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Finally You
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E-book385 pagine4 ore

Finally You

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Info su questo ebook

-Il mondo attorno a me sta cambiando. Lo percepisco. Sta succedendo qualcosa di strano che sta mettendo tutto sotto sopra.-

Sandy, 16 anni, una vita davanti.

Ogni singolo giorno per lei è una tortura.

Sembra che il destino voglia impedirle di essere felice: incomprensioni continue con sua madre, problemi a scuola,...

Ma un giorno, dopo il trasferimento dei James, un ragazzo di nome Leo si trasferisce proprio accanto a lei.

Diventeranno amici, ma il loro rapporto cambierà col passare del tempo.

Un uragano. Questa è la parola perfetta per descrivere il mare di emozioni che quel ragazzo le suscita.

Nuovi problemi, nuove persone, nuovi amori.

La sua vita non è mai stata scombussolata come lo è ora.

Dilemmi, litigi, promesse... tutto questo in una semplice storia di una ragazza adolescente.

La sua vita cambierà completamente, diventando una fantastica avventura tra lei e il mondo!

...

Ma non sarà sempre facile andare avanti.
LinguaItaliano
Data di uscita9 dic 2016
ISBN9788822875679
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    Anteprima del libro

    Finally You - Michela Vacis

    Michela Vacis

    Finally You

    ISBN: 9788822875679

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com).

    Prologo

    La mia vita? Be'...io la definirei più un susseguirsi di complicazioni. Da quando mamma e papà si sono separati, la mia vita non è stata più la stessa. Ho iniziato ad isolarmi, costruendo delle possenti mura attorno a me. 

    Mi ricordo benissimo quel giorno, nonostante siano passati circa dieci anni. Quel giorno in cui la mia vita, da perfetta com'era, si è capovolta drasticamente, mostrandomi il mondo sotto una luce diversa.

    Quando ero piccola dicevo sempre che da grande volevo essere come mio padre. Un uomo valoroso che avrebbe fatto di tutto pur di vedere felici le persone che ama. Ma poco dopo, cambiai subito idea. Cominciò a bere ed io, per vendicarmi, iniziai a comportarmi da ribelle. Lui litigava sempre con mia madre, dicendo che ero una bambina viziata e che si vergognava di essere mio padre.

    Ascoltavo sempre le loro discussioni, ma ero ancora piccola, incapace di comprendere la gravità della situazione.

    Poco dopo nacque mio fratello, cresciuto senza un padre, una figura maschile dalla quale prendere esempio.

    Ogni giorno mi svegliavo con la speranza di riabbracciare il mio vecchio papà, quello gentile e premuroso.

    Ogni giorno osservavo la mamma, stravolta dalla sofferenza che quell'idiota le aveva causato.

    Ogni giorno vedevo il dolore aggirarsi tra le mura di casa mia, alla ricerca di una debole vittima da perseguitare.

    Ancora oggi, ripensando al passato, mi vengono le lacrime agli occhi che tentano in tutti i modi di uscire, nonostante io glielo impedisca.

    Tutto questo a causa di una persona. Una persona che da perfetta, diventò l'orrore.

    Mia madre cambiò, adottando comportamenti diversi dal solito. Era strana, chiusa e solitaria. Non capii il perché, ma quando tentai di chiederle il motivo, lei mi attaccò come una bestia inferocita. Fu da quel momento che diventò la persona che ora conosco.

    Non la riconosco, anzi non la sopporto più. Mi sgrida in continuazione come se quello che faccio, fosse sbagliato.

    Per certi versi la comprendo. Ha subito delle ferite profonde, ma questo non significa che si debba sfogare su di me.

    L'unica persona in grado di capirmi è Erika. Ci conosciamo da quando avevamo due anni e lei ci è stata sempre per me.

    È l'unica persona con la quale riesco a sfogarmi, per quanto mi riesca difficile.

    Ed ora eccomi qui, con una marea di dolore che ogni giorno mi lacera la pelle. Con mille problemi che mi riempiono la mente. Con quel briciolo di forza che mi permette di affrontare la realtà, nonostante io sia fortemente debole. Io sono Sandy Cooper e questa è la mia vita col mondo.

