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Più mi odi più ti amo
Più mi odi più ti amo
Più mi odi più ti amo
E-book324 pagine4 ore

Più mi odi più ti amo

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Info su questo ebook

Un concentrato di emozioni e romanticismo

Il destino non è mai stato troppo gentile con Izzy West. Ha dovuto imparare a sue spese quanto la vita possa essere dura se la fortuna non è dalla tua parte. Quanto facilmente i sogni possano essere distrutti. Negli ultimi due anni ha cercato di curare tutte le sue ferite. Adesso, finalmente, potrebbe raggiungere la serenità che desidera. Ha un buon lavoro, buoni amici, le resta solo una cosa da fare… Chiudere definitivamente con il suo ex marito violento. Per questo si è fatta convincere ad assumere una guardia del corpo che possa tenerla al sicuro durante il divorzio. Ma non si sarebbe mai aspettata di ritrovarsi davanti Axel, partito per arruolarsi nei Marines tanti anni prima, lasciandola con il cuore infranto. Axel non avrebbe mai pensato di incontrare ancora lo sguardo di Izzy. Non immaginava che rivederla avrebbe riportato a galla emozioni che credeva annullate da risentimento e delusione. Proteggerla, adesso, significa rischiare di desiderarla ancora. Riusciranno Izzy e Axel a lasciarsi il passato alle spalle?

Ci sono incendi che è impossibile estinguere

«Protagonisti che vi faranno innamorare, una passione travolgente e moltissime emozioni.»
Carly Phillips, autrice bestseller del New York Times

«Una serie da leggere tutta in un fiato.»

«Maschi alfa e tantissimo testosterone.»

«Ogni parola, ogni capitolo, ogni storia è scritta in maniera eccezionale.»

Harper Sloan
è un’autrice bestseller di «New York Times» e «USA Today». Vive in Georgia con la sua famiglia. Grazie all’enorme successo della Corps Security Series, di cui Più mi odi più ti amo è il primo capitolo, arriva finalmente in Italia.
LinguaItaliano
Data di uscita14 mar 2019
ISBN9788822732446
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    Anteprima del libro

    Più mi odi più ti amo - Harper Sloan

    Capitolo 1

    Izzy

    Non sono sempre stata una persona debole… una donna a pezzi. Una volta sognavo e, quando lo facevo, sognavo in grande. Avevo dei piani per il futuro così luminosi da accecare chiunque. Riesco ancora a ricordarmi il giorno in cui quei sogni, quei grandi piani, quel futuro così brillante quanto il sole, sono crollati.

    All’epoca non me n’ero resa conto.

    Credevo che tutto sarebbe andato a posto. Dopotutto, una ragazzina di diciassette anni pensa di essere invincibile.

    Tutto è accaduto il giorno in cui ho stabilito che il fato mi detesta. No, non mi detesta… mi odia. La gente dice che il karma fa schifo, ma ho una notizia per voi: il karma è un angioletto in confronto al fato assetato di sangue. Non c’è paragone.

    Vorrei sapere come mai il fato mi ha spinto sulla via della perdizione. Forse l’ho infastidito con la mia nascita? Mi piace pensare che andasse tutto bene all’epoca. I miei genitori mi amavano, pregavano per me e io ero tutto per loro. No, non credo di averlo irritato con la mia nascita.

    Forse è accaduto il giorno in cui ho rubato il pudding di Maggie Jones. Ma Maggie era prepotente e poco carina e si riempiva sempre la bocca, quindi immagino di averle fatto un favore.

    Una volta ho rubato una barretta di cioccolato da un negozio, ma può davvero bastare? Se così fosse, il fato si dovrebbe accanire contro ogni singola adolescente di questo pianeta. Puntatemi il dito contro quanto volete, ma da dove vengo io è un rito di passaggio.

    No, probabilmente il fato ha deciso di odiarmi il mio primo giorno al Liceo Dale, quando mi sono imbattuta in Axel. Ha senso, perché dopotutto lui è la causa di tutte le mie sofferenze. Ormai sono più che certa che il fato non sarà mai dalla mia parte.

