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L'Alemanno: Svevi nel basso medioevo
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L'Alemanno: Svevi nel basso medioevo
E-book283 pagine3 ore

L'Alemanno: Svevi nel basso medioevo

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Info su questo ebook

Ducato di Svevia, 1252. Williger, in viaggio da Gdańsk, arriva a Wimpfen per ritrovare il suo vecchio amico Karl. I due amici intraprendono questo viaggio, attraverso il Ducato di Svevia degli Hohenstaufen, alla riscoperta dei luoghi natii e, sfoggiando le loro competenze storiche e descrittive, rinverdiscono la loro amicizia. Protagonisti importanti del romanzo sono i cavalli, da sempre compagni di viaggio e salvezza per quei tempi, e le donne consolatrici nel momento del bisogno. Altri personaggi, di origine sveva ed alemanna, raccontano le loro avventure arricchendo la trama del romanzo.
LinguaItaliano
Data di uscita17 apr 2021
ISBN9788869632716
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    Anteprima del libro

    L'Alemanno - Sibalio

    L’Alemanno

    Sibalio

    L’ALEMANNO

    Svevi nel Basso Medioevo

    Elison Paperback

    Siate sempre spinti a ricercare e

    a saper interpretare il nostro passato!

    La storia s’intreccia con dei personaggi

    anche frutto di fantasia.

    © 2021 Elison Paperback

    Tutti i diritti sono riservati

    www.elisonpublishing.com

    ISBN 979-12-5959-033-6

    Indice

    Sinossi storica

    La lettera

    L’arrivo inaspettato

    Una domenica di racconti

    Wimpfen

    Il primo viaggio

    Schdùagert

    Dibenga e Reitlenga

    La prima meta del terzo giorno

    Esslenga e Woeblenge

    Il monastero e i castelli

    Gmünd e Katzestein

    Il magico Rems

    Hall

    Il secondo giorno nel villaggio del sale

    Una giornata di silenzio e di viaggio

    Heilbronn e i castelli del Neckar

    Heidelbärg

    Un riposo con i miei amici

    Karl

    Un viaggio diverso

    Hulma

    Nord

    img1.png

    Sinossi storica

    Gli Alemanni, tribù germaniche migrate come gli Svevi a sud-ovest dalle regioni del nord, si stanziarono tra i fiumi Meno e Reno nei primi secoli dell’era cristiana. Durante i secoli, sotto i vari imperatori romani, la loro bellicosità si ridusse notevolmente per far posto alla stanzialità. I barbari con le loro origini nomadi sconfinavano nei territori e guerreggiavano con i popoli confinanti per la conquista di cibo.

    La razzia caratterizzava tutte quelle popolazioni barbare in migrazione. Le terre oltre il limes germanico-retico erano i luoghi di questi uomini legati da patti di fratellanza.

    Le tribù che vi abitavano nei secoli in cui imperava Roma avevano legami di sangue e di stirpe e le questioni venivano risolte nelle assemblee. La legge, tramandata oralmente sul diritto dei singoli uomini liberi, condizionava la vita quotidiana e quella nelle battaglie di conquista. Le tribù avevano dei consigli di uomini liberi ed anziani che validavano ogni scelta di giudizio dei loro re.

    Quando Roma perse il suo prestigio e il limes si dissolse a favore dei Franchi non solo ci fu la famosa migrazione del 406 d.C., ma anche la lenta affermazione della confederazione alemanna.

    Nei territori di quattro nazioni odierne, intorno al lago di Costanza, all’Alsazia e al Voralberg in Austria e in Svevia e parte della Baviera, il regno del Nord svevo-alemanno, per distinguerlo da quello in Galizia, definì una regione che avrebbe acquisito nei secoli il nome di Alemannia e poi di Svevia. I popoli che ne facevano parte erano originariamente appartenenti alle tribù dei Catti, dei Semnoni ed altre, poi denominati Alemanni e Suebi. Con la migrazione del 406 d.C. alcune tribù sveve rimasero in alleanza e stanzialità in quei territori con le altre che facevano parte della confederazione alemanna. I re, nei decenni successivi alla caduta di Roma e alle discese dei vari Goti, presero sempre più potere ed indipendenza.

