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Piccole donne crescono
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E-book355 pagine7 ore

Piccole donne crescono

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Info su questo ebook

Sono passati tre anni nella vita della famiglia March, la grande guerra di Secessione è finita e le Piccole Donne sono cresciute: Meg, Jo, Amy e Beth affrontano le alterne vicissitudini di cui è costellata la vita con tenacia e determinazione, non senza qualche cedimento, e vedono realizzarsi i loro sogni facendosi sempre coraggio l’un l’altra. Radicate a saldi principi morali, sostenute da un grande sentimento religioso, da un profondo senso di dignità e dalla fede nel lavoro, le quattro sorelle affrontano le difficoltà e le gioie che la vita mette loro davanti. Il “sequel” dell’amatissimo "Piccole Donne" appassiona, coinvolge e incoraggia l’ascoltatore dalla prima all’ultima parola.
LinguaItaliano
Data di uscita8 ago 2020
ISBN9788831372145
Autore

Louisa May Alcott

Louisa May Alcott (1832-1888) was an American novelist, poet, and short story writer. Born in Philadelphia to a family of transcendentalists—her parents were friends with Ralph Waldo Emerson, Nathaniel Hawthorne, and Henry David Thoreau—Alcott was raised in Massachusetts. She worked from a young age as a teacher, seamstress, and domestic worker in order to alleviate her family’s difficult financial situation. These experiences helped to guide her as a professional writer, just as her family’s background in education reform, social work, and abolition—their home was a safe house for escaped slaves on the Underground Railroad—aided her development as an early feminist and staunch abolitionist. Her career began as a writer for the Atlantic Monthly in 1860, took a brief pause while she served as a nurse in a Georgetown Hospital for wounded Union soldiers during the Civil War, and truly flourished with the 1868 and 1869 publications of parts one and two of Little Women. The first installment of her acclaimed and immensely popular “March Family Saga” has since become a classic of American literature and has been adapted countless times for the theater, film, and television. Alcott was a prolific writer throughout her lifetime, with dozens of novels, short stories, and novelettes published under her name, as the pseudonym A.M. Barnard, and anonymously.

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    Anteprima del libro

    Piccole donne crescono - Louisa May Alcott

    parola.

    I.

    Un po’ di chiacchiere

    Prima di riprendere il filo della nostra storia, sarà meglio fare due chiacchiere sulla famiglia March. Se un lettore adulto avesse mai la sensazione che nella mia storia ci sia troppo amore (perché non credo proprio che una simile obiezione mi possa arrivare da un giovane), posso semplicemente rispondere utilizzando le parole della signora March: Cosa ci si può aspettare, secondo voi, quando in casa vivono quattro ragazze piene di allegria e vicino a loro vive un giovanotto brillante e pieno di vita?

    In questi ultimi tre anni non ci sono stati grandi cambiamenti nella tranquilla famiglia March. La guerra è finita e il signor March è tornato a casa, ed è sempre molto occupato con i suoi libri, oltre che con la parrocchia, della quale è tornato ad essere il buon pastore di sempre. È sempre stato un tipo tranquillo, studioso, ricco di quella saggezza che vale molto più di qualunque dottrina, sempre pieno di quello spirito compassionevole che ci porta a considerare ogni uomo come un fratello, e di quella pietà che ispira sentimenti di amore e rispetto.

    La sua povertà e la sua totale onestà gli precludevano di certo i successi più mondani, ma attiravano a lui molte persone importanti, allo stesso modo in cui il dolce nettare dei fiori attira le api laboriose: lui si limitava semplicemente ad offrir loro quel miele in cui, nonostante i cinquant’anni di dure esperienze di vita, non era mai caduta una goccia amara. In quell’uomo sapiente dai capelli grigi, i giovani col cuore focoso e passionale trovavano un cuore altrettanto focoso e passionale; le donne angosciate o in affanno gli confidavano istintivamente le loro tristezze e i loro dubbi, sicure di ricevere la sua dolce comprensione e dei saggi consigli; i peccatori confidavano a quell’uomo dal cuore puro i loro sbagli e nei rimproveri che ricevevano, trovavano sempre una via di salvezza; gli uomini di talento trovavano in lui un degno compagno; gli ambiziosi trovavano in lui più ampie ed elevate ambizioni e le persone frivole erano costrette ad ammettere che le sue opinioni erano grandi e vere anche se rendevano poco.

