di sollievo, senza trovarlo.

    Oltre al caldo anche i ricordi mi tengono sveglia. I cinquanta anni rappresentano il mio giro di boa, tempo di bilanci e considerazioni. Mi sono chiesta più volte se nella mia vita ho accumulato più rimorsi o rimpianti senza riuscire a darmi una risposta. Ho capito pero' una cosa importante e cioè che finalmente sono felice.

    Mi alzo, ormai è inutile insistere, tra poco sarà l'alba, il momento in cui abitualmente mi sveglio. Mi siedo sul bordo del letto e lo guardo, Lui sta ancora dormendo, è nudo steso sul fianco destro, mi dà le spalle. Come lo invidio, dorme profondamente, Lui ha sempre avuto una grande capacità di adattamento.

    Prendo la tanica e mi verso un po' d'acqua nella tazza di terracotta, ha un retrogusto di plastica, ma nonostante ciò mi sembra la bevanda più dissetante e buona del mondo.

    Raccolgo i capelli con un fermaglio ed esco. Non sono vestita ma non mi preoccupo, nel posto in cui ci troviamo potrei tranquillamente passeggiare così anche di giorno.

    Il cielo è bellissimo, le stelle sono ancora così brillanti! Mi fanno ripensare alla città da cui vengo, in fondo il firmamento è sempre lo stesso e questo mi fa sentire meno lontana.

    Albeggia, è uno spettacolo stupendo, il cielo si tinge di rosa e così i tetti delle abitazioni, come le distese infinite che ci circondano.

    Sento il letto scricchiolare, lo immagino mentre si gira verso di me senza trovarmi. Anna? Mi chiama.

    Sono fuori gli rispondo, mi raggiunge, si ferma dietro di me e mi abbraccia sussurrandomi all'orecchio Tanti auguri amore mio.

    Mi bacia dolcemente sulla guancia. In tutti questi anni non si è mai dimenticato nessuna ricorrenza che mi riguardasse organizzando sempre qualcosa di speciale. Questa volta, data la situazione e viste le condizioni avverse, sarà più difficile, ma quando Lui vuole qualcosa fa in modo di ottenerlo.

    La giornata trascorre come al solito. Durante il mattino, approfittando delle ore più fresche, svolgiamo il nostro lavoro, è molto faticoso ma appagante. Anche oggi sono arrivate molte persone dai villaggi vicini. Lui non si ferma un attimo ed io gli sto vicina cercando di aiutarlo, non è il mio lavoro ma dopo molti anni ho imparato le cose essenziali.

    Quando il sole è allo zenit e il caldo insopportabile, ci rifugiamo tutti nelle nostre abitazioni. Discutiamo della situazione, sembra che poco alla volta le cose stiano migliorando, anche grazie a noi. Lui non accenna ai programmi per la serata, non gli chiedo nulla, non voglio rovinargli un'eventuale sorpresa o metterlo in difficoltà costringendolo ad inventarsi una scusa.

    Ho intuito che gli altri sanno che è il mio compleanno e che sono stati coinvolti in qualcosa dal loro atteggiamento: mi guardano di sottecchi, sono schivi, confabulano tra loro e quando si accorgono che li sto osservando si interrompono.

    Finalmente scende la notte e fa più fresco, così usciamo. Fuori è acceso il solito fuoco, solo che a cuocere c'è un animale enorme, in grado di sfamare almeno cinquanta persone. E' riuscito a coinvolgere proprio tutti, anche chi ci guarda ancora con diffidenza. E' sempre stato bravo con le persone, le ascolta e le capisce e di conseguenza sa come avvicinarle e io lo amo anche per questo.

    Il clima è molto allegro, non percepisco alcuna tensione, mangiamo tutti insieme seduti a terra intorno al fuoco, parliamo e ridiamo, nonostante tutto. Poi la sorpresa.

