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Il Nagorno-Karabakh tra diritto internazionale, Corte Penale Internazionale e la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del giugno 2015
Il Nagorno-Karabakh tra diritto internazionale, Corte Penale Internazionale e la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del giugno 2015
Il Nagorno-Karabakh tra diritto internazionale, Corte Penale Internazionale e la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del giugno 2015
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Il Nagorno-Karabakh tra diritto internazionale, Corte Penale Internazionale e la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del giugno 2015

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La regione del Nagorno-Karabakh dell'Azerbaigian è di nuovo in guerra. Un conflitto che per molto tempo è stato "congelato" ma che negli ultimi tempi è tornato a mietere vittime. La comunità internazionale più volte ha espresso la sua, lanciando la proposta di risoluzione a questo scontro che ha le radici nel secolo scorso. Per risolvere il conflitto è necessario eliminare il motivo principale dello scontro che consiste nell'occupazione da parte dell'Armenia del territorio azerbaigiano, un fatto riconosciuto a livello internazionale. Ci sono quattro risoluzioni del Consiglio delle Nazioni Unite, vi è la decisione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, documenti del Consiglio d'Europa e del Parlamento europeo che chiedono chiaramente all'Armenia di ritirare le forze di occupazione. È difficile eliminare tutte le conseguenze e le problematiche del conflitto nello stesso piano d'azione. L'attuale oggetto dei negoziati non riguarda la regione del Nagorno, ma i cinque, su sette, distretti circostanti la regione del Nagorno occupati dall'Armenia. Nel seguente volume l'analista geopolitico Domenico Letizia analizza le problematiche all'origine del conflitto, le sentenze internazionali e le probabili mosse nello scacchiere geopolitico.
LinguaItaliano
Data di uscita21 ago 2017
ISBN9788892680531
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    Anteprima del libro

    Il Nagorno-Karabakh tra diritto internazionale, Corte Penale Internazionale e la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del giugno 2015 - Domenico Letizia

    Cedu

    La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è recentemente espressa sul caso "Chiragov e altri contro Armenia¹". Il caso sottoposto alla Cedu trae origine da un contezioso contro la Repubblica di Armenia risalente al 6 aprile 2005, presentato da sei cittadini azeri costretti con la forza ad abbandonare il distretto di Lachin durante l’aggressione armena. Lo stato armeno ha sostenuto che la sua giurisdizione non si estende su una regione sovrana e indipendente quale quella del Nagorno-Karabakh.

    Nel periodo dello stato Safavide, l’intero territorio dell’Azerbaigian era composto da quattro macro distretti. Verso la fine del 1700, in Azerbaigian si contavano ben venti entità sovrane feudali². L’avvento della Rivoluzione Russa del 1917 fu l’occasione per Azerbaigian e Armenia di proclamare la propria indipendenza dalla Russia zarista. Insieme alla Georgia, i tre territori formarono la Repubblica Transcaucasica, che si dissolse nel 1918 dopo una breve vita. Armenia e Azerbaigian tentarono di divenire membri della Società delle Nazioni, ma la loro domanda fu respinta dall’Assemblea delle Nazioni Unite³.

    Durante la Rivoluzione di febbraio, nel Caucaso venne proclamata una Repubblica Federativa Transcaucasica, fedele al governo provvisorio.

    La regione divenne in seguito all’ottobre rivoluzionario territorio conteso tra sovietici, turchi e inglesi.

    Dopo un periodo di occupazione turca, nel maggio 1918, Georgia, Armena e Azerbaigian si dichiararono Stati indipendenti, inaugurando una stagione di aspri conflitti sui rispettivi confini. Nel dicembre 1919, gli inglesi, che erano stati tra i principali garanti dell’indipendenza, abbandonarono l’area. Dopo l’accordo siglato con la Turchia all’inizio del 1920, i sovietici riconquistarono, a partire dall’Azerbaigian, l’intera area nel giro di un anno.

    L’affermazione del potere sovietico fu accompagnata per un verso da politiche di dura repressione e di spietate confische di derrate e beni, per altro verso da una rinnovata proiezione rivoluzionaria verso Oriente, rafforzata dalla presa d’atto della stabilizzazione in corso in Occidente e dallo sfumare delle prospettive rivoluzionarie in Europa centrale. Nel settembre 1920 si era svolto a Baku il Congresso dei popoli dell’Est, nel quale i sovietici avevano denunciato l’imperialismo britannico e innalzato il vessillo dell’autodeterminazione dei popoli e della riscossa rivoluzionaria in Asia. Ma cominciava a farsi strada l’idea che in Asia la questione nazionale fosse da anteporre alla rivoluzione sociale, e che anche il regime bolscevico avrebbe dovuto rispettare le tradizioni islamiche, pure secolarizzate e modernizzate. Con

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