    I franchi merovingi, e poi carolingi, assoggettarono quelle popolazioni nei secoli successivi in vario modo. Dalla battaglia di Tolbiac del 496 d.C., vicino Colonia, al concilio di Cannstatt del 746 d.C., in tre secoli quei popoli subirono umiliazioni ed uccisioni, ma anche la conversione al cristianesimo.

    Il ducato Merovingio e poi il regno Carolingio, in spartizione dopo il IX secolo, aprirono la strada a contee governate da casate di nobili ad est nel regno dei Franchi orientali. I tre figli di Ludovico il Pio, unico figlio erede di Carlo Magno, alla morte del padre nell’840 d.C. si divisero, dopo sanguinose guerre, il regno Carolingio e, con il trattato di Verdun dell’843 d.C., i territori della Francia, dell’Italia e della Germania attuali furono divisi in tre regni. Il regno dei Franchi orientali, in seguito, diede origine a vari ducati e tra questi quello di Svevia o d’Alemannia.

    Quando Corrado I di Franconia, ultimo re dei Franchi orientali di origine carolingia, non ebbe discendenza, nel regno dei Franchi orientali, già diviso in ducati da un paio di secoli, successe un sassone, delle terre del nord. La regione era definita Bassa Sassonia per distinguerla dall’attuale Sassonia. Enrico I e poi Ottone I, re di Germania ed Imperatore del Sacro Romano Impero, spostarono prima dell’anno 1000 la reggenza del cuore dell’Europa sotto i nobili tedeschi.

    L’Impero Romano-Germanico, al tempo di Ottone il Grande, si stava delineando con l’inizio del feudalesimo. Il regno di Francia ad ovest si separava dal cuore dell’Europa. Comprendendo tutta l’Italia fino ai confini meridionali sotto i Normanni,Vichinghi provenienti dalla Normandia, il Sacro Romano Impero con il Papato riprendeva a vivere dopo Carlo Magno, in memoria di quello che era stato sotto di Roma l’Impero d’Occidente. L’Impero fu definito Sacro con l’Imperatore Ottone il Grande, incoronato a Roma nel 962 d.C. Nei secoli successivi, fino al XII secolo, quei territori molto diversi negli usi e nei costumi, ma unificati dalla religione cristiana, fecero con il Regno di Francia da baluardo allo sconfinamento arabo che aveva parte della Spagna, la Sicilia e la Sardegna. Gli arabi che stavano per definire i loro confini in tutto il Mediterraneo in Italia venivano chiamati Saraceni.

    L’Impero d’Oriente, separandosi da Roma, diveniva ortodosso e promuoveva la conversione in tutti i territori limitrofi. Tutte le popolazioni barbare venivano organizzate sotto un cristianesimo e un feudalesimo iniziale.

    In Italia meridionale i Normanni sottomisero i Saraceni che si erano sostituiti ai Bizantini e ai Longobardi. Questi popoli nordici e marinareschi infeudarono le terre che conoscevano una diversa organizzazione.

    Un sistema a piramide regnava in tutte le terre cristiane.

    Il feudalesimo era largamente diffuso nei grandi regni d’Europa.

    La sua struttura iniziale era semplice: il sovrano pagava in natura i suoi uomini di fiducia, donando loro grandi feudi in beneficio e concedendo l’immunità, che in origine consisteva soprattutto nell’esenzione da determinati tributi. In tal modo i fiduciari del sovrano diventavano suoi vassalli. A loro volta i grandi feudatari cedevano parte del feudo ai loro dipendenti, i valvassori, e questi ancora ad altri minori, i valvassini. L’ereditarietà del feudo, ottenuta prima dai vassalli e poi dai feudatari minori, fece allentare i legami che tenevano unita la piramide feudale. A somiglianza dei grandi vassalli che assumevano, a seconda dei casi, i titoli nobiliari di duca, conte e marchese, anche molti vescovi e abati furono insigniti del titolo di vescovo-conte, dando così vita a una feudalità ecclesiastica.