    Capitolo 1

    Avete presente quel momento nel quale finalmente vi sentite più leggeri, come se un grosso peso, dopo anni e anni, si fosse dissolto dandovi la libertà di respirare? Ecco, quel giorno mi successe la stessa cosa. Sentivo come se finalmente quello che facevo fosse la cosa giusta. Cosa alquanto strana dato che la maggior parte delle volte, le cose non andavano nel verso giusto. Bensì al contrario. Accadeva così in fretta che lasciavo il via libera in modo da essere una vittima facile da colpire.

    Ma intuii ben presto che quel giorno era fin troppo bello per essere vero.

    ****

    «Ti senti bene, Sandy?» mi domanda Erika scrutando la mia espressione stravolta.

    Non sento più i piedi e la mia resistenza fisica è ormai al limite. Non ho mai sudato così tanto in vita mia. Mi sto letteralmente sciogliendo.

    Oggi quell'imbecille , che io considero come una vera amica, ha deciso di andare a fare una bella corsetta in modo da scaricare lo stress che in questo periodo la scuola ci sta dando.

    All'inizio ero un po' titubante all'idea di faticare sotto il sole cocente. Non avevo voglia di alzarmi dal letto e di muovere le gambe. Preferivo di certo leggermi un buon libro e ascoltare un po' di musica rilassante.

    Ma come al solito, ha insistito a tal punto da ricattarmi dicendomi che se non mi fossi data una mossa, sarebbe venuta lei stessa in camera mia per trascinarmi fuori casa a forza di schiaffi.

    Deglutisco per poi rispondere: «Mai stata meglio.» 

    Aggrotta la fronte mordendosi il labbro per soffocare una risata.

    «Sai... non ti ho mai vista in questo stato. E devo ammettere che sei parecchio buffa conciata così» ride.

    «Lo so, sono molto sudata...anzi fradicia, ma è normale dopo una maratona come questa»

    Estraggo un fazzoletto dalla tasca per asciugarmi le gocce di sudore che mi imperlano la fronte.

    «Una maratona? Ma stai dicendo seriamente?»

    «Avremo percorso più o meno 15 chilometri. Io non ho tutta questa forza per resistere. Ed è già tanto se riesco a stare in piedi.»

    Afferra lo zaino che porta in spalla e ne estrae la borraccia.

    D'impulso gliela rubo, bevendone tutta l'acqua al suo interno. 

    «Ehi!» si lamenta.

    «Scusa, ma ne avevo proprio bisogno», mi giustifico accennandole un sorriso.

    Ci rimettiamo in marcia, questa volta ad un passo più lento.

    «Sai...» Si inginocchia per allacciarsi la stringa della scarpa. «L'altro giorno ho conosciuto un ragazzo, Richard.»

    Sgrano gli occhi, stupita da quella rivelazione. Erika non è mai stata la tipica adolescente che sbava per i ragazzi. Ha sempre seguito la sua strada, senza mai incontrare persone che la potessero ostacolare dal suo obiettivo. Ogni volta che entravamo nell'argomento 'ragazzi', lei mi liquidava sempre con un gesto della mano. L'unico di cui gliene importi qualcosa è suo fratello Mike. Lui molte volte ha tentato di farle conoscere qualche suo amico, ma lei li rifiutava tutti. Ogni volta.

    Quindi la cosa qui è abbastanza seria.

    «Come mai?»

    «Era a casa mia per fare un progetto assieme a mio fratello. Non è niente male. Che sto a dire... è pazzesco!» esclama entusiasta. Mi sorprende ogni giorno di più, questa ragazza.

    «Non giudicare mai un libro dalla copertina» le ricordo.

    «Come sei noiosa. Aspetta prima a vederlo e poi ne riparliamo.»

    Ma sta facendo sul serio? O mi sta prendendo in giro?  

    «Sì vedrà.»

    Camminiamo per altri dieci minuti, finché non giungiamo davanti casa mia.

    «Allora... ci si vede domani» mi saluta sorridendomi.

    «A domani» ed entro in casa.

    Un delizioso profumino di lasagne invade le mie narici appena metto piede in cucina.

    Mia madre è ai fornelli intenta a cucinare. Do' un'occhiata veloce alla sala da pranzo e noto che è apparecchiata per almeno sette persone.

    «Mmm, che profumino», prendo un bicchiere dalla credenza. Apro il frigo e prendo l'acqua versandone un po' nel bicchiere.

    «Stasera abbiamo ospiti» spiega intingendo l'indice nel sugo per poi portarselo alla bocca.