    Lui scompare, entra in un'abitazione e ne esce con un rudimentale vassoio con un dolce che a prima vista potrebbe assomigliare alla pinza: il dolce tipico che mangiavo in Veneto nel periodo dell'Epifania, ma è un piatto locale naturalmente e, per non urtare la sensibilità di nessuno, lo ha fatto preparare a loro, è davvero una brava persona.

    I suoi occhi brillano alla luce delle candele, posa il vassoio su un tavolo improvvisato, mi fa cenno di avvicinarmi, tutti gli altri mi seguono, faccio un grande respiro e le spengo tutte.

    Non esprimo desideri, lo guardo, è ancora bello come la prima volta che lo vidi, il suo splendido sorriso mi fa capire che ho già tutto e che ho fatto la scelta giusta: è l'uomo della mia vita!

    Mentre sto pensando a questo, scoppia un fragoroso applauso: sono i bambini, i nostri bambini.

    Mi fanno sedere di nuovo a terra mentre loro si sistemano ordinatamente intorno al fuoco formando un cerchio, poi in perfetta sincronia, intonano un canto accompagnandolo ad una danza.

    Compiono tutti gli stessi movimenti seguendo il ritmo della musica, portano le ginocchia al petto, le braccia al cielo, deve essere una danza di gioia molto antica, tramandata nei secoli di generazione in generazione, vorrei unirmi a loro ma temo di rovinare tanta perfezione, così batto le mani allegra e lusingata che mi stiano festeggiando con tanto trasporto.

    Terminati i canti, ognuno torna nella propria casa alla spicciolata. Noi due ci tratteniamo fuori ancora un po', ci piace osservare il fuoco spegnersi, vedere come unica luce nell'oscurità solo quella della brace incandescente.

    E' stata una festa bellissima, era tutto perfetto, grazie. Gli dico.

    Ne sono felice, ma forse manca qualcosa affinché tutto sia veramente perfetto.

    Mi passa una busta, la giro tra le mani per vedere chi è il mittente.

    Ti lascio sola, sai dove trovarmi. Mi bacia sulla fronte e se ne va.

    Leggo la lettera tutta d'un fiato. La richiudo seguendo perfettamente le pieghe, ci passo sopra la mano per appiattirla e la ripongo nella busta.

    Quando vado a dormire mi trovo nella stessa situazione della notte precedente.

    Mi giro e rigiro nel letto, il mio corpo è caldo e sudato, lotto contro l'afa e contro la mia mente che, come un cavallo imbizzarrito, vuole condurmi dove essa desidera: lontano nel tempo e nello spazio. Sono stanca e mi lascio sopraffare, così mi ritrovo a Milano, dove molti anni prima, sono salita su quel treno.

    Paolo

    Salire su quel treno fu la cosa più faticosa della mia vita, almeno fino a quel momento.

    Mi trascinavo un peso enorme e non era il trolley e nemmeno la borsa a tracolla, no, era qualcosa che avevo nel petto talmente pesante da farmi mancare il respiro.

    Riuscii a fatica a fare i gradini e caricare la piccola valigia. Il mio posto si trovava all'inizio del vagone, depositai il bagaglio nell'apposito spazio sopra la mia testa, sbottonai il cappotto e sprofondai nel sedile. Non prestai attenzione al passeggero seduto di fronte a me, pensavo soltanto che avrei preferito essere seduta all'altro lato dello scompartimento perché dal posto in cui mi trovavo potevo vedere l'uomo dal quale mi stavo allontanando per sempre: Alessandro.

    Abbassai la testa quel tanto che bastava a farmi cadere i capelli sul viso in modo da impedirgli di vedere la mia espressione.

    Se ne stava lì fuori, immobile, le mani nelle tasche del cappotto grigio, guardava dritto forse guardava me, non lo capivo, speravo che mi stesse osservando, che cambiasse idea, che salisse sul treno chiedendomi di rimanere perche' avremmo trovato una soluzione.

    Non successe nulla di tutto ciò, le porte si chiusero e lentamente il treno iniziò la sua corsa. Alzai una mano nel tentativo di salutarlo ma le mie dita fecero un movimento impercettibile, lui non fece alcun cenno, rimase lì fermo finché sparì dalla mia vista .