    Il difficile compito di tenere unito l’Impero, di far fronte alla rinascita delle città, e nello stesso tempo di far valere la sua egemonia nei confronti della Chiesa, toccò all’Imperatore di Germania.

    Il Papa Gregorio VII contestò l’uso di infeudare vescovi e quindi l’ingerenza del potere temporale su quello religioso. Episodi storici di umiliazione di un Imperatore, e concordati o compromessi, si protrassero tra l’Imperatore e il Papa per due secoli. Le stesse Crociate, volute o imposte, ne furono una dimostrazione di forza o di diplomazia.

    La Germania attuale trovò la sua unificazione in quegli anni e il lustro nei secoli successivi. Dopo l’anno 1000 casate famose si succedettero in quei territori e la Svevia, nel suo ducato fiorente, fece affermare gli Hohenstaufen che, nel XII secolo, espansero i territori di dominio e si prepararono a caldeggiare le elezioni dei loro duchi a re di Germania ed Imperatori del Sacro Romano Impero.

    La dinastia sassone, con gli Ottoni, e la salica in Franconia, con i Corradi e gli Enrichi, si contesero per due secoli il primato nella Germania unificata dopo i tre regni dell’843 d.C.     Quando in Svevia la casata degli Hohenstaufen ebbe il favore del Papato e dei nobili elettori tedeschi, le regioni centrali e nordiche di quel cuore della Germania trovarono un’unificazione a suon di guerre e congiure, che caratterizzarono il Basso Medioevo.

    Con l’unione di Enrico VI di Svevia con Costanza d’Altavilla tutti i possedimenti normanni, uniti sotto il Regno di Sicilia, che era stato unificato dopo i Saraceni della Contea di Sicilia e del Ducato di Puglia, ampliarono a sud il Sacro Impero Romano-Germanico.

    Gli Imperatori di quella casata tennero in scacco non solo i grandi nobili tedeschi, ma anche le città fiorenti in Italia. Parteggiando come ghibellino, in contrasto con i guelfi, l’Imperatore si poneva contro il Papato a cui restava un’esigua parte centrale di quell’Italia ormai preda di conquiste e di varie popolazioni influenti.

    Sebbene gli Hohenstaufen per un secolo imposero costumi non sempre cristiani, la loro influenza, negli animi di quegli uomini di tante città dell’Impero, mise le basi di quel Rinascimento che, prima con i Comuni e poi con le Signorie, avrebbe caratterizzato altri tre secoli.

    Il Sacro Romano Impero, definito tale nel 962 d.C. con Ottone I, divenne, nei secoli successivi, un territorio sempre più piccolo. L’Imperatore rappresentò quell’Impero solo fino alla definizione di Sacro Romano Impero della Nazione Germanica e quel territorio, formalmente, si estinse nel 1806.

    Con la fine della signoria degli Staufer la contea dei Württemberg prese il sopravvento nei territori che definivano il Ducato di Svevia.

    Dal 1251, con un matrimonio importante tra Ulrico I della Contea con Metchilde del Baden, il territorio di influenza si ampliò fino al 1300, e Stoccarda, la fiorente capitale che si popolava ed abbelliva intorno alla vecchia Cannstatt, agglomerato romano in evoluzione da secoli, divenne la sede di quei nuovi duchi, sostituendosi agli Staufer.

    I Württemberg, nelle loro origini celtiche con il nome Widerberg, già romano-celtico Wirodunum, avrebbero governato quei territori come ducato fino al fatidico 1806, quando Napoleone I avrebbe eletto a Regno quel territorio.