    «E chi sarebbero?»

    «I James.» Ripongo il bicchiere vuoto nel lavandino, mentre osservo mia madre darsi da fare nella preparazione della besciamella.

    «Come mai? È raro che vengano a cena da noi.»

    «La signora James mi ha spiegato che hanno qualcosa di importante da comunicarci e preferiscono dircelo mentre siamo tutti presenti» dice con noncuranza.

    Chissà quale sarà la notizia che hanno da dirci. Esco dalla cucina e, ancora con i muscoli delle gambe doloranti, salgo le scale raggiungendo camera mia.

    Prendo tutto il necessario e vado in bagno. Accendo subito l'acqua della doccia, tempo che si scaldi, mentre sistemo le mie cose sul ripiano.

    Lo specchio inizia subito ad appannarsi a causa del vapore.

    Appena la mia pelle entra in contatto con l'acqua bollente, mi rilasso. Mi ci voleva proprio. Una domanda inizia a farsi spazio nei miei pensieri.

    Come mai i James ceneranno da noi?

    Spero solo non sia nulla di serio. In questo periodo fatico a sopportare certe situazioni.

    Dopo essermi sciacquata l'ultima chiazza di schiuma, spengo l'acqua ed esco dalla doccia.

    Mi avvolgo l'asciugamano attorno al corpo e raccolgo i capelli dentro una salvietta.

    In testa mi frulla ancora quello che mia ha detto Erika. Sta iniziando a spaventarmi.

    «Sandy!» mi chiama mia madre dal piano di sotto.

    Probabilmente i James saranno arrivati. Finisco velocemente di sistemarmi i capelli in una coda di cavallo ed esco dal bagno.

    Scendo le scale e vado subito a salutare Lily. L'abbraccio forte, col timore di cosa possa succedere questa sera.

    Ho un groppo in gola e lo stomaco in subbuglio. Io, Erika e Lily siamo sempre state un trio. Fin dall'asilo abbiamo saputo sostenerci a vicenda. Sono un po' come i miei polmoni. Senza di loro non riuscirei a vivere.

    Nonostante i litigi affrontati in questi anni, ci siamo sempre state. Mi hanno sempre difesa ed io ho sempre difeso loro.

    Anche noi abbiamo affrontato quei momenti nei quali non riesci neanche a guardarti in faccia. Ma tutto si è risolto, con un abbraccio o con una promessa. Una promessa eterna, di amicizia.

    Mi allontano da Lily per salutare Ben, suo fratello.

    Mentre gli adulti si recano in sala da pranzo, io colgo l'occasione per chiedergli del perché di questa cena.

    «Allora... come state?» domando sfoderando uno dei miei sorrisi migliori.

    «Non male. Oggi mi hanno promosso come co-capitano nella squadra di football» spiega entusiasta Ben.

    «Wow! Complimenti», mi inchino ridendo.

    «Smettila» mi rimprovera dandomi una pacca sulla spalla.

    Sposto lo sguardo su Lily, che non ha ancora detto una parola. È molto strana stasera. Non so cosa le prende. Di solito è la prima a parlare.

    «Ehi» le dico accarezzandole il braccio. Dalla sua espressione capisco che è triste. Ma per cosa? 

    Alza lo sguardo su di me e nei suoi occhi intravedo un velo di rabbia e tristezza. Cosa molto rara, dato che è sempre solare.

    «Che succede?»

    Senza ricevere risposta, si allontana diretta in sala da pranzo. La seguo afferrandole un braccio per fermarla.

    Ho bisogno di una risposta alla mia domanda. Ho troppa paura che possa succedere qualcosa che cambierà un'altra volta la mia vita.

    Scuote violentemente il braccio, divincolandosi dalla mia presa. Raggiunge il tavolo e si va a sedere di fronte a suo padre.

    Poco dopo, arriva anche Ben. Mi vado a sistemare tra lui e Lily. Mia madre inizia, assieme alla signora James, a portare i piatti stracolmi di lasagne. Non ho molta fame, ma farò uno sforzo, almeno stasera.

    Nella stanza cala un silenzio inquietante. L'unico rumore è quello delle forchette sui piatti. 

    Dopo che tutti abbiamo finito di gustarci le lasagne, mia madre si alza e inizia a sparecchiare.

    «Lasci fare a me» si offre Ben.

