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Quale giustizia per il minore autore di reato
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Quale giustizia per il minore autore di reato
E-book158 pagine2 ore

Quale giustizia per il minore autore di reato

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Info su questo ebook

Di fronte al disagio esistenziale così diffuso nei nostri tempi, non sempre la famiglia e la scuola, agenzie di socializzazione primaria fondamentali, riescono ad impedire che tanti giovani evolvano dalla devianza minorile alla criminalità minorile, per poi sfociare definitivamente nella criminalità adulta. Un contributo importante per contrastare tale deriva può venire dall'attivazione di processi di integrazione e di inclusione sociale dei minori autori di reato, cioè dal porre in essere interventi educativi più che azioni repressive e punitive: in questa prospettiva, il giudice minorile, con i suoi provvedimenti, dovrebbe tendere ad orientare più che a reprimere, a valorizzare e a promuovere la persona in fase di maturazione cercando di guidarla verso l'integrazione sociale. L'esame dell'evoluzione del processo penale minorile permette di comprendere le problematiche che si incontrano su questa strada; nel contempo, permette di individuare le esigenze di riforma e le possibili soluzioni, in grado di condurre ad un migliore approccio al minore autore di reato, al suo diritto ad avere percorsi educativi idonei per la sua crescita e per il suo reinserimento positivo nella società, la quale non può pensare di scaricarsi delle proprie responsabilità ricorrendo soltanto a provvedimenti giudiziari repressivi.
LinguaItaliano
Data di uscita2 gen 2019
ISBN9788899182373
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    Anteprima del libro

    Quale giustizia per il minore autore di reato - Marina Sciotto

    INDICE

    TEMI & QUESTIONI

    T&Q 301

    .

    Marina Sciotto

    Quale giustizia per il minore autore di reato?

    I possibili percorsi educativi

    in ambito penale

    Edizioni L’Occhio di Horus

    © 2018, L’Occhio di Horus APS

    Email: horus.aps@gmail.com

    Prima edizione: 30 Dicembre 2018

    ISBN 978-88-99182-37-3

    Proprietà letteraria riservata

    L’Occhio di Horus APS, Aprilia

    Sono vietate in tutti i Paesi la traduzione, la riproduzione, la memorizzazione elettronica e l’adattamento, anche parziali, con qualsiasi mezzo effettuate, per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale senza la specifica autorizzazione dell’Editore. Le fotocopie e le stampe per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% del volume

    INTRODUZIONE

    Tra le molteplici problematiche di cui è venata la società odierna ho scelto di esaminare quella della criminalità minorile, in considerazione della condizione peculiare del minore, la cui personalità è in continua formazione e pertanto suscettibile di essere influenzata da diversi fattori, riconducibili innanzitutto alla famiglia e alla scuola. La primarietà di tali agenzie educative nella vita del minore mi ha indotto a ripercorrere alcune indagini condotte secondo il metodo del self-report , che hanno avuto ad oggetto la valutazione dell’influenza dispiegata da queste agenzie sulla vita del giovane. Con particolare riferimento alla famiglia, la relativa incidenza sulla condotta del minore è stata valutata con riguardo alle varie tipologie familiari, inevitabilmente riscontrabili nella società attuale. Con riferimento alla scuola, invece, è stata presa in particolare considerazione l’organizzazione del sistema scolastico italiano, ponendo in essere un interessante raffronto con il sistema scolastico svizzero.

    Alla luce delle indagini effettuate, pensare a delle soluzioni efficaci per eliminare la delinquenza minorile è riflessione complessa e spesso contraddittoria, in quanto gli interessi da difendere sono molti e non sempre si è in grado di distinguere quale sia quello prevalente. L’idea portante di questo lavoro è pertanto quella di offrire l’ennesimo contributo, l’ennesima occasione di spunto per eventuali riflessioni che possono scaturire su un tema importante come quello della giustizia minorile.

    La realtà italiana ben ci dimostra che non è la gravità della sanzione a condizionare il comportamento malavitoso quanto la concretezza della pena e della sua applicazione.

    La giustizia minorile si realizza mediante l’attivazione di processi di integrazione e inclusione sociale di ragazzi che hanno vissuto nell’incuria, nel disadattamento, nell’abbandono e quindi nella sofferenza. L’adolescente autore di reato, che spesso mette in atto condotte irregolari per comunicare al mondo esterno il proprio disagio esistenziale, ha bisogno di interventi educativi più che di azioni repressive e punitive. Il giudice minorile, con i suoi provvedimenti dovrebbe tendere ad orientare più che a reprimere, a valorizzare e a promuovere la persona in fase di maturazione cercando di guidarla verso l’integrazione sociale.