    La mia mano non si mosse perché era come congelata e non era l'unica parte del mio corpo ad esserlo, infatti più il treno si allontanava dalla stazione di Milano più il mio cuore si induriva.

    Sentii gli occhi riempirsi di lacrime, le spalle iniziarono a sussultare prima lievemente poi sempre più violentemente, cercai di trattenermi ma con scarsi risultati.

    Le lacrime iniziarono a scendere copiose, mi sentivo malissimo, il viso sembrava avvampare, allora tentavo di raffreddarlo con le mani, che al contrario erano freddissime, prima il palmo poi il dorso, feci cosi' un paio di volte, fino a che trovai un po' di sollievo.

    Mi vergognavo dello stato in cui ero: una donna che piange come una disperata, ma io ero veramente disperata. Com'era potuto accadere? Quando mi era sfuggita di mano la situazione perdendo di vista NOI per vedere solo ME?

    Spostai gli occhiali sulla testa e mi asciugai il viso. Fu allora che guardai per la prima volta il passeggero seduto di fronte a me e lo riconobbi. Non potevo credere ai miei occhi! Rimasi impietrita. Poi iniziai a ridere istericamente.

    Le mani cominciarono a tremare e lo stomaco a stringersi, mi assalì un forte senso di nausea, avevo i sudori freddi e intorno a me tutto inizio' a girare. Era un attacco di panico, era stato proprio Alessandro ad insegnarmi a riconoscerne i sintomi. Sentire il suo nome riecheggiare nella mia mente fu il colpo di grazia. Scoppiai in un pianto disperato, non cercai nemmeno di trattenermi, avevo bisogno di sfogarmi e ne avevo tutto il diritto! Era troppo da sopportare tutto in un giorno: l'addio di Alessandro e l'incontro con Paolo.

    Non avrei mai pensato di lasciare il primo, mentre avevo solo sognato di incontrare il secondo.

    Non so per quanto tempo piansi, so solo che ad un certo punto terminai i fazzoletti e lui mi offrì i suoi.

    Respirai profondamente e gli parlai :Grazie e scusami di solito sono più discreta.

    Non ti devi scusare, non vorrei essere al tuo posto. Mi rispose con un sorriso meraviglioso.

    Io lo avevo visto solo in televisione e nelle foto sui giornali e per quanto sembrasse bello non era nulla in confronto alla realtà. In quel momento aveva uno sguardo dolce e comprensivo, tanta attenzione da parte sua mi imbarazzò.

    Gli squillò il cellulare, ne approfittai per andare in bagno a vedere come fosse ridotta la mia faccia.

    Era peggio di quanto immaginassi! Mi lavai il viso e respirai a fondo. Maledissi me stessa per non aver portato i trucchi con me, ma quella mattina nella fretta avevo buttato in borsa le prime cose che avevo trovato in casa senza pensarci troppo.

    Che strani scherzi fa il destino. Pensai, avevo desiderato tante volte di incontrare Paolo, immaginandomi impeccabile con l'abito e il trucco giusti, avremmo parlato di poesia e politica, due argomenti sui quali ci trovavamo pienamente d'accordo, invece in quel momento Paolo era l'ultima persona che avrei voluto vedere: mi sentivo uno straccio e non ero nelle condizioni di parlare di alcunché. Tornai al mio posto sperando che fosse ancora impegnato al telefono, così avrei potuto fingere di addormentarmi.

    Sfortunatamente aveva terminato e mi parlò.

    Mi stavo preoccupando, volevo venire a cercarti.

    Non serviva ma grazie per l'interesse. Risposi

    Io mi chiamo Paolo. Mi disse allungando la mano.

    Mi chiamo Anna e so chi sei, seguo sempre il tuo programma in tv.

    Ne sono lusingato, posso esserti di aiuto in qualche modo?