    A chi non conosceva la famiglia March poteva sembrare che fossero le cinque donne, sempre tanto laboriose, a mandare avanti la casa, e per molte cose, in effetti, era così; ma ad uno sguardo più attento, si capiva che era quell’uomo tranquillo, sempre assorto nei suoi libri, il vero ispiratore della famiglia, ne era la coscienza, l’àncora e il conforto per tutti: nei momenti di preoccupazione e di dubbio, le cinque donne si rivolgevano a lui, perché in lui trovavano un marito ed un padre nel senso più profondo ed elevato del termine.

    Se le figlie affidavano alla madre le preoccupazioni del loro cuore, era invece al padre che affidavano la loro anima. Il loro amore e il rispetto per i genitori, che vivevano a lavoravano per le figlie, cresceva di giorno in giorno rendendo quel legame sempre più forte e duraturo, in grado di continuare oltre la morte.

    Benché i suoi capelli siano diventati un po’ più grigi, la signora March è sempre allegra e vivace ed è talmente presa dai preparativi per le nozze di Meg, da trascurare gli ospedali e le case ancora pieni di soldati feriti che sentono molto la mancanza di quella premurosa e materna visitatrice.

    John Brooke, che per un anno ha compiuto coraggiosamente il suo dovere in guerra, era stato ferito e congedato. Non ebbe nessun riconoscimento né medaglie al valore, ma le avrebbe sicuramente meritate per il coraggio con cui aveva rischiato tutto ciò che possedeva: vita e amore, che quando fioriscono sono i doni più preziosi in assoluto. Rassegnato al congedo, si dedicò al suo completo recupero e cercò poi un impiego per procurare, col suo lavoro, una casa per Meg. Il suo spirito indipendente ed il suo buon senso, gli fecero rifiutare le generose proposte lavorative del signor Laurence per impiegarsi in un onesto lavoro di aiuto contabile, soddisfatto di guadagnarsi un tranquillo stipendio.

    Nel frattempo, Meg era cresciuta, si era fatta più esperta nell’arte di governare una casa, ed era diventata più graziosa che mai, perché l’amore rende belli. In cuor suo aveva delle ambizioni e delle aspirazioni fanciullesche ma il pensiero di iniziare la sua vita fuori casa in maniera così umile la rattristava un poco. La sua amica Sallie Gardiner si era da tempo sposata con Ned Moffat e Meg non poteva non fare il confronto tra la loro casa principesca, i regali ricevuti, lo splendido corredo di Sallie con quanto avrebbe avuto lei sposandosi: in cuor suo avrebbe voluto possedere le stesse belle cose di Sallie. Fortunatamente per lei, l’invidia e l’insoddisfazione lasciavano presto il suo cuore, non appena pensava all’amore e all’impegno con cui John stava preparando la piccola casa che li avrebbe ospitati; e quando al tramonto i due innamorati parlavano dei loro tanti piccoli progetti, ecco che l’avvenire si presentava a Meg talmente bello e luminoso da farle dimenticare in un attimo gli splendori di Sallie, facendola sentire la ragazza più felice e ricca della terra.

    Jo non tornò più a lavorare dalla zia March perché l’anziana signora aveva simpatizzato così tanto con Amy, da offrirle in cambio del suo lavoro, qualche lezione d’arte con uno dei migliori Maestri; di fronte a una tale offerta Amy avrebbe obbedito a qualsiasi ordine! E così al mattino si dedicava al lavoro e nel pomeriggio ai suoi divertimenti e stava benissimo. Jo, in quel periodo, si dedicava completamente alla letteratura e alla fragile Beth che era rimasta molto debole, nonostante la malattia fosse ormai un ricordo lontano. Non che fosse inferma, ma non tornò più ad essere la creatura fiorente di un tempo; nonostante ciò era sempre serena, positiva, tranquilla, occupata nei suoi lavori casalinghi che affrontava con serenità, amica di tutti: era l’angelo della casa ancor prima che le persone che l’amavano se ne rendessero conto.