    Del resto, si è preso tutto quello che avevo. Mi ha tolto in una volta sola ogni persona che io abbia mai amato.

    Un giorno capirò perché il fato odia me, Isabelle West. Ma fino a quel giorno, sono dannatamente sicura che farò attenzione quando sognerò e avrò cura dei miei piani, del mio cuore e della mia anima.

    Il fato mi odierà pure, ma ciò non m’impedisce di sperare che un giorno si dimentichi che io sono il suo giocattolo preferito. Quando quel giorno arriverà, spero che il karma si occupi di quello stronzo del fato.

    Due anni dopo

    Riesco a sentire il sole scaldarmi la pelle. Adoro questo stato di beatitudine tra il sonno e la veglia, in cui sono stordita. È come se l’interruttore della mia mente fosse spento, impedendole di attivarsi e ricordare. Esisto e basta. Amo svegliarmi con la sensazione del sole che mi scalda la pelle; mi ricorda che sono viva. Che sono sopravvissuta.

    Sospiro e rotolo nel letto, rido quando scorgo lo stupido cuscino vestito come un uomo e con un viso disegnato sopra. Dee ha insistito che lo avessi. Secondo lei, se non voglio un uomo nella mia vita, almeno non devo dormire da sola. Ho smesso di cercare di comprenderla anni fa. È stata la mia migliore amica negli ultimi undici anni. È la sorella che non ho mai avuto e so con certezza che mi guarderà sempre le spalle.

    Ci siamo conosciute quando avevo diciott’anni ed ero arrabbiata con il mondo intero. Saltellava di gioia all’incontro di orientamento per le matricole, sorridendo a chiunque le rivolgeva uno sguardo. Le è bastato guardarmi per stabilire che saremmo diventate amiche inseparabili. Credo che abbia scorto la mia anima spezzata e abbia deciso che la sua contagiosa allegria sarebbe stata la mia cura. Mi è rimasta al fianco nei momenti belli e brutti e, credetemi, quelli brutti sono stati davvero tanti. È stata la mia più grande fan e sostenitrice e da sola è riuscita a riportare luce nella mia vita.

    Mi ha raccolta quando sono caduta, mi ha rimesso in piedi e aiutato a guarire.

    È accaduto due anni fa. Senza pormi una sola domanda. Ha lasciato tutto, è corsa in mio aiuto e mi ha curato.

    Abbiamo perso la nostra intimità per un po’ quando ero sposata con Brandon. Non è stato facile, ma sono lo stesso riuscita a mantenere i contatti con lei grazie a telefonate rubate e incontri segreti. Sapevo che era preoccupata. Si era accorta che le cose non andavano bene, ma Dee è Dee, perciò aveva sorriso e mi aveva fatto sapere che ci sarebbe stata se avessi avuto bisogno.

    Non aveva mentito; quando ho avuto bisogno, ha lasciato tutto ed è corsa senza dire una sola parola.

    So che si sente in colpa per avermelo presentato. Non ha senso, ma è così. Lo intuisco dall’espressione che fa quando passiamo del tempo insieme in compagnia di qualche bottiglia di vino. Maschera bene i suoi sentimenti, devo ammetterlo, ma conosco la mia amica e, con il suo grande cuore, non può fare a meno di sentirsi responsabile.

    Ho conosciuto Brandon all’età di ventun anni, quando ero spensierata e spesso poco lucida per il troppo bere e le troppe feste.

    È stato il secondo uomo che ho guardato dopo Axel. Erano passati quasi quattro anni ed ero pronta a riprovarci e ad amare di nuovo.

    Oh, quanto ero cieca.

    Brandon era in apparenza perfetto. Un po’ più vecchio di me, si era già laureato all’Università della North Carolina e sistemato nello studio di commercialisti del padre. Successo dopo successo, era passato presto a cose più grandi. Non era eccessivamente alto, sfiorava il metro e ottanta, e aveva il corpo snello di un corridore. Fluenti capelli castani e occhi dello stesso colore. Era il ragazzo ideale, mi riempiva di romanticismo con vacanze stravaganti e regali, sempre disposto a fare gite fuori porta a sorpresa e tutte quelle piccole cose che rendono un uomo perfetto. Sei mesi dopo il nostro primo incontro, il ragazzo ideale è diventato il mio fidanzato e, quattro mesi dopo, io sono diventata la signora Hunter.

