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Crisommedia
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E-book342 pagine4 ore

Crisommedia

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Info su questo ebook

Crisommedia è stato scritto di getto tra fine estate e inizio autunno 1986. All’origine ci fu un’intuizione, in cui mi chiesi: che cosa può accadere nelle teste di persone esposte al cosiddetto “bombardamento mediatico”, con cui si assorbono ogni giorno immagini, informazioni, cronache di vario tipo, ecc.? E pertanto iniziai a raccogliere tutto ciò che poteva essere confacente a dare corpo all’intuizione. Ma il materiale che raccolsi era così disparato che non si prestava per un unico progetto, e allora decisi di separarlo: una parte andò a formare un primo libro di racconti: I sogni di Zizz, e un’altra Crisommedia.
Il materiale per Crisommedia attiene alla cronaca politica, spigolato sulla stampa nel periodo che va da febbraio ad agosto 1986, cioè dai prodromi della crisi di pentapartito e governo Craxi alla formazione del Craxi-bis.
Quanto fu raccolto sono frasi e pensieri di politici e giornalisti espressi nei gerghi politichese, giornalese, demenzialese, ecc., e poi amalgamati in questa “satira” sui generis denominata Crisommedia.
Il contenuto del libro è sostanzialmente identico alla stesura originaria, per l’attuale pubblicazione mi sono limitato a una rifinitura formale e a dividerlo in capitoli.
Ora, benché Crisommedia sia un’opera di 30anni fa, la “satira” documenta che già allora si dibatteva di riforme e accadevano cose ancora all’ordine del giorno, per es.: a) nel 1986 si discuteva già della riforma di Camera e Senato, e della riduzione di numero dei parlamentari, come tenterà di fare la “Riforma costituzionale” proposta dal governo Renzi e bocciata poi dal referendum; b) “rifiuti e munnezza multicolore. La Capitale è conciata per le feste […]. «Avvenire compromesso?» Titola un quotidiano della Capitale, che invita poi dalle sue pagine gli uomini di buona volontà ad armarsi di ramazza. […]: «Fatevi ciascuno la vostra settimanale scopata». «Diventate imprenditori della vostra ramazza». «Raccogliete da voi ciò che seminate».” Quindi a Roma, nel 1986, si lanciò un appello ai cittadini perché scendessero in piazze e strade a pulire. E la stessa cosa è successa nella Capitale pure a maggio 2017, difatti, ha scritto Il Messaggero: “Le magliette gialle del Pd scendono in campo per pulire strade e parchi a Roma”; c) dopo la caduta del governo Renzi, è corsa voce che il nuovo governo Gentiloni sia in sostanza una sorta di Renzi-bis; e pure nel 1986, quando il Craxi-bis ottenne la fiducia, si disse: “È il vecchio governo rimpannucciato!”
Buona lettura.
LinguaItaliano
Editoree4659
Data di uscita24 lug 2017
ISBN9788822801135
Crisommedia

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    Anteprima del libro

    Crisommedia - Vincenzo Altieri

    04.9.1986

    1. Un velo di cipria

    Nel cielo bruno luccicano mille e una star, sulla terra è da poco trascorsa la Candelora…

    Paulista, il fido e paziente autista, seduto al volante dell’auto blu, attende da ore il suo padrone nell’ampia corte del Palazzo, circonfuso da un aulente profumo d’amore che im­pregna la tappezzeria del sedile posteriore.

    Rosso è ...

    No, Valentino mio, vi supplico, su, rientrate in voi! Lungi da me ferire il vostro amabile cuore… Giam­mai non vi tradii…

    Ah, la traccia rossa sul tappeto è però probante! Non cantatemi dunque altre strofe ornate di chicche e gesti melliflui. Confessa­te la vostra colpa, il peccato, il complotto!

    Mio signore, se colpa ci fu, fu pretto peccato di gola, perché invero un pensierino lo spesi, sì, ma non due, come voi asserite.

    Allora ammettete che un desìo in voi s’ingenerò?

    Ehm... Mio prodigo signore, sì, è vero, ma fu però solamente un desìo di donna curiosa, stornato subito poi da un ponderato esame sui costi...

    No, non ci credo! Voi col rosso tramaste!

    Ah! Sia percossa da un martello e rasata da una falce, se un sol rosso in cor mio feci entrare per ingannare voi.