    «Ti aiuto» dico alzandomi.

    Inizio a raccogliere i piatti e a portarli in cucina, seguita da Ben.

    «Ma cos'ha tua sorella?» gli domando una volta soli.

    «L-lasciala p-perdere» balbetta nervoso sotto il mio sguardo.

    Mi nasconde qualcosa. Me lo sento.

    «No. È molto strana e voglio sapere il perché.»

    «Ma niente» e se ne ritorna dagli altri. Odio quando fa così, cerca sempre di svignarsela andandosene.

    Li raggiungo e mi risiedo al mio posto.

    Passano alcuni minuti e il signor James rompe il silenzio con un colpo di tosse. Tutti ci giriamo verso di lui. Si alza e inizia: «Ho una notizia da darvi.»

    Oh, no. Lo sapevo. Me lo sentivo che c'era qualcosa.

    Mia madre scocca un'occhiata alla signora James che abbassa subito lo sguardo. Lily mi afferra la mano sotto il tavolo, stringendola forte. Che sta succedendo?

    «Ci trasferiamo.»

    Non ho capito bene... si trasferiscono?

    «Perché?» domando per poi rendermi conto di averlo detto ad alta voce.

    «Mi hanno offerto un lavoro a Chicago e non posso rifiutare.»

    Tutto attorno a me sparisce. Questa era l'ultima cosa che volevo che accadesse. Non può succedere veramente. Senza accorgermene, le lacrime iniziano a scendere, rigandomi le guance.

    Sposto lo sguardo su mia madre. Non sembra turbata. Probabilmente lo sapeva già, ma non ha voluto dirmi nulla.

    «Mi dispiace, Sandy» mi sussura Lily.

    Non ci posso credere. La mia migliore amica si trasferisce. Non la vedrò più. Non l'abbraccerò più.

    Mi alzo, facendo strisciare rumorosamente la sedia sul pavimento. Ben mi afferra il braccio, ma mi divincolo all'istante.

    Ho bisogno di prendere una boccata d'aria fresca. Raggiungo il salotto ed esco in veranda.

    Dentro di me inizia a farsi spazio la tristezza. Come farò senza Lily? Come lo dirò ad Erika? E soprattutto, come la prenderà?

    Non riesco a credere che la mia vita stia di nuovo per cambiare. Sto di nuovo voltando pagina, però questa volta senza Lily al mio fianco. A Chicago. Lei andrà a Chicago. A migliaia di chilometri da qui.

    Si farà nuovi amici e perciò si dimenticherà di noi. Inizierà una nuova vita.

    Le lacrime continuano a scendere ed io non riesco a fermarle.

    La tristezza inizia pian piano a dissolversi, lasciando spazio alla rabbia. Sono arrabbiata perché non mi ha detto nulla. Da quant'è che me lo tiene nascosto? Potrebbe partire da un momento all'altro ed io non ho avuto neanche l'occasione di passare gli ultimi minuti con lei.

    La finestra si apre e da essa esce Lily.

    Devo avere un aspetto orribile, perché la prima cosa che mi chiede è: «Ti senti bene?»

    Come faccio a stare bene dopo una notizia del genere?

    Mi limito ad annuire, anche se sto malissimo.

    Si siede sulla poltroncina di fronte a me.

    «Avrei voluto dirtelo prima, ma non sapevo quando. Mi dispiace moltissimo.»

    Le lacrime iniziano a bagnarle il viso.

    «Come farò senza di te?»

    «Vedrai, te la caverai. Ci sentiremo ogni giorno in videochat. Te lo prometto.»

    «Finiremo per dimenticarci...»

    «Smettila. Ti ricordi cosa dicevamo quando eravamo ancora all'asilo? Che anche se saremo lontane, la nostra amicizia avrà sempre la meglio su tutto.»

    Un sorriso mi spunta sotto tutta la tristezza che porto dentro. Non riesco ad immaginare un futuro senza Lily.

    «Non voglio perderti» e mi fiondo tra le sue braccia.

    «Non succederà. Resteremo amiche per sempre, promesso.»

    Non mi ricordo per quanto tempo rimaniamo in quella posizione, ma solamente quando alzo lo sguardo capisco quanto dolore prova in questo momento.

    «Quando parti?» le domando asciugandomi le guance con il dorso della mano.

    «Domani, dopo pranzo» afferma con un filo di voce.

