Ucraina, anatomia di un terremoto: Come la fragile politica estera dell'Unione Europea ha scatenato la Russia di Putin, svegliato Obama e la Nato e rafforzato il ruolo della Cina
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Anteprima del libro
Ucraina, anatomia di un terremoto - Sergio Cantone
© goWare
giugno 2014, prima edizione
ISBN 978-88-6797-193-0
Copertina: Lorenzo Puliti
Sviluppo epub: Elisa Baglioni
goWare è una startup fiorentina specializzata in digital publishing
Fateci avere i vostri commenti a: info@goware-apps.it
Blogger e giornalisti possono richiedere una copia saggio a Maria Ranieri: mari@goware-apps.com
L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti dei brani riprodotti nel presente volume.
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Presentazione
Che cosa sta succedendo in Ucraina? Una riedizione delle guerre jugoslave o un confronto tra le grandi potenze in stile guerra fredda? Intanto ci sono centinaia di morti in combattimento come non accadeva in Europa dai tempi delle guerre nei Balcani. Proteste di piazza, maldestri interventi delle forze antisommossa, la contestazione che diventa guerra civile. Da Maidan, la piazza dell’Indipendenza di Kiev che ha cambiato tutto in un paio di giornate violente, al colpo di mano di Putin in Crimea, al conflitto armato nell’Est ucraino.
In questo saggio conciso, che si può leggere nel tempo di un episodio del Trono di spade, Moscatelli e Cantone, due giornalisti specializzati nella realtà dell’Europa dell’Est (Cantone vive a Kiev), descrivono le ragioni e le fasi cruciali della crisi in Ucraina, un conflitto complesso, che vede scontrarsi opposti nazionalismi, diversi valori, aspirazioni e interessi. Un terremoto geopolitico che ha spiazzato Bruxelles e sta cambiando gli equilibri internazionali. Tutta la placca tettonica euro-russa è in movimento. Dobbiamo prepararci a un sisma globale?
Sergio Cantone è un giornalista. Vive e lavora a Kiev come responsabile dell’ufficio Europa orientale della televisione Euronews. Ha viaggiato in lungo e in largo per l’Ucraina e ha seguito tutti gli eventi legati alla rivolta di Maidan, dalle prime proteste di novembre al massacro di febbraio. Ha coperto tutte le fasi dell’annessione della Crimea da parte dei russi e la guerra civile nell’Est del Paese. Tra il 2002 e il 2011 è stato corrispondente a Bruxelles. Ha osservato le fasi dell’allargamento dell’Ue all’Europa centrale e orientale e la politica di vicinato con i Paesi post-sovietici.
Orietta Moscatelli è una giornalista specializzata sui fatti della Russia, del Caucaso, e dell’Europa dell’Est in generale. Laureata in lingue e letterature straniere all’Università Ca’ Foscari, ha vissuto a Mosca dal 1990 al 1995, lavorando per Il Messaggero
e altre testate. Poi Londra e Lione. Ora è caporedattore esteri e responsabile del desk Nuova Europa ad AskaNews, l’agenzia nata dalla fusione di Tmnews e Asca. Collabora con Limes
e il servizio russo della BBC. È membro del Valdai Club, circolo internazionale di esperti di Russia.
***
La traslitterazione usata è volutamente mista
, evitando innanzitutto i segni diacritici presenti nella traslitterazione scientifica, ma non sulla tastiera italiana. Spesso, e soprattutto per i nomi che tornano più frequentemente (Yanukovich, Tymoshenko), è stata preferita la versione anglosassone, più approssimata.
Introduzione
Quasi cento morti a Kiev a febbraio, centinaia poi nell’Est dell’Ucraina e chissà quanti altri ancora. Vittime di uno scontro tra idee, tra opposti nazionalismi, di un terremoto iniziato nel nome dei valori europei e continuato in un incrocio di interessi nazionali e sovranazionali. Fatto sta che a quasi un quarto di secolo dalla fine dell’Urss, l’Europa è sconvolta da un conflitto che ha cambiato la carta geografica post-sovietica e ha fatto ripiombare il continente dall’Atlantico agli Urali
nel Ventesimo secolo. La Crimea non è più Ucraina per un gesto unilaterale di Putin. È la sfida che ha definitivamente stravolto il principio di Helsinki, l’ordine internazionale basato sull’inviolabilità delle frontiere e l’integrità territoriale degli Stati. Gli accordi di Helsinki erano già traballanti dopo l’indipendenza del Kosovo, ora sono lettera morta: Vladimir Putin li ha cancellati con un tratto di penna, con la firma del Trattato che dichiara la Crimea (di nuovo) territorio russo [Figura 1 – Putin firma l’annessione della Crimea alla Russia].
Il leader del Cremlino è stato acclamato dai suoi connazionali, mentre la comunità internazionale ha criticato, accusato, minacciato, ma in fin dei conti l’ha lasciato fare. L’annessione della penisola sul Mar Nero ha creato così un precedente. Un modello. E al contempo un pericolo concreto per qualsiasi Paese si ritrovi a gestire una minoranza interna, compresa la stessa Federazione russa, calderone di etnie e nazionalità come l’inquieto Caucaso continua a ricordarci.
Tutto questo è cominciato dalla prima partita giocata all’attacco dall’Unione europea, dallo sprint negoziale per la firma dell’accordo di associazione e stabilizzazione, una forma molto soft di allargamento che non prevede adesioni vere e proprie, ma un progressivo avvicinamento e inserimento nell’orbita europea di Ucraina e altre repubbliche ex sovietiche: Moldavia, Georgia, possibilmente Armenia (Cremlino permettendo). Matrimoni di mutuo interesse, dove Stati ancora alle prese con la transizione verso l’economia di mercato e l’assetto democratico, sposano innanzitutto l’idea di una Europa dei diritti e di valori da condividere. Anche quello del benessere economico promesso dalla creazione di una zona di libero scambio.
Questo però a Vladimir Putin non piace. Anzi, lo fa proprio infuriare, perché il corteggiamento europeo di Paesi sempre satelliti del Cremlino rischia di far fallire i suoi piani di nuova integrazione nello spazio ex sovietico, a cominciare dall’Unione Eurasiatica che doveva essere il punto forte del programma per il suo terzo mandato da presidente. Senza l’Ucraina, quell’Unione nasce zoppa. Senza l’Ucraina, la Russia si sente amputata nella sua dimensione europea, si scopre sbilanciata verso oriente, si fa prendere dalla sindrome dell’assedio. E allora Putin attacca: Crimea, truppe al confine con l’Occidente, manovre militari a Est e Ovest, pedale pigiato sull’ammodernamento dell’esercito.
Insomma, quell’Accordo di associazione di cui pochi sino a qualche mese fa avevano nozione in Europa provoca la collisione tra le placche continentali euro-atlantica ed euroasiatica. Ed è l’inatteso terremoto. Bruxelles si ritrova spiazzata e la cavalleria americana arriva a coprire le retrovie di