    Poi il Brandon che conoscevo e amavo è gradualmente cambiato. A poco a poco, mi ha allontanata dalla mia famiglia, dagli amici e, soprattutto, da Dee. Sapeva che, di tutti i miei legami, quello era il più forte. Sono diventata prigioniera della mia stessa vita. I miei nonni si preoccupavano, ma era furbo e trovava sempre la scusa perfetta per non andare a trovarli o, nelle rare occasioni in cui ci recavamo da loro, s’inventava un qualche motivo per rientrare prima. Con Dee ha fatto più fatica, ma alla fine è riuscito a toglierla di mezzo. O almeno così credeva. Era bravo, devo ammetterlo, un vero maestro del controllo e della manipolazione.

    E mi terrorizzava a morte.

    Ha iniziato a picchiarmi dopo circa due anni di matrimonio. Ero andata a trovare Dee, invece di ritirare la sua roba in lavanderia. Mi mancava la mia migliore amica e, a dirla tutta, ero convinta di potere fare tutto senza che se ne accorgesse. Ma Brandon Hunter notava sempre ogni cosa.

    All’inizio non era nulla di che, uno schiaffo qua e là per qualsiasi cosa che lui reputasse meritevole di una punizione corporea. Dopo un po’ ha smesso di cercare delle scuse. Se starnutivo e a lui dava fastidio, il giorno dopo mi svegliavo con un occhio nero.

    Aveva giocato bene le sue carte e io mi sono ritrovata isolata. Lontana da chi mi amava, talmente terrorizzata da non tentare la fuga.

    In quegli anni ho pregato e pregato ancora che Axel mi trovasse. Ogni terribile giorno in cui ero alla mercé dei pugni di Brandon, mi visualizzavo in un altro posto. In un posto dove c’era anche Axel, pronto a salvarmi e a essere il mio eroe. Ma alla fine sono stata costretta ad affrontare la realtà: il mio eroe mi aveva abbandonata.

    Chiudo gli occhi e ripenso al momento più felice della mia vita. Dodici anni fa, per l’esattezza.

    «Non posso credere che questa sia la nostra ultima notte insieme per i prossimi sei mesi. Mi mancherai così tanto, amore». Fisso i suoi luminosi occhi verdi. Dio, amo quegli occhi. Credo che sarei felice di trascorrere ore a guardare il suo bel volto.

    A perdermi in lui.

    Come farò a stare senza di lui?

    Lo amo più di ogni altra cosa.

    Appoggio la testa sul suo petto caldo, ascoltando il cuore battere sotto il mio orecchio.

    Conosco questo bellissimo ragazzo da quando ho quattordici anni e Axel è stato l’amore della mia vita negli ultimi tre. Non ho passato un solo giorno senza di lui. Non resisto neanche un giorno, figuriamoci sei mesi.

    «Amore, tranquilla. Sarò tornato a riprenderti prima che tu te ne accorga», sento la sua voce attutita. Sa esattamente che cosa mi passa per la testa.

    Siamo rimasti sdraiati su questo stretto letto singolo per ore, perdendoci l’uno nell’altra, in questa casa che detesta.

    La sua famiglia affidataria non è il massimo. Be’, fanno ciò che possono, credo. Lo hanno accolto per avere dei soldi extra, ma almeno lo lasciano in pace. Ho l’impressione che non vedano l’ora che parta per il corso d’addestramento base, perché così possono prendere un nuovo ragazzo. Non vogliono rimanere senza il loro assegno statale, brutti avidi. Non gli sono mai piaciuta. Non credo che capirò mai la ragione, ma Axel è convinto che sia perché, negli ultimi tre anni, ho invaso il loro spazio e mangiato il loro cibo. Chi lo sa? Non vedo l’ora che si liberi di loro.