    Finché il giornale L’Aquila continuò a pagare un dollaro a colonna per le sciocchezze che scriveva – così le definiva – Jo si sentiva piena di risorse e continuò scrupolosamente a scrivere i suoi racconti. Ma nel suo cervello sveglio e nella sua mente ambiziosa stavano crescendo dei grandi progetti e nella vecchia cucina di stagno aumentavano lentamente i manoscritti macchiati d’inchiostro e pieni di cancellature che in un futuro lontano avrebbero innalzato alla gloria il nome dei March.

    Laurie, che aveva seguito i consigli del nonno, ora frequentava l’Università e cercava di trascorrere nel miglior modo possibile quel periodo dedicato agli studi. Benvoluto da tutti grazie alle sue risorse, ai suoi modi, al suo talento e alla sua bontà che finiva sempre per cacciarlo nei pasticci nel tentativo di aiutare gli altri, avrebbe probabilmente finito per rovinarsi, come prima di lui avevano fatto tanti ragazzi in gamba, se non avesse posseduto un potente talismano che lo proteggeva dal male e cioè il caro ricordo di un anziano signore che pregava per la sua riuscita, un’amica materna che vegliava su di lui come su di un figlio e il pensiero di quattro giovani amiche che lo amavano, lo stimavano e credevano fermamente in lui.

    Ovviamente, essendo giovane, amava divertirsi, faceva la corte alle ragazze, si dava arie da dongiovanni, da romantico o da sportivo a seconda delle mode e dei momenti; era scherzoso e burlone con gli amici e spesso era anche lui bersaglio di scherzi, parlava in gergo e più di una volta fu sul punto di essere sospeso o addirittura espulso dalla facoltà. Ma poiché i suoi scherzi erano causati semplicemente dall’esuberanza e dalla voglia di divertirsi, riusciva sempre a salvarsi grazie alla sua sincerità, al suo onorevole pentimento e a quel formidabile potere di persuasione che lo caratterizzava. Poi, nei racconti che faceva alle quattro ragazze, si divertiva a farle rabbrividire, vantandosi di essersi salvato per un soffio e facendo loro i resoconti dei suoi trionfi su precettori furibondi e grandi professoroni. Agli occhi delle quattro ragazze i suoi amici erano dei veri e propri eroi e non erano mai stanche di ascoltare i racconti delle loro gesta e quando Laurie li invitava a casa sua, alle ragazze era concesso di scaldarsi ai sorrisi di quelle straordinarie creature.

    Amy più delle altre godeva di questo alto onore fino a divenire la loro bella e così, Sua Signoria, imparò molto presto ad usare il fascino di cui era dotata. Meg era troppo innamorata del suo John per interessarsi ad altri uomini mentre Beth, con la sua timidezza, si limitava a sbirciare da lontano, meravigliandosi di come Amy dava ordini ai ragazzi facendoli trottare da una parte all’altra; Jo, invece, in mezzo ai ragazzi, era proprio nel suo elemento naturale e faticava a non imitare il loro modo di parlare e di muoversi sentendosi molto più a suo agio con loro con non tra le riservate e compite signorine. I ragazzi si affezionavano moltissimo a Jo ma nessuno se ne innamorava, mentre più di un sospiro amoroso era rivolto ad Amy. Ma se parliamo d’amore ecco che dobbiamo parlare del Nido.