    Il vostro labbro però tremula, indugia!

    È l’amor ferito, e messo a dura prova, mio munifico signore. Ma a cor franco e sincero attesto che in vostra assenza nessun rosso mai sfiorò, toccò o carezzò questa mia pelle serica, lattea, donatasi a voi.

    Forse dite il vero, ma è però codesto desìo di donna curiosa che tuttavia m’inquieta, seppur il vostro rifulgente biancore ognora mi allieta. Beh, oggi è la festa degli innamorati, pertanto è doveroso darci un taglio alla scala che porta contese. O chéri, corre voce che il regalo è assicurato quando bianco è il cioccolato. Ecco, questo è per voi.

    Oh, grazie, mio generoso dolce signore, la vostra bontà mi com­muove! E il vostro inclito e nobile e umile spirito conferma le parole del mio amato filosofo Turbo: «I più forti non vanno mai su di giri».

    È il sapore del prestigio, cara, che ci educa al buon gusto e a stare altresì al proprio posto... Vi chiedo perdono, per aver dubitato di voi, mio amato Biancofiore, ora però devo proprio scappare. Impegni di Stato, lo sapete. A voi la cura per gli inviti al party di domani sera, ci saran­no anche i nostri alleati ed è opportuno fare bella figura. Ah, mi raccomando: un appariscente mazzo di garofani sul piano a coda è indispensabile... Un bacino, cara.

    2. Le solite mani sulla torta

    Reduce da peti incrociati, mamma Rai è furente. Carniti un tempo, ora scarniti, i fianchi mostrano il triste marasma.

    Si dice che manchi la soluzione sotto l’ombrello per contenere la fac­cia tosta dei voltafaccia.

    Le avevano promesso una cura... Cosa?

    a) Terme in sciopero?

    b) Le isole pedonali non permettono 1’accesso alle alfet­te blindate nelle sedi competenti?

    c) Uscieri, coppieri, giardinieri, cucinieri e simili re­clamano la priorità degli impegni contrattuali per loro assunti?

    Ma, signori, la mamma è sempre mamma!

    Manca? Possibile?

    Ma la corrente non è stanca?

    Suvvia, non scherzate!, è come mettere in panchina un al­lenatore esposto al gioco assente, al massacro delle balle incrociate. Accampate che i volti ci sarebbero stati, ma sono però le condizioni delle pentasquadre politiche che mancano? Un vero peccato! Poiché, con un gioco ordinato secondo le regole democratiche, si sarebbe potuto registrare un ottimo video.

    L’audio? Alquanto relativo, perché, come da tempo predicano gli esperti, un’immagine efficace è in grado di parlare da sé.

    Manca, una degna risposta alle ultime nuove: Chi va piano, va sano e va lontano. E non è detto che ci si stanchi.

    Ma per quanti anni ancora? E ci saranno sempre gli amici a condividere la strada?

    Senza di noi non andrete lontano né gli uni né gli altri ammonisce il professore di teoria politica rossa, il picciano Ta Na.

    Una pistola lancia-tappi zittisce la boccaccia dell’uccel­lo di malaugurio.

    Colpo di scena: sul terreno di mamma Rai è stato scoperto un sarcofago. Si fanno dei nomi sull’identità del sovrano: ogni nome è comunque ad alto rischio.

    Gli assistenti allo scavo accennano a un potere mummifica­to, ma ancora pericolosamente attivo. Terminato il sopralluogo tecnico, il gran­de e famoso archeologo politico Da Te Mi si appresta a scoperchiare la tomba… Ecco, alla meraviglia, subentra un’immediata euforia. E un caloroso entusiastico applauso saluta la mummia conservatasi in perfetto stato.

    Cavoli?

    Ebbene sì! Tracce di cavoli apotropaici sono tuttora presenti tra le bende della mummia.

    La notizia è strana, sì, ma non coglie tuttavia di sorpresa l’attento mondo scientifico e i politologi più avvertiti.

    Sulla qualità dei cavoli, si accende però una scaramuccia etica dal sapore nostrano. Lo scontro si fa aspro, e vengono perciò allertate le tribù politiche. E nella fonda notte un teso e minaccioso rullio di tam­buri chiama a consulto i pentabig della coalizione al potere.