    Per questo, il presente elaborato approfondisce alcuni temi da me ritenuti particolarmente importanti per la comprensione del ruolo della giustizia minorile nel processo di integrazione sociale della persona. In tale prospettiva vengono innanzitutto forniti gli elementi per comprendere la dimensione composita del fenomeno criminale e lo stretto legame che esiste con la giustizia penale, con riferimento imprescindibile al bullismo e all’influenza della criminalità organizzata sui minori. Viene poi presa in considerazione l’evoluzione del processo penale minorile al fine di comprenderne le problematiche ed individuare le esigenze di riforma e le possibili soluzioni, che possano condurre ad un migliore approccio al minore autore di reato, il quale ha diritto a percorsi educativi idonei per la sua crescita e per il suo reinserimento positivo nella società, che non può pensare di scaricare le proprie responsabilità ricorrendo soltanto a provvedimenti giudiziari repressivi.

    Roma, 13 giugno 2013 Marina Sciotto

    CAPITOLO I - IL FENOMENO DELLA CRIMINALITA' MINORILE

    1.1 La minore età e fattori influenti su di essa

    L'età minore è un'età di passaggio e di passaggi. Lo sono tutte le età, ma quella minore lo è di più. E allora tutto il diritto minorile è un diritto sul passaggio e al passaggio. Deve assicurare i passaggi fisiologici, necessari alla crescita e all'educazione e, a tal fine, appresta rimedi contro i pregiudizi, gli ostacoli del genere più vario che li impediscono o li rendono più difficili [1] .

    La nostra società è caratterizzata da molteplici problemi per i quali occorre individuare una soluzione, ma tra questi uno dei più gravi è rappresentato dal fenomeno della criminalità minorile [2], per cui taluni giovani commettono fatti costituenti reato. Tale fenomeno rappresenta un problema di gran lunga maggiore rispetto a quello della criminalità degli adulti, poiché il primo concerne soggetti ancora in formazione, la cui tutela è in primis affidata alla famiglia.

    La famiglia costituisce il luogo all'interno del quale ha inizio il processo di socializzazione del minore, i genitori devono promuovere e facilitare tale processo, sostenendo il bambino in ogni momento di complessificazione dell'ambiente frequentato. I genitori devono garantire un'adeguata protezione al minore, assicurando gli appropriati confini di sicurezza, e dunque non esponendo il minore ad eventi ambientali sfavorevoli che vanno dalla trascuratezza all'esposizione a concetti non adeguati per l'età. Secondo lo psicoanalista britannico John Bowlby, lo sviluppo psicologico del minore dipende dalle cure genitoriali nei primi anni di vita [3] . A suffragio di tale tesi sussistono differenti studi di pedagogia e di psicologia dello sviluppo [4], i quali hanno spiegato l'importanza dei primi anni di vita per il bambino, il quale inizia ad acquisire la fiducia necessaria allo sviluppo della futura capacità della socializzazione.

    Tuttavia, la socializzazione del minore, sebbene abbia origine nell'infanzia, si radicalizza nell'età adolescenziale [5]. In tale fase, giocano un ruolo rilevante la scuola, le amicizie, i mass media. La scuola contribuisce notevolmente alla educazione [6] e alla definizione della personalità del minore, la presenza oggi pregnante di culture diverse negli ambienti scolastici può comportare ulteriori episodi di violenza. La scuola deve impegnarsi nello sviluppare nei minori spirito di solidarietà, attraverso insegnanti in grado anche di fare della diversità di culture degli alunni un punto di forza, facendo capire ad essi che da tale diversità nasce un interessante confronto per la propria crescita. La scuola deve anche incentivare la presenza di personale qualificato in grado di comprendere i disagi dei minori, così da limitare episodi di violenza per qualsivoglia motivo.

    Tali episodi non devono innanzitutto verificarsi in ambito familiare. I genitori devono essere in grado di instaurare un'alleanza cooperativa tra di loro e il bambino, poiché dalle relazioni intercorrenti tra i membri della famiglia dipende lo sviluppo della personalità del minore, il quale ha diritto ad una genitorialità piena e non dimidiata [7]. Episodi di violenza intrafamiliare incidono pesantemente sull'educazione del minore, il quale non essendo ancora perfettamente in grado di distinguere il giusto dallo sbagliato può essere indotto a pensare che determinati tipi di comportamenti siano corretti.