    Era questo il nome che Laurie aveva dato alla casetta che il signor Brooke stava preparando per accogliere Meg: diceva che quel nome era perfetto per i due innamorati che procedevano tubando come due tortorelle. Era una casa piccolissima col giardinetto dietro e davanti aveva un praticello dove Meg avrebbe voluto mettere una piccola fontana, un piccolo boschetto e tanti fiori profumati. Per il momento, però, la fontana consisteva in un vaso un po’ sbeccato, il boschetto era un gruppetto di giovani salici, indecisi se continuare a vivere o a morire e i fiori erano solo dei bastoncini piantati a terra ad indicare il luogo della semina. Ma la casa era molto graziosa e, dal solaio alla cantina, la giovane moglie non ebbe nulla da ridire. In effetti il salotto era talmente piccolo che per fortuna non avevano il pianoforte perché non ci sarebbe neanche entrato e in sala da pranzo potevano a malapena entrare sei persone strette strette; gli scalini della cucina, poi, sembravano fatti apposta per far precipitare in un sol mucchio cameriera e servizio di porcellana direttamente giù nel ripostiglio del carbone. Ma in fin dei conti si trattava solo di abituarsi a questi piccoli inconvenienti e non c’era niente da criticare perché la casa era stata arredata con tanto buon gusto e il risultato era assolutamente apprezzabile. Niente tavolini di marmo, niente specchi fino al soffitto o tende di pizzo nel salottino: solo qualche semplice mobile, tanti libri, due o tre quadri alle pareti e una bella pianta fiorita nel vano della finestra; qua e là, poi, erano sistemati i regali degli amici, resi ancor più cari dall’affetto che li aveva ispirati.

    E non pensate che la Psiche di marmo, che era uno dei regali di Laurie, fosse meno bella perché appoggiata su una mensola costruita da Brooke; o che un provetto tappezziere avrebbe saputo fare meglio con le modeste tende di mussola che Amy aveva drappeggiato col suo estro artistico; o che un guardaroba avrebbe potuto contenere più speranze e buoni auspici di quanti Jo e la madre misero nei cassetti e negli scatoloni, insieme ai fazzoletti di Meg. Posso assicurarvi che la cucina, nuova di zecca, non avrebbe potuto esser più bella se Hannah non avesse provato e riprovato, per una dozzina di volte, la sistemazione di tutte le pentole e casseruole e preparato persino il fuoco per il momento in cui la signora Brooke avrebbe fatto il suo ingresso nella nuova casa. E poi dubito che nessuna giovane moglie avrebbe mai iniziato la sua nuova vita con una provvista più abbondante di cenci, presine, straccetti per le pulizie perché Beth ne aveva fatti così tanti da bastare fino al giorno delle nozze d’argento e aveva persino inventato tre differenti tipi di strofinacci per il servizio di porcellana! La gente che compra queste cose già fatte, non immagina neanche lontanamente cosa si perde: gli oggetti, anche se umili, preparati dalle mani di una persona affezionata conservano, infatti, una bellezza tutta particolare e Meg ne aveva continue prove poiché ogni cosa nel suo piccolo nido, dal mattarello al vaso d’argento sul tavolo del salotto erano la dimostrazione dell’affetto dei suoi cari.

    E quanti momenti felici quando insieme progettavano il loro futuro o gli acquisti ufficiali nei negozi; quanti errori divertenti e che risate si facevano per i buffi regali di Laurie. Il giovane gentiluomo, col suo amore per gli scherzi, anche se studente universitario, era più che mai un ragazzo. Il suo ultimo capriccio era quello di portare ad ogni visita settimanale, un oggetto nuovo utile o bizzarro alla giovane casalinga. Prima fu una borsa di mollette per il bucato, poi una grattugia per la noce moscata che andò in pezzi al primo utilizzo, poi un pulitore di coltelli che rovinò tutti i coltelli; seguirono un congegno per spazzare che lasciava la spazzatura e portava via i tappeti, un sapone fantastico che risparmiava lavoro ma toglieva la pelle delle mani, un cemento infallibile ad incollare le dita dello sventurato che lo utilizzava e ogni tipo di carabattole di latta da un salvadanaio alla caldaia a vapore che minacciava di esplodere in ogni momento.

    Invano Meg lo pregò di fermarsi. John rideva di lui e Jo lo chiamava Mister Bazar. Laurie si era fissato di incoraggiare l’ingegno degli inventori americani e di vedere i suoi amici ben forniti di ogni comodità. E così ogni settimana si presentava al nido con queste stravaganti e assurde invenzioni!