    C’è chi contesta l’eccessivo peso conferito alle poche, benché rivelatrici, tracce di cavoli apotropaici. Altri afferma che la centra­lità del reperto non va confusa col luogo da occupare. I più si trovano, però, concordi sul tratto da percorrere, che deve indirizzare la scoperta al centro di un consenso pattuito, e non diversamente, ancorché le parti in gioco siano del parere che sarebbe bene muoversi, anche solo muoversi, su altri e diversi terreni di ricerca, per poter fare un eventuale e proficuo confronto dei dati...

    3. A chi tocca…

    Sbucciato e messo a nudo, il balletto delle nomine sci­vola però sui nomi gettati sul tappeto. Molto lo spavento, pochi però i feri­ti, e lievi i danni: due occhi tumefatti, tre caviglie lussate, cinque ginocchi escoriati, quattro setti nasali fratturati e un mignolo slogato.

    In seguito, riaccomodati alla meglio le rotture del dramma­tico balletto, è avviato il gioco del barattolo, che dà il via al can can dei laici minori. Questi scaltri giocatori, puntando sul penta, sperano di rifarsi e di strap­pare qualche brandello di poltrona in più.

    Allertati i tappezzieri di Palazzo, e chiamati subito a vigilare su eventua­li strappi selvaggi e non pattuiti.

    Oggi come oggi è il COSTO dei COSTI che COSTA.

    I piloti della pentalleanza ipotizzano due strade attorno al­lo spartiacque della praticabilità delle parti partite.

    L’instabilità sgancia il debito pubblico e il disavanzo avanza.

    ALLARME!

    Gli industriali reclamano un LUCCHETTO alla stabilità.

    Ieri, al termine di un immane penta sforzo, la decifrazione dei messaggi incrociati tra gli addetti ai lavori ha fatto emergere la visione prospettica dicciana, che accetterebbe l’indicazione della forza laica solo se consona al disegno di " MISURA INTEGRALE".

    "In alto è il segno che ci chiama a liberarci da gruppi e sottogruppi, dalla difficile condizione generata dal ma­lessere delle pentalotte intestine. Basta tagliuzzare le interiora e partire le rigaglie... Il ravvedimento lavora in un am­bito scottante e periglioso, per rinsaldare i vari punti con­vergenti, così da compiere insieme lo sforzo utile per fare del re un capo di popolo capace di sconfiggere i baroni, consumatori di polli."

    Dopo i tam tam della zuffa, il campo è sinistramente si­lenzioso.

    Soddisfatti, ma non sazi grida una schie­ra di garofoniani, che esigono di seminare pure nel campo del vicino di sinistra, perché impossibilitati a farlo nell’orto dicciano.

    Franchi tiratori si sono già appostati.

    L’atto d’accusa calza a pennello coscia e gamba, l’arto che sommuove e instrada il fragile intrico a rete dell’etica di Pa­lazzo. Il richiamo alla morale democratica cozza con l’estetica della scarpa firmata. È l’unica a mostrarsi al di sotto dei pantaloni.

    VIA AL MATCH DELLE POLTRONE.

    Mentre tra le belli­cose schiere pentalleatiche già infuria la battaglia per la conquista delle poltrone, una serie di scariche ad alta tensione scuotono la LINEA della MORTE.

    L’improvvisa emergenza internazionale occasiona una tregua coatta tra i contendenti appostati nelle trincee del Palazzo.

    L’esterno ha ormai il sopravvento sull’interno. L’eccesso di notizie fuse e confuse rischiano di far saltare la linea sovraccarica. Mosse tecniche sono giocate sul filo del rasoio. Per il momento non si segnalano tagli.

    Oberati di lavoro extra, i guardarobieri sono stressati e sfiniti, al limite dell’esaurimento, ognora impegnati in logoranti andirivieni per cambiare le camicie inzuppate di sudore dei ministri ad­detti alla nostra sicurezza. Non c’è tempo neanche per uno spuntino. Ma solo per il sacrificio.

    Coi tempi che corrono, nessuno è sicuro di schivare l’incidente.

    Tutti confidano in una prova di maturità politica e diplomatica delle for­ze in campo. Le continue veline di Palazzo sono diramati alla tv da mezzibusti sfoggianti sereni e paciosi sorrisi, per tranquillizzare. Nondimeno, tensioni e apprensioni premono sottopelle…

    Popolo allarmato, rumoreggia e non si dà pace.