    Sembrava sinceramente preoccupato per me. Alcune volte vedendolo nel suo talk show mi ero chiesta se la sua partecipazione alle vicende altrui fosse autentica o solo un'operazione di marketing studiata a tavolino, ma ora i suoi modi sembravano genuini. Chissà cosa avrebbe detto se gli avessi raccontato la mia storia?

    Solitamente avevo opinioni diverse dalle sue per quanto riguardava l'amore e i rapporti tra uomini e donne in generale, ma lo apprezzavo ugualmente perché non giudicava mai gli altri, esprimeva le sue opinioni, sempre rispettando le scelte altrui.

    Se lo avessi incontrato qualche giorno prima avrei potuto chiedere il suo parere e magari mi avrebbe aiutata, evitandomi di arrivare al punto in cui mi trovavo, ma ora era tardi o forse no? Forse c'era ancora qualcosa da recuperare. Forse potevo rimediare!

    Avrei potuto avere i suggerimenti che tanto bramavo? La curiosità di sapere cosa pensasse di ciò che stavo passando mi diede forza.

    Probabilmente interpretò il mio silenzio come un rifiuto alla sua offerta di aiuto perché mi disse Scusami forse non è il caso che mi intrometta

    No, solo non so da dove iniziare. Dissi pensierosa.

    Mi guardò serio, forse cercava di capire se il sentiero su cui ci stavamo per incamminare non fosse troppo doloroso e privato per me.

    In effetti mi ritornò alla mente l'immagine di Alessandro immobile davanti al treno e sentii una fitta al petto, il dolore non se ne era andato, era ancora lì, solo che cercavo di non prestargli attenzione.

    Mi sforzai di non mostrare la mia sofferenza e iniziai a parlare.

    Dalla mia esperienza ho capito che hai sempre avuto ragione tu, l'amore vero ed eterno non esiste, se me ne fossi resa conto prima mi sarei risparmiata un bel po' di sofferenza.

    Mi rispose Non so se faccio bene a dirtelo ma da quel che ho visto il vostro era amore vero, almeno finché è durato...

    Lo guardai con aria interrogativa e continuò, Sicuramente anche lui ti amava, l'ho capito dai suoi gesti. Quando vi siete salutati ti ha abbracciata tenendo le mani chiuse a pugno come se avesse il timore che aprendole avrebbe ceduto alla tentazione di trattenerti, il suo viso era una maschera di dolore, aveva le mascelle contratte per impedirsi di piangere.

    Ero stupita, quante cose aveva capito osservando per caso solo quel tragico, ultimo addio! Se aveva ragione, e in fondo sapevo che era così, ero riuscita a rovinare tutto grazie al mio egoismo, io che avevo promesso di combattere per il nostro amore contro tutto e tutti ero stata sconfitta proprio da me stessa.

    Questa consapevolezza mi pesava come un macigno sul petto che ti toglie il fiato.

    Finché è durato... Ripetei guardando fuori dal finestrino e cercando l'ispirazione ed il coraggio per raccontare com'era iniziata la mia storia. Non sapevo se gli sarebbe interessato ascoltarmi, ma lui si sistemò sul sedile e spense il cellulare. Capii che sarebbe stato un lungo viaggio.

    Alessandro

    Nei primi giorni di giugno il paese era già gremito di turisti arrivati per trascorrere qualche giorno di vacanza al mare. Tutti i negozi avevano riaperto dopo la pausa invernale e nell'aria si respirava un clima festoso.

    Mi guardai intorno meravigliata, malgrado l'afa, la luce era straordinariamente limpida, la pineta illuminata dal sole mostrava mille tonalità di verde e il cielo era azzurro e terso.

    Inspirai profondamente cercando di assaporare il profumo della resina dei pini e della salsedine del mare.

    Il mio amato mare! Chissà quant'è bello oggi, sarà sicuramente limpido e scintillante alla luce del sole!

    Nonostante le alte temperature non mi ci ero ancora recata e non certo perché non lo desiderassi!

    Il progetto su cui stavo lavorando mi teneva impegnata ininterrottamente ormai da parecchi mesi.

