Jung - L'anima e il matrimonio
Di Guido Rutili
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Info su questo ebook
Un osservatorio privilegiato, fondato sul paradigma sistemico-relazionale, offre una visione alternativa e trasversale, capace di riaprire l’altrimenti inflazionato capitolo della vita di Carl Gustav Jung.
La trama biografica diviene un brogliaccio, per mezzo del quale si giunge alla comprensione di concetti universali: l’algoritmo di scelta, il libero arbitrio, la capacità intuitiva.
Al centro delle coinvolgenti riflessioni, il fuoco si sposta sul fattore collettivo, la rete sociale che catalizza la metamorfosi e fertilizza la crescita individuale.
La figura di Emma Jung compare sotto una luce nuova: è donna tra le donne e madre contenitiva, presenza femminile tanto forte da divenire stereotipo e custodire la chiave del Mysterium Coniunctionis.
È l’unione armonica, la pietra filosofale per la ricerca dell’oro alchemico!
Un saggio che spazia dalla teoria alla meditazione, per la riscoperta dei principi di guarigione insiti nel naturale sviluppo delle relazioni.
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Jung - L'anima e il matrimonio - Guido Rutili
Srl
PREFAZIONE
MARE VITAE
La nostra psiche è costituita in armonia con la struttura dell’universo, e ciò che accade nel macrocosmo accade egualmente negli infinitesimi e più soggettivi recessi dell’anima¹.
È un aforisma di Carl Gustav Jung, ma non è così originale ed inedito.
Ermete Trismegisto scolpì parole che suonano simili su di una tavola di smeraldo
: quod est inferius, est sicut quod est superius, et quod est superius, est sicut quod est inferius (ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso).
Non importa: in tutte e due le frasi possiamo cogliere molti messaggi
Tra questi ne selezioniamo uno, forse non il più immediato.
Esistono singoli elementi ed esistono sistemi che li contengono e governano.
Il piccolo nel grande che si conforma alle leggi del grande e si relaziona con altri piccoli elementi.
È così che funziona: la dimensione umana non fa eccezione e rispetta questo assioma universale.
Non è difficile verificarlo.
Prendiamo in esame una famiglia convenzionale
ed esaminiamone gli elementi.
C’è Guido, Claudia, sua moglie, Silvia, la figlia primogenita ed Elena e Giulia, le due gemelline arrivate per seconde.
Poi c’è la coppia formata da Guido e Claudia, Il terzo gemellino, cioè la relazione di gemellarità tra Giulia ed Elena.
Ci sono i rapporti tra Guido ed ogni bambina, tra Claudia ed ogni bambina, tra bambina grande e bambina piccola.
Adesso potremmo iniziare con le relazioni tra le relazioni: la coppia con la gemellarità, la gemellarità con la relazione padre-figlia primogenita e così via.
È una famiglia davvero numerosa perché ognuno degli elementi citati è a tutti gli effetti membro. Si rischia di perdere il conto!
La convenzionalità ipotizzata già inizia a vacillare!
Ogni gruppo è sistema, ogni elemento del gruppo è in relazione con gli altri ed ogni qualvolta si stipula una relazione, ecco che dobbiamo aggiornare il contatore degli elementi del sistema: più uno!
Le persone con i propri bisogni e le proprie motivazioni, e le relazioni che diventano persone, a loro volta con corredo di bisogni e motivazioni. Il piccolo che rispetta il grande, l’individuo che prende le sembianze del sistema e viceversa.
Questo era scritto sulla Tavola Smeraldina, questo scriveva Jung e questo, oggi, è una costatazione.
Le posizioni della Klein, Il campo di Lewin, la dimensione intrapsichica di Berne e gli assiomi della cibernetica di Watzlawick; la prospettiva da cui si inquadra lo stesso concetto ci serve solo a capire quanto sia intrinseco alla realtà che noi tutti viviamo.
Per questo la relazione diviene il mare della vita, il brodo primordiale che nutre, lega e contiene.
Freud era un attento lettore del mito greco; se, senza presunzione, facciamo la stessa cosa e leggiamo tra le righe, è facile trovare nel cuore della filosofia ellenica il mare dell’essenza della relazione umana.
Perché quando appare il mare, nel mito greco, qualcosa ci ricorda con forza l’interazione tra uomini.
Le avventure di Odisseo.
Pensiamoci bene: chi avrebbe qualcosa in contrario a pensare l’intera narrazione come allusione al viaggio interiore di un uomo che cerca di divenire sé stesso nel mondo degli altri?
Addirittura nel mito omerico della creazione, la prima relazione tra uomo e donna (o tra personificazione del maschile e del femminile), avviene con l’atto della fecondazione di Teti da parte della schiuma del mare e dà origine alla vita collettiva, fatta di legami.
Ci fermiamo, ma di racconti mitologici potremmo citarne altri.