    La notte stenta a passare.

    Non si hanno notizie precise in tempo utile.

    Avanti! Abbiate fiducia in chi ci guida.

    Pax. Patti chiari con amici e compagni.

    Unità, non mollate la protesta, compatta alla testa.

    L’attore Top-Top bussa e accusa apertamente, e senza peli sulla lingua, Edà di spro­loquio minaccioso, definendolo un cane pazzo.

    Gli etologi saltano su sbigottiti:

    Un cane che parla?! È indecoro­so, indotto, disumano, contrario ad ogni principio scien­tifico ed etico confondere l’uomo con la bestia.

    Reclamo ufficiale degli scienziati all’ONU: ... È tempo di assumere un imbianchino qualificato che, oltre a imbiancare i muri esterni della casa, metta mano anche agli interni.

    Cristo, come sei vicino coi tuoi sepolcri imbiancati!

    Fiaccolate slogananti percorrono i centri metropolitani.

    Il metano ti dà una mano, il metanolo ti secca piano.

    Allo scadere del ventesimo morto, il governo si sveglia. Fatica. Si rigira tra i guanciali stropicciandosi gli occhietti pesti. Sbadiglia. Fa il ruttino.

    Stiamo facendo il possibile per uscire dal torpore.

    Poverini. Dopotutto come possono pochi NAS senza MAS esplo­rare a fondo e colpire il bersaglio nel mare delle sofisti­cazioni?

    Ciò nonostante, in seguito a indicibili sacrifici dei militi, il ventaglio delle operazioni sta restringendo la battuta attorno al cuore della truffa.

    Un cuore malato, è evidente, quindi pure inadatto a trapianti di qualsiasi natura, senza o con legge ancora in arrivo...

    A scanso d’equivoci, il consiglio più spesso divulgato dagli esperti alla tv è l’invito ai consumatori ad attenersi alle istruzioni sulla scelta del prodotto. Intanto una voce ministeriale promette altresì di pubblicare al più presto un manuale ad hoc sui vini sfusi e Doc, vini sicuri dagli impuri...

    Il trend del manuale ci stimola in questa nobile direzione fa sapere il direttore della centoquarantottesima emergenza in corso.

    Contro ogni aspettativa, anche dalla Capitale altisonanti batterie hanno preso a sparare provvedimenti dirompenti al vino adulterato. Assicurano che non è soltanto rumore. Niente colpi a salve e bombe shock. Il ber­saglio sarà colpito e distrutto spietatamente.

    Giorno dopo giorno vengono a galla la miriade di cantine avvelena­trici.

    Sbotta un piccolo produttore vinicolo: Il cuore è uno, anche noi bracci siamo vittime delle sue scelleratezze.

    Le gambe intanto cercano di mettersi in salvo.

    SOS: Razzismo allo specchio.

    O muta pelle o la pelle ce la rimette.

    Ohé, non sono mica un serpente, ho solo questa e ...

    Il rischio insito in un intervento di chirurgia plastica è quello di uno sbandamento moderato del Belpaese. L’analisi complessiva dell’attualità politica sfugge nondimeno alla resa dei conti del ripensamento critico della combinazione dei colori, e tutto annega nella ripetizione di punti chiave incon­gruenti, i quali, com’è stato recentemente dimostrato, non riescono ad aprire le porte che immettono aldilà della pura problematica facciale, che alla luce dei nuovi eventi va rivisitata.

    A viso aperto?

    Per carità! Adesso ci lasci riflettere.

    4. L’unghia e la cruna

    La danza dei ricatti sfocia nella commedia degli equivoci .

    Gesti nervosi, declamazioni perentorie, battute mordaci calcano le tavole. Il resto è un ballo scialbo, a tratti un po’ convulso.

    Il filosofo politico Ta Mi, capo dei dicciani, non crede alle finte bonacce e alle improvvise burrasche che si raccontano nei corridoi del transatlantico. Non ha voglia d’incassare altri colpi mancini e dall’alto del suo osservatorio politico lancia la sfida ai garofoniani ad aprire la crisi del Chigiland.

    Intervento in extremis dell’incontenibile ederino Li Ni:

    Non ho ritenuto che i nodi politici fossero sciolti.

    A chi potrebbe giovare il taglio del nodo?