    Mi ero concessa quella passeggiata straordinaria semplicemente perché non potevo farne a meno, dovevo assolutamente recarmi in farmacia per acquistare degli antinfiammatori.

    Quando vi arrivai molte persone mi precedevano, così mi accodai aspettando il mio turno.

    Nonostante la ressa il farmacista mi riconobbe immediatamente e, alzando lo sguardo sopra le altre teste, mi rivolse un largo sorriso. Notai che oltre al Dottore e a suo figlio c'era un'altra persona, un ragazzo alto con i capelli alle spalle e verdi occhi felini contornati da lunghe ciglia.

    Proprio un bel tipo! Mi dissi.

    In fondo era stata una fortuna che ci fosse tanta gente in fila, avevo tutto il tempo per osservarlo meglio.

    A colpirmi forse ancor più del suo aspetto fisico era la pazienza che dimostrava nei confronti di un'anziana signora che chiedeva consigli sul tipo di crema solare più adatto alla sua pelle avanzando delle pretese assurde.

    Non riuscii a trattenere un sorriso, il ragazzo lo notò e mi guardò con disapprovazione.

    Mi sentii in imbarazzo. Sperai che non mi servisse proprio lui.

    Arrivato il mio turno il Dottore gli si avvicinò dicendo: Tratta bene questa signorina è del posto e la vedrai spesso.

    Certo. Rispose, mi diede i medicinali e mi salutò in modo gentile.

    Arrivata a casa dei miei genitori mi resi conto che sarebbe stato un vero spreco trascorrere il resto della giornata seduta alla mia scrivania, così presi il computer portatile e mi sistemai sul dondolo sotto al patio circondata dalle risate dei bambini che giocavano nei cortili intorno.

    Feci scorrere velocemente il cursore controllando per l'ennesima volta disegni e calcoli, era tutto perfetto, ne ero certa!

    Avevo sacrificato per quel progetto tutto il mio tempo e le mie energie ma non ne ero dispiaciuta perché riguardava la realizzazione di un complesso residenziale in una zona del mio paese a me molto cara: una laguna ancora incontaminata.

    Era un luogo fuori dal tempo, raggiungibile solo percorrendo sentieri di sabbia battuta, lontano dal chiacchiericcio della spiaggia e dai rumori del paese.

    In questa laguna incontaminata trovavano dimora specie di uccelli rare che si potevano osservare da casette di legno abilmente mimetizzate tra gli arbusti.

    Se avesse vinto il mio progetto i cambiamenti ambientali sarebbero stati minimi, infatti avevo concepito le costruzioni per essere in armonia con il paesaggio, sarei stata pronta a presentarlo anche subito se non fossero sorti dei problemi per la realizzazione di una piscina con acqua salata.

    Vista la vicinanza al mare infatti dovevo valutare alcuni elementi molto importanti che avrebbero potuto comprometterne la realizzazione come la profondità a cui scavare per trovare una falda e l'eventuale dissesto del terreno.

    Purtroppo non ero in grado di fare queste valutazioni da sola e mi ero rivolta ad un amico geologo, ma era necessario che mi comunicasse al più presto l'esito dei suoi accertamenti, senza di essi infatti il mio progetto non poteva dirsi completato e mancavano pochi giorni alla data di presentazione delle proposte davanti ai tecnici comunali.

    Ero sulle spine, dovevo vincere per impedire che gli interessi economici avessero la meglio sulla salvaguardia dell'ambiente, non mi sarei mai perdonata se, a causa di una mia imprecisione nel progetto, avessero optato per la realizzazione di un colosso in cemento!

    Stavo rivolgendo al cielo una muta preghiera quando squillò il telefono, sperai in un miracolo.

    Buon giorno architetto, chiamo dall'ufficio tecnico per avvisarla che la data ultima per la presentazione del progetto LAGUNA VIVA è stata anticipata a giovedì.

    Mi si gelò il sangue. Ringraziai cercando di nascondere il panico, quella era una congiura!