Il più introspettivo tra gli esseri umani non può che trovarsi immerso in una moltitudine, di elementi e d’individui, una comunità, un ambiente.
Deve vivere come parte di un sistema, per il semplice fatto che esiste grazie ad un sistema, la coppia genitoriale originaria e che ne crea uno da appena nato, la famiglia.
Non scopriamo le relazioni come chiave di lettura, le accettiamo come accettiamo la vita stessa!
Se poi facessimo l’errore di rendere estranea da quest’accezione sistemica la più intima dimensione individuale, dovremmo subito tornare sui nostri passi.
La cosiddetta relazione con noi stessi ha anch’essa molto da imparare dalle parole di Ermete Trismegisto o di Jung, poiché si troverà caratterizzata da relazioni virtuali ad immagine e somiglianza di quelle esterne. Jung parla di percorso di individuazione e si ispira al teatro per spiegare come all’interno dell’individuo prenda vita la concertazione tra ipotetici personaggi.
Questi attori della psiche mettono in scena la rappresentazione della personalità. Continuamente, senza tregua.
È una commedia fatta di scambi e relazioni.
Le parti sono scisse, assumono caratteristiche stabili e interagiscono in un gioco dinamico ed evolutivo che vuole metterle tutte d’accordo.
L’esame più attento vuole che i personaggi appena menzionati siano spesso forgiati a partire da modelli esterni, sistemici.
Una parte di noi somiglierà a nostra madre in modo sorprendente, avrà le caratteristiche del padre, del fratello, oppure sarà un ibrido che prende un po’ da tutti.
Alcuni di essi divengono tanto stereotipati da non essere solo padre ma Grande Padre, non solo madre ma Grande Madre... Archetipi, enti primordiali innati, comuni.
Dice Jung: Quando analizziamo la persona le strappiamo la maschera e scopriamo che quello che sembrava individuale, alla base è collettivo².
Un Sistema pseudofamiliare di derivazione Junghiana.
Ma non è un controsenso?
Chi conia il metodo analitico del profondo può abbracciare tanto la maniera che mette il singolo in secondo piano, subordinandolo all’interazione tra simili?
Certo, poiché l’oggetto di studio è sempre l’elemento umano. Ed elemento umano è tanto uomo quanto scambio tra uomini.
Citando ancora Jung: [...] come l’individuo non è assolutamente un essere unico e separato dagli altri, ma è anche un essere sociale, così la psiche umana non è un fenomeno chiuso in sé e meramente individuale, ma è anche un fenomeno collettivo³[...].
In conclusione: la natura dell’essere umano appare quanto mai collettiva, sociale, interattiva.
Di conseguenza, l’uomo cresce, spicca, si differenzia, individua sé stesso tra gli altri.
E sé stesso tra gli altri è sistemico!
1. P REMESSE: UNA DICHIARAZIONE D’INTENTI
Sempre, quando parliamo di relazione psicologica, presupponiamo la coscienza. Non esiste relazione psicologica tra due persone che siano entrambe in una condizione di inconsapevolezza. Dal punto di vista psicologico, esse sarebbero totalmente prive di rapporto.⁴
FISIONOMIA DELLA RELAZIONE
Dietro ogni grande uomo c’è una grande donna.
È un modo di dire un po’ datato.
Per adattarsi al quadro socioculturale contemporaneo dovrebbe essere enunciato diversamente.
Eppure tra le righe si nasconde un concetto quanto mai attuale: c’è una grandezza che si può indossare
come singoli ma diviene raggiungibile solo gettandone le fondamenta con un individuo che ci è prossimo, che si lega a noi da vicino.
Sostiene la rilevanza di un gioco di interscambio tra due, tanto forte da nutrire il patrimonio dell’essere isolato e divenirne sorgente creativa, motivo di crescita.
Porta alla luce una dimensione inaspettata, interumana, causata ma capace di generare effetti a ritroso, la quale, in poche parole, crea una simbiosi con l’universo tattile e ne configura gli equilibri.
Come succede per il nostro spazio vitale, il livello esistenziale identificato ospita al suo interno un insieme di esseri viventi.
Scorgerli con i cinque sensi è impossibile, poiché condividono le caratteristiche di impercettibilità sensoriale del bacino che li contiene, tuttavia abbiamo imparato ad esperirli psichicamente e chiamarli con un nome: enti relazionali.
L’universo della vita umana, spesso confuso con lo spazio vitale dell’essere in carne ed ossa, si colora di questa mirabile e volatile dualità dimensionale quel tanto che basta per cessare l’illusione che ci distanzia dalla nostra natura collettiva; immediatamente dopo, infatti, si fonde all’interno del significato di un unico termine. Sistema.
Dietro ogni grande essere umano c’è un grande sistema.
Funzionante.
Permeante.
È il topos della costruzione della grandezza ma anche della salute, del benessere, della condizione non pervasa dal sintomo, della realtà individuale.
