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Educare Una Sfida Possibile
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E-book92 pagine1 ora

Educare Una Sfida Possibile

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Info su questo ebook

«Questo libro nasce da una lettera indirizzata al ministro Gelmini che aveva definito un privilegio l’astensione obbligatoria per maternità.

Uno sfogo che in breve tempo ha fatto il giro del web.

Ho scoperto, così, quanto il mio pensiero su scuola, maternità, modelli educativi, politica, informazione, welfare e lavoro fosse comune a quello di tanti.

Un “sentire” di tutti che ho voluto esplicitare in un breve saggio: emotivo, graffiante, supponente, ma scritto con il cuore e con un sincero intento costruttivo.

Ho volutamente utilizzato uno slang metropolitano e discorsivo, caratteristico del lettore avvezzo al web 2.0.

Un lettore che potrebbe essere un genitore, un insegnante, un alunno, un politico, un giovane, un precario, o chiunque altro sia convinto come me che la possibilità di un futuro migliore si costruisca attraverso l’educazione delle nuove generazioni e la valorizzazione del potenziale umano di ciascuno.

È, infine , un “libro aperto” destinato ad arricchirsi di altri contributi e in cui probabilmente troverete poche risposte, ma che vi aiuterà a porvi molte domande…»

Rosalinda Lo Presti Gianguzzi


La prefazione è di Salvatore Giordano, sociologo esperto di processi formativi ed educativi.
LinguaItaliano
EditoreNulla Die
Data di uscita25 mar 2011
ISBN9788897364047
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    Anteprima del libro

    Educare Una Sfida Possibile - Rosalinda Lo Presti Gianguzzi

    genitori

    PREFAZIONE

    Non sappiamo come la nostra epoca sarà ricordata dai posteri. Se si porrà l’accento sulla globalizzazione o sull’emergere di nuovi centri o periferie del mondo; né possiamo prevedere quali delle attuali tendenze verranno ricordate come caratteristiche del nostro periodo. Possiamo, però, pronosticare con ragionevole previsione che della riforma epocale della scuola italiana varata dal governo in carica nell’anno scolastico 2010-2011 ben pochi avranno contezza. Al più ci si ricorderà come, benché approvata da una larga maggioranza parlamentare, sia stata accolta freddamente dall’insieme della società italiana e apertamente osteggiata dalla totalità degli addetti ai lavori.

    Quale che sia il nome che gli storici del futuro utilizzeranno per designare la nostra epoca, a noi che la stiamo vivendo non può sfuggire un elemento: la società nella quale conduciamo le nostre esistenze, in Italia come nel resto del mondo, si contraddistingue da tutte le altre forme precedenti per il ruolo che la conoscenza gioca nella struttura sociale contemporanea.

    La società della conoscenza è tale perché la conoscenza è diventata negli ultimi tempi una risorsa. Mi sento già ribattere che lo è sempre stata. È vero, ma solo alla fine del secolo scorso la conoscenza è diventata una risorsa economica al pari di altre che avevano acquistato un rilievo particolare sin dalla rivoluzione industriale: il capitale e il lavoro.

    Prima della società della conoscenza, sembra ricordarci il saggio di Rosalinda Lo Presti (nota come Linda Gianguzzi), vi era un sistema di controlli e garanzie per le principali risorse economiche: alcune norme tutelavano il capitale e i suoi detentori, mentre altre si prefiggevano di garantire i diritti dei lavoratori. La novità che l’autrice ci suggerisce riguarda la necessità di creare un sistema di norme, giuridiche e di buon senso, di principio e pratiche, a tutela della conoscenza e dei suoi annessi e connessi: primi fra questi i sistemi di istruzione e le professioni che la conoscenza trasmettono. Estendendo la tutela a chi la conoscenza la acquista nelle varie forme possibili e riconoscendola come diritto di cittadinanza.

    È inevitabile che la proposta si contrapponga nei suoi presupposti metodologici ed etici alle attuali scelte governative in materia di scuola, conoscenza e cultura. Due visioni del mondo entrano inevitabilmente in conflitto, benché accomunate da un’analisi condivisa al riguardo del ruolo economico della conoscenza.