    La lettera

    Caro Karl,

    con queste poche parole, il tuo amico Williger ti scrive per chiederti ospitalità.

    Mi piacerebbe rivedere la nostra terra, te ed altri amici.     Sentire gli odori della natura, riscaldata dal sole, mi ritemprerebbe lo spirito, ora che sto trascorrendo momenti difficili dopo la morte di mio padre.

    Al nord i guadagni sono buoni e nonostante ciò il mio animo dovrebbe essere rincuorato e non essere gelido.

    Purtroppo questo non è accaduto per me!

    Con ansia aspetterò una tua risposta, sperando che tu abbia la stessa esigenza di trascorrere momenti di un passato felice e goliardico tra amici.

    Attendo una tua lettera tramite mio zio.

    Organizzerò, così, il mio viaggio verso casa.

    il tuo amico

    Williger

    L’arrivo inaspettato

    Williger giunse a Wimpfen in una serata piovosa di fine ottobre. Nella profonda disperazione da mesi, in attesa della risposta scritta di Karl che non giungeva, aveva deciso di partire comunque. Il suo animo era a pezzi. Non ricordando dove era ubicata la casa del suo amico, decise di fermarsi presso l’unica locanda del villaggio per prendere informazioni e bere del vino.

    L’oste, di nome Blidulf, nel suo grande interesse, propinò bevute sempre più abbondanti, quando vide lo straniero tirar fuori dalle tasche tutti quei denari. Williger, d’altronde, aveva bisogno di riscaldarsi in quella serata così umida che faceva penetrare nelle ossa un freddo insopportabile. Il suo animo non era al meglio e, tra gli altri bevitori, non aveva riconosciuto nessuno che potesse fargli compagnia. Dopo alcune ore, notevolmente brillo, decise di muoversi, anche perché quell’oste lo aveva letteralmente cacciato richiudendogli la porta alle spalle. Si era fatto tardi e non voleva ubriachi nella sua locanda!

    Il furbetto lo aveva prima fatto quasi ubriacare e poi non lo aveva neanche aiutato con le indicazioni. Blidulf era nemico di Karl e per questo si era figurato bene dall’aiutare quello straniero, mentendo spudoratamente ed estorcendo con quel vino di qualità scadente molti denari al povero ed ignaro Williger. Sotto la pioggia, che si era fatta battente e barcollando talvolta, finalmente quell’uomo in cerca di un alloggio trovò un passante che lo aiutò con le indicazioni. Il villaggio era piccolo!Karl, purtroppo, aveva dimenticato quella lettera ricevuta mesi prima e soprattutto non aveva risposto all’amico. In quella nottata piovosa, ad un tratto, Karl, mentre riposava al fianco di sua moglie Crimilde, sentì bussare fortemente all’uscio. Alzandosi di soprassalto, dopo avere buttato acqua sulla legna nel camino, prese un pugnale per potersi difendere se avesse aperto l’uscio ad un aggressore. Con sua enorme sorpresa notò che, tutto bagnato, era Williger che bussava. Aveva dimenticato quella lettera, qualche mese prima, che gli aveva recapitato lo zio di Williger. Il nipote contestatore sarebbe rientrato a Wimpfen, paese natale, in autunno forse, per curare uno stato di malinconia dopo la morte di suo padre. Quello zio, d’altronde, non si era curato di ottenere una risposta scritta da riportare al nipote che non sopportava.

    Il povero Williger aveva nemici ovunque, anche in famiglia!

    L’odio dello zio andava ben oltre le considerazioni sul suo carattere. Non aveva mai sopportato che suo fratello cedesse tutta l’attività di commercio di legname al figlio, ignorando la grande mole di lavoro che aveva svolto per anni, senza ricevere in cambio quasi nulla, se non qualche denaro in più e responsabilità negli scambi con altre popolazioni più a nord.