    Alla fine, fu tutto pronto. Amy aveva persino abbinato il colore delle saponette alle diverse stanze e Beth aveva apparecchiato la tavola per il loro primo pasto nel nido.

    «Sei contenta, la senti come casa tua?» chiese la signora March mentre passeggiava a braccetto della figlia «Credi che sarai felice qui?» e si stringevano l’una all’altra con ancor più tenerezza.

    «Sì, mamma, sono felicissima e vi ringrazio tantissimo! Sono così felice che non riesco quasi a parlare!» rispose Meg con uno sguardo che valeva più di tutte le parole.

    «Se solo avesse una o due cameriere al suo servizio, tutto sarebbe perfetto» aggiunse Amy dalla porta del salotto dove stava decidendo se il Mercurio di bronzo stesse meglio sul coso o sulla mensola del caminetto.

    «Io e la mamma ne abbiamo già discusso e ho deciso di seguire il suo consiglio, almeno per ora» rispose Meg con tranquillità «Ci sarà ben poco da fare qui e con l’aiuto che mi darà Lotty per le commissioni, il mio lavoro sarà appena sufficiente per non impigrirmi o soffrire la nostalgia di casa»

    «Sallie Moffat ha quattro cameriere» continuò Amy.

    «Se Meg avesse quattro cameriere, la casa non basterebbe e i signori Brooke dovrebbero accamparsi in giardino!» interruppe Jo che, nel suo grembiulone azzurro, stava dando l’ultima lucidata alle maniglie.

    «Sallie ha sposato un uomo ricco» rispose la madre «E ha la servitù necessaria per mandare avanti quella grande casa. Meg e John cominciano la loro vita modestamente, ma ho l’impressione che in questa piccola casa non ci sarà meno felicità che in quel palazzo. È un grave errore, per le ragazze come Meg, non aver nient’altro da fare che pensare ai vestiti, a dare ordini e a spettegolare. Quando mi sposai, non vedevo l’ora che i miei vestiti si strappassero, per poterli ricucire: ero stufa dei soliti lavoretti di ricamo o di pensare solo ai fazzoletti da naso.»

    «Ma allora perché non andavi in cucina a pasticciare come fa Sallie per divertirsi un po’ (anche se quei pasticci non le riescono un gran ché e le cuoche ridono di lei)» chiese Meg.

    «L’ho fatto per un po’ di tempo; ma più che pasticciare, andavo ad imparare da Hannah come si cucina, in modo che le cameriere non potessero ridere di me. Allora era un gioco, ma poi fui molto contenta di aver fatto quell’esperienza, perché ho imparato a cucinare cibi sani per le mie bambine, e me la cavavo benissimo anche da sola quando non avevamo più persone di servizio. Meg, tu cara, cominci dall’estremo opposto, ma tutto quello che imparerai ora, ti servirà anche quando John diventerà più ricco, quando avrete una grande casa e molti domestici e saprai come deve essere fatto il lavoro: potrai farti servire bene e onestamente.»

    «Certo mamma, ne sono convinta» rispose Meg dopo aver ascoltato con rispetto la breve predica. «Sapete che questa è la camera che preferisco, nella mia casetta da bambola?» erano salite al piano di sopra mentre parlavano e Meg indicava il piccolo guardaroba.

    Beth era lì, occupata a sistemare con cura sugli scaffali, montagne di candida biancheria, ed era molto soddisfatta del suo lavoro. Alle parole di Meg, risero insieme, perché quella biancheria aveva una storia buffa. Avendo detto che se avesse sposato quel Brooke Meg non avrebbe avuto un centesimo da lei, la zia March, una volta deciso il matrimonio, si trovò nei pasticci. Il tempo aveva calmato la sua rabbia e si era pentita di quanto detto riguardo il regalo da fare alla nipote. Non aveva mai mancato alla parola data e si tormentava cercando il modo di raggirare la sua promessa, finché non trovò un compromesso che avrebbe potuto soddisfarla. Diede ordine alla zia Carrol, la madre di Florence, di confezionare un abbondante corredo nuziale, comprese le tovaglie di lino e fece recapitare il regalo agli sposi senza il suo nome; ma il segreto trapelò e si divertirono tutti moltissimo perché la zia March fece finta di essere all’oscuro di tutto insistendo che non poteva regalare altro che la vecchia collana di perle, promessa da tempo alla prima sposa della famiglia March.