    Che la conoscenza sia una risorsa economica vuol dire, pure, che c’è chi è disposto a spendere pur di acquisirla per sé o per i propri figli. Le risposte possibili nel libero mercato della conoscenza sono molteplici, ma sembrano rispondere alla stessa domanda: perché offrire gratis ciò che la gente è disposta a pagare?

    In questo volume si argomenta l’economicità di una scelta di pubblica gratuità. Garantire la conoscenza, fin dalla più tenera età, ai cittadini non è per uno stato moderno e solidale una spesa ma un investimento. Il ritorno in termini economici — si documenta nell’ultima parte — è atteso nel lungo termine e si traduce in un risparmio per la collettività, ma anche in una maggiore ricchezza e in una più fruttuosa capacità di reddito (e di qualità e quantità dei consumi) per il tessuto sociale e produttivo di un Paese. 

    Salvatore Giordano

    INTRODUZIONE

    Essere educatore oggi rappresenta una grande sfida: e io pedagogista, insegnante, mamma lo so bene.

    Forse lo è sempre stato, ma certe volte è nostra percezione che per i nostri genitori o insegnanti fosse più facile.

    Che cosa è cambiato?

    Pensiamo che a cambiare siano stati i ragazzi: noi ascoltavamo di più! Forse siamo cambiati noi genitori, ma è difficile mettere in discussione il nostro operato. 

    Noi ci impegniamo molto in questo ruolo, dialoghiamo di più, siamo amici dei nostri figli, diamo loro fiducia, libertà, e molte più cose di quelle che ci offrivano i nostri genitori.

    Eppure tutti noi commettiamo degli errori, e quello più grande è la difficoltà di metterci in discussione.

    Pensiamo di conoscere perfettamente i nostri figli, pensiamo che le nostre scelte e azioni li facciano crescere benissimo, ma chi conosce un po’ la psicologia da marketing, sa che dietro un superlativo c’è sempre un però.

    Li facciamo crescere benissimo, sono ragazzi bravissimi, educatissimi felicissimi, però… spesso sono difficili da gestire e, soprattutto, da capire.

    Forse perché hanno bisogno di genitori più che di amici, forse perché diamo loro troppe cose materiali, e con esse cerchiamo di riempire carenze di tempo e di punti fermi, forse perché parliamo, a volte troppo, dimenticando quegli sguardi e quella fermezza, che in cuor nostro noi, rimproveravamo ai nostri genitori, ma che ci hanno molto aiutato nella vita.

    Sicuramente è cambiata la società, la quale trova ragazzi che parlano come vecchi, ma che spesso ragionano sempre più come bambini piccoli, anche quando non lo sono più.

    Spesso stanchi, annoiati e sazi, in cerca di emozioni forti, ma senza ideali che li infiammino veramente, se non quelli che può coltivare il loro superio narcisistico

    La libertà di parola, ad esempio, intesa come il poter rispondere a tono ad un adulto, l’autostima, intesa come sentirsi superiore ad altri diversi per estrazione, sesso, razza, religione; l’agonismo inteso come essere in lotta con il mondo, incapaci di accettare rifiuti e sconfitte.

    Ovviamente non tutti i giovani sono così, ma questo pericolo c’è, e dobbiamo adottare delle misure educative che possano prevenirlo, e fare dei nostri figli buoni cittadini del mondo.

    La società è pretenziosa e selettiva nei loro riguardi.

    Richiede ragazzi preparati, adattabili ai cambiamenti, e dotati di senso critico e di un’intelligenza aperta ai cambiamenti.

    Questo mio testo racchiude una serie di idee, che non vogliono essere un vademecum, o un vangelo pedagogico, quanto piuttosto spunti di riflessione.

    Racconto cosa penso, esperienze di vita, con un linguaggio accessibile, quasi parlato, perché non sono una scrittrice e affinché sia una lettura piacevole anche per chi non ha dimestichezza con l’argomento, ma semplicemente ogni giorno fa del proprio meglio nella difficile esperienza di educare.

    Di manuali di pedagogia ne sono stati scritti tanti, e sono i miei riferimenti e di pochi addetti ai lavori, ma la difficoltà maggiore sta nel far in modo che la pedagogia entri nel nostro operato

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