    Una goccia di sudore mi scese dalla tempia, mi rimanevano pochi giorni e dovevo assolutamente avere i calcoli da Giacomo, avevo dedicato anima e corpo a quel lavoro, non potevo permettere che quel piccolo paradiso finisse sacrificato alla speculazione edilizia!

    Arrabbiata chiusi con forza il computer senza averlo nemmeno spento.

    In quel momento sentii un forte crampo al ventre, come se qualcuno mi stesse strappando la pelle, mi piegai imprecando, conoscevo bene quella sensazione e sapevo che a causa sua per i prossimi due giorni non sarei stata in grado di fare praticamente nulla.

    Forse il mio sogno ecologista non si sarebbe mai avverato!

    Paolo

    Bloccai il mio racconto per ascoltare cosa diceva la voce dall'altoparlante del treno.

    Informiamo i gentili passeggeri che, a causa dell'occupazione dei binari da parte di alcuni manifestanti, il treno è costretto ad un sosta. Ci scusiamo per il disagio.

    Guardai fuori dal finestrino per capire dove ci trovassimo, parlando avevo perso la cognizione del tempo e dello spazio.

    Non vedevo alcun edificio che mi aiutasse ad intuirlo così mi alzai ed andai all'altro lato del vagone, gli altri passeggeri sembravano totalmente disinteressati a ciò che stava accadendo, ognuno perso nella propria vita.

    Attraverso la fitta nebbia vedevo solo dei grigi capannoni vicino all'autostrada, mi erano del tutto sconosciuti, non avevo idea di dove ci fossimo fermati.

    Paolo si alzò e mi venne vicino, le altre persone vedendolo vociferarono.

    Io ho un impegno questa sera, spero di arrivare a Trieste in tempo. Mi disse.

    Devi registrare una puntata da lì? 

    Non si tratta di lavoro, devo incontrare una persona. 

    Scusami non volevo essere invadente.

    Non lo sei stata.

    Pensai che probabilmente dovesse incontrare una donna, infatti oltre che per la sua bravura come conduttore e giornalista era famoso anche per la ricca collezione di fidanzate o presunte tali.

    Secondo te dove siamo?Gli chiesi.

    A Verona. Rispose sicuro.

    Osservai il gruppo di manifestanti che si trovava sul binario parallelo al nostro, avevano dei cartelli con su scritto No alla fuga di cervelli all'estero.

    Ricordai che qualche giorno prima avevo letto in un quotidiano che una ditta farmaceutica nel veronese era stata assorbita da un colosso svizzero e questo aveva comportato un esodo di parte del personale, in particolare dei ricercatori.

    Anche se la loro protesta ci faceva ritardare non potevo certo biasimarli, in fondo stavano solo reclamando i loro diritti, inoltre mi davano la possibilità di passare un po' più di tempo con Paolo, raccontargli la mia storia mi stava aiutando a calmarmi.

    Potrei approfittarne per fare un'intervista e usarla in una puntata. Mi disse.

    Guardai fuori e mi accorsi che i manifestanti si stavano spostando, dirigendosi verso il primo vagone.

    Mi girai verso Paolo per dirgli di sbrigarsi a scendere, ma non mi lasciò nemmeno il tempo di parlare, mi afferrò una mano e mi trascinò giù dal treno.

    Camminammo velocemente raggiungendo così un gruppo di persone, uomini e donne che gridavano slogan di protesta all'unisono.

    Rabbrividii vistosamente per il freddo, l'unica parte del mio corpo ancora calda era la mano che Paolo continuava a tenere stretta nella sua.

    Scusami se ti ho trascinata con me in questo modo ma mi serve il tuo aiuto e loro si stavano spostando così in fretta che non ho avuto il tempo di chiederti se volevi seguirmi, mi perdoni? Mi sorrise e ammiccò.

    Per questa volta ti perdono, ma almeno dimmi in cosa posso esserti utile! Sorrisi rassicurandolo.