    Non posso credere che il mio bellissimo ragazzo stia per entrare nei Marines. I Marines! Dio, Axel sta davvero partendo. Non mi sono mai soffermata a riflettere su cosa potrebbe accadergli quando se ne andrà. Axel è un combattente nato, un sopravvissuto. Non gli capiterà nulla, ho bisogno di crederlo.

    Si muove sotto di me, scivolando via dal mio corpo e rotolando su un fianco per guardarmi. Fisso di nuovo i suoi luminosi e affascinanti occhi, sorridendogli. È davvero perfetto. I suoi folti capelli neri e ondulati si attorcigliano intorno alle mie dita, mentre faccio scorrere la mano. La sua forte mascella squadrata mi ricorda sempre quanto possa essere spietato. Faccio scivolare il dito sul suo naso perfettamente dritto e poi sulle labbra carnose nelle quali amo perdermi, disegnando prima l’arco superiore e poi quello inferiore. Arriccia la bocca e il pigro sorriso che adoro da morire appare sul suo volto.

    «Che cosa stai pensando, principessa?»

    «Dio, Axel, mi mancherai da impazzire. Prometti di tornare da me?», gli chiedo con le lacrime agli occhi e la malinconia, che ha caratterizzato il mio umore da quando si è diplomato venerdì, affiora nuovamente.

    «Prova a tenermi lontano, se ci riesci», dice, chinandosi verso le mie labbra e togliendomi il fiato con un bacio. Mi lecca con la lingua il labbro inferiore e poi lo prende tra i denti, mordicchiandolo. Apro la bocca per lasciarlo entrare e catturare il suo gemito in gola. Spingo le sue spalle, facendolo rotolare sotto di me. Sento la sua dura erezione che s’incastra perfettamente tra le mie gambe bagnate.

    «Mmm, amore, di già?», mormora.

    «Sempre, Axel. Sono sempre pronta per te». Mentre parlo, mi sollevo e lo guido dentro di me.

    Inizio a muovermi sul suo corpo snello e duro con un movimento ritmato, perfezionato negli anni. Penso a quanto sarà difficile accompagnarlo alla stazione degli autobus domani, sapendo che non lo vedrò per sei lunghi mesi.

    Quello che non so è che, l’ultima volta che poserò lo sguardo su di lui, sarà quando si volterà a guardarmi prima di salire i gradini dell’autobus, l’autobus che mi porterà via il cuore.

    Il cuore che non tornerà mai più da me.

    Come ho detto, non sono sempre stata una donna debole. Non credo che nessuno si alzi alla mattina e dica: Ehi, oggi voglio essere debole, a pezzi… un disastro completo!. Be’, io di certo no. Penso di avere lavorato duramente per diventare chi sono oggi. Grazie all’aiuto del dottor Maxwell, il mio psicologo, – e di Dee, naturalmente – sono a poco a poco tornata a essere la mia vecchia me.

    Non è stato facile e ho ancora dei momenti di panico. Se qualcuno pronuncia il mio nome per intero, rivivo subito gli anni bui insieme a Brandon. Mi sono mossa per ottenere definitivamente il divorzio circa sei mesi fa, quando mi sono sentita abbastanza forte da affrontare la cosa. Ho anche fondato la web agency che desideravo da tempo. Mi è parsa la scelta più ovvia: posso lavorare nella casa che condivido con Dee e la cosa mi tranquillizza. Mi fa sentire sicura.

    Brandon non mi sta rendendo la vita facile. Con un palese rapporto della polizia nero su bianco e svariate diagnosi dell’ospedale, che provano cosa mi ha fatto in anni di matrimonio, non dovrei avere alcun problema a ottenere un divorzio veloce. Invece no… la vita non mi regala mai niente. Sono stata costretta a lottare contro di lui, attraverso gli avvocati, ovvio. Non lo vedo dal giorno in cui sono stata dimessa dall’ospedale due anni fa.

    È stato il giorno in cui il duo con Dee si è trasformato in un trio.

    Il giorno in cui ho incontrato Greg.

    Se Dee è come una sorella per me, Greg è come un fratello.

    Il nostro legame è così forte che è praticamente indissolubile.

    Greg è colui che ci protegge, che lo desideriamo o no. Si prende cura di noi e non scappa via quando il venerdì sera proponiamo la serata film d’amore e cibo spazzatura.

