Terre Italiane: Il manifesto dell'irredentismo
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Anteprima del libro
Terre Italiane - Carlo Cattaneo
Carlo Cattaneo
Terre italiane
Il manifesto dell’irredentismo
A cura di Francesco Giubilei
Terre italiane
Carlo Cattaneo
© 2019 Idrovolante Edizioni
Collana: Riscoperte
1 edizione – maggio 2019
prefazione
di francesco giubilei
Il concetto di irredentismo è strettamente legato a quello di nazione, senza una Patria non può esserci la volontà e la necessità di riacquisire territori che per storia, tradizione, identità sono abitati da popolazioni che appartengono alla nazione che li rivendica.
In Italia l’irredentismo si sviluppa in modo consistente dal 1866 per annettere al nuovo stato unitario i territori che, sebbene culturalmente appartenevano alla nostra nazione, dopo la terza guerra d’indipendenza erano rimasti sotto il controllo dell’Impero austroungarico e nasce come conseguenza del Risorgimento per ottenere il Trentino-Alto Adige, la Venezia Giulia, Fiume e la Dalmazia. In particolare il possesso del Trentino, dell’Alto Adige e della Venezia Giulia, rimaste all’Austria anche dopo il 1870, è la battaglia principale dell’irredentismo italiano post-unitario. Mentre nella madrepatria si rivendicavano con sempre maggior veemenza questi territori, nei luoghi del contendere la borghesia locale era particolarmente attiva per favorire un passaggio all’Italia. In questi anni emergono figure come il patriota triestino Guglielmo Oberdan, nato a Trieste nel 1858 e condannato a morte dagli austriaci nell’ottobre 1882 nonostante gli appelli alla grazia del mondo intellettuale tra cui Victor Hugo. Il 20 dicembre, giorno della sua impiccagione, mentre il boia gli metteva il cappio al collo Oberdan urlò: Viva l’Italia, viva Trieste libera, fuori lo straniero!
diventando da subito un simbolo e un martire; in tutta Italia aprirono associazioni a suo nome e Giosuè Carducci scrisse un articolo intitolato XXI decembre affermando riprendemmo Roma al Papa, riprenderemo Trieste all’imperatore
.
Il primo a utilizzare il termine irredento fu Matteo Renato Imbriani, originario di Napoli, combatté per l’Unità d’Italia e fondò nel 1876 l’associazione Italia irredenta che diffuse in tutto il paese il patriottismo di stampo mazziniano e si dotò di una propria rivista chiamata L’Italia degli Italiani. Nacquero varie cellule e Imbroni nel 1877 si recò in segreto nei territori ancora in mano austriaca dove creò comitati d’azione insieme agli irredentisti del territorio, la cabina di regia fu individuata a Roma nel comitato triestino-istriano animato anche da S. Morpurgo e A. Popovich. Prima di essere eletto parlamentare, Imbriani continuò la sua attività anche attraverso il giornale Pro Patria fondato nel 1880 e si schierò senza remore contro la stipula nel 1882 della Triplice Alleanza con l’Austria e la Germania vissuta come una rinuncia alle terre irredente e un tradimento della tradizione risorgimentale resa ancor più grave dalla condanna a morte di Oberdan.
Se il testo di Cattaneo affonda le proprie radici nel Risorgimento italiano, l’irredentismo ha un prima e un dopo i moti risorgimentali e già dalla fine del 1700, con l’annessione della Corsica ala Francia e il successivo tentativo da parte di Napoleone di includere nei confini francesi regioni come il Piemonte, la Liguria o la Toscana, si sviluppa una volontà di rivendicazione territoriale. Nel 1848 una serie di deputati della Costituente austriaca di origine italiana tra cui Carlo De Franceschi, autore Per l’italianità del’Istria, rivendicarono l’appartenenza dell’Istria all’Italia impedendone l’aggregazione alla Confederazione Germanica. L’attivismo nel confine orientale portò nel 1861 alla nascita della Dieta Provinciale Istriana che, insieme a quella Fiumana e Dalmata, rifiutarono la partecipazione al Parlamento di Vienna e alla Dieta di Zagabria.
L’attivismo degli irredentisti sancì nel 1891 la fondazione a Trieste da parte di Carlo Seppenhofer della Lega Nazionale, un’associazione impegnata a diffondere la cultura italiana e a promuovere manifestazioni patriottiche tra i cittadini di lingua italiana nei territori dell’Impero austro-ungarico.
Per ben due volte la Lega Nazionale venne sciolta, dapprima nel 1915 dagli austriaci che, dopo l’entrata in guerra dell’Italia ne sequestrarono il patrimonio, e in seguito dal fascismo a fine anni Venti per poi rinascere nel 1946 sostenendo la causa dell’italianità di Trieste, dell’Istria e della Dalmazia.
L’irredentismo non fu solo una battaglia politica ma anche culturale per cui si spesero alcuni dei principali autori della letteratura italiana del Novecento tra cui, oltre al già citato Carducci, anche Scipio Slataper, autore de Il mio Carso, Carlo e Giani Stuparich, ma anche veri e propri eroi che persero la vita per la Patria come Cesare Battisti, Damiano Chiesa, Fabio Filzi.
Come non citare poi la presa di Fiume di D’Annunzio e l’esperienza della Repubblica del Carnaro di cui ricorrono nel 2019 i cent’anni ricordati da una serie di pubblicazioni tra cui Disobbedisco. Cinquecento giorni di rivoluzione. Fiume 1919-1920 di Giordano Bruno Guerri.
Con l’avvento del fascismo in Italia il movimento irredentista viene egemonizzato dal fascismo che lo associa a una visione nazionalista concretizzata in processi di italianizzazione forzata delle minoranze straniere dei territori un tempo reclamati e in seguito annessi come l’Istria. Durante il Ventennio l’orizzonte delle aree rivendicate si allarga alla Savoia (regione richiesta dagli irredentisti nell’Ottocento ma