    «Cosa?!» Non così presto. Non ho neanche avuto il tempo di passare i miei ultimi minuti con lei.

    Perché proprio adesso ha voluto dirmelo?

    «Lo so...è prestissimo. Ma non posso farci niente.»

    La finestra si apre e appare Ben. «Scusa se vi interrompo, ma Lily... dobbiamo andare..»

    A malincuore mi alzo e insieme entriamo per darci gli ultimi saluti.

    «Mi mancherai tantissimo» le dico abbracciandola forte. Non posso ancora crederci che questo è il nostro ultimo abbraccio.

    Mi stacco da lei per salutare Ben. «Oh, Ben. Anche tu mi mancherai. In questi anni sei stato come un fratello per me.»

    Gli stampo un sonoro bacio sulla guancia.

    Mentre i nostri genitori si rivolgono gli ultimi saluti, io ne approfitto per dare una cosa a Lily. Un bracciale.

    «Oh. Sandy, è stupendo.» Le brillano gli occhi da quanto è felice.

    «Così ti ricorderai che anche se siamo lontane, io ci sarò sempre.»

    Mi abbraccia. I genitori di Lily mi salutano per poi uscire.

    L'ultima volta, prima della sua partenza. L'ultima volta.

    Sono molto stanca. Dopo questa notizia, non so se riuscirò a sopportare altro.

    Salgo le scale ed entro in camera mia. Mi cambio e indosso il mio comodo pigiama. Mi butto sul letto, sprofondando nelle coperte prima di cadere in un sonno profondo.

    Capitolo 2

    Oggi sarà un'altra giornata straziante, penso tra me e me quando sento la voce di mia madre strillare dal piano di sotto.

    Mi alzo velocemente dal letto sentendo il dolce calore dei raggi solari di prima mattina sul mio viso ancora mezzo addormentato.

    Il pavimento è freddissimo, quindi decido di indossare le pantofole per andare in bagno a lavarmi il viso. 

    Entrando in bagno, mi accorgo che sulla mensola c'è la mia crema idratante aperta e mia madre sa che non tollero che vengano usate le mie cose.

    Mi guardo allo specchio. Sono un vero disastro : occhiaie e capelli spettinati.

    Mi do una sistemata veloce e scendo di corsa per fare colazione.

    «Buongiorno, tesoro! Dormito bene?» mi domanda mia madre appena metto piede in cucina. 

    «Si, però puoi evitare di strillare ogni mattina come una pazza? Stai tranquilla, non faccio tardi a scuola, la sveglia la metto» rispondo con fare arrabbiato.

    «Bene, bene... la signorina si è alzata con la luna storta, oggi!»

    Come se non fosse ovvio. Non riesco a non pensare a Lily. Oggi non verrà neanche a scuola, quindi ieri è stata l'ultima volta prima della sua partenza 

    Ignoro mia madre e finisco in fretta la colazione.

    Raggiungo camera mia e inizio rovistare nell'armadio in cerca di qualcosa di decente da mettermi. Alla fine indosso un paio di jeans con una camicia a quadri azzurra e nera. 

    Scendo ed esco di corsa da casa per non perdere l'autobus.

    Durante tutto il tragitto, elaboro una strategia nel dare la notizia a Erika senza sconvolgerla. 

    Arrivo a scuola e noto che i ragazzi della squadra di football si sono riuniti davanti all'ingresso. Subito ripenso a Ben e alla sua spavalderia nel giocare.

    Com'è possibile che ogni cosa mi ricordi loro? Forse perché sono sempre stati presenti nella mia vita, senza mai abbandonarmi. 

    «Ehi Sandy!»

    Una voce maschile mi fa sobbalzare chiamandomi da dietro.

    Mi volto e noto che Nick, il presidente del club del libro, mi sta venendo incontro.

    «Ciao, scusami se ti ho spaventata... non volevo... è che questa settimana non ho avuto occasione di incontrarti. Volevo farti sapere che il club del libro è stato cancellato» dice Nick dispiaciuto.

    «Come mai? Perché?»  

    «Perché l'altro giorno ho incontrato la preside e mi ha detto che a causa della restaurazione della palestra ha dovuto tagliare dei fondi e quindi eliminare i club che erano meno frequentati, ovvero il club del libro, il club fai-da-te e il club dei rettili...mi dispiace... non ho potuto farci niente...lo so che tu ci tenevi quanto me al club» mi dice rivolgendomi un sorriso al quale è impossibile non ricambiare.