    L’ho conosciuto il giorno in cui sono stata dimessa dall’ospedale, dopo avere passato lì un’intera settimana a guarire dall’ultima aggressione di Brandon. Dee era venuta a prendermi. Aveva parcheggiato un furgone strapieno di scatoloni. Se adesso ci ripenso, rido, ma l’occhiata che mi ha rivolto quando le ho chiesto il perché di tutte quelle scatole è stata impagabile. Mi aveva fissata negli occhi con l’espressione più fiera di cui era stata capace e, poi, aveva detto: «Ragazza mia, sei fuori di testa se pensi che ti lascerò qui con quel pezzo di merda di tuo marito. No, non se ne parla proprio. Andiamo a prendere le tue cose e poi ci mettiamo in strada. Il mondo ci aspetta!». Dopodiché mi aveva spiegato che lo sceriffo della zona ci stava attendendo a casa di quel bastardo di Brandon per assicurarsi che non ci facesse del male. Dee era pronta a tutto. Mi aveva detto che la legge avrebbe vegliato sul mio trasloco e che un suo amico ci stava aspettando. Niente dettagli e io non avevo chiesto. Volevo solo farla finita.

    Quando avevamo parcheggiato davanti alla casa in cui vivevo insieme a Brandon, ovviamente lui era lì ad aspettarci fumante di rabbia. Io ero rimasta seduta in macchina a tremare come una foglia. Dee era scesa ad aiutarmi, facendomi scudo con il suo corpo. Avevo mantenuto lo sguardo basso, finché non avevo incrociato sul mio cammino due enormi stivali. Alzando gli occhi dai piedi, avevo scorto un petto possente, delle braccia muscolose e, poi, due feroci occhi azzurri. Mi ero ritrovata davanti a un uomo enorme che sovrastava di molto il mio metro e sessantadue. La sua espressione mi aveva fatto indietreggiare. Speravo che non lo avesse notato, ma nulla poteva sfuggire a quello sguardo. Aveva modificato con attenzione il suo volto per poi cingermi le spalle con un possente braccio, facendomi quasi sparire.

    Mi aveva accompagnato in casa, dicendomi: «Non avere paura, piccola. Adesso ci sono io». Non so come mai, ma il giorno in cui ho incontrato Greg quelle parole mi hanno tranquillizzato all’istante.

    Un’ora dopo avevamo inscatolato e caricato sei anni della mia vita.

    Ho lasciato tutto, tranne i vestiti, i documenti importanti, le foto della mia infanzia e i piccoli tesori che avevo raccolto nella mia vita prima di Brandon.

    Non mi sono più voltata indietro.

    Mi sento viva, ma oggi sono viva con una stramaledetta sbornia. Guardo l’orologio e scuoto la testa per l’ora. Come diavolo ho fatto a dormire fino a tardi? Certo… Dee. È sempre colpa di Dee quando mi sveglio a quest’ora. Ieri sera quella pazza è tornata a casa e mi ha proposto di fare un po’ di amicizia con Mr Jack Daniel’s. Un giorno o l’altro si ricorderà che io e Mr Jack Daniel’s non siamo affatto amici. Non lo siamo mai stati né mai lo saremo. Le sere passate con lui finiscono sempre nello stesso modo: sbornia e incazzatura. Maledizione, Dee. Sarà meglio che abbia preparato la colazione stamattina… ehmm, questo pomeriggio.

    Perché mi sono fatta convincere a bere la scorsa notte? L’ultima cosa che ricordo è che Dee è tornata a casa dal lavoro con un gigantesco sacchetto di carta tra le braccia, urlando: «Alcol, stronzetta!». Immagino che sia normale quando si è amiche da così tanto tempo: ha intuito che avevo bisogno di lei e, dannazione, anche di Mr Jack Daniel’s. Mi avranno tradita gli occhi cerchiati, gli abiti trasandati e la terza vaschetta di gelato vuota.

    Mi conosce bene, sapeva che sarei stata male questo fine settimana. Quindi invece di farmi bere da sola come una stupida, ha preso due bicchieri e mi ha ridotto a uno straccio. Mi ha aiutata a dimenticare, ad annebbiare la mente, mi è stata vicina.