    Convocata una riunione di chiarimento nel pomeriggio. I tempi stretti sono necessari a sciogliere, qualora sia possibile, l’ingarbugliata situazione che si è venuta a creare in campo coi recenti pentagiochi politici.

    I primi ministri arrivano alla spicciolata . Altri, seguiti dal solito codazzo tronfio e impettito . Preferito il completo blu... Sul limitare del Palazzo c’è ressa, grida e pigia pigia di giornalisti, che si sbracciano per raccattare dalle labbra dei ministri qualsiasi parola: pure smozzicata, reticente, nulladicente, infarcita di arzigogoli, nonché quelle apposta cifrate, e cotte al punto giusto, per essere ammannite ai destinatari tramite gli inconsapevoli cronisti...

    A sorrisi straniti seguono gesti ammiccanti, obliqui. Un ministro scalpita, insofferente. Altri dispensa la dose di quotidiana ironia. Beccate, artigliate, strette di mano.

    Sapete: la moglie del ministro, a pranzo, ha avuto un’indigestione. Ma pur così duramente colpito negli affetti, egli è qui con noi...

    CLAP CLAP CLAP CLAP CLAP

    Il gigantesco tavolo bislungo è ingombro di carte, tomi, fascicoli, libelli inquisiti, opuscoletti di propaganda, quotidiani a mazzette eccetera, il tutto ordinato a pile a guisa di para­retti e trincee. Attorno al tavolo balenano flash, si fa sfoggio di stucchevole cortesia, si lanciano colorati aerei di carta, si odono pissi pissi discreti, qui e là smorfiette leziose e sorrisetti seducenti vanno alla ricerca affannosa di una telecamera, con riserbo.

    Che tempo si prevede?

    È pretenzioso dirlo, ora come ora, chiusi in una stanza.

    Lasciateci lavorare in pace è infine l’esortazione più ricorrente alle numerose e apprensive domande dei cronisti.

    Pss! Pss! Signori, siete pregati di uscire.

    I battenti si richiudono alle spalle dei giornalisti.

    glu glu glu glu glu

    È fresca! È minerale?

    Sì, minerale naturale.

    Un attimo, prego: è minerale o naturale?

    "Mi scusi, eccellenza, ma così non facciamo affatto ridere. È uno sket ­ch già trasmesso alla tv."

    Ah! Beh, dicevo tanto per dire nell’attesa di... vada!

    Grazie.

    "Organizzare una corsa pro bono pacis sui banchi dell’Aula?"

    In fondo, evase le questioni urgenti, si potrebbero scegliere già in questa sede, in linea di principio, s’intende, i probabili campioni.

    Scusate, onorevoli colleghi, ma l’unica cosa che non si può divisare a tavolino, costituzionalmente, sono le staffette. Il Presidente dei giochi...

    Suvvia, gente, non siate sciocchi. I tempi cambiano col gioco e al gioco seguono le regole. È sempre stato così. Non c’è da scandalizzarsi. È ora di rispettare il gioco delle regole e non viceversa ... Ecco: sperimentare per riformare!

    Il prezzo pagato varrà la spesa?

    Ma quante volte te lo devo ripetere che il panino lo voglio farcito con la mortadella! Salame! Falla finita con codesto prosciutto cotto. Il crudo? Ma no, no!, mi fa bere molta acqua.

    Che ne dite di un calzone a testa? propone il Capitano, inferendo tra sé: «Lo so, certo, è una cena magra, ma presto mi rifarò prima col pesce spada siciliano e poi...».

    Allo scoccare della ventesima ora, la navigazione inizia a farsi difficile, incerta. La guerriglia psicologica dei porta­tori d’acqua sta avvelenando gli umori della riunione-fiume.

    Alcune proposte di pace cadono subito in balìa dei mulinelli che qua e là affiorano dall’agitato consesso. In uno stato di quasi totale prostrazione, i disputanti continuano imperterriti a tirare la corda della contesa, che, sul filo della ventisettesima ora, risica per davvero di spezzarsi.

    Occhio allo sciacquo­ne. Coltelli tra i denti.

    Basta! Non ho proprio voglia d’ingoiare un altro rospo.

    In ballo c’è anche il congresso picciano. E i garofoniani, con lo scoperto fine d’innervosire i big dicciani, ammiccano e strizzano l’occhio ai quei congressisti che sanno essere dei ballerini.

