La Costituzione degli Stati Uniti d’America
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La Costituzione degli Stati Uniti d’America, definita anche come “Legge suprema dello Stato”, riveste un ruolo di fondamentale importanza dal punto di vista della storia del diritto, essendo stata utilizzata come modello per la stesura successiva delle altre costituzioni occidentali. Adottata dalla Convenzione di Filadelfia (1787) ed entrata in vigore nel 1789, venne integrata nel 1791 con dieci emendamenti, posti specificatamente a tutela delle libertà del cittadino, la Carta costituzionale americana ha come obiettivo principale quello di reggere una democrazia fondata su un governo autorevole, ma bilanciato da una rigida separazione dei poteri. Il libro presenta una rapida rassegna dei principali eventi storici e del dibattito politico interno, seguito alla Guerra d’Indipendenza americana, che portarono alla creazione della norma, cui segue un ritratto della carriera politico-militare di George Washington; particolare attenzione viene data inoltre alle modalità con cui viene eletto il Presidente americano e ad un confronto quanto mai attuale tra le funzioni del Congresso degli Stati Uniti d’America e quelle proprie del Parlamento Italiano. Presente all’interno il testo integrale della Costituzione statunitense.
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La Costituzione degli Stati Uniti d’America - Davide Vanadia
GLI EVENTI CHE PORTARONO ALLA CREAZIONE DELLA COSTITUZIONE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA
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La Guerra di Indipendenza americana
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La Guerra d’Indipendenza americana fu l’evento che portò alla costituzione degli Stati Uniti d’America. La guerra durò dal 1775 al 1783, e vide le tredici colonie britanniche costituite sul continente nord americano opporsi al Regno Unito per ottenere l’indipendenza commerciale e la libertà giuridica e amministrativa.
La guerra scoppiò in questo caso per questioni di carattere commerciale, che sottintendevano un desiderio di autonomia e libertà represso da tempo. L’Inghilterra, nel 1763, era la potenza più forte del mondo: la sua Marina Militare era pressoché invincibile e, grazie al potere da questa esercitato, i commerci risultavano fiorenti in molte parti del globo. In America, dove c’erano le sue colonie, le importazioni e le esportazioni con la madrepatria avvenivano in abbondanza.
Tuttavia Giorgio III, re di Inghilterra, dopo la Guerra dei Sette anni (guerra che si svolse tra il 1756 e il 1763 e che coinvolse le principali potenze europee dell’epoca: la Gran Bretagna, la Prussia, la Francia, l’Austria e la Russia, nonché la Spagna nelle fasi finali. Winston Churchill la definì come la prima vera guerra mondiale, poiché fu il primo conflitto della storia che venne combattuto non solo sul territorio europeo, ma contemporaneamente anche nelle Americhe, in Asia e in Africa occidentale, dove le potenze europee avevano dei possedimenti coloniali. Le parti in conflitto si trovarono ad impegnare completamente le proprie risorse, tanto che la lotta venne proseguita a oltranza, anche quando le prospettive di guadagni territoriali erano minime. Oltre alla mera occupazione di territori, furono obiettivi primari la distruzione degli eserciti nemici e il dominio commerciale) si trovò a dover rivedere le entrate del suo impero, non sufficienti a sostenere le spese necessarie al governo di tutti i suoi territori, compresi quelli del Nord America. Pertanto decise di introdurre un’imposta fiscale che colpiva direttamente i coloni residenti in America.
L’introduzione di questa tassa, però, non passò affatto inosservata, e portò immediatamente ad una vibrante protesta da parte dei coloni, che videro come un’invadenza intollerabile la scelta del re. Nel frattempo, nella madrepatria, si svilupparono proteste analoghe soprattutto da parte dei commercianti che esportavano materie di vario genere e che vedevano messi in discussione i loro guadagni a causa di questa stessa imposta.
Il Parlamento inglese, nel 1765, decise di abolire il bollo per allentare la tensione oltre l’Atlantico, ma questo non risolse affatto i problemi economici della Corona, che tentò quindi altre vie per incrementare i propri guadagni. Il Parlamento, infatti, dopo le pressioni della Corte, emanò nuove imposte sull’importazione in Nord America di materie di primaria importanza come il piombo e il vetro, e ciò non fece altro che render ancor più evidente un problema oggettivo di cui le popolazioni coloniche erano profondamente consapevoli: non avrebbero mai potuto svilupparsi autonomamente se la madrepatria non le avesse lasciate libere e indipendenti.
I coloni reagirono con forza a questa nuova tassazione, non importando più merci britanniche: questa decisione diede il colpo finale alla tensione, trasformandola in una anticipazione della guerra. L’Inghilterra mandò quattro reggimenti a Boston per proteggere i commissari doganali che venivano sistematicamente aggrediti dalla folla. La salvaguardia dei doganieri, tuttavia, si rivelò essere solo un pretesto per occupare la città, che venne militarizzata il 21 giugno del 1768. I soldati incontrarono molte difficoltà nel mantenere l’ordine, e dopo alcuni scontri con la folla nel 1770, durante una manifestazione di protesta, aprirono il fuoco contro i coloni, uccidendone cinque. Le conseguenze di questo incidente portarono il caos a Boston e ad un aumento dei boicottaggi in tutti i territori coloniali. La Corona, allora, spinse il Parlamento ad abolire il nuovo regime di tassazione; tuttavia, la mancanza di risorse costrinse lo stesso ad approvare una legge che imponeva alle colonie l’acquisto del tè solo dall’Inghilterra.
Dopo la guerra dei Sette anni (1756-63), durante la quale i coloni avevano sostenuto attivamente la Gran Bretagna contro la