    Ma purtroppo era andato tutto così e, dopo l’imbarazzo iniziale, Karl fece entrare nella sua umile dimora quell’uomo che non vedeva da anni ed a stento riconosceva. Aveva una barba incolta e, nella sua magrezza, non vedeva più quell’amico con cui, dieci anni prima, aveva condiviso avventure e momenti di vita spensierata. Crimilde aiutò suo marito ad accoglierlo nella nottata che non sembrava terminare, neanche quando smise di parlare a raffica per farsi riconoscere. Aveva bisogno di ritornare quello di prima anche quando, superata la sbornia, scherzò sulla lettera mai ricevuta. Aveva sicuramente necessità di sfogarsi con chi riteneva amico.

    «Ti riaccendo il camino Williger, perché vedo che stai tremando per la troppa acqua che hai preso addosso.»

    E Crimilde:«Vado a prendere quella zuppa avanzata per riscaldarla.»

    I due si prodigarono quasi per farsi perdonare. Ma chi aveva causato l’incomprensione era stato lo zio di Williger. Nothart era ripartito per il nord ignorando la necessità di suo nipote di recarsi a sud e, rientrando dopo qualche settimana,aveva raccontatola più grande bugia che si potesse dire: quella di un amico disinteressato alla loro vecchia amicizia. Comunque sia la zuppa e il fuoco resuscitarono Williger.

    «Non sai quanto sei stato gentile ad ospitarmi Karl, ma penso che dovrò trovarmi un posto per dormire per stanotte. Non ho avuto una tua lettera e, in preda al dubbio, sono partito comunque circa un mese fa. Avevo bisogno di venire a sud per riprendermi quella vita che, negativamente, mi stava trascinando nella malinconia. Il freddo e la neve del nord mi hanno condizionato per quasi dieci anni e, con la morte di mio padre, le cose le ho iniziate a vedere diversamente. I guadagni non bastano nella vita. Una donna che mi piacesse non l’ho trovata e poi il solo lavoro e il viaggiare in quelle terre mi hanno inaridito.»

    - Non la finiva mai di parlare! - pensò Karl

    - Anche con la bocca piena di quelle verdure tagliuzzate della buona minestra che aveva preparato la moglie di Karl qualche ora prima, riuscivo a tirar fuori tante parole. Non ricordavo da quanto tempo non riuscissi a parlare così tanto! - pensò Williger.

    «Mi hai lasciato solo dieci anni fa alle soglie del mio matrimonio con Crimilde. Ed ora vuoi recuperare con questo fiume di parole?»

    - Lui era stato lasciato da Genilde, che aveva sposato un ricco barcaiolo come aveva voluto il padre di lei contro il suo parere. Nella sua disperazione aveva retto bene il colpo e poi suo padre, Ricfredo, lo aveva invogliato a partire definitivamente per il nord. Il loro commercio di legname della Foresta Nera era florido nelle terre di confine del Ducato di Svevia, ma ancor più redditizio con i ducati del nord. - pensò ancora l’amico Karl.

    Esausto della giornata, Williger chiese umilmente come trovare un posto per la notte e Crimilde intervenne, come solitamente fanno le donne nelle loro case, per seguire le buone regole dell’ospitalità.

    «Non pensare di uscire fuori con questo tempo! Troveresti riparo solo nella stalla del nobile Helmut, che spesso si offre in questo, ricavando servigi al mattino. Anziano e quasi cieco non riesce più a condurre una vita tranquilla. Sua moglie Rotilde è morta due anni fa e forse di lui non puoi ricordare nulla perché viveva ad Hall fino a cinque anni fa.                                         

    La moglie, gravemente ammalata, lo aveva costretto con la sua cecità a ritirarsi nel nostro villaggio e nella casa dei suoi parenti avuta in eredità. Pensando di essere assistita dagli altri familiari, nella delusione più grande, aveva finito per aggravarsi e morire, lasciando il povero Helmut solo e cieco ormai. Penso così che dovrai adattarti vicino al camino con un giaciglio di fortuna che ti preparerò.»