    Non ho con me il registratore e non credo di mettere le persone a loro agio se mentre mi parlano io scrivo, preferisco lo faccia una persona per me, un'assistente di solito e oggi è la tua giornata fortunata! Sei appena stata assunta senza aver nemmeno presentato un curriculum! Mi sorrise. 

    Avrei dovuto essere arrabbiata con lui, ma era impossibile. Paolo era spontaneo e simpatico, gli sorrisi ed estrassi dalla borsa un taccuino e una penna.

    Lo osservai rivolgere le sue domande ai manifestanti. Nonostante fosse serio e professionale riusciva a mettersi sullo stesso piano dei suoi interlocutori facendoli sentire a proprio agio .

    Qualche volta si interrompeva e con un sorriso beffardo mi diceva:Ha scritto signorina?

    Io calata nella mia parte rispondevo:Certo.

    Eravamo circondati dai dimostranti, confusi dal loro vociare, quando il treno iniziò a muoversi.

    Probabilmente il gruppo di persone che era riuscito a raggiungere la motrice si era spostato permettendo così al treno di riprendere la sua corsa.

    Tentammo di fermarlo ma il macchinista doveva aver interpretato le nostre grida e i nostri gesti come un ultimo estremo segno di protesta.

    Così restammo a bocca aperta a guardare il treno sparire nella nebbia con le nostre valigie a bordo. Paolo scoppiò in una fragorosa risata piegandosi sulle ginocchia, io lo guardai arcigna.

    Scusateci è colpa nostra. Ci disse un manifestante.

    Paolo si ricompose immediatamente per parlargli, No, voi siete molto più importanti di un treno, prenderemo quello successivo non preoccupatevi. Vi devo ringraziare per il tempo che mi avete dedicato, spero di riuscire a dar voce al vostro disagio e di attirare l'attenzione sulle vostre rimostranze.

    Ci accompagnarono fuori dai binari salutandoci con baci e abbracci e ci lasciarono.

    Mi guardai intorno desolata, all'imbrunire la nebbia si era fatta ancor più fitta e si posava sul mio viso e sui capelli, ci trovavamo in una zona industriale tra alti capannoni grigi, sulle strade non c'era anima viva e un silenzio surreale ci circondava.

    Sentivo che il freddo mi era entrato nelle ossa, tanto che le dita dei piedi si erano indolenzite.

    Andiamo al Caffè che mi hanno indicato i manifestanti così ti scaldi un po'.

    Non risposi nulla, ne avevo passate troppe quel giorno e ormai mi mancavano le forze anche solo per replicare.

    Paolo mi cinse le spalle con un braccio e mi condusse al bar.

    Avvolsi le mani intorno alla tazza bollente nel tentativo di riscaldarle.

    Va meglio ora? Hai ancora freddo? Mi chiese premuroso.

    Sì grazie va meglio e tu come stai? Hai la punta del naso tutta rossa!

    Lo toccò e sorrise Sto bene grazie, un caffè doppio era proprio ciò di cui avevo bisogno! Ed aggiunse: Devo contattare immediatamente la compagnia dei treni per avvisare che le nostre valigie sono rimaste a bordo.

    Annuii. Per favore chiedi anche quando passerà il treno successivo.

    Agli ordini capitano! Rispose rivolgendomi un saluto militare.

    La telefonata durò qualche minuto, giusto il tempo di ordinare e bere un altro cappuccino.

    Il prossimo treno è un regionale, ciò significa che arriverà alla stazione del tuo paese a notte fonda...non mi sembra molto sicuro per una donna. Mi guardò preoccupato.

    Infatti, credo che troverò una sistemazione qui e poi salirò sul primo treno di domani mattina. Gli dissi avvilita.

    Se ti va potremmo andare insieme da un mio amico che abita qui vicino, sono certo che ci ospiterà volentieri. 

    Ti ringrazio ma preferisco andare in albergo.

    Iniziai a contattare qualche hotel, cominciando da quelli più economici.

    Mi dissero tutti la stessa cosa:

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