    La comunicazione familiare è fondamentale nello sviluppo dell'identità del figlio. I figli rivestono un ruolo attivo nell'ambito delle relazioni familiari, sono portatori di interessi autonomi rispetto a quelli degli adulti. Nella fase adolescenziale, ad influire sul rapporto genitori-figli vi è il cosiddetto parental monitoring [8]. Il figlio deve sentirsi libero di comunicare con i propri genitori, i quali devono porsi in posizione paritaria senza giudicare ogni minimo comportamento, ma cercando di comprenderlo; ove si trattasse di un comportamento errato i genitori devono essere in grado di farlo capire ai propri figli, affinché l'errore non venga reiterato. Anche la televisione dovrebbe limitare le scene di violenza e limitato dovrebbe anche essere l'accesso di minori ad Internet [9], ove scene violente vengono riprodotte con frequenza.

    Nel 2007 è stato istituito nella città di Torino Tuttinrete, tavolo istituzionale di osservazioni e confronti sulla questione delle relazioni tra minori e mass media, ad iniziativa di alcuni magistrati ed ordini professionali. Tavolo formalizzato con un protocollo di intesa e una carta dei valori sottoscritti nel Febbraio 2009. Fondamentale è la tutela del minore e della sua personalità in fieri. Le riflessioni del Tavolo hanno avuto inizio da una questione rilevante, la differenza di trattamento delle informazioni relative alla commissione di reati da parte di minori italiani o stranieri. Tale riflessione ha portato ad osservare che se il minore autore di reato è italiano, i mass media si impegnano nella ricerca di cause che possono spiegare la commissione dell'illecito penale. Se invece il minore reo è uno straniero, non vi è alcuna meraviglia da parte del giudizio pubblico, ma soltanto la necessità di confermare un pregiudizio [10] . Ciò comporta una violazione del principio di non discriminazione, uno dei cinque principi ispiratori delle Linee guida per una giustizia a misura di minore [11], la cui finalità consiste nel supportare gli Stati membri nell'adeguamento dei loro sistemi giudiziari alle peculiari esigenze dei minori.

    I principi ispiratori di tali linee sono, oltre il principio di non discriminazione, il principio di partecipazione, l'interesse superiore del minore [12], il principio di dignità e la tutela giurisdizionale del minore. Il principio di partecipazione configura il diritto all'informazione e il diritto all'ascolto della persona minore di età, diritto quest'ultimo introdotto come principio generale nell'ordinamento giuridico italiano, dall'articolo 12 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo [13], la quale configura l'ascolto come un diritto assoluto del minore valevole erga omnes. Il diritto all'ascolto è intrinsecamente connesso con il processo educativo del minore, il quale imparando ad esprimere la propria opinione riesce ad assumere responsabilità sociale, il minore ha diritto di essere guidato dai genitori nell'esercizio della libertà di pensiero [14].

    1.2 Dati statistici e indagini condotte secondo il metodo del self report

    Dai dati dell'Istat [15] risulta che 39.785 erano i minori denunciati nel 2001, 40.354 nel 2004, meno di 39.000 sono state le denunce nel 2009 e nella prima parte del 2010 sono scese al di sotto delle 20.000. Ciò che però desta preoccupazione nella società è la commissione di reati sempre più gravi da parte di minori in fase pre-adolescenziale. Spesso, reati gravi come lesioni personali, violenze sessuali, rapine, sono compiuti senza la consapevolezza del gesto, non comprendendone dunque il disvalore. La mancata percezione di questo desta maggiore preoccupazione nei casi di omicidio [16]. Secondo dati statistici [17], con riferimento all'anno 2007, le denunce presentate in Procura [18] per omicidi tentati e consumati da minori risultano quantificate in 100, con riferimento invece al 2009, 46 sono complessivamente i minori autori di tali gravi reati negli Istituti Penali Minorili.

    È necessario ricordare che i dati statistici non rispecchiano la realtà effettiva della criminalità minorile, in quanto esiste il cosiddetto numero oscuro, relativo a fatti criminosi non oggetto di denunce all'autorità giudiziaria. Al fine di esaminare le caratteristiche dei minori autori di reato, il loro contesto familiare, l'età dei minori rei, molteplici sono gli studi compiuti mediante il metodo del self-report [19]. Uno studio [20] rilevante sulla struttura familiare e comportamenti devianti dei giovani in Italia, condotto nell'ambito del progetto di collaborazione internazionale ISRD-2 [21], mostra l'influenza della famiglia sulla condotta deviante del minore. Lo studio è stato svolto tramite un questionario

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