    Mi trascino fino alla scrivania, cercando di diradare la nebbia che ho in testa dalla scorsa notte, guardo il mio calendario e il grosso cerchio rosso intorno alla data di oggi. Già, è l’8 agosto, il mio trentesimo compleanno. E il dodicesimo anniversario del peggiore giorno della mia vita. M’infilo sotto la doccia, senza l’aiuto di Mr Jack Daniel’s, e non riesco a fermare i ricordi.

    «nonna!», grido con tutto il fiato che ho in corpo. «Nonna! Oh mio Dio! nonna!! C’è del sangue, molto sangue, nonna! Che faccio? Perché c’è così tanto sangue? Non dovrebbe esserci», urlo in modo isterico.

    Non può accadere! Non è possibile che Dio sia così crudele!

    Crollo sulle ginocchia, ripiegandomi su me stessa e abbracciandomi, urlando e pregando… pregando e urlando. Singhiozzando rumorosamente, piangendo.

    La voce di nonno riesce infine a penetrare la mia mente sconvolta dal lutto, mi aiuta ad alzarmi in piedi e mi porta sul suo pick-up. «Ecco qua, piccola. Allaccia le cinture e calmati. Ci sono io adesso».

    Scuoto la testa e scaccio via quell’orribile giorno. Il mio diciottesimo compleanno turba ancora, dodici anni dopo, tutti i miei compleanni con un dolore che toglie il fiato. Un giorno, prometto a me stessa, un giorno riuscirò a svegliarmi in questa data sorridendo. Non vedo l’ora che accada.

    Sentendomi un po’ più in me di mezz’ora fa, indosso una vestaglia morbida sulla pelle nuda e vado a cercare la mia migliore amica.

    Entro in cucina e sorrido al biglietto che Dee mi ha lasciato.

    Ehi! Ti ho preparato qualcosa. Mangia… e fatti una doccia perché puzzi da morire. Sono corsa in ufficio, ma vestiti, perché torno a casa verso l’una. Lo shopping ci aspetta e ho in mente anche un paio di altre cosette. Esatto, non mi sfuggi. Ricordati che mi vuoi bene!

    Guardo l’insalata del fast food in fondo alla strada e sorrido. Col cazzo che mi ha preparato qualcosa. Ha guidato per due secondi e ha pagato qualcuno per avere quell’insalata. Tipico di Dee. Come tutti i venerdì prima di un lungo fine settimana è particolarmente occupata, ma non si dimentica mai di assicurarsi che io mangi e mi prenda cura di me stessa. In giorni come questi mi rendo conto di quanto io sia fortunata ad averla nella mia vita; davvero non so che cosa avrei fatto senza di lei. Mi ha salvata da me stessa così tante volte che ho perso il conto. Il fatto che torni a casa per me è l’ennesima prova di amicizia. Sa che ho bisogno di lei questo fine settimana, quindi si è presa una mezza giornata libera.

    Finisco di mangiare e poi sistemo la cucina. Vado in camera, raccolgo gli abiti sporchi e rassetto prima che Dee rientri. Qualsiasi cosa pur di non pensare ai brutti ricordi.

    Lo so che lo fa per me, ma preferirei restare a casa da sola.

    Capisco che voglia mantenermi occupata, davvero, ma non credo di avere le forze di uscire. Un altro anno in cui mi comporto normalmente. Un altro anno in cui sento la mancanza di lui, di loro, di tutto.

    Do un’occhiata all’orologio e mi affretto. Miss Allegria sarà qui a momenti; devo vestirmi prima di essere sommersa da arcobaleni e paillettes.

    Infilo la testa nel guardaroba, ma non riesco a trovare nulla da indossare oggi. Di colpo la sento… cantare. Rido tra me e me, un sorriso affiora sul mio volto. Dee non riesce ad azzeccare una nota, eppure canta a squarciagola fregandosene.