    «È un gusto casalingo che mi piace molto. Quando ero giovane avevo un’amica che si sposò con sole sei lenzuola, ma aveva tante coppette lavadita e ne andava molto orgogliosa» disse la signora March carezzando le raffinate tovaglie damascate e apprezzandone la finezza.

    «Io non ne ho nemmeno una di coppette lavadita ma questo corredo mi durerà tutta la vita, come dice Hannah» aggiunse Meg soddisfatta.

    «Mr Bazar sta arrivando!» gridò Jo dal piano di sotto e scesero tutte per accogliere Laurie, la cui visita settimanale era comunque un avvenimento importante nella loro tranquilla esistenza.

    Quello che si stava avvicinando a casa, a grandi passi, era un ragazzo alto, dalle spalle larghe, con un cappello di feltro sui capelli cortissimi e un cappotto svolazzante. Invece di aprire il cancello, saltò la siepe e si avvicinò a braccia aperte alla signora March: «Eccomi mamma! Tutto bene!»

    Le ultime parole rispondevano allo sguardo che la signora March gli aveva lanciato, uno sguardo dolce e interrogativo che gli occhi del ragazzo affrontarono con franchezza tanto che la breve cerimonia del saluto si concluse come al solito, con un bacio materno.

    «Questo è per la signora John Brooke con i complimenti e le congratulazioni di chi l’ha fabbricato. Dio ti benedica Beth! Che spettacolo rinfrescanti che offri Jo! E tu Amy troppa bellezza in una ragazza sola!».

    Mentre salutava, Laurie porse a Meg un pacchettino scuro, tirò il nastro dei capelli di Beth, fissò il grembiulone di Jo, finse uno svenimento ai piedi di Amy poi strinse le mani a tutte loro e cominciarono a parlare.

    «Dov’è John?» chiese Meg ansiosa.

    «Si è fermato a prendere la licenza per la cerimonia di domani, signora!»

    Jo che, nonostante i suoi diciannove anni, continuava ad interessarsi agli sport maschili gli chiese: «Teddy, l’ultima partita che squadra l’ha vinta?»

    «La nostra, naturalmente! Quanto avrei voluto che tu ci fossi…»

    «E la deliziosa signorina Randall come sta?» domandò Amy con un’espressione maliziosa.

    «È più crudele che mai: non vedi, non vedi come mi ha ridotto?» e Laurie, con un sospiro melodrammatico, si percosse il petto.

    Intanto Beth occhieggiava curiosa il pacchetto dalla forma un po’ strana che aveva portato Laurie «Qual è l’ultimo scherzo che hai portato? Meg, apri il pacchetto!»

    «È una cosa utilissima da avere a portata di mano, in caso di incendio o di furto» spiegò Laurie mentre dal pacchetto usciva, tra le risate delle ragazze, una piccola raganella di legno, un giocattolo per bambini che, rotolando, produce un rumore terribile.

    «Meg, quando John sarà lontano, se tu avrai paura, puoi farlo girare fuori dalla finestra e in un batter d’occhio sveglierai tutto il vicinato. Carino vero?» e Laurie cominciò a suonare la raganella costringendo le ragazze a tapparsi le orecchie.

    «Ah, bella riconoscenza la vostra! E… a proposito di riconoscenza, dovete ringraziare Hannah per aver salvato la torta nuziale. Mentre venivo qui, l’ho vista e se Hannah non l’avesse difesa coraggiosamente, l’avrei assaggiata molto volentieri perché aveva un aspetto davvero invitante!»

    «Oh Laurie mi chiedo se diventerai mai grande!» osservò Meg con l’aria della donna matura.

