Sotto i Cieli di Santiago. Il Cammino dell'Interiorità
Di Mauro Gatti
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Anteprima del libro
Sotto i Cieli di Santiago. Il Cammino dell'Interiorità - Mauro Gatti
Geremia
Prefazione
La carriera di un atleta è un continuo percorso di ricerca. E non solo per ambire a una convocazione, a una medaglia, a una vittoria. No, questa è la parte marginale. In essa è rappresentata la componente del talento, della forza del proprio fisico, delle dinamiche del confronto con gli avversari.
L’atleta, a mio parere, per trarre gioia e soddisfazione da tutto questo, deve aver compiuto il suo percorso innanzitutto come persona, perché lo sport è una preziosa opportunità che la vita ci offre per la crescita psicologica attraverso le vittorie e ancora di più le sconfitte, che non sono mai tali se lasciano il senso di un insegnamento. Inoltre lo sport, rispetto alla vita, permette delle
rivincite per le quali puoi prepararti adeguatamente con tenacia, determinazione, volontà di rivalsa.
E proprio nella ricerca della mia strada è stato fondamentale il lavoro svolto con Mauro. Aldilà delle tecniche, della pazienza e del suo affetto anche, ciò che ho amato di quel sofferto periodo è stato l’insegnamento a voler ricercare i perché. In quei faticosi giorni preolimpici, dove tutto è enfatizzato, ero proiettata verso un obiettivo che sentivo sì alla mia portata, ma con una serie di variabili intorno che mi inducevano a pensare molto. Ma la forza del mio sogno mi dava l’energia di sopportare e combattere le incertezze. Proprio in quel periodo sono stata travolta dalla coincidenza di trovare in u libro di lettura, Il Cammino di Santiago di Paolo Coelho, una chiave simile a quella che con fatica elaboravo con Mauro: una similitudine di pensiero e di approccio che non ho potuto non condividere con lui, lui che mi aveva preso per mano. Certo non ero nella stessa ricerca del protagonista di quel libro, ma a lui associavo la tenacia di cercare strade, la volontà di evoluzione, la conquista di un obiettivo che per me in quella fase della vita era su una pedana olimpica, mio e delle mie compagne di Squadra, per il quale avevo lavorato anni e che non doveva sfuggirmi. Questa conquista, diventavo sempre più consapevole, dipendeva prima di tutto da me e dalla mia convinzione.
E oggi sono stupita ed emozionata che dalla coincidenza di quei discorsi, da quel senso di ricerca di cui parlavo proprio con lui, sia maturato in Mauro un progetto come questo, un cammino su un viaggio nell’interiorità. Non il libro in sé, ma questi suoi cammini vissuti per ricerche diverse, quei rapporti trovati, ricostruiti e riconosciuti, questa voglia di Mauro ancora una volta di condividere con altri, con noi, i risultati del cammino della sua vita.
Nel leggere queste pagine, con l’emozione di sapere chi le aveva scritte, ho ricevuto in dono la consapevolezza di apprezzare il significato del tempo, quel tempo che da sempre nella mia vita è stato riempito affannosamente e che in queste pagine è ritornato protagonista e si è dilatato. Attraverso le esperienze e le considerazioni di Mauro su questi suoi Cammini, si è fatta sempre più spazio in me l’idea di quanto avere tempo per se stessi sia, di fatto, una ricchezza. Alcuni passaggi di dialogo dei suoi incontri, le attenzioni ai figli e agli amici in Cammino con lui, le riflessioni sui particolari dell’interiorità, mi hanno permesso di ricevere in regalo la stima e il coraggio di dialogare nella mia testa non solo per scandire i programmi giornalieri del mio lavoro e delle cose da fare per la famiglia, ma per ritrovare pensieri ed emozioni che spesso vengono spinti e confinati nei ritagli.
Mi hai fatto piangere di emozione.... si può dire così? Non so..... ma è quello che ho sentito.
So che arriverai a raggiungere il tuo sogno di bambino Mauro, perché so che questo sarà un bene per
tutti.
Grazie
Diana Bianchedi
Campionessa Olimpica Fioretto Femminile
Coordinatore Generale Comitato Olimpiadi Roma 2024
Medico Specialista in Medicina dello Sport
In Cammino alle radici dell’Europa sotto i Cieli di Santiago
Raccontare il Cammino di Santiago non è facile perché è un’esperienza che va vissuta per comprenderne i profondi risvolti emozionali.