    «Grazie mille per avermelo detto» rispondo e mi dirigo in classe. 

    Una volta dentro, noto che sul mio banco è piazzato il più arrogante della scuola: David.

    Lo raggiungo e gli urlo in faccia: «Ti sposti?»

    «Non vedi che ho da fare?» dice, indicando le ragazze attorno a lui. «...perciò, evapora.»

    Non ci vedo più dalla rabbia. Ogni giorno la stessa storia. Quando la smetterà di essere così prepotente?

    Decido di prendere provvedimenti: poggio le mani sulla sua schiena e lo spintono, facendolo cadere. 

    La professoressa DeMarsaro entra subito dopo e, vedendolo a terra, gli chiede:

    «Cosa è successo?»  

    «Sandy mi ha spinto!»

    «Cos'hai fatto Sandy? Non è da te fare così!»

    Tento di rispondere, ma la professoressa mi interrompe subito per ribattere in tono pesante: «Non me lo aspettavo da te! Sei in punizione!»

    Io, delusa, raggiungo il corridoio e inizio a riflettere.

    Devo sempre cacciarmi nei guai, in ogni occasione. Anche quando la colpa non è mia. È come se le persone, o meglio, il mondo ce l'avesse su con me. Ormai ci sono abituata, ma fa male comunque. Un errore. È questo quello che sono. Un errore. Ecco perché commetto così tanti sbagli. Perché lo sono io in persona. Penso sempre che la causa della separazione dei miei genitori sia io. Anche quando mia madre non lo ammette, ne sono sicura al 110%. Quando credo che tutto vada bene, c'è sempre qualcosa dietro l'angolo pronta a colpirmi dove più fa male: l'anima.

    Sono ormai passati 15 minuti e sento la professoressa che mi chiama e mi dice di rientrare per dirmene quattro. 

    Il mondo mi cade addosso,... un'altra volta.

    «Sandy, ora recati subito in dirigenza per raccontare l'accaduto!» dice indicando la porta. 

    «Cosa? Che cos'ho fatto di tanto grave? L'ho solo spinto!» sbotto.

    «No, cara! Nel farlo cadere ha sbattuto la testa contro il banco e ora è in infermeria!.»

    «Davvero? Mi scusi tanto! Ero nel pieno della rabbia!»

    Prendo la mia dignità e mi reco in dirigenza ripensando al fatto che è appena accaduto.

    Busso delicatamente e la preside mi invita ad entrare: «Avanti.»  

    Mi sistemo sulla poltroncina di fronte alla sua. Chiude il fascicolo che ha tra le mani e lo poggia sulla scrivania.

    «Mi scusi il disturbo. Io sono Sandy Cooper e sono stata mandata qui dalla professoressa DeMarsaro a causa di un incidente» le dico temendo che ne possa combinare ancora una delle mie. 

    «Sì, cara! Puoi di preciso dirmi cos'è successo?»

    Inizio subito a raccontarle l'accaduto e, mentre avanzo con il discorso, sento che dentro di me, al posto della rabbia, ora sta prendendo posto l'ansia.

    La preside fa una piccola risata e aggiunge in tono tranquillo: «Senti cara, non è la prima volta che sento questa situazione, ti capisco sai? Quando la prossima volta succederà, stai calma e vieni tranquillamente in dirigenza che penserò io a prendere provvedimenti! Ora su, vai in classe!.»  

    «Grazie mille per la comprensione!.»

    Esco di fretta e mi dirigo a passo svelto verso l'aula, per riprendere la lezione.

    Tornata in classe, noto che in cattedra c'è già il prof. Wilson di letteratura. Non mi sono accorta di essere stata mezz'ora in presidenza!.

    ****

    «Signorina Cooper, si sente bene?» mi riprende il professore.

    Oggi ho letteralmente la testa tra le nuvole. Non riesco a concentrarmi, soprattutto con questo fastidioso mal di testa che continua insistere.

    Non so cosa mi stia succedendo.

    «Si, mi scusi.» Le mie guance iniziano ad avvampare e credo di essere arrossita. Ne ho giusto la conferma da David che cerca in tutti i modi di soffocare una risata.

    Perché devo sempre cadere in situazioni del genere?