    «Bè, signora, sto facendo del mio meglio, ma temo che non guadagnerò molto in altezza perché un metro e ottanta credo sia già il massimo per un uomo, in questi tempi degenerati!» rispose il ragazzo che sfiorava il lampadario con la testa «E poi credo che mangiare in questa casetta nuova di zecca sarebbe come profanarla quindi, visto che sono molto affamato, propongo di aggiornarci ad altro momento.»

    «Io e la mamma aspettiamo John: ci sono ancora delle cosette da sistemare» disse Meg.

    «Io e Beth, invece, andiamo da Kitty Bryant a prendere degli altri fiori per domani» disse Amy sistemando sui suoi bei riccioli un cappellino molto grazioso e rallegrandosi per l’effetto.

    «Jo, ti prego, accompagnami; mi sento così debole che non arriverei a casa senza il tuo aiuto. E comunque non toglierti il grembiule, che ti sta benissimo!» disse Laurie; e Jo gli offrì il braccio per sostenere i suoi deboli passi.

    «Ora Teddy, parliamo seriamente di domani!» cominciò Jo mentre si incamminavano insieme «Promettimi di comportarti bene, di non combinare uno dei tuoi soliti scherzi e di non rovinare i nostri progetti.»

    «Nessuno scherzo.»

    «E non dirai cose buffe quando dovremo rimanere seri?»

    «Ma non lo faccio mai: sei tu che dici cose buffe!»

    «E ti prego, Teddy, evita di guardarmi durante la cerimonia perché scoppierei di sicuro a ridere.»

    «Neanche mi vedrai domani; sarai così commossa che le lacrime non ti faranno vedere niente!»

    «Ma io non piango mai, tranne per qualche grande dolore!»

    «Come quello di salutare un vecchio amico che parte per l’università, vero?» e Laurie fece una risata piena di sottintesi.

    «Non fare il pavone! Ho pianto un pochetto, solo per far compagnia alle ragazze!»

    «Giusto! Senti Jo, com’è stato il nonno questa settimana? È stato di buon umore?»

    «Ah ah! Sei nei pasticci e vuoi sapere come la prenderà!» esclamò Jo in tono severo.

    «Ma senti un po’, Jo: credi che avrei avuto il coraggio di guardare tua madre negli occhi mentre le rispondevo tutto bene, se così non fosse?» e Laurie si bloccò su due piedi con l’aria offesa.

    «Beh… non credo.»

    «Allora non fare la sospettosa… ho soltanto bisogno di un po’ di soldi» disse Laurie tranquillizzato dalla risposta sincera di Jo.

    «Ma spendi un mucchio di soldi, Teddy!»

    «Ma benedetta fanciulla, non sono io che li spendo, sono loro che spariscono così, prima che me ne renda conto!»

    «Sei troppo generoso, non puoi prestare soldi a tutti, devi imparare a dire di no, qualche volta! Abbiamo saputo di Henshaw e di quello che hai fatto per lui. Certo che se spendi i tuoi soldi in questo modo, nessuno può criticarti!» disse Jo in tono accorato.

    «Oh, è stato lui a ingigantire la cosa: del resto potevo lasciare quel ragazzo, che vale una dozzina di volte più di noi, ad ammazzarsi di lavoro quando con un piccolo aiuto potevo fare la differenza?»

    «No, certo che no! Ma non capisco la necessità di avere diciassette gilet, cravatte a non finire e un cappello nuovo ogni volta che torni. Credevo fossi stanco di fare il damerino e invece no! Ora per esempio va di moda essere brutti: tagliare i capelli a spazzola, portare giacchette strette, guanti arancioni e scarpe dalla punta quadrata. Se fosse un orrore a buon mercato, pazienza, non direi niente, ma queste cose costano come le altre e non ci trovo niente di bello!»

    Laurie esplose in una risata e ridendo lasciò cadere il suo cappello di feltro in terra; Jo prontamente ci saltò sopra a piè pari e questo affronto servì a Laurie per dilungarsi sui vantaggi di questa nuova moda, mentre raccoglieva il malconcio cappello e lo arrotolava per metterselo in tasca.