    Salta sul tavolo il folletto verifica.

    Si temono imboscate sulla fronte, e la testa di guida ne potrebbe risentire.

    Ciò nonostante, si avverte che qualora mettessero le mani in pasta, non ne uscirebbero, se non dopo un ampio rimpasto…

    Si preannuncia una politica dei forni. Difatti un accordo di massima pare stia prendendo piede e incomincia a farsi avanti sul piano della trattativa. I dettagli sono strascinati, eppur si muovono...

    Però, dopo la trentesima ora di combattuta e sofferta contrattazione, ecco che la riunione-fiume s’infossa in una rinnovata tregua lacustre (apparente, commentano gli inviati speciali sporti sulla riva; di cartapesta, mormorano i cronisti diurnali).

    Le briciole della Grande Riforma sono state infine individuate sotto il tavolo bislungo. Corre voce che sia allo studio la forma del pane primevo.

    Da alcune parti delle vocine sussurrano la possibilità di un’intesa, il cui obiettivo sarebbe l’abolizione dell’odiato voto se­greto, definito da più canti: un’istituzione obsoleta, perché il Belpaese è ormai una democrazia svezzata e matura per una diffusa trasparenza.

    Appesa è nondimeno ancora la spesa. Saprà resistere alle intemperie? I maligni propalano che non durerà a lungo senza l’ausilio di uno sgabello su cui poggiare di quando in quando i piedini dorati.

    Rimbeccano dal fronte economico i paladini pentalleati:

    Sì, forse ci sarà bisogno altresì dello sgabello, ma non dimenticate che fino all’altro ieri vi era un robusto cavalletto.

    Leggi fiscali, ordinarie, speciali, decreti eco-micro­-macro-logici sono al vaglio degli esperti. Tutti già sanno tutto e nel noioso frattempo i consiglieri aspettano trepidi e pronti a consigliare ... Procrastinato è pure il confronto nella maggioran­za sulle tematiche inerenti alla corrente politica.

    A ogni giorno basta la sua improv­visazione. E tutto lascia prevedere che il tiro e molla, giocato con corda tenace, si chiuderà probabilmente alla fine del mese, seguito subito poi da un allegro miniballetto di sottosegretari e ministri paludati stile impero, alla presenza degli onorevoli tutti.

    5. Tutti in fila

    Scontro fra sconto e interesse.

    Ai signori della tangente non vogliamo fare sconti.

    Sta per aprirsi una nuova guerra dei tassi.

    La tangentologia sta costruendo la sintassi di un nuovo discorso.

    Non serve più mascherare il gioco, conviene giocare in maschera.

    Sconcerto nel mondo degli atleti, perché l’eliminazione delle collaudate combine, pone ora l’incognita dell’abito. Chi sarà lo stilista prescelto per assolvere il delicato compito? Una girandola di nomi… Finora è solo fuoco di sillabe sparate in aria. Presto, si dice, verranno al sodo...

    Lodo lo spirito sportivo della finanza ispirata…

    Dolo, se c’è stato, sarà punito dal giudice…

    In fondo all’ombroso viale non c’è da star poi tanto male. Basta prestare attenzione agli spigoli puntuti: non si sa mai. La punta punge e la stilla rossa schizza e macchia. Inutile gridare poi: «Scappa macchia!» E inoltre, sarà arduo smentire con candore, incolpare il caso, gli incalliti proditori, tentare di giurare sulla coscienza del nonno mazziniano. Beh, pazienza! Occhio, però, e mi raccomando, fate piano…

    La nave va. Ma si è rischiato però di mettere a repentaglio la stabilità del barco col tirare insistentemente il Capitano per la giacca.

    Nella tarda mattinata, una monumentale scultura marmorea effigiante il pentapartito viene introdotta a fatica nell’Aula.

    A tale vista, subito il sangue schizza agli occhi delle coorti picciane, che armate di martello si slanciano all’attacco dell’inossidabile monolito. Un lavorio furioso impegna l’avanguardia dei sondatori, seguiti da pattuglie di demolitori, che, colpendo duro, riesco­no a incrinare l’equilibrio interno del gruppo marmoreo.

    Un manipolo di guastatori, accecati dallo sdegno, demolisce per errore pure le toilette stile art noveau, mandando in frantumi mesi di progetti, anni di lavoro in corso e almeno settecento milioni di lire... [Alcuni nostal­gici rimpiangono gli antichi e indistruttibili vespasiani.]