    «Però questa volta stia attenta.»

    Il professore ritorna a spiegare e la lezione riprende tranquillamente.

    Ad un certo punto, qualcuno dietro di me mi lancia un bigliettino. Mi volto per capire chi sia stato, ma sembrano tutti ignorarmi.

    Guardati le spalle. Ps: fai proprio pena.

    Chi mai può avermi scritto una cosa del genere? Sono confusa. Decido di lasciar perdere e accartoccio il foglietto, gettandolo a terra.

    Ritorno a fissare il libro, con la mente fissa su Lily.

    Capitolo 3

    Le ore a seguire passano velocemente e finalmente le mie orecchie odono un suono molto piacevole: la campanella di fine lezioni.

    Sistemo i libri nello zaino ed esco di fretta dall'aula senza salutare il professore.

    Mi affretto a raggiungere il mio armadietto per sistemare i libri, così da poter uscire il prima possibile da quest'edificio.

    La mia mente si affolla di pensieri e problemi, tra cui il trasferimento dei James. Al solo pensiero mi vengono le lacrime agli occhi. Inspiro profondamente e riprendo il mio cammino. Inserisco il codice e sblocco la serratura, aprendolo di scatto. Estraggo i quaderni dallo zaino e li poggio sul ripiano.

    Ad un certo punto, una mano si posa sulla mia spalla. Il mio cuore sussulta per lo spavento. Mi volto ritrovandomi davanti Erika con espressione divertita.

    «Non farlo più! Mi hai fatto prendere un colpo!»

    «Ehi, calmati! Cos'è tutta quest'agitazione?»

    «Oggi non è proprio giornata», le rispondo chiudendo violentemente l'armadietto.

    «Che è successo?» Alzo lo sguardo su di lei e noto che ha assunto un'espressione preoccupata.

    «Sono stata in presidenza! Quell'imbecille di David deve sempre darmi fastidio, in ogni occasione. Solo che questa volta non ci ho visto più dalla rabbia. Ho agito d'impulso, senza pensare alle conseguenze.»

    Scuote la testa. «Non ho capito. Ha picchiato David?» domanda incredula.

    «Ma no! L'ho solo spinto, tutto qui.»

    «Tu hai spinto David?» Inizia a ridere talmente tanto da piegarsi in due.

    «Smettila! Non è poi così divertente.»

    «Be', per me lo è.» Dopo vari secondi riprende finalmente fiato. Devo comunicarle del trasferimento di Lily. Ma non so come fare. Ho paura che la possa prendere male, peggio di me.

    «Devo darti una notizia» le dico abbassando lo sguardo.

    «Cosa?»

    Esito un attimo. È come se le parole faticassero ad uscirmi di bocca.

    «Sandy... cosa c'è? Mi stai spaventando.»

    «Lily se ne va» dico tutto d'un soffio.

    «In che senso?»

    «Si trasferisce, Erika. Se ne va. Addio Lily. Non la vedremo più» tento di farle capire.

    Si limita ad annuire. Questa non è la reazione che mi aspettavo di ricevere. Mi sono fatta tutti questi problemi e questo è il risultato? C'è qualcosa di starno.

    «Tutto qui?» le domando stupita.

    Annuisce di nuovo. Ma come? Quando l'ho saputo, io sono scoppiata in lacrime. Com'è possibile che le sia indifferente? Una parte di noi se ne andrà per sempre dalle nostre vite e lei cosa fa? Annuisce.

    È la stessa reazione che avuto mia madre ieri sera durante la cena. No. Aspetta.

    «Mi stai forse nascondendo qualcosa?»

    Abbassa subito lo sguardo. Sì. È confermato.

    «Erika, sputa il rospo.»

    «Ehm... io già lo sapevo.»

    «Cosa?!» sbotto. «Lo sapevi e tu non me l'hai detto?» No, non può avermi fatto questo.

    «Lily mi aveva pregato di non dirti niente» si giustifica.

    «Tu dovevi comunque dirmelo. Come hai potuto nascondermi una cosa del genere?»

    «Mi dispiace.»

    Scuoto la testa e mi allontano. Non ci posso credere. Da lei non me lo sarei mai aspettato.

    Esco velocemente dalla porta d'ingresso e inizio ad avviarmi verso casa. Cammino per circa dieci minuti col vento che mi sferza il viso con la sua frizzante

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