L’algoritmo che fa dell’essere umano una creatura sociale attinge le proprie costanti dalla relazione, incubatrice della crescita in potenza.
La relazione è noumeno di cui l’uomo divenuto
è espressione fenomenica.
Permettendoci di superare l’accezione classica di questi ultimi termini⁵, in modo chirurgico, mercuriale⁶, vogliamo provare ad esperire la relazione, anche se significasse accontentarsi di qualcosa di parziale.
Dai grandi uomini si può imparare.
Non solo il contenuto manifesto che li ha mostrati al mondo ma, volendo trovare la qualità sostanziale che ne ha permesso la genesi, l’universo contestuale.
Si tratta di isolare il collante invece del pezzo, poiché qualsiasi frammento, se composto con altri in olistica armonia, diviene opera d’arte; è l’adesivo che compie e sostiene il risultato.
Tutto, in ultima analisi, si riconduce alla ricerca di una fisionomia
della relazione.
È microscopica investigazione di quanto l’uomo possa palesarsi in un ruolo sociale intellettualmente elevato ma rivelare il proprio segreto solo nelle modalità di stipula del legame.
La relazione non è persona, poiché non porta nessuna maschera⁷.
Si mostra collateralmente, dacché la sua natura chimica è quella del solvente e non del soluto.
Il soluto siamo noi.
La relazione è ossimorica, perché lega nello spazio di separazione, parla con il proprio mutismo, agisce nella calma della propria stasi.
Ci poniamo l’intento di percorrere la strada che porta alla scoperta della fisionomia della relazione a partire dal contesto che fece di Carl Gustav Jung il fondatore della psicologia analitica.
Ciò rappresenta l’elemento sconosciuto ed inedito nella vita dell’autore, poiché la dimensione personale è stata tanto scandagliata da divenire inflazionata; egli stesso ci ha regalato un trattato autobiografico durante gli ultimi anni della propria vita⁸ in cui l’età avanzata, l’esperienza e la grande saggezza costituivano già presupposti necessari e sufficienti a non tralasciare elementi significativi.
Limitati dai cinque sensi, non potendo percepire una materialità nell’ente relazionale procederemo per passaggi, isolando da questo quadro un sottoinsieme, uno specifico vivaio d’osservazione.
La coppia matrimoniale formata da Carl ed Emma Jung.
La costruzione dell’individuo sarà seguita a partire dai due coniugi (coniux - iungere, una sinergia antica di due termini che già contribuisce a definire la relazione).
Esamineremo il qui ed ora
insito nella nascita del sistema coniugale.
Dopotutto, il matrimonio è un connubio che sottende elementi di peso dissimile.
C’è la pesantezza.
L’assioma umano della reciproca tendenza, del completamento e della spinta continua verso il desiderio di riproporre l’atto della creazione: l’uomo va verso la riproduzione, un evento necessariamente duale.
Una tendenza che ci programma per fisiologia e ci fa pensare come capaci solo a partire da due
, che ci restituisce come creature fondate su concetti naturali che parlano di collettività.
C’è la leggerezza.
Della possessione emotiva, del piacere percepito senza decrittazione, del trasporto subìto per scelta.
Il colpo di fulmine, il ritrovamento immediato negli occhi dell’altro e l’affinità subodorata da elementi che debbono restare ignoti.
Nonostante l’alternarsi dei due stati descritti abbia l’apparenza di esprimersi autonomamente, non dobbiamo cadere nell’errore di considerare il legame duale come frutto del caso.
Per un semplice motivo tra tutti: deve essere costruito.
Non c’è già.
Il terreno può essere fertile ma dovremo coltivarlo.
Il mare può esortarci all’esplorazione mostrandoci i suoi evocativi orizzonti ma la curiosità di solcarne le acque deve crescere in noi.
Il gioco può promettere grandi vincite ma l’accettazione del rischio correlato è nostra.
Carl Gustav Jung dedicò un’opera di poche (ma significative) pagine alla psicologia del matrimonio⁹ in cui si sofferma in modo del tutto similare sull’argomento.
Il matrimonio che descrive è composto da una parte riferita all’io cosciente ed una attribuita all’inconscio collettivo da egli stesso definito.
L’io cosciente stipula su base geno e fenotipica, l’inconscio collettivo interviene come una forza interiore inconoscibile.
Quando decidiamo dunque di lavorare al matrimonio?
Probabilmente una coscienza più o meno celata ci rende consapevoli di non poter essere a prescindere dall’altro, dal contesto, dal sistema.
Ci appare illuminante, tanto da azzardare riformulazioni del motto cartesiano dell’assunzione di coscienza: contineor ergo sum¹⁰ oppure communico¹¹ ergo sum.
Carl Gustav Jung ebbe diverse intuizioni sulla sinergia dei due individui legati nel matrimonio.
Durante la prima metà del secolo scorso, ormai forte dell’affermazione in ambito scientifico – letterario di cui godeva, azzardò le proprie teorie