Questo pellegrinaggio cristiano, nato per visitare la tomba dell’apostolo Giacomo il Maggiore la cui scoperta risale all’anno 813 in Spagna, in una località della Galizia chiamata Compostela, Campo della stella, in cui fu successivamente costruita la Cattedrale e la città di Santiago, per secoli è stato caratterizzato da confluenze religiose, storiche, artistiche, culturali.
Da sempre i pellegrinaggi hanno interessato e affascinato l’homo religiosus in tutte le latitudini per quel naturale senso di ricerca insito nell’essere umano di collegarsi al mistero, al sacro. Così è accaduto per la scoperta del corpo di Giacomo, Santiago per gli spagnoli, l’apostolo che si spinse più lontano di tutti gli altri per l’evangelizzazione arrivando fino alla penisola iberica.
Il primo storico pellegrinaggio a Santiago avvenne nel 950, voluto dal vescovo Godescalco che con alcuni pellegrini partì da Le Puy, in Francia, dando la prima connotazione di internazionalità al Cammino definitivamente riconosciuta oggi a pochi metri della Cattedrale, dove sul lastricato del sentiero si legge scolpito in tutte le lingue: L’Europa è nata in pellegrinaggio a Compostela
.
Molti sono i libri che rievocano la storia del Cammino di Santiago, delle distruzioni e ricostruzioni della sua splendida Cattedrale come delle continue peregrinazioni medioevali provenienti da tutta Europa che contribuirono alla Riconquista, sancita definitivamente dai Re Cattolici Ferdinando e Isabella il 2 gennaio 1492 a Granada con espulsione dell’ultimo dei governanti Mori che dal 700 si affermarono in terra spagnola. Il Cammino ha avuto una flessione del flusso di pellegrini con l’avvento del protestantesimo e un inaspettato risveglio nel secolo scorso.
Di fatto oggi pellegrini di tutto il Mondo camminano verso Santiago e tutte le strade di questo itinerario sono dichiarate dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità.
Nel 2015 sono arrivati a piedi a Santiago 262.516 pellegrini di tutte le nazionalità, da tante città e di diverse culture, di ogni religione e di nessuna, dando al Cammino un’interessante veste di modernità proprio perché le motivazioni che portano sul sentiero sono varie e non necessariamente religiose.
Un numero importante di arrivi che dà l’idea dell’interesse che questo pellegrinaggio suscita, soprattutto nei giovani che sul Cammino sono tanti. Lascio al lettore la scelta di documentarsi approfonditamente su questo pellegrinaggio nei molti testi reperibili ormai in tutte le librerie. Non desidero infatti dedicare questo mio scritto alla storia del Cammino, ma raccontarlo dalla prospettiva della mia professione di psicoterapeuta per cercare di comunicare cosa accade
nella mente di chi percorre questa via millenaria verso Santiago.
Ho camminato da Roncisvalle a Santiago per cinque volte sul Cammino Francese, così chiamato perché la porta d’ingresso alla Spagna del Nord è San-Jean-Pied-de-Port, un piccolo borgo nei Pirenei divenuto importante per essere considerato il luogo di partenza della via di Compostela. Ho camminato anche sul tratto portoghese, da Oporto, ma tutti i miei arrivi a Santiago sono sempre stati caratterizzati da un’emozione immensa, come fosse la prima volta.
Tranne il primo Cammino del 2005 dove ho completato a piedi e in bicicletta in ventuno giorni il percorso da Roncisvalle a Santiago per tutti i suoi settecentocinquanta chilometri, gli altri Cammini li ho percorsi tutti a piedi e sono stati divisi in tre tempi: Roncisvalle-Burgos, Burgos-Astorga, Astorga-Santiago, quindi tornando in Spagna diverse volte per completare ogni tratto, anche nello stesso anno.
Chi inizia il Cammino lo vuole anche terminare non riuscendo a rinunciare al costante aumento della frenesia di arrivare a Santiago. Molti lo continuano a piedi fino sull’Oceano, a Capo Finisterre, novanta chilometri dopo Santiago, ultimo lembo di terra verso Occidente che fino al 1492 rappresentava il termine del mondo conosciuto.
Non è facile avere a disposizione così tanti giorni per percorrere una simile distanza per le molte ragioni che si possono immaginare, legate al tempo disponibile, alla famiglia, al lavoro.
Così ho deciso insieme ai miei compagni con i quali ho camminato, di scaglionare il Cammino in tre tratti di duecentocinquanta chilometri ognuno, e se da una parte la divisione ha implicato di accettare e sopportare il distacco dalla dimensione di attaccamento acquisita sul percorso, questa interruzione