    Le sue parole furono convincenti, sia per suo marito sia per l’ospite, che ben presto sorrise con profonda gratitudine a quella donna, finalmente smettendo di parlare. Un silenzio per qualche attimo sopraggiunse, interrotto solo dallo scoppiettare della legna umida che veniva asciugata dal fuoco. L’abbraccio dei due amici seguì quel silenzio pieno di intesa. Crimilde andò a prendere qualche coperta e del pellame per creare un morbido giaciglio, mentre Karl sparecchiò la tavola. Si era giunti quasi alla mezzanotte e la stanchezza si faceva sentire.

    «Williger continueremo a parlare domani mattina che è domenica e non devo lavorare nelle stalle del conte a Schdùagert. Sarò a casa con Crimilde e poi con te decideremo il da farsi e naturalmente parleremo molto.»

    «Riposati, così domani vedrai come è migliorata la nostra Wimpfen da quando il conte è nelle grazie degli Staufer.» aggiunse queste parole Crimilde per non contraddire suo marito.

    La notte trascorse velocemente tra il ronfare di tutti e tre. Una musica, a volte grave, echeggiava tra quelle pareti, appena riscaldate dal residuo calore del camino, ed umide negli spigoli, per la pioggia che si infiltrava lentamente. Si sarebbe tutto asciugato con il fuoco del mattino e il sole auspicato. Abbracciati come due giovincelli i due, nella loro stanza da letto, condividevano da anni quella solitudine. Non avevano avuto figli che avrebbero coronato la loro unione e Karl, con il suo lavoro sempre impegnativo, non aveva neanche tentato con un’altra donna, come a quei tempi era solito avvenire nelle coppie. Non solo i nobili o i regnanti potevano permettersi di tradire le loro mogli, ma anche gli uomini delusi nella non figliolanza si sentivano autorizzati, quasi dalle loro stesse mogli, a tentare con altre donne, spesso le loro serve. I familiari, poi, tolleravano quest’uso di promiscuità con la servitù. Era quasi una necessità condividere con la propria serva quel problema di coppia. Una donna disponibile per una possibile gravidanza, che fruttava benessere a chi la portava a conclusione, era la salvezza di molte famiglie. La figliolanza era più importante della fedeltà e la donna era sottomessa fino all’esagerazione. La cristianità ne aveva consacrato fino ad allora la sudditanza ad oltranza. Inoltre la donna era vista come la fonte del piacere e del lavoro nelle umili abitazioni come in quelle dei nobili. Le donne che si riscattavano erano solo quelle di nobile lignaggio o quelle che, con molti figli, facevano valere il loro peso sui mariti. Non c’era equilibrio in casa!

    Per Karl e la sua Crimilde le cose erano andate diversamente perché quell’uomo, profondamente innamorato di sua moglie aveva accettato la sterilità, non avendo familiari impiccioni, né un grande desiderio di paternità. Amava enormemente i cavalli e da essi riceveva quella gioia durante le sue giornate a palazzo. Il suo rientro a casa, al sabato pomeriggio e alla domenica, era condizionato dal non lavoro o dal freddo di alcune giornate, che non richiedevano l’uscita di molti cavalli. Da qualche mese, inoltre, aveva ricevuto un aiuto da un nuovo stalliere che aveva bisogno di imparare alla meglio il mestiere.                             

    Con l’arrivo di alcuni nuovi puledri, acquistati dal conte Ulrico I del Württemberg, si era ritenuto necessario rinforzare il personale dedito alle stalle e soprattutto c’era stata la necessità, voluta dallo stesso Karl, di ottenere un aiuto nell’addestrare quei nuovi arrivi. Il matrimonio del conte

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