    Più tardi, rabbonita la collerica turba rossa, gli aggiustatori della Camera racconciano il gruppo marmoreo effigiante il pentapartito con l’ausilio di uno scatolone di Attak. La scultura è rimessa in piedi e, quantunque l’ottimo maquillage, ancora s’intravedono i segni delle rotture interne.

    Allo scadere della giornata politica, su un piano strettamente tattico, sia i dicciani sia i garo­foniani hanno cercato di ballare il walzer della candela coi picciani. All’improvviso si è però rabbuiata la sala e ambedue i pretendenti hanno tentato di mettersi in luce: manovra alquanto comprensibile.

    Voci maligne sussurrano che il Capitano impugni la manizza negli anni definiti: " Vacche grasse".

    Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere buccinano i sostenitori del grande Timoniere.

    Uno di questi, incalzato e spronato dalle domande a spillo dei cronisti, si sbottona solo il collare in un’improvvisata miniconferenza stampa:

    "... dei fantasmi lo turbano. In cuor suo il Capitano spera d’indovinare al più presto l’e­nigma di un ricorrente sogno: « Il cinque divora il pingue?» E fintanto che non risponde, teme che le misteriose voci che lo interrogano nel sogno seguiteranno a inquietarlo durante la notte..."

    Can che abbaia non morde, ma disturba oltre misura!

    È l’assennato messaggio rivolto al Belpaese dal perspicace dicciano Ta Mi: sintesi sublime di una tormentata quanto acuta riflessione politica.

    Certo, piantar zizzania nel campo, non aiuta il grano a crescere. E senza grano, non c’è farina: né forni né pane di comunione e d’intesa.

    La verifica sogghigna e si allontana.

    Si celebra un’altra cerimonia alla presenza di un folto pubblico di politici unti e compunti. Gli accoliti incensano il simulacro di un gover­no risorto a Pasqua... Il Natale è ancora lontano, ma non si dispera.

    Questo passa il convento, signore e signori, se però farete i bravi, alla prossima stazione, il pieno.

    Strada facendo il clima s’arroventa e la turba non s’accontenta.

    Oramai non sono più delle semplici punzecchiature di tafano, d’assillo, di spillo, ma piuttosto veri e propri siluri contro la pentalleanza. E finalmente si preannuncia così, su tutti i fronti, un vero conflitto: duro e puro.

    Sono appena trascorse tre ore e venticinque minuti di straziante attesa, allorquando la folla ormai impaziente, stipata sui gradi­ni gelidi del campo, risponde con terrificante boato alla voce che annuncia l’inizio dei giochi.

    Le tifoserie antagoniste si lanciano occhiatacce truculente. A un tratto, la molti­tudine ululante è scossa da frustate elettrizzanti, e accoglie con grida le aggressive squadre politiche, che entrano nell’arena armate fino ai denti.

    Dagli sguardi torvi e spietati saettano baleni di fuoco. I campioni levano le mani al cielo, bramose di dar battaglia, e salutano la calca vociferante dei tifosi. Un fischio dà il via allo scontro politichese. Infuria il combattimento, spietato, cruento: si vedono spiccare grossi testoni in carica, recisioni nette di gambe in carriera, profusione di schioppettate alla schiena. E mentre qui e là si levano folate di zolfo, dall’alto piovono spruzzatine d’acqua lustrale. A centro campo duelli violentissimi: sciabolate, fendenti, stoccate, impennate, affondi, feroci lanci di palle ripiene di piombo, lotti, scappellotti, coltellate … spettacolo che sollazza le tifoserie in delirio, avidi di carni dilacerate ...

    Ma l’odore di sangue che impregna l’arena prende a salire fino al cielo ... Ed ecco, come per un magico comando, discende sul campo di battaglia una caligine den­sissima, che offusca la visuale agli spettatori, impedendo subito poi la prosecuzione della violentissima tenzone…

    Le tifoserie, d’ogni colore e grida, indispettite dall’inattesa e anticipata conclusione dei giochi politichesi, fanno ressa al botteghino, protestano ed esigono il rimborso del biglietto, ricevendo siffatta risposta ufficiale:

    "Vedremo s’è questo il caso… In ogni caso, in caso di forza maggiore,

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