    «Basta con le prediche ora, ne sento già tutta la settimana!

    Quando torno a casa voglio divertirmi! Domani non baderò a spese e farò la gioia dei miei amici! A proposito, Jo, ho l’impressione che il piccolo Parker si stia perdutamente innamorando di Amy. Parla sempre di lei, scrive poesie e vaga qua e là senza meta destando i peggiori sospetti. Non credi sarebbe meglio troncare sul nascere quella cotta?» osservò Laurie dopo un attimo di silenzio, con il tono confidenziale di un fratello maggiore.

    «Certo che sì! Ora, per parecchi anni, niente matrimoni in famiglia! Ci mancherebbe solo questa! Ma cosa avranno in testa questi ragazzini!?!» Jo era scandalizzata come se Amy e il piccolo Parker fossero ancora dei bambini.

    «Eh, signora mia, sono tempi in cui tutti corrono troppo in fretta e non si sa dove andremo a finire! Tu Jo sei ancora giovane ma presto volerai via dal nido e ci lascerai tutti qui a piangere» commentò Laurie scrollando la testa sulla corruzione dei tempi.

    «Io? Ma figurati un po’! Non mi vorrà nessuno ed è una fortuna perché in ogni casa dovrebbe esserci sempre una zitella!»

    «Certo, perché tu non dai a nessuno la possibilità di avvicinarsi a te» e Laurie disse questa frase con uno sguardo obliquo e arrossì: «Non mostri mai il lato dolce del tuo carattere e se un ragazzo per caso lo scopre facendoti capire che lo apprezza, tu gli fai subito una doccia gelata, diventando così pungente e acida che nessuno osa più avvicinarti.»

    «Ma non mi interessa quella roba: sono troppo impegnata per dedicarmi a quel genere di cose che mi annoiano e basta e penso sia un modo orribile per rovinare le famiglie. Ora basta, parliamo d’altro, il matrimonio di Meg ha ubriacato tutti e non parliamo altro che di innamorati e di cose assurde. Non voglio diventare antipatica quindi cambiamo argomento» Jo sembrava pronta e armata per rispondere ad ogni provocazione.

    Laurie sfogò i suoi sentimenti – qualunque fossero – mettendosi a fischiare mentre oltrepassava il cancello e salutandola, le ripeté la sua predizione: «Ricordati le mie parole Jo: la prossima ad andartene sarai proprio tu!»

    II.

    Il primo matrimonio

    Era il mese di giugno e, quel mattino, le rose che si arrampicavano sul portico si svegliarono presto, vestite del loro abito più bello, esultanti nell’azzurro di quella giornata di sole.

    Sembravano volti accesi per l’eccitazione, mentre si dondolavano al vento e sembravano bisbigliare tra loro quello che vedevano, perché alcune sbirciavano dalla finestra della sala da pranzo dove era imbandito il favoloso banchetto, altre invece, arrampicate più in alto, riuscivano a salutare e a sorridere alle sorelle occupate a vestire la sposa, altre invece si dondolavano sul giardino, dando il benvenuto alla gente che entrava e usciva di casa e tutte loro, dalla più sgargiante al più pallido bocciolo, offrivano la loro fragranza e la loro bellezza come tributo alla giovane sposa, per averle curate e amate tutto quel tempo.

    Anche Meg, quel giorno, pareva un rosa: tutto quello che vi era di più bello e dolce nel suo cuore e nella sua anima pareva risplendere sul suo volto, rendendolo ancora più grazioso e amorevole, dandole un fascino più bello della stessa bellezza. E non indossava né sete preziose, né pizzi né fiori d’arancio.

    «Quando mi sposerò, non voglio sembrare diversa, non voglio un matrimonio elegante, voglio solo avere intorno a me le persone che amo e sembrare a loro la solita Meg!» E così aveva preparato da sola il suo vestito di nozze, cucendovi con l’ago tutte le sue speranze e i suoi sogni di ragazza. Le sorelle quella mattina le pettinarono i lunghi capelli e

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