    Entra come un tornado in camera mia, con un sorriso da orecchio a orecchio. «Ehi, stronzetta sexy. Noto che hai deciso di sfoggiare la mise da compleanno. Ottima scelta, anche se potremmo avere dei problemi al centro commerciale con te praticamente nuda. Credo che sia illegale. Ma sai che c’è? Potere alle donne!». Mi schiaffeggia il didietro, poi si getta sul letto.

    «Che diavolo, Dee! Porta chiusa. Bussa», provo a sgridarla come fa sempre Greg, ma finisco col ridacchiare insieme a lei.

    Si gira a pancia in giù sul mio letto. «Allora, amica sexy un po’ più vecchia, come coprirai il tuo corpo nudo oggi? Immagino che sia ciò che stavi facendo dentro il guardaroba».

    «Non ne ho idea, Dee». Questa volta non devo fingermi contrariata. «Dobbiamo proprio uscire? Non possiamo stare a casa? Non sono dell’umore adatto». La sto pregando e scommetto che sembro disperata quanto in effetti sono. So che non sarei di compagnia oggi. Ho in programma di replicare la scorsa notte, cioè di mettere su il muso, di compatirmi e bere fino a perdere i sensi. È salutare? No, ma funziona. Perché cambiare qualcosa che mi fa stare bene?

    «Izzy, muovi il culo e vestiti. Andiamo al centro commerciale a comprarci un vestito da far girare la testa, poi passiamo da Sway a farci i capelli e, quando avremo fatto il pieno di coccole, Greg ci passa a prendere per portarci fuori a cena. Non ho intenzione di lasciarti a casa da sola. So qual è il tuo piano. Non te lo permetto, Izzy. Non quest’anno».

    Corruga la fronte e ho l’impressione che potrebbe trascinarmi fuori nuda, se non mi do una mossa. Cristo. Non ha senso discutere quando è così decisa. Troverò una scusa più tardi per mollare lei e Greg e passare la notte con Mr Jack Daniel’s.

    Questo sì che è un piano che promette bene.

    Capitolo 2

    Sono ore che stiamo facendo shopping. O meglio, a me sono sembrate ore, perché lo detesto. Dee mi ha afferrato sottobraccio per trascinarmi in giro nell’esatto istante in cui abbiamo varcato la soglia. È una donna con un obiettivo.

    Ci troviamo nel secondo negozio di abbigliamento, il secondo dopo tre diversi negozi di intimo. Ho più mutandine di quelle che userò in tutta la mia vita. A quanto pare, il primo punto del grandioso piano di Dee è assicurarsi che io indossi soltanto cose nuove. Ho puntato i piedi non appena ho percepito le sue intenzioni. Non ero disposta a cedere.

    Dopo una piccola discussione, abbiamo raggiunto un accordo: un outfit completamente nuovo e nient’altro.

    Ed eccoci qui.

    Mi sembra di avere provato tutti gli abiti del negozio. Hanno sempre qualcosa che non va. Poi, mi fa vedere una sciarpa color rosso acceso. La chiamo sciarpa, perché non c’è abbastanza stoffa per definirla vestito.

    «Ehm, Dee… dov’è il resto?», domando.

    «È lui, Izzy. Non c’è dubbio. È il vestito giusto!». Si mette letteralmente a saltare per tutto il negozio. I suoi capelli ricci seguono il movimento del corpo. Se non fossi così infastidita, direi che è davvero carina in questo momento.

    «Non esiste che io lo indossi, Dee. La schiena è completamente nuda! E… la mia vagina passerà tutta la serata a fare cucù dall’orlo. Te lo puoi scordare!».

    Sto di fatto ansimando per l’agitazione. Ho trascorso gli ultimi due anni a nascondere il mio corpo. Ho perso i chili di troppo che avevo messo su durante il matrimonio, ma allo specchio vedo ancora la ragazza grassa che ero. Dee mi ripete di continuo che devo smetterla d’indossare jeans trasandati e magliette da uomo, è così che chiama affettuosamente i miei abiti privi di stile. A me piacciono. Jeans e maglietta: facile, perfetto.

    Maledizione.

    Abbasso lo sguardo sul bellissimo tessuto rosso, sospirando. È solo per una sera, dico a me stessa. Indosso

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